Ettore Tito (Castellammare di Stabia, Napoli 1859 - Venezia 1941)

 

 

 

Ettore Tito nacque il 17 dicembre 1859 a Castellammare di Stabia in Campania ma già nel 1867 si trasferì con la famiglia a Venezia.

A soli dodici anni venne ammesso all'Accademia di Belle Arti per le sue notevoli abilità espresse nel disegno, nel 1876 terminò la scuola vincendo il premio della classe di "Pittura di Storia" con il cartone La presa del castello d'Arezzo da parte del duca Valentino, citato da Pompeo Gherardo Momenti su "L'illustrazione italiana".

Fin da subito manifestò molteplici interessi verso i contemporanei pittori del ritratto e del paesaggio, e per i maestri del passato in particolare Rubens e Tiepolo, del quale sarà ritenuto un continuatore.

Nel 1887 si presentò al grande pubblico partecipando e vincendo l'Esposizione Nazionale di Venezia con Pescheria vecchia. Il dipinto oggi disperso, ma visibile attraverso delle riproduzioni fotografiche, era molto simile alla seconda versione della stessa iconografia oggi esposta alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. L'immagine è una tipica rappresentazione di quella che si può definire pittura "del vero" infatti, è uno scorcio del mercato di Rialto nella zona detta ancora oggi del Campo della Pescheria che affaccia sul Canal Grande; la maggior parte del quadro però è occupato dal bancone del pesce, in primo piano emergono gli animali esposti sui tavoli e sulle ceste, subito dopo si vedono le decine di persone che affollano quest'ambiente definendole ognuna nei loro abiti, caratteri e occupazioni, formando un vero e proprio spaccato di vita veneziana.

Nel 1895 diventò professore di figura all'Accademia di Belle Arti, nello stesso anno si inaugurava la prima Esposizione Internazionale d'arte di Venezia (I Biennale) e Tito oltre a presenziare il Comitato ordinatore, presentò due opere La fortuna e Processione. Tale evento lo mise in contatto con i più importanti artisti europei: Anders Zorn, Albert Besnard, Joaquin Sorolla, Sargent, Von Stuck, Sartorio e Boldini che si ritrovavano nella sua casa veneziana (Palazzetto Tito a San Barnaba) o nelle fastose residenze di ricchi collezionisti come la famosa Isabella Stewart  Gardner, dando vita ad un vivace dibattito artistico.

Alla Biennale del 1897 vinse il primo premio (ex aequo con Alessandro Milesi) con l'opera Sulla laguna (Cà Pesaro, Venezia), il quadro presenta in primissimo piano sulla sinistra un gondoliere che porta nella sua imbarcazione una ragazza, il resto dell'immagine si apre su  un orizzonte altissimo verso la laguna, dove emerge in lontananza un bragozzo a vela. Questa tipologia compositiva di collocare le figure più grandi sul bordo del quadro, quasi che stiano uscendo da esso, e invece allontanare tutti gli altri soggetti portandoli sullo sfondo ?tipico della riproduzione fotografica; sicuramente i pittori di questi tempi usavano questo mezzo per la creazione delle loro opere ma che nel caso di Tito serve soprattutto per accentuare la sensazione di movimento e di temporaneità elemento fondamentale della sua poetica.  Dal punto di vista formale, la pennellata grossa e veloce definisce ogni particolare dell'immagine e i colori si fanno molto vivaci ma attenuati nei toni.

Nel 1901 alla Biennale di quell'anno insieme a un'altra versione di Pescheria mandò anche una statua, un nudo femminile intitolato Sorgente (Collezione Tito, Venezia) che lo avvicina alle opere analoghe di Max Klinger.

La sua pittura cominciò ad essere influenzata dai maestri veneziani del passato, in particolare del Settecento; nei quadri iniziano ad emergere riferimenti all'antico come veneri ed amorini, centauri sirene, ninfe e composizioni allegoriche, ne sono esempi: La nascita di Venere 1903 (Cà Pesaro, Venezia), Baccanale 1906 (GAM, Milano) Amore e le parche (GNAM, Roma), Il bagno 1909 (Museo d' Orsay, Parigi) e Le ninfe 1911 (GAM Ricci Oddi, Piacenza). La sua tavolozza si fece sempre più ricca e anche la pennellata più libera, forse risentendo l'influenza dell'Impressionismo francese; grande successo ebbero anche i suoi eleganti  ritratti, molto vicini allo stile dell'amico Giovanni Boldini, richiesti da tutta l'alta società italiana: L'Amazzone 1906 (Raccolte Frugone, Genova).

Nel 1912 iniziò a lavorare alla tela di ambito simbolista l'Inaugurazione del campanile di San Marco (Cà Pesaro, Venezia), molto furono i ripensamenti ma alla fine venne terminata ed esposta alla mostra personale che gli venne tributata all' XI Biennale nel 1914, un cronista dell'epoca la ricorda come "un singolare miscuglio di realismo e allegoria".

Nel 1915 si trasferì con tutta la famiglia a Roma perchè riteneva Venezia un luogo poco sicuro, considerato l'imminente conflitto mondiale; nella capitale ha molte commissioni la più importante il ciclo d'affreschi di Villa Berlinghieri (oggi ambasciata dell'Arabia Saudita).

Nel 1919  venne allestita la sua più grande mostra personale, fuori Biennale, (63 opere) alla Galleria Pesaro di Milano presentata da Ugo Ojetti, fu un grande successo tanto che nello stesso anno il suo Autoritratto entrò a far parte della storica Collezione del Corridoio Vasariano degli Uffizi.

Nel 1929 fu nominato Accademico d'Italia e gli venne offerto di realizzare la decorazione del soffitto della chiesa di Santa Maria di Nazareth (Chiesa degli Scalzi) a Venezia, distrutto da una bomba della prima guerra mondiale, anticamente decorato dall'affresco di Gianbattista Tiepolo.  Tito cercò di schivare l'inevitabile confronto con il grande maestro del Settecento veneziano cambiando il soggetto dell'opera, infatti, non ripropose Il Trasporto della Santa Casa di Loreto ma La Gloria di Maria trionfante sull'eresia di Nestorio dopo il trionfo del Concilio di Efeso l'opera fu realizzata su un'imponente tela di 100 metri quadrati, per quando riguarda lo spazio principale, i sei pennacchi laterali ad affresco vennero compiuti dal figlio Luigi, anch'esso pittore, e da Giovanni Maioli.

Nel 1936 alla XX Biennale gli venne dedicata l'ultima mostra personale impreziosita da un allestimento di stoffe Fortuny e nel 1940 fu la sua estrema partecipazione all'Esposizione con un quadro simbolico  per la sua carriera: I maestri veneziani.

Ettore Tito morì il 26 giugno 1941, le sue spoglie riposano in una cappella della Chiesa degli Scalzi proprio sotto il suo più monumentale lavoro.

 

 

Vittorio Pajusco