Giovanni Battista Volpato (Bassano del Grappa, 1633 - 1706)

 

 

 

Confuso talvolta con l’incisore Giovanni Volpato (Bassano 1733 - Roma 1803), Giambattista è da ritenersi uno dei più convinti e abili seguaci di Jacopo Bassano. Allievo del palmesco Giambattista Novello (Melchiori 1728), Volpato rievoca il mondo bassanesco, quello della prima maturità, sulla base di un acuto senso critico esternato peraltro nei suoi scritti.   
La straordinaria Natività, parte di un ciclo di tele realizzate per la cattedrale di Feltre (Belluno), è di certo uno dei momenti più alti della sua arte. “Da uno squarcio delle nubi basse sull’orizzonte albeggiante, una luce violenta spiove nel mezzo e riverbera sulle figure immerse nella penombra evocando volti e dettagli, eccitando la gamma dei rossi brillanti campagnoli, dei rosa vitrei, del verde muschioso del paesaggio e delle nuvole. Perno del dipinto è la Madonna, dal volto severo nei lineamenti decisi: la veste serica, frusciante, aderisce al corpo evidenziandone le forme. Con le braccia spalancate per sollevare l’impalpabile velo che scopre il Bambino sembra dirigere l’entrata dei pastori adoranti” (Claut 2000). “Nella donna inginocchiata tra le due ceste il ricordo bassanesco si arricchisce della sensualità e del coagulo cromatico di certe sante penitenti del fiammingo [Nicolas Régnier] o del Ruschi: la luce scivola dolcemente sulla donna discinta, ponendone in evidenza la spalla, il petto seminascosto dal vezzo della morbida treccia. In contrasto con la domestica e confidente ambientazione pastorale del settore di sinistra, la composizione si fa più agitata a destra, dove par quasi che i pastori gareggino per raggiungere il divino Bambino. Al margine il telero esibisce la sua ufficialità, solenne e palese, nello stemma del vescovo committente Bartolomeo Gera, quasi protetto dal grande cane, ben più maestoso dei tradizionali cagnetti da pagliaio” (Lucco 1981). 
“Pur se non attestato dalle fonti documentarie, un rapporto tra il Volpato ed il Renieri sembra proporsi con una certa necessità, a dar ragione di non casuali riporti o strette assonanze emergenti dall’opera del Volpato; depone in tal senso la ritrattistica, la tipologia di certi volti che paiono ripetersi, l’adozione di soluzioni assai vicine nella trattazione di fondali di paese, di arredi ecc. D’altronde la comune esperienza artistica dei due, il medesimo contesto culturale, le analoghe vicende di carattere commerciale-collezionistico sono tali da non escludere a priori un rapporto” (Claut 1983).
Nella Caduta dei giganti, affrescata nel soffitto di Ca’ Rezzonico a Bassano, l’artista riprende invece certe strutture tintorettesche e palmesche, visibili soprattutto in Palazzo Ducale a Venezia.
Va detto infine che Lanzi (1795-96) lo definisce “simile alquanto ne’ capricci e nello stile al Carpioni, ma più ordinario nelle sembianze e in tutto il disegno”, mentre Verci (1775) sottolinea, forse troppo severamente, come le sue opere siano “ben intese e dottamente disegnate” ma colorite con “stentata e cattiva maniera”.

Daniele D'Anza