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Bernardo Bellotto (Venezia 1722 – Varsavia 1780)

 

 

 

 

 

Bernardo Bellotto nasce a Venezia nella parrocchia di Santa Margherita, il 20 maggio 1722. Figlio di Lorenzo Antonio Bellotto e Fiorenza Canal, sorella del celebre Canaletto, si forma presso la rinomata bottega di quest’ultimo. Nel 1738 è già iscritto alla Fraglia dei Pittori veneziani, mentre nel novembre del 1741 convoglia a nozze con Elisabetta Pizzorno. Verosimilmente nella primavera dell’anno successivo, “per consiglio del Zio” si porta a Roma dove “fece uso del suo talento nel disegnare e dipingere le antiche fabbriche e le più belle vedute di quell’alma Città. Con tale esercizio rendendosi sempre più abile” (Guarienti 1753). Nel 1744 è documentato in Lombardia, al servizio del conte Antonio Simonetta e nel 1745 a Torino, dove esegue alcune vedute per Carlo Emanuele III. In queste opere l’artista, certamente con il consenso dell’illustre maestro, appone accanto alla propria firma il soprannome “Canaletto”. Secondo la tradizione, tuttavia, i rapporti tra lo zio ed il nipote, alquanto lunatico, furono difficili. “Purtroppo a tuttoggi nessun documento archivistico ci illumina sui rapporti umani o semplicemente lavorativi intercorsi tra lo zio maestro ed il nipote allievo – un caso solo apparentemente analogo all’accoppiata Sebastiano e Marco Ricci – rapporti che è giocoforza enucleare per via deduttiva in base alla produzione artistica di entrambi. Non appare comunque troppo arbitrario immaginare con quale trepidante compiacimento il Canaletto senior, che si sa come fosse anch’egli un carattere assai poco socievole tanto da essere definito dai contemporanei «fantasque» e «bourru», abbia seguito gli esordi del nipote-prodigio, il quale sin da adolescente doveva rivelarsi di gran lunga il suo miglior allievo. Forse non ci furono neppure specifici episodi di una rottura, più verosimilmente questa avvenne in maniera progressiva, quasi generazionalmente, come contrasto tra lo zio, in cui forse s’era insinuata una certa invidia, e il nipote consapevole delle proprie capacità fino alla presunzione e comunque insofferente di un qualche condizionamento. E che a Bernardo facesse difetto la modestia lo attestano numerose fonti [...]. Già partito nel 1746 per Londra – ma non certo con l’idea di restarvi per sempre – il Canal, ecco arrivare a Bernardo la grande occasione, un giro di boa nella sua vita: l’invito a Dresda” (Rizzi 1995). La chiamata di Augusto III, principe elettore di Sassonia e re di Polonia, ad assumere la carica di “Peintre du Roi”, avvenne “probabilmente grazie ai buoni uffici dell’abate veronese Pietro Guarienti, che era stato da poco nominato ispettore della Galleria reale e che aveva conosciuto il giovane pittore a Venezia, legandosi con lui di amicizia al punto da venir scelto nel 1745 come padrino al battesimo della terza figlia di Bernardo, Francesca Elisabetta. [...] L’incarico affidato a Bernardo a Dresda era quello di illustrare con le sue vedute la città che Augusto II il Forte e il figlio avevano rinnovato dal punto di vista architettonico e urbanistico in modo radicale, facendola assurgere al ruolo di splendida capitale europea” (Pedrocco 2002). Grazie ai favori di Augusto III e del suo fedele primo ministro, Bellotto, il cui stipendio era a dir poco generoso, “poté serenamente operare in quel decennio 1747-1756 che tutto fa credere egli dovette ricordare come il più felice della sua vita” (Rizzi 1995).           

Lo scoppio della Guerra dei Sette Anni (1756-1763) pose fine a questa situazione favorevole. La corte di Augusto III si disperse ed anche Bellotto lasciò Dresda per trasferirsi a Vienna e porsi per due anni (1759-1760) al servizio dell’Imperatrice Maria Teresa, non senza soddisfare le richieste di importanti committenti quali il Cancelliere Kaunitz ed il Principe di Lichtenstein. Si ignorano molte circostanze riguardanti questo soggiorno viennese, tuttavia che l’imperatrice lo stimasse è confermato, oltre che dalle commissioni di famose vedute, dalla sua lettera inviata, per mano stessa dell’artista, il 4 gennaio 1761, alla principessa ereditaria della Sassonia Maria Antonia, che si trovava allora a Monaco. “Non ho potuto veder partire Canaletti [sic] - scrive l’imperatrice - senza consegnargli queste righe, raccomandandogliele; egli anche in tal caso si è comportato molto bene e ci ha riforniti di qualcuna delle sue opere molto belle. L’invidio di poterlo vedere otto mesi prima di me” (Koza­kiewicz 1972). Nel 1761 quindi, attratto dalla liberalità dell’Elettore bavarese Massimiliano III, Bellotto soggiornò a Monaco; per poi far ritorno nel 1762 a Dresda (Valcanover 1966). Qui l’attesero amare sorprese. “Allorché, alla fine del 1763, morirono a breve distanza l’uno dall’altro sia Augusto III che il suo primo ministro plenipotenziario, il conte Heinrich Brühl, nel 1764 Bellottto non ottenne altro che un posto di dipendente presso l’Accademia di Belle Arti in qualità di insegnante di corsi preparatori di prospettiva nelle classi inferiori di paesaggistica e architettura. Alla fine del 1766 chiese un periodo di congedo per recarsi a San Pietroburgo, ma strada facendo si fermò, all’inizio del 1767, alla corte polacca di Stanislao Augusto Poniatowski, dove nel 1768 divenne pittore di corte e ritrasse Varsavia, dove ormai risiedeva” (Weber 2001). “Qui trascorse gli ultimi quattordici anni della sua vita, assicurando alla propria famiglia (aveva moglie e quattro figli, un maschio e tre femmine) una buona posizione economica e riacquistando, inoltre, quel peso professionale che aveva perso a Dresda. Considerando il carattere del pittore alquanto instabile e incoerente nonché le sue difficoltà a instaurare dei rapporti interpersonali, si può ipotizzare che la decisione di restare a Varsavia fu influenzata dalla forte posizione assunta dagli artisti italiani alla corte polacca. Il sovrano polacco organizzava ogni settimana dei pranzi ai quali invitava molti artisti, in maggioranza italiani, da cui il nome di «pranzi italiani»” (Rottermund 2001).

Bernardo Bellotto morì a Varsavia il 17 novembre 1780. Il giorno successivo fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini in via Miodova. 

 

 

Daniele D'Anza

 

marzo 2005