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La sua vita fu segnata da un lungo peregrinare condito da avventure di
sapore romanzesco. Nato a
Padova nel 1605, dopo una prima formazione presso il Padovanino partì nel
1628 alla volta di Costantinopoli, “allettato dalla curiosità di vedere
quei paesi” (G. Gualdo Priorato, Vita
del Cavaliere Pietro Liberi scritta lui vivente dal conte Galeazzo Gualdo
Priorato vicentino l’anno MDCLXIV, Vicenza 1818). In Asia minore,
“non potendo frenare l’ardentissimo suo spirito desideroso sempre di
novità, dopo aver imparato la lingua turchesca, la greca, la francese, e
la spagnuola (la quale egli favella quanto la naturale), e la latina fece
diversi viaggi”. In uno di questi, diretto verso Gerusalemme, “fu
trattenuto prigione dall’Emir Fachirlin senza saperne la causa; ma dopo
quattordici giorni fu liberato vietandosegli però di passare più
oltre” seppe in seguito che “il motivo della sua prigionia venne
dall’essersi insospettito l’Emir ch’egli fosse una spia de’
cristiani” (Priorato 1664). Salpato da Costantinopoli nel 1632 su una nave greca, fu
fatto schiavo da “due vascelli di Barberia”, condotto a Tunisi, vi
rimase alla catena per otto mesi. Riuscito a fuggire, assieme ad altri
cinque cristiani “sopra una piccola e mal assettata barchetta con
evidente pericolo di annegarsi” vennero tratti in salvo da un vascello
maltese, il cui Capitano decise subito di saccheggiare “una grossa nave
di Tripoli di Barberia assai ricca, e nell’abbordarla lo stesso Liberi
fece sì grande strage di quegl’infedeli, e si portò tanto
valorosamente, rimasto ferito in una mano, che il Capitano lo regalò di
diverse cose di valore, e lo pregò voler essere suo camerata almeno per
quella stagione con offerte larghissime; ma il Liberi, che ad altro non
aspirava che alla sua diletta pittura, ringraziandolo ricusò ogni partito
per vantaggioso che fosse; e condotta la presa a Malta, il Liberi si
licenziò, e fece ritorno in Italia nel 1633” (Gualdo Priorato 1664).
Sbarcato in Sicilia vi soggiornò qualche tempo. Proseguì poi per Napoli,
Livorno e Pisa dove riprese a dipingere. Tra il 1633 e il 1636 seguì il
cavaliere Antonio Manfredini in alcune spedizioni contro i Turchi sotto lo
stendardo del Granduca di Toscana. Nonostante gli eventi bellici, egli
continuò a dipingere, nondimeno diversi furono gli episodi ove il
pittore, messo da parte il pennello, indossò l’abito del condottiero
guidando le truppe alla vittoria sul nemico. Il 19 aprile 1636
nell’Arcipelago alla bocca del porto di San Giovanni di Palma,
“combatté dall’alba sino alle 12 ore con 17 galere turche, due delle
quali investirono la sua parte del porto [Liberi comandava una nave
ammiraglia al servizio di Manfredini] e cogli speroni la passarono quasi
da parte a parte; due altre gli traversarono la prora; e altre due fecero
il simile alla poppa, e queste facevano scala a tutte le altre. I turchi
già erano saliti sulla nave, e già avevano presa la coperta della poppa
fino all’albero maestrale. Il Liberi vedendo quell’imminente pericolo
corse a quella volta con un’arma di asta in mano; seguitato da alcuni
altri de’ suoi, entrò fra i nemici con tanto furore, che quanti non
restarono sacrificati all’armi de’cristiani furono costretti a saltare
in acqua, e così il Liberi salvò la sua nave” (Priorato 1664). Ucciso,
di lì a poco, Manfredini “da’ nemici”, il pittore ritornò a
Livorno. Nel 1637 partì per Lisbona passando per Genova e la costa
francese, soggiornò anche Madrid e successivamente si trasferì a
Barcellona. Da qui ritornò in Francia, a Marsiglia, e di nuovo a Livorno.
Nel 1638 lo sappiamo in viaggio per Roma mentre l’anno successivo è
documentato prima a Siena e poi a Firenze, dove dipinge l’affresco con
la Gloria di Casa Medici
nell’Oratorio dei Vanchetoni. Bisogna attendere il 1643 per rivederlo a
Venezia dove, inizialmente, viene menzionato come imitatore di Guido Reni.
Tra le lagune soggiornò fino alla morte, salvo un viaggio a Vienna, dove
Leopoldo I lo creò conte palatino dell’Impero (1658), ed una breve tournè
in Germania, Boemia e Ungheria, dopo la quale il rientro a Venezia avvenne
“con pomposa, e con grossa comitiva”, pieno di premi e onori, “de
colane, de zogie, e de tesori, / Con infinite, e rare squisitezze” (Boschini
1660). Uomo di varia e ampia cultura, lo testimonia l’elenco
dei libri che formavano la sua biblioteca, visse un’esistenza audace e
fastosa. Boschini lo definiva un “toco d’oro” continuando: “L’è
de bela presencia, e l’è garbato, / L’è ‘l decoro de l’Arte in
tuti i conti: / Tuti ghe resta servitori pronti:/ L’è tuto cortesia,
tuto bon trato. / E se la calamita el fero tira, / Questa è la calamita
de i cechini”. A testimonianza dell’elevata posizione economica e
sociale raggiunta a Venezia, l’artista si fece costruire tra il 1671 e
il 1673 dall’amico Sebastiano Mazzoni un palazzo sul Canal Grande
(palazzo Moro-Lin). Venne anche insignito dal doge Molin del titolo di
cavaliere di San Marco. La sua influenza valse inoltre a promuovere il
Collegio dei pittori veneziani, separato dalla Fraglia
dove trovavano sistemazione anche semplici artigiani quali ad esempio i
doratori, e del quale fu nominato
nel 1682 primo priore. Pietro Liberi si spense a Venezia il 18 dicembre
1687.
Daniele D'Anza
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