Articoli correlati:

Joseph Heintz il Giovane - Biografia Daniele D'Anza
Joseph Heintz il Giovane - Lo stile pittorico Daniele D'Anza
Uno stregozzo di Joseph Heintz il Giovane Daniele D'Anza
Appunti sulla produzione festiva di Joseph Heintz il Giovane Daniele D'Anza

 

 

 
 

Daniele D'Anza

 

JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE "PITTORE DI PIÙ PENNELLI"

 

Il disinvolto e stupefacente eclettismo, facies di una simultaneità di interessi costantemente coltivati, non aiuta la ricostruzione cronologica del catalogo dell'artista, tedesco d'origine ma veneziano d'elezione. Imporre alla sua pittura uno schema di svolgimento stilistico, rettilineo o parabolico che si voglia, è cosa tutt'altro che agevole. La sua predisposizione a seguire le mode del momento, ad accettare consigli da tutti, lo porteranno, nel giro di pochi anni tra il 1648 e il 1655, a realizzare opere ancora legate a un certo manierismo come la Traslazione lauretana, altre innervate dall'impeto farsesco di Callot, quali ad esempio La Caccia ai tori in campo San Polo, altre ancora, improntate ad un naturalismo popolaresco da poco introdotto in laguna dal danese Bernardo Keilhau1. Capace di piegare il proprio stile all'occorrenza, passa dalla "furia segnica callottiana"2, evidente nelle raffigurazioni delle Feste veneziane a certe nature morte, presenti ad esempio ne Il venditore di pesci già in una collezione romana, che non temono il confronto con quelle dei napoletani Recco e Ruoppolo3. Egli può quindi a buon titolo esser definito "pittore di più pennelli".

In precedenza, nel quarto e quinto secolo del Seicento, Heintz il giovane si affermò a Venezia come pittore di stregozzi. Ovvero di quelle "stravaganze e bizarie/ De chimere, de mostri, e d'animali,/ De bestie, de baltresche, e cose tali/ Trasformae, reformae da testa a pie" 4. Anche in questo caso l'artista fu sollecitato a confrontarsi con tale genere pittorico dalle richieste di una committenza veneziana che da poco aveva riscoperto l'opera di Bosch5. Rispetto alle composizioni del fiammingo, quelle di Heintz abbandonano qualsiasi intento moralistico, ripolarizzate seguendo la via faceta intrapresa da Callot, introducono in laguna una pittura bizzarra e singolare, da nessun altro frequentata, tanto da far esclamare a Marco Boschini "ne ghe n'è un altro in tuta sta Cità"6.

L'artista di volta in volta chiama all'adunata i "suoi" mostriciattoli, compagni abituali, veri protagonisti di questo genere pittorico sia esso dedicato a Plutone, ad Orfeo, o a Medea. Ripresi dalle stampe di Pieter Brughel il vecchio e soprattutto da Le tentazioni di Sant'Antonio di Jacques Callot, questi esseri deformi quali il Barbariccia, il condottiero in sella a un drago o lo strigozzo con l'aragosta, inscenano una rappresentazione a mezzo tra il grottesco ed il ridicolo.

 

1 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Le tentazioni di sant'Antonio. Già mercato antiquario.

 

Nel 1995 è passato presso un'asta milanese quello che può essere considerato uno dei più importanti stregozzi realizzati da Heintz (fig. 1)7. Esso infatti non si limita, come di consueto, a riprendere dalla stampa del lorenese i famosi mostriciattoli ma traduce su tela, con qualche minima variante, proprio la parte principale, dove il santo lotta con il demonio, della seconda versione dell'incisione Le tentazioni di Sant'Antonio (fig. 2), matrice prima e inesauribile di tutte le successive composizioni "bizzarre" del tedesco.

 

2 - JACQUES CALLOT, Le tentazioni di sant'Antonio, particolare. Incisione.

 

Prototipo svelato e riprodotto, dove una divertita combriccola di esseri deformi, posta al sommo dell'arco che inquadra la reazione dell'eremita, inscena uno spiritoso teatrino nel quale l'atto osceno si affianca alla solenne declamazione mentre un diavolo lì accanto strimpella, con la sua chitarrina, un motivo impertinente. La cronologia di questo, e degli altri stregozzi riconducibili in parte alla stampa del lorenese, non può prescindere dal 1635, anno della pubblicazione di questa famosissima incisione.

 

Heintz battaglista

 

La guerra contro il turco per il mantenimento dell'Isola di Creta si concluse dopo ventiquattro anni nel 1669 con la resa veneziana. La perdita di quella che per più di quattro secoli era stata la base strategica della "Dominante" nei mari d'Oriente, suggellava la fine di un'epoca.

L'importanza decisiva del mantenimento del presidio cretese fu subito avvertita dal Senato. La vittoria navale della flotta veneziana su quella turca avvenuta ai Dardanelli il 26 giugno 1656, giorno dedicato al martirio dei santi Giovanni e Paolo, assunse quindi agli occhi dei contemporanei un'importanza notevole. Lo stesso Senato stabilì di rendere grazie alla memoria dei santi istituendo una visita ufficiale alla basilica nel giorno del loro martirio. Il priore della chiesa domenicana, fra' Giovanni Premuda, decise inoltre di celebrare tale avvenimento commissionando un dipinto a Joseph Heintz il Giovane. "In data 4 maggio 1657 si concludeva il contratto tra le due parti e si stabiliva il prezzo in ducati 250"8. Eseguita nello stesso anno, l'opera, successivamente dispersa, era ancora visibile sulla parete sinistra del presbiterio nel 1782, come testimonia il dipinto di Francesco Guardi con il Pontificale nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo9. Nella tela oblunga, così come specificato dal contratto, vi doveva essere "con tutta pontualità delineato il successo della vittoria"10, ma a quanto riportato da Boschini non vi mancavano il doge Bertucci Valier "con molti senatori inginocchiati avanti alla Santissima Trinità, Beata Vergine, e li Santi nominati [Giovanni e Paolo], con la Fede e il Leone alato, che impugna la spada"11. Segnalata ancora da Zanetti e Gradenigo, la grande tela non appare più nelle guide ottocentesche.

 

3 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Battaglia navale. Già mercato antiquario.

 

Essa interessa soprattutto per come Heintz risolse lo scontro tra veneziani e turchi, essendo questo un genere della sua variegata produzione finora mai analizzato dalla critica moderna.

A comprendere come doveva essere con tutta probabilità svolto l'evento, ci viene in soccorso la Battaglia navale (fig. 3) affiorata nel 1976 sul mercato antiquario londinese con la corretta attribuzione a Joseph Heintz il giovane12. La propensione del pittore, come si dimostrerà più avanti, a replicare prototipi iconografici distinti dall'originale solamente da varianti marginali induce a credere che il dipinto dei Santi Giovanni e Paolo nell'impostazione della battaglia non doveva allontanarsi molto da quella presentata in questa sede. La scadente riproduzione visibile nel catalogo di vendita non ne permette, purtroppo, un'appropriata lettura, tuttavia la mezza luna campeggiante su una bandiera e il turbante ottomano degli arcieri in basso a destra, immancabile copricapo dei soldati turchi accertano l'identità dei contendenti. Sono inoltre presenti alcuni tratti distintivi della sua pittura come l'usuale impostazione prospettica a volo d'uccello con il punto di fuga tenuto alto e la caratteristica minuzia descrittiva, avvertibile soprattutto nei primi piani. Anche in questo dipinto come nelle più note Feste, affiora quel tipico horror vacui che induce il pittore, in questo caso, a creare un groviglio inestricabile di battelli, il cui scontro, in un clima soffocato e segnato all'orizzonte da grevi nubi di fumo, impone ad un'imbarcazione appena speronata d'inclinarsi vertiginosamente, condannandola ad un affondamento certo. Dovendo indicare un precedente iconografico al quale Heintz potrebbe aver guardato, più che la Battaglia ai Dardanelli di Pietro Liberi, visibile nella Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale, ma realizzata fra il 1660 e il 1664 e quindi successivamente a questa, il pittore potrebbe essersi interessato alla Battaglia di Lepanto di Andrea Vicentino, anch'essa in palazzo Ducale. Le differenze comunque sono molte.

 

4 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Incendio di Troia. Ubicazione ignota.

 

La presenza di guerrieri turchi in dipinti raffiguranti battaglie navali è di per se una cosa scontata, meno rivederli in soggetti classici quali questo Incendio di Troia (fig. 4). Il mitico scontro fra achei e troiani si traveste da battaglia fra veneziani e turchi, ben riconoscibili questi ultimi dal solito copricapo. Tale mascheramento può essere inteso come un riflesso iconografico di quella sindrome di accerchiamento patita da Venezia nella prima metà del Seicento. La costruzione della città fortezza di Palmanova iniziata nel 1593 rimane ancora oggi "il migliore emblema della mitizzazione del pericolo turco nella mentalità collettiva"3. Timore risvegliatosi a partire dal 1645 quando gli stessi turchi posero sotto assedio l'isola di Creta.

La composizione, che rispetta la collaudata impaginatura a volo d'uccello, sembra debitrice verso un piccolo rame di Jan Brueghel il vecchio di medesimo soggetto, conservato all'Alte Pinakothek di Monaco ma presente nel Seicento nella collezione veronese di Giacomo, Cristoforo e Francesco Muselli.14. Oltre all'idea compositiva Heintz mutua dal fiammingo il gruppo con Enea, Anchise e Ascanio posizionandoli sempre in primo piano ma resi in controparte. L'ambientazione notturna avvolge l'affascinante rappresentazione della celebre fuga di Enea sullo sfondo di una battaglia illuminata, a tratti, da bagliori infuocati. Le folgori rutilanti rischiarano pesanti superfici d'ombra rendendo visibile il conflitto che non risparmia nessuna zona praticabile e che tiene impegnati una miriade di nemici ammassati con un gusto tipicamente nordico. In linea con la consuetudine operativa di Heintz, il tipo dell'arciere veneziano con il braccio arcuato, teso in una postura caricata e innaturale, campione di un manierismo trito ed estenuato, riprende il modello già codificato nello sgherro in primo piano della Traslazione lauretana.

Le due opere proposte si inseriscono nella scia di quelle rappresentazioni che il pittore di Augusta inscenò dopo la fortunata realizzazione della già ricordata Vittoria navale ai Dardanelli. Tuttavia può essere valida anche l'ipotesi che l'opera dei Santi Giovanni e Paolo fosse commissionata al tedesco dopo che questi ebbe dato prova di saper realizzare in modo convincente tali soggetti.

 

 

Un altro Ridotto e il modello preparatorio per il Giudizio Universale di Sant'Antonin

 

La presenza di una bottega prolifica che sosteneva la produzione del maestro è percepibile soprattutto nella differente resa pittorica, evidente in alcune repliche15. Una certa pesantezza di segno è derivabile dalla riproducibilità seriale con la quale venivano licenziate. Talune soffrono uno scadimento qualitativo, altre, probabilmente realizzate in gran parte da Heintz, mantengono la qualità pittorica del prototipo.

 

5 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Ridotto. Ubicazione ignota.

 

 

Il Ridotto (fig. 5) di ignota ubicazione che qui viene presentato è un buon esempio di replica autografa di qualità non inferiore a quella dell'originale.

 

 

6 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Ridotto. Würburg, Staatsgalerie.

 

Esso ripropone la parte superiore della celebre composizione delle collezioni statali bavaresi (fig. 6)16. Oltre a questa evidente mutilazione compositiva, solo piccoli dettagli differenziano le due raffigurazioni, quali il soggetto del dipinto sopra la prima porta di sinistra o alcuni avventori che "nel frattempo" hanno variato la loro posizione. Valgano per tutti i due ottomani in basso a destra, quasi insensibili alla caotica vivacità dilagante nella sala, oil giovane con la lanterna che, concluso il suo giro, si ritrova sul lato opposto della casa da gioco.

Il ricorso all'assistenza della bottega da parte di Heintz il giovane non era cosa rara. Essa però, talvolta, dovette superare i limiti consentiti dal tacito accordo tra committente e pittore. Rivelatrice si presenta la vicenda attinente la realizzazione del Giudizio Universale per la chiesa veneziana di Sant'Antonin. Il pievano Domenico David e i procuratori deliberarono in data 10 agosto 1660 di commissionare due opere ad ornamento della cappella maggiore. Il 19 ottobre 1660 "Gioseffo Enz pittore, ricercato già per il fine sopradetto" presenta i due modelli "l'uno del Giuditio Universale et l'altro quando il Signore scacciò dal tempio i profanatori di quello"17.

I commissari però, cautelativamente, decisero "da farsi per hora quello del Giuditio Universale", riservandosi di stabilire successivamente se confermare o meno l'incarico anche sul secondo dipinto. Saldato il quadro il 17 agosto 1661 i documenti tacciono per più di un anno, e del secondo non si sa più nulla fino a quando il 20 maggio 1663 "il signor Pietro Vecchia si obliga far un quadro rappresentante il Sacrificio di Noè dopo il diluvio universale [...] qual deve esser fatto di sua propria mano del suddetto signor Pietro". Quest'ultima, chiara, precisazione non compare negli accordi stipulati con Heintz. Si è allora indotti a credere che l'opera finita dovette deludere le aspettative generate dalla visione del bozzetto preliminare. Spia di un pesante intervento della bottega mal digerito dai commissari che proprio per questo esautorarono il tedesco dall'incarico successivo.

 

 

7 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Giudizio Universale, bozzetto. Modena, Galleria Estense.

 

Conferma questa ipotesi il bozzettone del Giudizio Universale (fig. 7) rinvenuto nei depositi della Galleria Estense di Modena, identificabile proprio con il modello presentato da Heintz18. Acquistato nell'Ottocento da Francesco V d'Este a Venezia fu tradizionalmente assegnato alla scuola di Tintoretto. Significativamente per Roberto Longhi "il colorito gessoso, rialzato su di un fondo caldo di rame, potrebbe far pensare a Pietro Liberi", mentre Rodolfo Pallucchini riconduce l'opera all'ambito veneziano della prima metà del Seicento19.

 

9 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE e bottega, Giudizio Universale, bozzetto. Sant'Antonin.

 

Oltre ad analogie di formato e di scelte compositive con il dipinto finito (fig. 9), attualmente ricoverato presso l'abbazia di San Gregorio a Venezia, appare stringente il confronto con gli angeli della Traslazione lauretana o con la parte superiore dell'Esaltazione dell'Ordine dei Teatini (fig. 8)20.

 

8 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Esaltazione dell'ordine dei Teatini, particolare. Venezia, Tolentini.

 

Alla destra di Cristo inoltre, il bozzetto si avvale come sfondo della preparazione tenuta su un colore chiaro prossimo al rosso sul quale prendono forma le figure appena delineate. Al contrario sul lato opposto con i dannati, tale espediente viene meno e l'artista opera su tonalità cupe. Questa impostazione sembra anticipare quella in essere nella tela finita dove un sole, in alto a sinistra, irradia la sua luce sull'asse che dal papa seguito dai vescovi e dai prelati porta in basso fino ai beati tratti dalla terra dagli emissari divini. Al contempo l'asse opposto, che da Mosè recante le tavole della legge scende giù fino ai dannati, prevede un sole oscurato che emana una luce spenta. Le varianti iconografiche tra bozzetto e dipinto sono invece cospicue. A questo si aggiunge una condotta pittorica libera e superiore riconoscibile nel bozzetto, resa in modo rapido e compendiario consona certamente al suo status di modello preparatorio, ma priva di quella staticità ravvisabile nel dipinto consegnato al pievano di Sant'Antonin. In quest'ultimo si registrano diversi elementi di colto riporto figurativo, modus operandi già utilizzato in altri dipinti. La Vergine ammantata è esemplata su quella presente nel quadro di Tiziano raffigurante l'Adorazione della Santissima Trinità del museo del Prado di Madrid e incisa da Cort su un disegno del maestro nel 1566.

 

10 - JAN SADELER, Giudizio Universale. Incisione.

 

Oggetto di studio inoltre deve essere stata l'incisione di identico soggetto di Jan Sadeler tratta da un dipinto di Christoph Schwartz (fig. 10) e con ai piedi una sorta di architettura fatta di nuvole che si aprono, sotto, in una cavità luminosa popolata da una miriade di anime. A differenza dell'incisione di Sadeler, Heintz indugia, come suo solito, in particolari vivaci e picareschi. Dalla stampa, ancora, è letteralmente replicata la figura del penitente di schiena a mani giunte, spostato dal pittore tedesco in secondo piano, quasi a voler mimetizzare la sua fonte.

In definitiva la qualità superiore del modello preparatorio palesa un'originale freschezza creativa scevra da un troppo stretto citazionismo. E quindi evidente che nella realizzazione della grande tela finita il pittore si sia avvalso dell'ausilio dei suoi collaboratori che ne appesantirono e schematizzarono la resa conclusiva.

 

 

La bottega di Heintz e Francesco Trevisani

 

11 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Adorazione dei Magi. Verona, Museo di Castelvecchio.

 

Il rinvenimento nei depositi del museo veronese di Castelvecchio di un'Adorazione dei Magi (fig. 11) pressoché identica22, nel soggetto e nelle dimensioni, a quella visibile nella chiesa di Sant'Andrea a Breguzzo in Trentino Alto Adige (fig. 12)23, conforta l'ipotesi che il pittore si sia avvalso con frequenza dell'ausilio della bottega per far fronte alle numerose commissioni ricevute.

 

12 - JOSEPH HEINTZ IL GIOVANE, Adorazione dei Magi. Breguzzo, chiesa di Sant'Andrea.

 

Il dipinto, proveniente dalla collezione veronese di Giulio Pompei e assegnato correttamente ad Heintz il giovane da Marinelli, viene qui riprodotto per la prima volta24. Rispetto al gemello di Breguzzo, esso si caratterizza per una qualificazione formale più sottile e indagata, meno schematica, evidente soprattutto nelle tipologie dei volti della Vergine e dei Magi. La plastica morbidezza della costruzione pittorica dichiara tangenze con la pala di Laggio di Cadore, del 166625. Più distante invece appare la resa corsiva e abbreviata registrabile nell'Esaltazione dell'Ordine della chiesa dei Tolentini di Venezia o nel Giudizio Universale di Sant'Antonin del 1661. Inoltre, così come la Sacra Conversazione, pendant dell'Adorazione trentina è una precisa ripresa del dipinto raffigurante la Sacra famiglia adorata dal donatore e dai suoi famigliari, attribuito tradizionalmente alla bottega di Tiziano26, anche queste due rappresentazioni, svolte su un iperbole che lega ed equilibra le figure, potrebbero essere state esemplate su qualche modello nobile. In conclusione, risulta difficile decidere quale delle due Adorazioni possa vantare il ruolo di matrice. Se quella trentina è firmata e datata 1669, la veronese è tenuta su un livello più alto, indice, forse, di un'esecuzione tutta da ascrivere al tedesco. Nulla però vieta di pensare che nella realizzazione delle due tele il pittore si sia avvalso dell'ausilio di due collaboratori diversi, soprattutto nelle loro possibilità artistiche. Comunque sia, la differenza qualitativa, come detto in precedenza, non può non generare una seria riflessione sulla dimensione della bottega di Heintz il giovane e sulla sua reale incidenza nelle opere riconducibili alla sua maniera.

Collaboratore sicuro e fedele fu il figlio Daniel, operativo accanto al padre a partire perlomeno dal 1661, come testimoniano le emergenze documentarie relative all'accordo tra il tedesco e il pievano di Sant'Antonin per la realizzazione del Giudizio Universale27. Solo recentemente la sua personalità artistica ha assunto una certa fisionomia, nondimeno il suo catalogo accoglie ancora un numero esiguo di opere28. In precedenza, o proprio in quegli anni, anche "Regina figlia di Gioseppe Enzo", così registrata da Martinioni nel 1663 all'interno del Quinto catalogo de gli pittori di nome che al presente vivono in Venezia, dovette con tutta probabilità aver frequentato la bottega paterna29. L'assenza di opere ascrivibili a questa pittrice non ci permette di stabilire se la sua produzione "in proprio" si affiancò per stile e temi a quella del padre o se vi fu al contrario una variazione.

Un terzo scolaro e possibile collaboratore fu uno dei rappresentanti più caratteristici del Settecento romano, Francesco Trevisani, originario di Capodistria. Come narrato dal suo contemporaneo Lione Pascoli, il giovane Francesco approdato in laguna all'età di quindici anni "s'introdusse nella scuola di Antonio Zanchi, dove poco stette, perché passò in quella di Giuseppe Enzo Tedesco, che celebre era in dipingere figure piccole, e da lui apprese il disegno, il colorito, ed il nobile, vago e morbido impasto. Quindi a più matura cresciuto risolvé non avendo ancora compiuti i ventidue d'internarsi più addentro nell'Italia per vedere l'altre sue belle metropoli, e giunto in Roma, se l'elesse per sede"30. Quest'ultimo ragguaglio è di non poco conto se consideriamo che Trevisani, nato nel 1656, compiva ventidue anni proprio nel 1678, anno della morte di Heintz. Il capodistriano arrivò quindi a Venezia nel 1671, "s'introdusse nella scuola di Antonio Zanchi, dove poco stette" passando nel 1672, o al più l'anno successivo, in quella del tedesco, dove rimase presumibilmente fino alla morte del maestro. L'esistenza di un legame pittorico tra Heintz e Trevisani è in effetti comprovato dal dipinto, di tipico soggetto heintziano, La Caccia del Toro in Venezia che Francesco eseguì nel 1682 per il cardinale Flavio Chigi31. Un'ulteriore tangenza con l'universo figurativo del tedesco traspare dalla notizia, riportata da Pascoli, che dopo il 1698 l'artista dipinse altresì per il cardinale Pietro Ottoboni "moltissime piccole [pitture] in piccole figure, ed una particolarmente di tre palmi per traverso in piccolissima col convito fatto da lui [Ottoboni] a Montegentile non lungi da Albano, dove si vedono tutti i convitati in numero circa di dugento ritratti al naturale con balli di corda, cavalli, mute, ed altro"32. Date queste premesse, si può con cautela individuare una tangenza tra la tondeggiante morbidezza delle tipologie facciali dell'angelo che tende gli occhi al cielo nel Cristo sorretto dagli angeli (Vienna, Kunsthistorisches Museum 1705-1710), quella dell'America (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica) con il volto di quella Sapienza effigiata al centro dell'Allegoria (Vienna, Kunsthistorisches Museum) che Heintz realizzò nel 1674, proprio quando Trevisani operava all'interno della sua bottega33. La medesima impostazione chiaroscurale che accomuna queste soluzioni potrebbe esser letta come retaggio, ancora percepibile a distanza di qualche tempo dall'esperienza veneziana, di quel "nobile, vago e morbido impasto" che "da lui apprese" Francesco.

 

"Devo il titolo di questo articolo a Giuseppe Pavanello. La sua continua disponibilità ha contribuito alla buona riuscita della mia ricerca. La mia gratitudine si estende inoltre a tutti gli studiosi di Storia dell'arte dell'Università di Trieste per l'attenzione dimostrata al mio lavoro."

 

 

Daniele D'Anza

 

 

Arte in Friuli, Arte a Trieste  N°23                                                                                    © Edizioni della Laguna

 

 

 

P.S.: Nel testo corrente sono state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.