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Daniele D'Anza
Uno stregozzo di Joseph Heintz il Giovane

 

 

 

1 - Joseph Heintz il Giovane, Alchimista. Mercato antiquario.

 

Joseph Heintz il Giovane, pittore tedesco attivo a Venezia a partire dal 1625, è noto soprattutto come narratore di cerimonie o feste popolari. Pitture, cioè, pronte a cogliere con piglio divertito gli aspetti festivi della società veneziana del tempo. In questo senso la critica gli ha già riconosciuto il ruolo di anticipatore della veduta settecentesca veneziana. Tuttavia le fonti antiche, a partire dalla Carta del navegar pitoresco di Marco Boschini, edita a Venezia nel 1660, lo ricordano principalmente come autore di stregozzi, ovvero di quelle "stravaganze e bizarie / De chimere, de mostri, e d'animali, /De bestie, de baltresche, e cose tali / Trasformae, reformae da testa a pie?. Opere nelle quali comparivano "Astrologhi, Strigoni e Negromanti", e che il pittore tedesco concepiva sia in grande che in piccolo formato. Di tale produzione, sfortunatamente, si conoscono oggi solo pochi esempi.

 

2 - Joseph Heintz il Giovane, Alchimista, particolare.

 

3 - Joseph Heintz il Giovane, Alchimista, particolare.

 

Assume allora una certa importanza la grande tela raffigurante un Alchimista, forse il mago Ermogene, comparsa recentemente sul mercato antiquario milanese (figg. 1-3). Essa è un tipico esempio di quella produzione bizzarra e capricciosa così spesso ricordata dalle fonti. In questo caso il protagonista è proprio uno strigone, che ricalca la consueta iconografia di vecchio seduto alle prese con fornelli, crogiuoli, alambicchi, intento a scrutare le pagine di un libro e attorniato da fantasmi o mostri. Sono proprio questi ultimi, nel nostro dipinto, ad attirare maggiormente l' attenzione dell' osservatore.

 


5 - Pieter Brueghel il Vecchio, San Giacomo Maggiore e il mago Ermogene. Incisione.

 

È qui che Heintz scatena la propria verve inventiva, mutuando alcuni esseri deformi dalla stampa di Pieter Brueghel  il Vecchio con San Giacomo Maggiore e il mago Ermogene (da dove forse recupera anche lo spunto per questo soggetto) (fig. 5), ma incrementandoli forgiandone di nuovi e inserendo qua e là astici, granchi e grancevole, quasi una concessione d' obbligo verso la sua città d'adozione. In questo stregozzo Heintz punta sulla contrapposizione tra serio e faceto, dove il vecchio mago, assorto nella procedura indicatagli dal libro, sembra incurante, o forse ormai assuefatto, ai lazzi e alle irriverenze comminate dagli esseri deformi. Una grancevola insolente gli disturba volutamente la lettura, mentre un mostro alle sue spalle cerca di sottrargli l'asticella e un altro intinge oscenamente la coda nel crogiuolo. Ma se in questa zona del dipinto l' uomo si differenzia nettamente dal mostro, nella parte di sinistra, caratterizzata da un'ampia apertura paesaggistica con rovine, i mostriciattoli hanno ormai acquisito abiti e attitudini umane. L'esito è spassosissimo.

 

4 - Joseph Heintz il Giovane, Alchimista, particolare.

 

La gestualità compita, quasi teatralizzata, del galante mostriciattolo che, in basso a sinistra, inserisce una lettera nel cestello prontamente calato da una sua consimile ne è esempio impareggiabile (fig. 4). Dal punto di vista stilistico il dipinto presenta un fare corsivo, una condotta rapida e sicura, che lo avvicina all' Allegoria di Vienna, datata 1674. Si potrebbe quindi ricondurlo alla maturità dell'artista e collocarlo nel settimo o nell'ottavo decennio del secolo, tuttavia il giudizio rimane in sospeso data la difficoltà di lettura causata dall'ossidazione della vernice. La nota asserzione di Boschini del 1660 sul suo cambio di interessi, "adesso l'ha butà de banda / El penel dale cabale e chimere, / Per far al natural le cose vere?, cioè per dedicarsi ad una tematica più rivolta al naturale, non è infatti da intendere come cessazione definitiva di questa produzione, visto che lo stesso Boschini nel maggio 1675 in una lettera a Leopoldo dÈ Medici lo informa di come Heintz sia "uno dei più capricciosi pittori che hoggidì viva in formar concerti di mostri, di fantasme, di chimere e cose simili?. A livello interpretativo il grande teschio al centro della composizione sarebbe un'indicazione della vanità degli sforzi alchemici.

 

6 - Joseph Heintz il Giovane, Alchimista, particolare. Mercato antiquario.

 

Tuttavia tale monito soccombe travolto dalla spiritosa impertinenza di questi mostriciattoli, che alimentano un clima ridanciano poco incline alla riflessione. Anche la presenza delle civette in alto a sinistra è da considerarsi un inserto simbolico (fig.6).

 


7 - Pieter Brueghel il Vecchio, La discesa di Gesù al limbo. Incisione.

 

L'incisione di Brueghel con La discesa di Gesù al limbo (fig. 7), dalla quale il tedesco recupera questo motivo, prevedeva infatti alcuni volatili che qui vengono sostituiti con le civette, uccelli notturni considerati attributo del sonno. Il medesimo pesce volante, con tanto di cesta, stavolta ospitante dei merli, viene riproposto da Heintz nella Vanitas della Pinacoteca di Brera (fig. 8).

 


8 - Joseph Heintz il Giovane, Vanitas. Milano, Pinacoteca di Brera.

 

Pur di natura simile, quest'opera, rispetto all'Alchimista, costringe i mostriciattoli ai margini della composizione, relegandoli ad un ruolo evidentemente subordinato, in virtù di una volontà didascalica che qui appare più marcata. Il soggetto, appunto, sembra non limitarsi alla sola rappresentazione allegorica della Vanitas, giustificata "dalla presenza del teschio, della clessidra e dello specchio, oltre che dal lucignolo acceso. La presenza di Amore-Eros armato di arco, freccia e faretra può rimandare, in effetti, anche al tema di Amore che vince il Tempo e - forse - il Sapere, rappresentato dal libro aperto dove si intravede una mano aperta (l'Alchimia?)".

 


9 - Joseph Heintz il  Vecchio, Allegoria della nascita di un principe. Vienna, Graphische Sammlung Albertina.

 

Ad ogni modo, credo sia interessante rilevare come nel dipinto di Brera la figura del Cupido ricalchi quella del disegno Allegoria della nascita di un principe, eseguita dal padre, Heintz il Vecchio, tra 1595 e il 1600 (fig. 9).

 

 

10 - Joseph Heintz il  Vecchio, Autoritratto con la famiglia. Pommersfelden, Sammlung Schönborn-Wiesentheid.

 

Tale ripresa testimonia l'interesse e lo studio del pittore sui testi paterni. La prima educazione dovette essergli impartita proprio dal genitore, come peraltro suggerisce l'Autoritratto con la famiglia, dove il giovane Heintz, situato alla destra del padre, vi è raffigurato intento a disegnare (fig. 10).

 

Tuttavia tale alunnato dovette essere, per evidenti ragioni anagrafiche, di breve durata. Il genitore spirò infatti nel 1609, quando Heintz aveva ad un dipresso nove anni. Una certa continuità di studi gli dovette comunque esser garantita dal patrigno, quel Matthäus Gundelach presso la cui bottega ad Augusta il giovane artista è registrato nel 1617. Gundelach collaborò e in qualche modo sviluppo' il proprio stile a contatto con Heintz il Vecchio e dopo la sua morte gli subentrò nel ruolo di pittore di corte, ereditandone la bottega. L'anno seguente ne sposò la vedova a Praga, dove continuò a operare fino al 1615, prima di trasferirsi a Stoccarda presso il duca di Württemberg e stabilirsi definitivamente ad Augusta nel 1617.

 

 

Daniele D'Anza

 

Arte in Friuli, Arte a Trieste  N°25                                                                © Edizioni della Laguna

 

 

P.S.: Nel testo corrente sono state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.