Franco Borga

 

René Lalique

 Aÿ 1860 - Parigi 1945

 

 

 

Galleria delle Opere

 

 

René Lalique, creatore di gioielli e di vetri, nasce il 6 aprile 1860 ad Aÿ nel Dipartimento della Marne, da Jules Lalique e Olympe Berthellemy. Da ragazzo inizia a studiare disegno al Collegio Turgot a Parigi, per poi continuare al Collegio Barbe a Fontenay-sur-Bois. Rimasto orfano del padre, ancora sedicenne viene mandato presso il gioielliere Louis Aucoc, che gli insegna le tecniche
orafe; intanto prosegue i corsi serali di disegno e modellato alla Scuola d'arte decorativa di Parigi, che lascia nel 1878 per trasferirsi due anni a Londra, dove segue i corsi professionali di oreficeria e disegno alla famosa Scuola d'arte di Sydenham. Al suo ritorno a Parigi nel 1880, inizia a lavorare progettando nuovi modelli per rinomati gioiellieri parigini, come Aucoc, Acno, Cartier, Gariod, Jacta, Renn e Destapes. Da quest'ultimo, nel 1886, Lalique preleva la piccola ditta, diventando fabbricante di gioielli egli stesso. Subito, ingrandendo l'attività, si trasferisce prima al 24 di rue du Quatre-Septembre, poi, aumentato il suo giro d'affari, nel '90 si trasferisce al 20 della rue Thérèse in un'ampia sede per la quale egli stesso disegna l'arredamento. La creatività di Lalique va oltre i materiali preziosi e il mestiere dell'orefice. Non sono infatti solo le perle, le pietre e i metalli preziosi a dar valore ai suoi gioielli; egli utilizza vari materiali, come il corno, l'avorio, la tartaruga, la madreperla, il bronzo, lo smalto, l'agata e il vetro. Le linee curve e sinuose Art Nouveau trovano
nei gioielli del maestro una raffinata interpretazione. In ogni oggetto - parures, pendenti, diademi, colliers, pettini, anelli e bracciali - si fondono magistralmente arte e fantasia, raffigurazioni di animali fantastici o di donne fatali, temi inusitati in gioielleria che trascendono il gusto del momento e il capriccio femminile. Tra le schiere di entusiasti ammiratori, le attrici Sarah Bernhardt e Julia Barthet, per le quali Lalique, assecondandone la personalità, crea gioielli straordinari che le attrici sfoggiano anche sulla scena. Anche importanti uomini d'affari collezionano i suoi gioielli, fra questi il finanziere turco Caluste Sarkis Gulbenkian, che tra il 1900 e 1903 raccoglie oltre 150 pezzi, ora esposti alla Fondazione del museo omonimo a Lisbona.
All'Esposizione Universale di  Parigi del 1900, dove espone con altri grandi maestri del vetro Art Nouveau, quali Emile Gallé e Antonin Daum, è premiato per le sue originalissime opere e riporta un successo che diventa ben presto di fama mondiale. I suoi gioielli sono considerati un'alta espressione dell'arte decorativa, appartenendo all'architettura, alla scultura, alla pittura e alla vetreria insieme.
Le prime ricerche sul vetro di René Lalique datano 1890, quando realizza i suoi elementi per i gioielli intervenendo con le tecniche della smaltatura e dell'incisione al touret. Lalique, sempre più interessato alle esecuzioni in vetro, è incoraggiato dalla critica di Jules Heurivaux, direttore della manifattura Saint-Gobain, che gli fornisce i blocchi di cristallo necessari ai suoi lavori; incomincia a creare vasi e coppette con la tecnica della cera persa, che espone - in una vetrina da lui stesso ideata  e che contiene una trentina di pezzi - al Salone di Parigi nel 1901 (userà la stessa vetrina l'anno seguente all'Esposizione Internazionale di Arti Decorative Moderne di Torino).
Verso il 1902 apre un nuovo atelier a Clairefontaine, piccolo centro nei pressi della foresta di Rambouillet, dove inizia a produrre in serie vetri dalle forme da lui inventate, con le tecniche del vetro soufflé-moulé (soffiato dentro uno stampo in metallo con la canna a bocca, ma nel caso di Lalique, il più delle volte per mezzo di un tubo di gomma con un rubinetto regolabile, collegato all'impianto, che immette direttamente aria compressa nella canna), e moulé-pressé (il vetro o cristallo allo stato vischioso - bolo, viene pressato in uno stampo in metallo tramite uno stantuffo).
Lalique mette così la macchina al servizio dell'arte per realizzare dei pezzi quasi industriali, riservandosi però una finizione artigianale di lavorazione a freddo. Questa comporta il taglio al collo o alla base del vaso, la pulizia alla mola per eliminare costolature o sbavature, in certi casi l'arricchimento della decorazione mediante l'incisione ad acido, o al getto di sabbia, oppure servendosi della tecnica del depolire (smerigliatura o satinatura), che rende il vetro più contrastato e leggibile. Un'operazione complementare può essere la smaltatura, come annerire i pistilli dei fiori, i gambi di certi vetri e qualche motivo decorativo (operazione seguita poi da una cottura in forno a bassa temperatura). Altro intervento abbastanza frequente è la patinatura, consistente nell'applicare a pennello un velo di smalto colorato per dare più rilievo al decoro; possiamo perciò  trovare vasi dello stesso modello con patina di diverso colore.
Questo procedimento permette di variare all'infinito gli effetti di materia e di trasparenza; ma ha lo svantaggio che, non essendo fissato a caldo, con il tempo e i numerosi lavaggi è facile che questo velo di smalto vada scomparendo.
Sempre nel 1902 si inaugura a Parigi in Cours la Reine (oggi al n. 40 di Cours Albert I) la Maison Lalique, adibita ad atelier di disegno e a luogo di esposizione, nota per la porta con figure d'atleti in bassorilievo in vetro traslucido, all'avanguardia per il gioco dei bianchi e dei satinati opachi.
Con l'apertura di una nuova fabbrica a Combs-La-Ville vicino a Fontainebleau, nel 1909, René Lalique, nel contempo artista verrier e abile uomo d'affari, ormai avviato ad un grande successo internazionale, comincia a disegnare e produrre per il profumiere Coty i primiflacons: L 'effeurt,
Ambre antique, Stiyx, Cyclamen. Con gli anni si aggiungeranno altri modelli realizzati in migliaia di pezzi, evaderà ordinazioni, oltre che per Coty, per D' Orsay, Rigaud, Arys, Roger & Gallet, Worth e molti altri. Ai flaconi faranno seguito i vaporizzatori e tutta una serie di scatole portacipria.
Il 1912 è l'anno in cui Lalique smette la lavorazione dei gioielli con materiali diversi e si consacra unicamente al vetro. La varietà dei suoi vetri sembra infinita, è sempre lui a studiare e a disegnare la maggior parte dei modelli, vasi, coppe, piatti, statuine, orologi, soprammobili, candelieri, caraffe, bicchieri, bomboniere, scatole,garnitures de toilette, portacenere, brucia-pro- fumi, specchi, porta-ritratti, oggetti religiosi, calamai, buvards, boccette, presse-papier, bouchons de radiateur, gioielli in vetro. Opere a cui dà un nome e un numero, verificabile nei cataloghi  R. Lalique del 1932 e nell'esauriente catalogo ragionato R. Lalique di Félix Marcilhac del 1989.
Incomincia nel 1920 l'originale lavorazione dei bouchons de radiateur (molti modelli senza l'apposita avvitatura in metallo cromato diventano presse-papiers o ferma-libri). Sono piccole sculture in vetro o in cristallo per automobili private, ma nel 1926 riceve anche un'ordinazione da parte di André Citroën per lanciare la nuova 5CV; le sue esecuzioni più famose: Comète, Faucon, Tête de belier, Vitesse, Perche, Cinq che-vaux, Paon, Granouille, Mustang, Archer, Tête de cerf, Libellule, Victoire (ora Spirit of the wind), Tete d 'aigle (modello del '28 che piacque a Hitler e se ne servì come regalo ad alcuni suoi generali); alcune di queste mascottes, montate con una piccola lampada alla base, diventano un punto luce di notte. Anche nel settore dell'illuminazione Lalique realizza splendide opere: lampade da tavolo, lampadari, plafoniere, appliques, veilleuses. All'éclairage si interessa sin dal 1905, ma è nel 1920 che manifesta tutto il suo talento, specie in quelle sculture in vetro spesso, montate su uno zoccolo in bronzo - in cui si trova la lampadina che illumina il vetro - creazioni personalissime, tra cui Suzanne au bain, modello creato nel '25, in catalogo n. 833 (lo stesso modello eseguito in cera persa porta in catalogo il n. CP 411), Thaïs (detta anche Suzanne II) modello del '25, in catalogo n. 834; Oiseau de feu, del '22 in catalogo con il n. 1111; modelli questi che Lalique fa eseguire, anche senza l'illuminazione, su base in vetro come centri-tavola.
Le opere d'illuminazione, esposte nei vari Saloni, gli valgono da parte della critica dell'epoca l'appellattivo di magicien de la lumière. Lalique deve la sua riuscita alla tecnica del vetro modellato in forma: partendo dalle radici Art Nouveau e giungendo alle forme Art Déco, sviluppa verso il 1920 una vasta produzione di vetri opalescenti (circa il 90% della sua produzione), che presentano una superficie perlacea, con una misteriosa lucentezza che sfuma nel blu.
Altre opere sono in vetro bianco, a volte satinato quindi non lucente, per questo chiamato blanc traditionel. Solo eccezionalmente prima del 1914 Lalique utilizza vetro colorato, in seguito con vetro colorato nella massa realizza varianti di modelli precedenti fabbricati in bianco semi-trasparente, satinati o brillanti, oppure patinati. A partire dal '21 certi modelli vengono creati sia in vetro opalescente che colorato (questi ultimi sono ricercati quasi come le sue rarissime opere a cera persa, anche se il loro numero sul mercato è di gran lunga superiore). I colori ottenuti con l'aggiunta di vari ossidi metallici al composto di base, assumono tonalità che vanno dall'ambra all'aranciato, dal rosato al rosso rubino, dal bruno o grigio fumé al nero, dal verde giada al verde smeraldo, fino al blu intenso. Il medesimo modello può presentare delle varianti di intensità di tinta dovute alla fusione. I vetri inoltre possono assumere aspetti particolari quando con la canna si
preleva da un crogiolo vetro in fusione colorato, da un altro del bianco opalescente e, secondo la sequenza di immissione nello stampo, la materia opalescente può fare da base al colore o viceversa. Il vetro opalescente di Lalique deriva da una modifica apportata alla tecnica collaudata dai veneziani all'inizio del Cinquecento: il vetro lattimo, ottenuto inserendo nel composto vetroso a base di potassio polveri d'ossa calcinate o con l'ossido di stagno o con quello d'antimonio.
Lalique aggiunge ossido di piombo nella percentuale del 12% (ottenendo un demicristal), e inoltre miscela fosfati di ossidi di fluoro, d'alluminio e di manganese, spesso insieme ad una piccolissima percentuale di cobalto, che è quella che dà la sfumatura blu del riflesso. Questi pezzi presentano a volte le parti in rilievo più opache dello sfondo, ciò è dovuto al fatto che il grado di opalescenza dipende dalla velocità di raffreddamento della superficie esterna rispetto all'interno. Intorno agli anni '20 Lalique riprende la lavorazione dei gioielli in vetro, creando con successo numerosi pendentifs da indossarsi sospesi ad un semplice cordoncino di seta. La lavorazione si estende ad anelli, bottoni, bracciali (i cui elementi forati sono tenuti assieme da una doppia fila di elastici), broches, fibbie per cintura, colliers e spille. I motivi decorativi, simili a quelli dei suoi oggetti, rappresentano figurine per lo più danzanti, angioletti, naiadi, maschere, meduse o anche vari animali: dai cervi, alle cicogne, alle farfalle e fiori e foglie stilizzate. Nel 1921 Lalique apre una nuova fabbrica a Wingen-sur-Moder in Alsazia, affidandone la direzione al figlio Marco. Questo nuovo stabilimento all'inizio ha una produzione complementare alla vetreria di Combs-La-Ville, in seguito, attrezzandosi con macchinari più moderni che rendono più rapida la lavorazione e meno costoso l'oggetto, produce soprattutto pezzi semplici e destinati alla tavola, con tale successo che gli iniziali 50 operai diventano 400 nel 1940.
Contemporaneamente a Combs-La-Ville si continua la produzione dei pezzi di qualità più artistica, ed è René Lalique stesso ad eseguire i pezzi unici, ottenuti con il procedimento lungo e costoso della cera persa. Durante tutta la sua carriera realizza poco più di seicento modelli. La maggior parte in un solo esemplare, altre volte le prove dello stesso modello arrivano a sei, in altri casi, la richiesta dei collezionisti induce Lalique a rifare più volte l'impronta utilizzando la stessa tecnica. Solo in rari casi le cere perse non sono firmate, generalmente la firma incisa alla ruota si trova sotto la base. Tra i più famosi vasi della manifattura Lalique: Serpent (n. 896) in vetro bianco soufflé-moulé, anche patinato o in vetro colorato, h. 26 cm, modello creato nel 1924, non più in produzione dopo il  1947; Cluny (n. 961, anche chiamato Due maschere con anse in bronzo) in vetro fumé-soufflé-moulé, anche in vetro colorato, h. 26 cm, modello creato nel 1925, non più in produzione dopo il 1947; Danaides (n. 972) in vetro bianco moulé-pressé patinato, o opalescente, anche in vetro colorato fumé, h. 18,5 cm, modello creato nel 1926, non più in produzione dopo il 1947; Tourbillons (n. 973) in vetro bianco moulé-pressé smaltato, anche in vetro colorato giallo, h. 20 cm, modello creato nel 1926, dal 1947 resta in produzione fino al 1951 con il n. 2003; Bacchantes (n. 997) in vetro bianco moulé-pressé patinato, o opalescente, anche in vetro colorato fumé, h. 25 cm, modello del 1927, dal 1947 resta in produzione fino al 1951 con il n. 2005, tuttora in produzione; Palestre (n. 1012) in vetro bianco soufflé-moulé satinato, h. 40,5 cm, modello creato nel 1928, non più in produzione dopo il 1947; Salmonidés (n. 1015) in vetro bianco soufflé-moulé patinato, anche in vetro colorato, h. 29 cm, modello creato nel 1928, non più in produzione dopo il 1947.
René Lalique nella sua lunga carriera crea opere monumentali; celebri le sue fontane di cui si conoscono venti modelli in vetro pressato, il più delle volte con strutture in nichel.
Nella manifattura si eseguono anche pannelli ed elementi per mobili e per l'architettura, noti i pannelli decorativi per porte di edifici e per la Compagnie Internationale des Wagons-Lits, ed anche gli arredi per transatlantici. Verso gli anni Trenta hanno successo i tavoli da pranzo in vetro bianco o giallo pressato, con montature in metallo cromato, o anche i deliziosi guéridons, tutti in vetro stampato, oppure con il solo piano in vetro inciso al getto di sabbia e la base in palissandro.
Non poche sono le installazioni e gli elementi di architettura religiosa: è tale la reputazione di Lalique che architetti e scultori gli chiedono di realizzare in vetro le loro opere commissionate dalla
chiesa. Ma spesso è lui stesso a progettare: nel '31 l'arredamento di un 'intera cappella all' Avana richiestagli da un ricco committente di Cuba; nel 1932 tutto il complesso - altare, grande croce, candelieri, porta a due battenti, pannelli decorativi, colonne, fonte battesimale, tavolo, appliques, lampadari e vetrate - per la chiesa di Saint- Matthew a Saint-Hélier nell'isola di Jersey; altri altari e pale sono eseguite per chiese in Francia; tra le vetrate, quelle dei trittici raffiguranti angeli, collocate nel 1925 nella chiesa di Saint-Nicasie du Foyer Ré-mois a Reims. Un'importante Via Crucis i cui pannelli misurano 63 x 54 cm realizzata nel 1930 per la chiesa di  Sauchy-Lestrée nella regione di Pas-de-Calais.
I suoi collaboratori più attivi sono il modellista Maurice Bargelin, i disegnatori Chardon, Barette e Riard e il maestro vetraio Pierre Girre. Questi, dopo essere stato apprendista da Décorchemont, presta la sua opera da Lalique dal 1915 al 1926, apportando utilissime innovazioni tecniche, poi lavora in proprio firmando i vetri con il nome d 'arte Pierre D 'Avesn.
Con le sue creazioni estrose e moderne, Lalique suscita l' interesse della critica e dei collezionisti, numerosi giornali e riviste specializzate gli dedicano articoli con commenti lusinghieri e sottolineano la sua presenza alle mostre e alle esposizioni: Esposizione Universale di Parigi del 1889 (gioielli); Esposizione Universale di Bruxelles del 1897 (gioielli), dove ottiene il Grand Prix; Esposizione Universale di Parigi del 1900 (gioielli); Esposizione al Salon di Parigi del 1901 (gioielli e i primi vetri); Esposizione Internazionale di Arti Decorative Moderne di Torino (gioielli e vetri); Esposizione Universale di Saint-Louis del 1904 (gioielli e vetri); Esposizione al Pavillon de Marsan di Parigi del 1906 (decori ricamati realizzati su suo disegno dalla collaboratrice Ory-Robin, centri tavola in argento e vetri); Esposizione Internazionale di Arti Decorative Moderne di Torino nel 1911 (gioielli e vetri); Esposizioni al Musée Galliéra di Parigi (dal 1912 solo più con i vetri).
All' Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi del 1925 è presidente per la sezione vetreria...Società degli Artisti Francesi a Parigi (dal 1912 solo più con i vetri); Saloni degli Artisti decoratori di Parigi (dopo il 1912 solo più con vetri); Esposizioni al Musée Galliéra di Parigi (dal 1912 solo più con vetri). All' Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi del 1925 è presidente per la sezione vetreria.
Oltre ad allestire il suo stand, che ottiene un enorme successo, viene incaricato di decorare in vetro con porte, pannelli, fregi e lampadari, non pochi pavillons di altre ditte espositrici. Inoltre realizza su richiesta del Comune di Parigi la monumetale fontana Sources de France, composta da 128 cariatidi, smontate a fine esposizione e vendute separatamente.
Partecipa al gruppo degli artisti della Galleria di Géo Rouard esponendo in permanenza. Infine espone alla Biennale di Milano del 1936 e lo stesso anno al Metropolitan Museum di New York; nel
1938 alla Fiera di Belgrado e nel 1939 all' Esposizione Internazionale di New York, ultima mostra del maestro in vita.
Numerosi artisti e varie marche hanno seguito la via tracciata da Lalique, usando le stesse tecniche, con risultati abbastanza somiglianti, fra questi: Sabino, Etling, Hunebelle, Genet & Micon, Verlux e l'inglese Arthur Jobling, nonché alcuni vetrai boemi (di questi ultimi, alcuni modelli portano la firma apocrifa del maestro).
Il figlio Marco (1900-1977), alla morte del padre nel 1945, assume la direzione di tutte le manifatture. Mantenendo in produzione alcuni modelli del padre, crea nuovi modelli disegnandoli egli stesso. Oggi la firma Lalique è diretta dalla nipote Marie Claude, figlia di Marco, che continua la tradizione del nonno illustre, progettando creazioni contemporanee.
I lavori di René Lalique fino al 1945 portano la firma R. Lalique (in qualche eccezione senza la R), a volte seguita da France, in stampatello, ottenuta previo stampo o in corsivo, incisa alla piccola ruota, spesso seguita da un numero che contraddistingue il modello; con la scomparsa di René, quando la direzione passa al figlio, viene abolita definitivamente l'iniziale R e i vetri portano da allora la scritta Lalique France.
 


Franco Borga

 

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