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Considerazioni attorno a Marco Ricci

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Marta Nadali

 

Del disegno di Marco Ricci

 

 

 

1. Marco Ricci, Paesaggio con una torre. Oxford, Ashmolean Museum.

 

 

La delineazione della poetica pittorica di Marco Ricci è venuta precisandosi sempre più attraverso le conquiste degli studi intervenuti nella seconda metà del Novecento, tali da garantire una maggiore evidenza ai contorni della fisionomia dell'artista. Nuovi e ulteriori lumi sono stati forniti dallo studio critico ragionato del corpus grafico dell'artista. L'espressività del disegno di Marco si estende attraverso una copiosa produzione, varia nelle scelte formali e negli esiti semantici, raccolta in due preziosi volumi. Si tratta dei fondi di disegni appartenuti al console britannico a Venezia Joseph Smith e all'artista e mecenate Antonio Maria Zanetti. Impreziosiscono l'analisi alcuni esemplari provenienti dalla raccolta di un altro personaggio d'eccellenza, il conte Francesco Algarotti.
L'osservazione intima offerta dalla ricca messe di disegni, tale da contare su trecentoundici esemplari, ha permesso di delineare un'interpretazione inedita dell' incipit espressivo dell'artista. Una procura recante data 24 febbraio 1704 testimonia della sicura presenza dell'artista in laguna. Nelle collezioni veneziane del primo decennio del Settecento facevano copiosa mostra di sé i paesaggi di mano d'artisti foresti d'origine nordica, quali quelli di Monsù Cussin, Joseph Heintz il giovane, Martin de Vos, Johann Eismann e Pieter Mulier, il Cavalier Tempesta. Quest'ultimo artista fu il catalizzatore della lezione nordica recepita da Marco a Venezia. Attraverso il Mulier, Marco assimila atmosfere e linguaggi che troveranno ben altre conferme nella fase della sua maturità. Del repertorio fiammingo l'artista sostanzia il linguaggio, nonché i contenuti, delle prime opere grafiche, così come attesta uno dei primi disegni, Paesaggio con torre, appartenente alle collezioni oxoniensi dell'Ashmolean Museum (Fig. 1). Il disegno, nell'impostazione della rappresentazione, come nell'atmosfera evocata, fatta d'evanescenza di bruma, rappresenta una grossa torre cilindrica, unita alla terra da un ponte percorso da un cavaliere. Motivo, quest'ultimo, di chiara ascendenza nordica, capace di rinviare attraverso il suo maestro più prossimo, il Tempesta, alla lezione ben testimoniata in laguna dai Sadeler. Il linguaggio del disegno è incerto, indulgente a soluzioni affidate a un ductus ancora goffo e ingenuo ma che rivela il panorama cui Marco guarda e s'ispira per la definizione della sua prima fisionomia.

 

2. Marco Ricci,  Paesaggio con briganti che assalgono dei viaggiatoriNew York,  Metropolitan Museum.

 


Il primo decennio del Settecento è testimone della scelta professionale di Marco come artista: l'arte della rappresentazione del paesaggio. L'artista è proteso in questa fase della sua ricerca a un repertorio linguistico sostanziato di toni forti, scelte tematiche che mirano al pittoresco. Ne esce una pittura in antitesi con le atmosfere sature d'arcadia dei paesaggi classici. Anziché essere acceso nell'ispirazione dai repertori di riferimento di un Poussin, Marco subisce il fascino e desume da artisti quali Daret, manifestando, già a partire da queste opere del primo decennio, la propria cifra; il paesaggio viene comunicato con la schiettezza di toni che era propria della pittura fiamminga, del pensiero protestante che riteneva la natura non proiezione di un'armonia divina, caricata inevitabilmente di rappresentazioni simboliche, altre rispetto al contesto, ma la rappresentazione della realtà nella sua semplicità, senza abbellimenti, senza mediazioni, nella propria sostanzialità. Alla lezione pittorica offerta dagli artisti fiamminghi, testimoniati nelle collezioni veneziane, s'intrecciano le suggestioni che Marco aveva ricevuto dai maestri della scuola bolognese. Lo sguardo carico delle montagne del bellunese, delle valli solcate dal Piave trovò adeguata corresponsione nella poetica e nelle forme della lezione del Guercino. Marco desunse dagli sperimentalismi su cui il maestro emiliano aveva lavorato in netta opposizione al paesaggio storico della tradizione accademica. La schiettezza delle asciutte rappresentazioni agresti che animano gli affreschi realizzati per casa Pannini a Cento e che si ritrovano in numerosi disegni guercineschi nutrì il linguaggio di Marco Ricci nelle opere collocabili nella prima fase della sua produzione. Oltre che derivazioni dalla poetica, Marco operò mutuazioni della tecnica guercinesca, tal'è la testimonianza mostrata da disegni, appartenenti alla collezione Riva del Museo Civico di Bassano del Grappa, quali il Paesaggio montano con villaggio; Villaggio fortificato sopra un colle Paesaggio con rupi e alberi. Sono opere in cui l'artista si esprime attraverso un segno robusto e liquido, estremamente dinamico, "virgolato a strappi" nelle fronde degli alberi. Si delineano in questi disegni, attraverso una capacità narrativa particolarmente minuziosa, gli elementi espressivi tipici nel linguaggio dell'artista, l'albero in primo piano, a incorniciatura del disegno, il profilo montano nel fondo dell'opera, al centro del disegno il paesaggio, con l'immancabile corso d'acqua, che si muove lungo anse sinuose, lanciato nel fondo del disegno attraverso forti rappresentazioni prospettiche a perdita d'occhio.


[...] circa l'anno 1705 fece un certo crimine là in Venezia, [cancellato nel testo] Perciò che suo zio lo mandò a Spalato in Dalmazia, e lo quale raccomandò ad un valente Pittor Paesista, sotto il quale apprese molto.


La fosca passionalità e la sostanziale eccentricità di Marco, proprie di una personalità ora introversa e assente dall'attenzione dei più, ora focosa e irruenta, preda degli eccessi di una gagliardia inquieta, viene presto accesa, da una facile occasione, in furia omicida:

 

 

Si chiamò offeso una notte stando nella taverna di certe parole dettegli da un gondoliere, onde prese un boccale lo spezzò nel capo a quell'infelise e lo uccise.

 

 

Sebastiano Ricci, per far sfuggire Marco alla giustizia veneziana, invia il nipote sotto la protezione e ospitalità di un amico pittore che Giuseppe Maria Pilo ha identificato nell'artista anconetano Antonio Francesco Peruzzini. Dal Peruzzini, Marco seppe trarre un nuovo senso della narrazione paesaggi stica, fatta della "rappresentazione per alto", tra cui domina una vegetazione intricata modulata attraverso alberi frondosi dai tronchi e rami obliqui. Peruzziniana è anche la lezione da cui derivano i paesaggi aperti, spesso per largo, con una Vegetazione più rarefatta al centro. Il maestro anconetano infrange il vero per fare della fantasia e del capriccio gli elementi caratterizzanti la propria poetica espressiva. Nasceranno le serie di disegni quali l'"uccisione della serpe", la "fuga dall'orso", l"'assalto dei briganti". Si tratta di opere caratterizzate da una decisa impostazione scenografica, conseguenti alla scelta di tematiche esemplificatrici la poetica del pittoresco. La rappresentazione viene affidata alla sintesi d'elementi narrativi tali da suscitare la combinazione di stupore estatico e ripulsa. Stille anticipatrici di una nuova estetica, capaci, a fine secolo, di trasformare il 'pittoresco' in 'sublimÈ.
Alla sintesi operata dalla lezione del Peruzzini venne unendosi la conoscenza delle opere dei grandi maestri della tradizione paesaggistica meridionale, copiosamente raccolti e frequentati da Marco nelle collezioni di Ferdinando di Toscana tra il 1706 e il 1707. All'epoca Sebastiano era a Firenze, incaricato di svolgere alcune commissioni per i Medici, cui se ne aggiunsero altre per il canonico Marucelli. La poetica di Salvator Rosa, attraverso il Peruzzini era giunta a Marco mitigata; il maestro anconetano aveva un diverso temperamento e la sua pittura non poggiava su di un sistema filosofico, come ben diversamente quella del Rosa. L'influenza del maestro napoletano mostrò il proprio esito nell'accentuazione degli effetti scenografici atti a dar vita a selve impenetrabili, dirupi culminanti in spuntoni montani.

 

 

3. Marco Ricci,  Banditi che assalgono dei viaggiatori. Windsor;  Royal Library, Collezioni di Sua Maestà Britannica.

 

 

4.   Marco Ricci,  Paesaggio boschivo con figure e cavalli. Londra,  Courtauld  Museum.

 

 

5.   Marco Ricci,  Banditi che attaccano un viaggiatore. Windsor,  Royal Library,  Collezioni di Sua Maestà Britannica.

 

Esito di questo periodo è la serie di quattro opere dedicate a tale tematica, Paesaggio con briganti che assalgono viaggiatori di New York, Banditi che assalgono viaggiatori di Windsor, Paesaggio boschivo con figure e cavalli" di Londra; chiude la serie un'altra opera conservata a Windsor, Banditi che attaccano un viaggiatore. Tutte le quattro opere svolgono il medesimo tema, anche se modulato, con diverso esito, nei vari disegni. La costruzione dello spazio è caratterizzata da una serrata successione di diagonali. L'azione narrata si svolge al centro del disegno, evidenziata da sapienti chiaroscuri con cui rendere evidenza alla drammaticità della narrazione. Un attorno di quinte frondose completa adeguatamente lo sfondo della rappresentazione. La cifra caratterizzante le quattro opere è il forte carattere scenografico dell'impianto descrittivo e il pregnante pittoricismo nella rappresentazione del tema e nella resa tecnica dello stesso. Un' ulteriore svolta espressiva Viene offerta a Marco alla fine dell 'anno 1708 dall 'osservazione dei paesaggi del nord d' Europa, conosciuti dall ' artista in quanto tramiti indispensabili per raggiungere l' Inghilterra, dove insieme a Gian Antonio Pellegrini era stato ingaggiato per lavorare al servizio di Lord Manchester. Le opere che ne derivarono mostrano paesaggi definiti attraverso larghi orizzonti, spazi abbacinati da
una calda luminosità, che pervade la rappresentazione. La luminosità che imperla di una nuova atmosfera il paesaggio è la vera conquista del linguaggio maturo dell 'artista, lontano dalle pittoresche ombrosità del periodo anconetano-fiorentino. Un gruppo minuto di sei opere reperite nel corpus grafico dell'artista permette di comprendere il ricercato affinamento compiuto da Marco e l'acquisizione di una diversa capacità espressiva. Emblematico è il disegno con Villaggio nei Paesi Bassi appartenente alle Collezioni Reali inglesi. Protagonista della rappresentazione del paesaggio è l 'orizzonte, pronto ad abbracciare spazi infiniti. Si sviluppa il territorio di una campagna piatta e
ordinata. Al centro destra dell 'opera si scorge un piccolo agglomerato, su cui svetta la sagoma slanciata del campanile della chiesa cittadina. La tecnica si è trasformata; il ductus si è alleggerito e procede per tratti brevi e paralleli, quasi a suggerire l ' immagine con discrezione invece d ' offrirla con insistente evidenza, riuscendo a mantenere la concretezza e la verosimiglianza del dettato narrativo. Nei primi mesi dell 'anno 1709 Marco assieme a Gian Antonio Pellegrini è al seguito di Lord Manchester in Inghilterra. A Londra lavora presso il teatro dell 'Opera italiana, il Royal Theatre di Haymarket. Il 2 aprile del 1709 viene messo in scena il Pirro e Demetrio musicato da Alessandro Scarlatti, interamente rinnovato nelle scenografie per opera di Marco e del Pellegrini. Il 5 aprile dello stesso anno Marco e il Pellegrini vengono menzionati per la realizzazione delle scenografie della Camilla Regina dei Volsci di Giovanni Bononcini. Interamente e solamente di Marco è l'allestimento scenico dell' Idaspe FedelÈ' di Scarlatti.
Presero vita una serie copiosa di studi per bozzetti scenografici che rappresentano i frutti più maturi, testimonianza dei raggiungimenti espressivi più raffinati di Marco come scenografo. Nella maggior parte della ricca messe d'opere, si tratta di studi per produzioni teatrali posteriori nel tempo, databili durante l'arco del secondo decennio del Settecento. Si tratta di spettacoli che vennero messi in scena a Venezia, nei prestigiosi teatri di Sant'Angelo e San Giovanni Grisostomo. I disegni confluirono dalla collezione del console Smith nelle collezioni britanniche di re Giorgio III nel 1762. Sono opere in cui l'atteggiamento dell'artista nella concezione della scena è sempre il medesimo; lo spazio viene reso come scena quadro. Non più i barocchismi bibieneschi, ma una costruzione dello spazio creata per evocare un effetto persuasivo di profondità, attraverso studiati accorgimenti narrativi. La presenza di un architrave è capace di riunire e sintetizzare le diverse prospettive; un corso d'acqua raccoglie lo sguardo dal primo piano e lo proietta in uno spazio lontano. La descrizione è minuta, ma capace d'evitare la leziosità e toccare la verosimiglianza. L'artista indaga e riflette sulla rappresentazione degli interni, modulando lo spazio con androni sull'alto delle cui pareti imposta matronei e loggette, indulgendo nella descrizione ad accenti di gusto rocaille. Degli esterni, evoca sobri profili d'architetture neo-palladiane, facciate e belvedere descritti mediante efficaci effetti di scorcio. La rappresentazione è affidata a un tratto sottile e dinamico, in grado di attardarsi nella descrizione di un decoro a stucco, come nella rappresentazione di estensioni modulate attraverso infilate di monumenti, fontane e rigogliose masse selvose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. Marco Ricci, Paesaggio con rovine e statue classiche. Hannover, New Hampshire, Darmouth College.

 

Una rarissima opera della produzione scenografica più giovane è costituita dal disegno Paesaggio con rovine e statue classiche della collezione del Darmouth College ad Hannover nel New Hampshire. Il disegno è una straordinaria rappresentazione di un paesaggio 'capriccioso', in cui si succedono, avviando una perfetta armonia ritmica nella scansione e proiezione dello spazio, preziosi elementi scultorei e architettonici. La conduzione del chiaroscuro, operata attraverso le stesure sapienti delle acquerellature, dà ragione degli effetti d'ombra e di luce, condotti sugli elementi descrittivi. Il disegno reca da ambo i lati una numerazione progressiva a partire dal numero uno, in primo piano, fino al numero nove nel fondo del disegno. Manca il numero sette.
Ritengo che quest'opera possa collocarsi nei primissimi anni del secondo decennio del Settecento.
«[...] upon some disgust with Pelegrini, they diferd & Marco went to Venice to fetch his Uncle Sigr Sebastian Richi». Marco era stato tagliato fuori dalle prestigiose commissioni affidate al Pellegrini. Aspirando a una diversa fama, l'artista pensò bene di tornare in Italia per una fugace visita, il tempo necessario per prelevare Sebastiano e condurlo con sé in Gran Bretagna. Prestigio e denaro non tardarono ad arrivare quando i due veneziani vennero ingaggiati da Lord Burlington, terzo conte di Burlington e quarto conte di Cork presso la sua residenza, l'attuale Royal Academy of Arts a Piccadilly. Sebastiano fu incaricato di realizzare quattro tele dedicate al Trionfo d'amore, destinate a fungere da decorazione allo scalone centrale della Burlington House, alcuni soffitti nelle sale superiori, dei quali non rimane oggi traccia, e sovramanti. Agli artisti furono affidate delle commissioni prima della partenza di Lord Burlington per il Grand Tour in Italia, svoltosi tra il maggio dell'anno 1714 e l'aprile dell'anno 1715. All'epoca era ingaggiato anche Georg Friedrich Händel, che nell'anno 1713 mette in scena, sul libretto del compositore Giacomo Rossi, il Silla. L'opera ebbe una rappresentazione privata per celebrare il compleanno di Lord Burlington. Il sipario si apre su di una piazza romana, con arco trionfale nel mezzo. Il disegno del Darmouth College Visualizza con fedeltà la descrizione del libretto dell'opera.
Marco, rientrato a Venezia alla fine dell'anno 1716, continua la sua attività di scenografo, collaborando per il teatro di Sant'Angelo, alla realizzazione dell'Amor di figlia per le musiche di Giovanni Porta e i testi poetici di Giovanni Maniglia. L'anno 1719, sempre per il Sant'Angelo, Marco realizza le scene per il Pentimento generoso di Domenico Lalli e Stefano Andrea Fiorè, e per l'Amalasunta di Giacomo Gabrieli e Fortunato Chelleri. Si arriva all'anno 1726, quando l'artista progetta la scena per il Siroe re di Persia su libretto di Metastasio e musiche di Leonardo Vinci e per il Siface di Metastasio e Niccolò Porpora per il teatro Grimani a San Giovanni Grisostomo.
I disegni scenografici, conservati a Windsor Castle, sono gli studi che l'artista produsse nell'ultimo periodo della sua attività. Il confronto tra lo stage design per il Silla che Marco realizzò presumibilmente nel 1713 e i disegni appartenenti all'ultimo decennio della sua attività permette di affermare come l'artista abbia raggiunto una piena capacità espressiva oltre che tecnica.
Non fu determinante il viaggio romano compiuto da Marco nell'ambito della definizione della poetica del 'capriccio', in questo contesto va ridimensionata l'influenza dell'allora giovane Andrea Locatelli. Marco era ormai in grado di esibire una sicura capacità espressiva e una vasta rosa tematica, senza saccheggiare i repertori del più giovane collega.
Se nell'ambito della produzione grafica dell'artista si debbono individuare progressioni per un'adeguata conoscenza e inquadramento del suo sviluppo espressivo, si deve parimenti constatare che altri suoi fogli debbono essere posticipati. Mi riferisco, in particolare, al famoso disegno di Berlino, Paesaggio con mulino e pescatore. Il disegno fu considerato, a partire da Irene Haumann che lo pubblicò per prima nel 1927, come l'opera iniziale dell'artista, una delle rarissime a recare una data, indicata come 1703, e la firma dell'artista nel suo verso. Il confronto con la serie dei disegni di paesaggio conservati a Windsor, collocabili nella fase d'attività dell'artista successiva al definitivo rientro dall'Inghilterra tra gli ultimi anni del secondo e l'inizio del terzo decennio, porta a concludere che l'opera di Berlino, date le evidenti affinità stilistiche con i disegni prodotti negli anni della maturità, non possa che appartenere essa stessa al periodo della maturità artistica di Marco. Ritengo interessante soffermarmi su quelli che sono gli elementi che permettono di individuare nel disegno i tratti propri della maturità espressiva dell'artista e che mi hanno indotta a mettere in discussione la datazione avanzata dagli storici, spingendomi a propendere per una vistosa postdatazione della sua realizzazione. Il disegno è una fervida rappresentazione della pedemontana del bellunese. La narrazione è avviata su un primo piano scuro, su cui è condotto un velo d'ombra. Lo spazio è animato dalla presenza di due figurine di pescatori. I soggetti sono schizzati attraverso il tratto veloce che caratterizza le opere più mature. Altro motivo poetico della maturità è l'incrociarsi dei tronchi nodosi alla sinistra del disegno. Il motivo è elaborato attraverso un uso sapiente degli effetti di chiaroscuro, in grado di pervenire a esiti pittorici. Lo spazio viene comunicato attraverso la sicura padronanza dei giochi prospettici vestiti delle forme sinuose del corso d'acqua con il quale il primo piano si proietta sul fondo. Al centro si mostra un complesso rurale, nel cui mezzo si erge l'alta torre di tizianesca memoria con il mulino, la grande ruota. La descrizione è operata attraverso un segno preciso e sottile, così duttile da dar forma e naturalezza a ogni elemento della descrizione. Questa molteplicità e convergenza di elementi mi hanno spinta, a seguito della notizia del ritrovamento del disegno presso il Gabinetto dei disegni e delle Stampe di Berlino", a voler verificare la datazione oggettiva del disegno. Ho trovato così conferma alle mie ipotesi: l'iscrizione che il disegno reca nel verso recita «di Marco Ricci Veneziano/Venezia 1723».


II presente articolo nasce dalla mia tesi di laurea, Marco Ricci: i disegni. Per un catalogo critico ragionato, discussa presso l'Università Ca' Foscari di Venezia, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore il prof. Giuseppe Maria Pilo, nell'anno accademico 2000-01. Nel mio lavoro di tesi ho integrato e aggiornato il precedente e fondamentale apporto alla conoscenza e ricostruzione dei volumi di disegni di Marco Ricci a opera di Giuseppe Maria Pilo, Marco Ricci ritrovato, in "Paragone" 165, 1963, pp. 21-36; Idem, Marco Ricci, catalogo della mostra di Bassano del Grappa, Venezia 1963, ed. cit. 1964, pp. 123-172. II prezioso studio di Giuseppe Maria Pilo è stato integrato nel modo seguente: per quanto attiene al volume già proprietà di Antonio Maria Zanetti, poi Cernazai, Dal Zotto, Geiger, ai sedici disegni scelti ed esposti a Bassano, appartenenti alla collezione Oppé si sono aggiunti i rimanenti ventiquattro esemplari; ai diciannove fogli appartenenti alle collezioni del Museo di Oxford si sono aggiunti i rimanenti ventuno esemplari. Dei disegni dell'altro volume, già appartenente al console Smith, oggi proprietà delle Collezioni Reali di Sua Maestà Britannica, conservati alla Royal Library di Windsor Castle, partendo dai trentacinque fogli scelti ed esposti a Bassano, si è completato lo studio e, per la prima volta, la riproduzione dell'intero fondo che conserva centoquarantacinque esemplari di Marco. Nell'ambito della mia ricerca ho individuato e studiato trecentoundici esemplari, più quaranta opere di incerta attribuzione, a tuttora oggetto di studio.
 


Marta Nadali

 

 

 

ARTE Documento N°16                                                                         © Edizioni La Laguna