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Marco Ricci (Belluno 1676 – Venezia 1730)

 

Nato a Belluno il 5 giugno 1676 , inizia la propria formazione presso lo zio, Sebastiano Ricci nel 1696 quando questi ritorna a Venezia. L’analisi di alcuni quadri eseguiti da Sebastiano entro la metà degli anni novanta, sostanzia però l’ipotesi “che Marco si sia ricongiunto con lo zio almeno fin dal soggiorno milanese: possiamo immaginarlo circa diciottenne accanto al già famoso Sebastiano e in contatto con quei suoi amici, quali il Magnasco e il Peruzzini, che tanta parte dovranno avere nello sviluppo della sua poetica” (Scarpa Sonino 1991).      
Stando a quanto racconta Temanza (1738), “in sul bollor degli anni suoi era uomo rissoso e dato alla cattiva vita, né si vergognava di frammischiarsi nella taverna alla vile plebaglia. Si chiamò offeso una notte, stando nella taverna, di certe parole dettele da un gondoliere, onde prese un boccale e lo spezzò sul capo a quell’infelice e lo uccise. Per lo che suo zio lo mandò a Spalato in Dalmazia, e lo raccomandò ad un valente pittore paesista, sotto il quale apprese molto. Stette colà circa quattro anni e poi ritornò a Venezia avendo suo zio acquetata la giustizia”. A questo proposito Pilo (1963) ricorda l’affermazione dell’abate Girardi (1749): “nell’età sua più verde fu ammaestrato nella Pittura dal Perugino”, probabilmente quell’Antonio Francesco Peruzzini anconetano, che aveva collaborato, per il paesaggio, in un dipinto di Sebastiano Ricci (Tentazioni di Sant'Antonio, collezione privata) e che forse Marco già conobbe a Milano. C’è da chiedersi allora se i due “si siano incontrati davvero a Spalato o forse, di qua dell’Adriatico, in Ancona patria del Peruzzini” (Pilo 1963). Infatti “come poteva Sebastiano pensare a Spalato, che, come tutta la costa dalmata, ricadeva sotto la giurisdizione della Repubblica veneta, come ad un ricetto sicuro per il nipote? È ben probabile quindi che il giovane Marco sia stato imbarcato sì per Spalato – che era in quel tempo un attivissimo scalo commerciale con Venezia – ma per approdare poi nei litorali papalini, forse [...] tramite Ancona; ma dubito che lì egli abbia incontrato il Peruzzini, e soprattutto, quale dei Peruzzini? [...] Che a quel tempo egli potesse essere affidato come scolaro a qualche artista è d’altronde impensabile: aveva infatti quasi trent’anni ed è improponibile non ritenerlo già artisticamente formato” (Scarpa Sonino 1991). Tenuto conto degli elementi alla Salvator Rosa che caratterizzano la sua prima produ­zione, Pallucchini (1994) ipotizza allora, per questo periodo, un soggiorno sostitutivo a Napoli.
Comunque sia, rientrato a Venezia nei primi anni del Settecento, divenne fedele collaboratore dello zio. Nel 1708 seguì Lord Manchester a Londra dove era stato invitato, assieme ad Antonio Pellegrini, allo scopo di approntare scenografie per l’opera italiana nel Queen's Theatre di Haymarket. Entrambi esegui­rono le scene del Pirro e Demetrio di Alessandro Scarlatti e Nicola Haym. “Il viaggio avvenne per la via dell’Olanda; circostanza notevole per l’incontro di Marco con la pittura di paesaggio neerlandese” (Pallucchini 1994). Rientrato a Venezia alla fine del 1711, a causa, sembra, di una lite con Pellegrini, dal 1712 al 1714 fu di nuovo a Londra, stavolta con lo zio Sebastiano. Stabilitosi definitivamente a Venezia figura iscritto alla Fraglia dei pittori nel 1726 e nel 1727 (Favaro 1975), “dimorando nell’accogliente casa dello zio, col quale visse sino alla morte in diuturna dimestichezza” (Donzelli 1957).  
“Si racconta di Marco che fosse molto fantastico. Dopo il suo ritorno d’Inghilterra mentre abitava in Venezia nella casa di suo zio Sebastiano Rizzi: le saltò nel capo di voler morire, ma voleva morire da Cavaliere. Per tanto una mattina si vestì bizzarramente e si mise la spada al fianco. Poi si chiuse nella sua stanza, e così vestito con la Spada si coricò sul letto, prese sonno e dormì buona pezza. Si sveglio verso mezzodì, e benché avesse buon apetito, non vole lavarsi dal letto, avendo già determinato di voler morire. Passò quel giorno e venne la notte e mai si mosse, né si fece sentire. La sera ricercò suo zio di lui, e li serventi credendolo fuori di casa, risposero che non sapevano ove egli fosse andato. [...] Passò finalmente l’altra notte, e parte del susseguente giorno: ma insospettitosi il zio Sebastiano chiamò un fabbro perché aprisse la porta della stanza, ove lo ritrovò quasi morto da inedia ma agiatamente coricato sopra il letto con la Spada al fianco. Fu ristorato, e riprese il suo vigore né più l’è venuto voglia di morire. [...] Nell’età di circa 56 anni le venne un poco di febre cagionata da ripienezza. Il medico le ordinò una medicina, e le scrisse il recipe. Partito il medico, si fece Marco dare la ricetta, e vi alterò li numeri della dose, onde lo Speciale fece la medicina, egli la prese, e morì” (Temanza 1738). Nel Registro de’ Morti della Chiesa di San Moisè si legge invece: “li 21 gennaio 1729 [more veneto 1730] il sig. Marco q. Girolamo Rizzi di anni 56 moriva di febbre e catarro giorni 8”.
 


Daniele D'Anza

 

giugno 2005