Francesco Fontebasso (Venezia 1707 - 1769)

 

  

Ileana Chiappini di Sorio
Francesco Fontebasso all'Ateneo Veneto

 

          


La Scuola di San Fantin o "dei Picai", istituita nel XV secolo, aveva originariamente sede e altare privilegiato dentro l'omonima chiesa, sotto la vocazione di Santa Maria della Giustizia.
Il compito statutario della confraternita era quello di accompagnare e consolare i condannati a morte (cio?gli impiccati, da cui la dizione di "Scuola dei Picai").
Nel 1458 il sodalizio si univa a quello di San Girolamo, le cui finalit? erano le stesse; e, nell'occasione, prendeva una sede propria, accanto alla chiesa di San Fantin con la protezione di Santa Maria Assunta e San Girolamo: un abbinamento iconografico assolutamente inusuale e unico. Alla fine del Cinquecento i confratelli decidevano di rinnovare l'edificio dove aveva sede la Scuola e ne davano l'incarico all'architetto Alessandro Vittoria (1525-1608).
In due tempi successivi, il Vittoria rialzava di un piano l'edificio originale del vecchio oratorio e nel 1584 completava la facciata, rivestendola di marmi, colonne, nicchie e facendo svettare sul fastigio dell'edificio la Vergine e due angeli ai lati; scolpiva anche una Crocifissione, inserita pi?sotto, nel timpano della facciata prospiciente il campo San Fantin. La Scuola conobbe anche altri interventi soprattutto pittorici per le sale interne, eseguiti da artisti di grande fama, cos?da essere considerata fra le pi?belle ed esempio di struttura architettonica del gusto ricorrente nella Venezia dell'ultimo scorcio del Cinquecento.
L'intensa vita spirituale della Scuola, con gli editti napoleonici del 1805, veniva a mancare e la Confraternita soppressa, come era accaduto per la maggior parte degli enti benefici. Nei locali della vecchia Scuola subentravano la Societ?di Medicina nel 1808 e nel 1811 l'Accademia dei Filareti e quella Veneta Letteraria.
Un decreto napoleonico, unendo le tre Associazioni, dava vita nel 1812 all'Ateneo Veneto di Scienze Lettere ed Arti, istituzione che elesse come suo primo presidente Leopoldo Cicognara. La nuova destinazione dell'edificio provocava dei mutamenti all'interno e vistosi spostamenti delle opere d'arte, che costituivano ancora buona parte del patrimonio della vecchia Scuola. La conoscenza delle opere mobili, rimaste in dotazione all'Ateneo, ?nota attraverso un inventario redatto nel 1786, che era il compendio di precedenti elenchi, in quella occasione trascritti in un unico testo. Il documento riporta non solo l'elencazione dei dipinti, che nell' Ottocento erano ancora conservati nell'edificio della vecchia Scuola, ma anche le loro relative collocazioni nelle varie sale.  Sappiamo quindi che ?sopra la porta della Sagrestia? (costruita nel 1664 e oggi denominata Sala del Consiglio) si trovava il quadro con raffigurata la Cena di Ges?Cristo in casa del Fariseo, di Antonio (sic!) Fontebasso. ?evidente che si tratta della grande tela di Francesco Fontebasso trasferita poi nella sala dedicata oggi a Nicol?Tommaseo.
G. A. Moschini (1815, I pp. 627-628) ?ancora pi?preciso perch?ricorda che in questa nuova ?sagristia Antonio Zanchi dipinse in faccia alla porta il quadro con Nostro Signore che scaccia i mercatanti dal tempio, non meno che le due figure vicine di profeti. Francesco Fontebasso vi dipinse in faccia sopra la porta, per cui si entr? la Maddalena a' piedi del Redentore alla mensa del Fariseo, e le altre due figure di profeti, non che il soffitto con Nostra Donna assunta e san Girolamo?.
Ai lati dei due grandi quadri dello Zanchi e del Fontebasso, posti l'uno a fronte dell'altro, vi erano, dunque, quasi a completamento, due altre tele laterali eseguite da ciascuno di quei due artisti. Questa sistemazione "storica" dei dipinti nella sagrestia nuova (sala del Consiglio), veniva ulteriormente ricordata in un inventario compilato dal professore Giuseppe Baldassini, per conto dell' Ispettore Generale della Finanza, il 14 ottobre 1808. Con i numeri 5 e 7 il Baldassini indicava due tele ognuna delle quali con la definizione di "altro profeta", ed entrambe assegnate alla ?scuola del Tiepolo?.
Tra le due predette tele inseriva, nella elencazione dell'inventario contrassegnandolo con il numero 6, Cristo in casa del Levita, considerandolo ?copia di Paolo fatta dalla scuola?. Mentre con i numeri 1, 2, 3, indicava chiaramente Cristo che caccia li profanatori dal Tempio di Antonio Zanchi (numero 1) e gli altri due con il ?profeta Daniele e altro profeta del detto autore? cio?Zanchi. Quindi nel 1808 i due grandi dipinti dello Zanchi e del Fontebasso avevano i due rispettivi laterali, come poi riportato dal Moschini.
Il Baldassini, nell'indicare il dipinto del soffitto della sagrestia, eseguito dal Fontebasso, si limitava a citarlo come ?nel soffitto che rappresenta San Gerolamo? di autore incerto.
Malgrado queste precise ubicazioni delle opere ancora conservate nella sagrestia nuova ? poi codificate dal Moschini nel 1815, nel 1854, su proposta di vari Soci, non paghi dei gi?dissennati spostamenti avvenuti nel 1841, si decidevano cambiamenti.
Il Consiglio dell'Ateneo stabiliva quindi di togliere i quadri di Leonardo Corona situati nella chiesa ? oggi Aula Magna ? per destinarla a ulteriore sala di lettura, soprattutto nel periodo estivo, in luogo di quella gi?esistente, cio?l'attuale sala del Consiglio.
Da quest'ultima, inoltre, si proponeva di spostare anche i quadri dello Zanchi poich??anneriti e di poco valore e ci?per ottenere la luce necessaria ad una stanza di lettura, luce scemata sensibilmente da essi quadri?.
Si procedeva subito portando via le varie opere, sia dall'Aula Magna che dalla Sala del Consiglio, preventivamente inventariate e arrotolate per collocarle tutte nella soffitta.
Quindi dalla sala del Consiglio veniva portata nel deposito del soffittone la grande tela con la Cacciata dei mercanti dal Tempio dipinta nel 1667 da Antonio Zanchi, contravvenendo alla volont?del committente, il Guardian Grande Pietro Crescenzio, il quale aveva ottenuto dal Consiglio dei Dieci un decreto, in data 20 giugno, che prevedeva non venisse mai spostata detta tela dalla originaria collocazione.
Assieme al grande quadro venivano rimosse anche le due tele contrassegnate nell'elenco preparato per l'occasione con i numeri 15 e 16, cio?quelle poste originariamente accanto ai due lati della Cacciata dei mercanti, raffiguranti due profeti e dal Moschini assegnati allo stesso Zanchi.
Inoltre, venivano rimosse anche due tele contrassegnate nel verbale di trasferimento con i numeri 17 e 18 identificate come ?due figure di profeti di Francesco Fontebasso?.
A questa lista veniva aggiunta una cautelativa e pietosa postilla a uso della autorit?governativa, nella quale si precisava che ?nullaosta che l'uso dei mobili ivi esistenti [cio?negli ambienti dell'Ateneo] si faccia piuttosto in un luogo che in un altro a piacer di chi ne usa. Si ?trasportato il mobile, non distrutto?.
In tutti questi frangenti, la grande tela 224 del Fontebasso con raffigurata la Cena in casa del Fariseo, rimaneva al suo posto, ma non cos?i relativi laterali, i numeri 17 e 18 del verbale di trasferimento, come gi?detto.
Questa operazione, definita successivamente ?vandalismo passato, compiuto in buona fede?, veniva deprecata dagli stessi Soci dell'Ateneo nel 1868 e nell'occasione ?taluno insorse anche ad invocare la restituzione dei quadri asportati nel 1841? in altri sedi. Pertanto, con voto unanime, il 18 agosto di quell'anno si decideva di non ?[...] lasciare pi?oltre giacenti nella soffitta alcuni dipinti?. Malgrado i buoni propositi, le tele ivi depositate a suo tempo venivano giudicate ?perdute? per il precario stato di conservazione. N?ebbe esito migliore la richiesta al Demanio della restituzione dei dipinti portati altrove, tra il 1816 e il 1841, soprattutto quelli consegnati alla Scuola di San Giovanni Evangelista e a essa affidati temporaneamente a causa di lavori all'edificio dell'Ateneo e, secondo le disposizioni dell'Intendenza di Finanza, da restituire non appena compiuti i lavori medesimi.
Con il restauro del 1880, riservato solo all'edificio, si avevano buoni risultati statici. Ma i quadri rimasti in soffitta continuarono a rimanervi, anche perch? come detto, dichiarati ?perduti? per il loro precario stato di conservazione.
Nel 1912, ricorrendo il primo centenario della costituzione dell'Ateneo Veneto, i Soci proponevano il restauro sia interno che esterno dell'edificio e decidevano anche di riportare le sale ?all'antico arredo?. Tutto ci?comportava il recupero delle tele di Leonardo Corona e di Baldassare D'Anna e la loro ricollocazione negli antichi spazi. Inoltre, l'arredo della sagrestia ? oggi sala di Consiglio ? veniva tutto trasferito nel piano superiore dove si ricostruiva la sala nell'ambiente che presentava le stesse proporzioni di quello sottostante. Quindi il dipinto della Cacciata dei mercanti veniva posto in opera sulla parete di fondo, contravvenendo una seconda volta alla volont?del donatore. Anche la Cena in casa del Fariseo, rimasta al piano terra, veniva collocata nella sala superiore, nella quale confluivano la pi?parte delle opere che in precedenza ornavano la sagrestia.
La tela con l'Assunta e San Girolamo, emblema della vecchia Scuola, rimaneva nel soffitto per il quale era stata dipinta, ma non cos?i laterali delle due grandi tele, cio?dello Zanchi e del Fontebasso, delle quali si erano perse le tracce dal 1854, ancorch?indicate nell'inventario degli spostamenti e nella Guida del Moschini.
Due tele, lasciate nel deposito evidentemente anche dopo i restauri e i cambiamenti avvenuti agli inizi del Novecento, venivano ritrovate solo nel 1991 e venivano subito segnalate alla Soprintendenza ai Beni Artistici che procedeva in emergenza alla velinatura della superficie pittorica a causa della rovinosa condizione nella quale quella si presentava. Le due opere, classificate del XVIII secolo, ma senza nome di autore, pur in presenza di preventivi proposti nel 1992 da due diversi restauratori a ci?interpellati, per mancanza di fondi ritornavano nell'angolo del soffittone, dove rimanevano fino al 2005. L? in seguito a un sopralluogo nei locali adibiti a deposito librario, venivano rinvenuti i due rotoli accatastati nel fondo parietale.
Lo srotolamento e la vista delle due opere, dipinte a olio su tela, ne rivelavano subito l'ottima qualit?pittorica; ma anche la precariet? delle condizioni di conservazione, ?con lacune soprattutto orizzontali dovute all'errato arrotolamento delle tele?. Affidate alla restauratrice Marisa Pieve, su indicazione della Soprintendenza, con la sponsorizzazione del "Comit?Fran?is pour la Sauvegarde de Venise", grazie all'interessamento del suo presidente, J??e Fran?is Zieseniss, le due tele tornavano a nuova vita dopo il restauro conservativo, con un intervento che ha consolidato la pellicola pittorica, sia nel recto che nel verso; dopo la rimozione della tela di rinfodero, sono stati tolti con il bisturi i residui di colla pasta, e si ?proceduto alla disinfestazione anche del vecchio telaio. Quindi, rimosse le vecchie dipinture e stuccature, si ?proceduto sulle parti lacunose per il ?risarcimento ad acquerello e a pigmenti macinati a vernice con il metodo del tratteggio verticale a selezione cromatica, velature nella mancanza di patina?. Le due tele restaurate e rese leggibili sono finalmente apparse di notevole interesse, non solo per la qualit? pittorica, ma anche per alcuni contrasti cromatici dovuti a un sapiente gioco di luci (figg 1, 2).

 

          

                                                                 Fig.1                                           Fig.2

 

1. Francesco Fontebasso, Mos?/i>, 1746-1750.

2. Francesco Fontebasso,Ges? come Profeta per eccellenza, preannunciato da Mos?/i>, 1746-1750

 


Certi accorgimenti, come la mano allungata, nel trattenere la tavola della legge, parte irrorata di luce, cos?da evidenziare l'anatomia strutturale, e parte in ombra, con qualche guizzo luminoso che scivola fra le dita, sono sapienti connotazioni legate a situazioni tiepolesche, o quanto meno rivelano la conoscenza di quel mondo (figg. 3, 4). Inoltre, certe pennellate corpose, guizzanti di luce, riconducono ai temi ricceschi.

 

3. Francesco Fontebasso, Mos?/i>, 1746-1750, particolare.

 

4. Francesco Fontebasso, Ges? come Profeta per eccellenza, preannunciato da Mos?/i>, 1746-1750, particolare.


In conclusione, l'autore dei due profeti, che in realt?sono le simbologie del Vecchio e del Nuovo Testamento, non pu?essere altri ? come G. A. Moschini indicava ? che Francesco Fontebasso, il pittore che, nato a Venezia nel 1707, era stato allievo di Sebastiano Ricci, come risulta da un suo disegno conservato nel Castello Sforzesco di Milano.
Accanto ai modi ricceschi, Fontebasso manifestava tuttavia una palese adesione allo stile di Giovan Battista Tiepolo, tanto da essere indicato come il 'mediator?fra i due artisti.
Un breve soggiorno a Roma, testimoniato da Alessandro Longhi e una sosta a Bologna come riporta l'Oretti, sono stati importanti passaggi ai fini della sua formazione culturale pi?matura, ma non determinanti per staccarlo dal mondo veneziano di Ricci e di Tiepolo, che non dimenticher?mai.
L'assegnazione delle due tele dell'Ateneo a Francesco Fontebasso (anche se avr?avuto accanto qualche aiuto) ?non solo sostenibile per raffronti stilistici, ma ?confermata sia, come s'?detto, dal Moschini, che aveva a suo tempo visto i dipinti ancora in opera nella sagrestia, sia indirettamente dal Baldassini che assegnava le due tele, definite entrambe ?altro profeta?, alla scuola di Tiepolo, cos?come considerava la tela con Cristo in casa del Levita ?copia di Paolo fatta dalla scuola?.
In tal maniera si indicavano le componenti pi?vistose non solo dei dipinti del Fontebasso eseguiti per la Scuola "dei Picai", ma la pi? parte della produzione dell'artista, che esplicitamente si richiama al Tiepolo con ispirazione veronesiana.
Infine, un'ulteriore conferma viene dal documento del 1854, nel quale vengono indicate, come gi?detto, le opere da rimuovere, chiaramente individuate come tele del Fontebasso dagli stessi Soci dell'Ateneo, promotori di questa, quanto meno discutibile, operazione. Non sono da sottovalutare i notevoli legami che il Fontebasso ebbe con la confraternita "dei Picai", per la quale dipinse numerosi quadretti (apparsi in occasione della mostra " Dal Ricci al Tiepolo" del 1969) dove l'artista dipingeva la Vergine Assunta con san Girolamo negli atteggiamenti devozionali di quest'ultimo pi?vari, creando un abbinamento iconografico assolutamente insolito.
Con molta probabilit?anche il dipinto del Louvre raffigurante la Vergine Assunta e san Girolamo (con un ulteriore atteggiamento) sono tutte opere, comprese le due tele con le allegorie del Vecchio e del Nuovo Testamento, di recente recupero, da collocare cronologicamente abbastanza vicine anche se non documentate, tenendo conto che nel 1736, a ventinove anni, il Fontebasso era a Trento, dove affrescava la chiesa dell'Assunta; le opere dell'Ateneo dovrebbero quindi cadere negli anni fra il 1746 e il 1750, quando cio?l'artista abitava in parrocchia di Santa Marina, ?in calle del Doge Marcello, vicino al campo?, e risulta avere ?quattro figli d'et?minore?.
Nel 1759 il pittore ?nuovamente a Trento e nel 1761 ?gi?a San Pietroburgo. L'inventario della Scuola del 1786 riporta, come detto, quanto indicato in documenti pi?vecchi e cita ?Ges?Cristo in casa del Fariseo? anche se il Fontebasso viene chiamato Antonio (!); ma non vengono ricordati i laterali, cos?come sono ignorati quelli del Cristo che caccia i mercanti, correttamente assegnato allo Zanchi.
Tuttavia viene indicato nell'Albergo novo ?adornamento di dodici sibille et altre pitture fatte in tavole per mano di Antonio Zanchi?.
Bisogna chiarire che le dodici sibille non erano di Antonio Zanchi bens? di Palma il Giovane e non ?specificato a chi vengano riferite le ?altre pitture?.
Non ?escluso, quindi, possa trattarsi dei due laterali collegati alla Cacciata dei mercanti di Zanchi indicati chiaramente nell'inventario del 1808 con i numeri 1, 3 e probabilmente anche i due Fontebasso quindi non identificati, ma contrassegnati con i numeri 5, 7. Ascritti questi ultimi alla "scuola di Tiepolo" nel predetto inventario del 1808, ma giustamente attribuiti in seguito al Fontebasso con i numeri 17, 18 nell'elenco del 1854, quando ormai da circa mezzo secolo erano in possesso dell'Ateneo.
 

Ileana Chiappini di Sorio

 

 

Bibliografia essenziale consultata:


M. Magrini, Francesco Fontebasso, Vicenza 1988. E Montecuccoli degli Erri, Venezia 1745-70. Case e botteghe di pittori..., in "Ateneo Veneto" 1998, p. 96.
G. A. Moschini, Guida per la citt?di Venezia, Venezia 1815, I pp. 627, 628.
R. Pallucchini, La pittura veneziana del Settecento, Venezia e Roma 1960, p. 154.
G. Pavanello, La Scuola di San Fantin ora Ateneo Veneto, Venezia 1814, pp. 59, 81, n 76, 83.
P. Zampetti, Dal Ricci al Tiepolo, catalogo della mostra, Venezia 1969, p. 328.
P. Zampetti, Guida alle opere d'arte della Scuola di San Fantin, "Ateneo Veneto", I edizione 1973, II edizione 2003.

 

 

ARTE Documento N?22  2006 ? Edizioni della Laguna