JAY   MAISEL  PHOTOGRAPHY

 

Michele Catania


 

 

"... uno dei maggiori punti di forza della fotografia è di essere un custode di memorie, la prova incontrovertibile di attimi del passato."

 

 

The Jay Maisel Workshop - 190 Bowery, New York

 

 

190 Bovery New York City, quartieri di Manhattan's Lower East Side, qui, dove c'era un'importante sede della Banca tedesca, in un enorme edificio di 3.250 metri quadrati, acquistato nel 1966 e che si erge su sei piani, Jay Maisel ha i suoi uffici, archivi, laboratorio ed abitazione.  

Se lo studio di un fotografo è lo specchio della sua posizione nello star-system dell'immagine, allora certamente Maisel è uno dei più grandi fotografi al mondo.
L'atrio della banca è stato adattato a campo di basket; splendidi pavimenti in legno lucido, sulle pareti le moltissime fotografie a colori di Maisel rendono ancor più suggestivo l'enorme salone. Sul fondo si trova un'area di accoglienza, un lungo bancone, dietro il quale le segretarie di Maisel svolgono il loro lavoro e ricevono i clienti. In questa straordinaria sede si tengono anche i corsi di fotografia,
cinque giorni molto intensi, dalle 9.00 del mattino alle 10.00 di sera, durante i quali si discute, si riprende, si respira la "fotografia" con Jay. Le iscrizioni sono limitate a nove persone,  il costo è di 5,000 $, pasti inclusi. Le lezioni non sono mai uguali, non ci sono regole fisse, esse si sviluppano seguendo la dinamica del gruppo, vengono discusse le tecniche e le problematiche che ognuno dei partecipanti espone. Si utilizzano rigorosamente camere digitali, sviluppando ogni aspetto della "Fotografia", ma tralasciando le elaborazioni al computer e l'utilizzo di Photoshop.

Gli studenti devono portare la loro fotocamera digitale corredata da obiettivi,  un portatile con software utile per l'editing e la trasformazione.
Nella parete di fondo dell'enorme atrio-palestra, tre porte blindate sbarrano l'ingresso di quelle che un tempo erano le camere di sicurezza della banca e che oggi ospitano il grande archivio del fotografo: oltre un milione di negativi e diapositive. Un patrimonio inestimabile sia dal punto di vista economico che di documentazione urbana.

Ai piani superiori, le pareti sono quasi interamente dedicate ad esporre le immagini del proprietario. La parte adibita ad abitazione rivela la passione di Maisel per il collezionismo, migliaia di oggetti artistici, ma anche cose strane: imballaggi, bottiglie vuote, piccoli attrezzi, lenti, magneti, viti, monete, marmi e componenti per computer. Egli gli raccoglie amorevolmente per ammirarne la forma, il colore, l'artigianato e diventano interessanti soggetti di ispirazione per alcune sue foto.
Alto, timido, con giacca e pantaloni di Jeans di taglia abbondante, spesso in
maglietta nera, con un grosso sigaro immancabilmente spento in bocca, Jay Maisel è un nativo di New York, non certo per l'accento, ma per il modo in cui egli ci abita, la "personalità" che traspira da tutto ciò che fa.

Quando gli è stato chiesto dell' XI Settembre, ha risposto che le Torri Gemelle del World Trade Center erano per lui un simbolo meraviglioso, la quintessenza di New York, un punto di riferimento, molto di più che l'Empire State Building, a causa proprio della loro doppia azione, che le rendeva anche un meraviglioso simbolo grafico.

 

"... devi aver vissuto una città per comprenderne appieno il significato dei suoi edifici e dei loro abitanti. Mi sono trovato a piangere molte volte, e temevo che qualcuno mi avrebbe chiesto se avessi perso qualcuno. La risposta sarebbe stata: ...nessuno mi conosceva, ma ho perso tutti."

 

Jay nasce a Brooklyn il 18 gennaio 1931, quando gli USA sono nel pieno della crisi economica successiva al fatidico '29. La sua formazione avviene alla High School Abraham Lincoln di Brooklyn, dove si era iscritto nel settore grafico-pittorico, allievo di Leon Friend per la grafica e Joseph Hirsch per la pittura. Negli USA all'epoca andava per la maggiore l'Action Painting, l'espressionismo astratto. Jay frequenta anche alla Cooper Union Art School, i corsi di pittura, disegno e progettazione tridimensionale. Nel 1948 si diploma, quando ancora la fotografia è lontana dai suoi interessi primari. Si iscrive all'Università di Yale, dipartimento d'arte, dove conosce il tedesco Joseph Albers, pittore, grafico e designer, membro del gruppo Abstraction-Creation. Albers insegna dal 1950 all'Università di Yale, direttore del dipartimento d'Arte e sprona i suoi allievi a sviluppare una propria maniera di vedere il colore, scevra da codici interpretativi personali. Maisel, che proprio con Albers studia i problemi del colore, viene spinto a disinteressarsi dell'aspetto psicologico e sentimentale, cercando l'oggettività della forma e dei suoi elementi costitutivi. Durante questo periodo ha modo di fare la sua prima esperienza con un apparecchio fotografico, prestatogli da Buckminster Fuller. Fuller, uno dei massimi esperti di architettura industriale negli USA, si rivolgerà, nel 1967, a Maisel per una documentazione fotografica della grande cupola geodetica realizzata per il padiglione USA all'Expo di Montreal in Canada.

Nel 1953  Jay Maisel si laurea, ottenendo il Bachelor of Arts, all'Università di Yale e si accinge ad entrare nel mondo del lavoro, proprio quando si sta sviluppando enormemente il settore dell'advertising, la fotografia commerciale. Maisel non si sente fiducioso delle sue capacità di guadagnarsi da vivere con la pittura e temendo possibili e lunghe difficoltà economiche, sceglie la fotografia. Di notte lavora in una panetteria di New Haven, durante le ore del giorno si dedica a fotografare tutto ciò che desta il suo interesse. Utilizza inizialmente il bianco e nero; ma comprende presto che per la sua formazione specifica gli è più congeniale il colore. Propone i suoi scatti a case editrici e agenzie pubblicitarie, ma con scarsi risultati. Decide allora di frequentare un corso accelerato di fotografia con Herbert Matter; nel 1954, tiene la sua prima personale alla Photographers Gallery di New York. Arrivano le prime commissioni a carattere commerciale-pubblicitario: un lavoro per la rivista Dance, uno per la Columbia Records e un opuscolo farmaceutico per la CIBA.

Nel 1956, si iscrive ai corsi di Alexey Brodovitch, art director di Harper's Bazaar, il cui motto è: "Ogni lavoro deve essere fatto al meglio". Agli allievi che gli sottopongono le loro fotografie, Brodovitch elargisce suggerimenti e critiche, spronandoli a migliorare.

Da questo momento, per Maisel inizia una escalation lavorativa e di successo: riviste, agenzie pubblicitarie, grandi società multinazionali sono i suoi clienti abituali; espone in ogni parte del mondo, pubblica i suoi lavori su svariate riviste di fotografia e su libri. Ma Jay lavora soprattutto per sé, per il piacere dello scatto. Nel 1967 inizia ad insegnare "colore nella fotografia" alla School of Visual Arts di New York e alla Cooper Union Art School.
Nel 1976, con i fotografi Ernst Haas e Pete Turner, apre la Space Gallery, specializzata in stampe a colori,  che ha organizzato, anni fa, un'immensa rassegna lungo i marciapiedi della Quinta Strada.

Nel 1977, Maisel riceve la medaglia St. Gaudens della Cooper Union. Nel 1978, gli viene assegnato un premio della American Society of Magazine Photographers (ASMP).

Jay Maisel, persona di grande cultura, è un professionista dalle grandi doti, in grado di lavorare intensamente con proverbiale  serietà professionale. Non esita a rinunciare a un lavoro se ritiene che qualcuno sia in grado di farlo meglio di lui, ma è sempre pronto a scattare decine di fotografie su qualsiasi soggetto lo provochi. Dovunque vada, ha sempre con sé un mazzo di apparecchi fotografici. 

 

"Mi sono convinto che posso imparare sempre cose nuove, vedere ogni giorno posti diversi. È vero che alcuni incarichi possono trasformarsi in una routine di mestiere, ma l'importante è riuscire sempre a crearsi problemi nuovi, a tentare strade diverse, mirando sempre un po' più in alto rispetto alle richieste del cliente".

 

Le sue fotografie a colori, in grande formato, sono nei musei di tutto il mondo; vengono vendute in multipli ottenuti dalla diapositiva attraverso il processo del "dye transfer", firmate con un punzone a secco (difficile da contraffare), a cifre di tutto rispetto.
Durante i vari reportage, Maisel ha fotografato molti paesi del mondo, cercando di catturarne gli aspetti migliori, evitando di riflettere nelle sue immagini i problemi della società — afferma:

 

"... ho il privilegio di scegliere ciò che mi piace. Potrei fotografare anche i rifiuti, certamente. Potrei cercare la tragedia al posto della bellezza. Ma è una scelta che riguarda solo me. Voglio essere giudicato per il mio lavoro, non per quello che potrei fare".


In una intervista gli è stato chiesto quale fosse stato
il miglior incarico mai assegnatogli:

 

"Andate in sette paesi dell'Africa e riprendete tutto quello che volete. Avete tre giorni in ogni paese."

È stato molto difficile allora ottenere il permesso di entrata in quei paesi, e in alcuni di essi sono anche stato arrestato per aver scattato le foto. Ma è stato un meraviglioso incarico. La cosa peggiore e la parte migliore è che non avevo limitazioni.

 

Maisel dimostra di aver assorbito dalla Pop Art la capacità di estraniare un oggetto o un momento da un contesto indifferenziato, la sua inquadratura è spazio della presenza, non spazio della rappresentazione. Con l'Iperrealismo, Maisel ha in comune il gusto per la selezione e nitidezza del particolare, l'esaltazione del colore, in una quasi totale assenza di "rumore". Ha utilizzato tutto quanto il processo fotografico gli metteva a disposizione: la compressione prospettica del teleobiettivo, la saturazione cromatica da sottoesposizione, pellicole granaesenti.
Le pellicole usate in prevalenza erano la Kodachrome II (25 ASA) e la Kodachrome 64 (64 ASA). Durante i suoi reportage portava con se fino a 600 rullini fotografici. La saturazione di colore e la brillantezza cromatica venivano raggiunte prevalentemente attraverso una sottoesposizione. Anche utilizzando grandi teleobiettivi, Maisel operava spesso a mano libera, scattando per ogni inquadratura diverse fotografie: da un minimo di due a un intero rullino. La composizione delle sue immagini è una questione di istinto, frutto di una grande sensibilità e di una voluttuosa ricerca di quanto gli risulti visivamente piacevole.  Nelle grandi stampe (talvolta 100 x 200 cm.), utilizzava esclusivamente il dye transfer, una complessa tecnica di stampa a colori che consente di ottenere ingrandimenti di elevatissima qualità, avendo inoltre il pregio di una lunga conservabilità rispetto alle pellicole fotografiche. Molto costosa ed offerta da pochissimi laboratori,  consiste nell'applicare a registro tre pellicole dei tre colori primari, esposte successivamente con adeguata filtratura, per la separazione dei colori, consentendo di intervenire a correggere o a modificare i toni.

Maisel ha sempre controllato personalmente l'intero procedimento:

 

"... voglio che si riesca a trasferire nella stampa esattamente la visione che io ho avuto".


Per i lavori commerciali, Maisel ha operato esclusivamente attraverso duplicati da diapositive, diffusi dalla Image Bank.

 

Quando gli è stato chiesto di offrire dei consigli ai giovani fotografi su come promuovere se stessi, ha risposto:


"... vivere una vita facendo un lavoro che si ama è l'unica possibilità che avete di ottenere il successo.
Dare l'impressione di una persona matura e di fiducia; mettetevi nei panni di coloro che devono acquistare da voi e chiedetevi: acquistereste da voi?
Con questo non voglio dire che dovete indossare un cappotto o giacca e cravatta. Ma dovete essere  in grado di simpatizzare con il tipo di incarico e capire da dove esso proviene.

Inoltre, se volete fare i fotografi, dovete portare sempre con voi una macchina fotografica, perché la fotocamera dovrebbe essere una vostra appendice. Non dovreste pensare: oggi ho intenzione di uscire a fare degli scatti, ma  dovete essere sempre pronti a cogliere l'attimo".
 

 

Michele Catania
 

            

 

Bibliografia:

 

Jay Maisel, Jay Maisel New York - 2000

 

I grandi fotografi, Jay Maisel - Fabbri 1982

 

Enciclopedia pratica per fotografare, voce Jay Maisel - Fabbri 1979

 

 

Sitografia:

 

JAY MAISEL PHOTOGRAPHY

AN INTERVIEW WITH JAY MAISEL

JAY MAISEL

JAY MAISEL-PROOF POSITIVE

 

 

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