Tranquillo Cremona (Pavia 1837 –  Milano 1878)

 

 

Tranquillo Cremona nasce a Pavia il 10 aprile del 1837, dal matrimonio tra Gaudenzio Cremona e Teresa Andreoli. La sua carriera artistica inizia frequentando, tra il 1848 e il 1852, la Scuola Civica di Pittura a Pavia, nella quale riceve gli insegnamenti del pittore Giacomo Trecourt: questi educa il giovane Cremona alla maniera del Piccio, basata principalmente sulla dissoluzione della forma tramite pennellate libere e colore ricco. Successivamente, rimasto orfano, Tranquillo studia all’Accademia di Belle Arti a Venezia, dove vive con il fratellastro Giuseppe e stringe amicizia con Telemaco Signorini, ma, a causa dei moti anti-austriaci scoppiati nel 1859 nella città veneta, è costretto a trasferirsi prima a Groppello Lomellina e poi a Milano. Frequenta quindi, dal 1860, i corsi di Giuseppe Bertini all’Accademia di Brera; qui il Cremona, sotto l’influenza del maestro e di Francesco Hayez, si avvicina brevemente alla pittura di storia e, assieme a Mosè Bianchi, si segnala subito come uno dei piú promettenti ed eclettici allievi della scuola (lavora ad olio, ad acquarello e produce miniature).

La seconda metà degli anni Sessanta segna il suo allontanamento dall’Accademia e la sua definitiva consacrazione nel panorama artistico nazionale attraverso l’avvicinamento alla cerchia degli artisti milanesi (Daniele Ranzoni, Federico Faruffini e Giuseppe Grandi, senza tralasciare la decisiva influenza del letterato Giuseppe Rovani) facenti parte di quel movimento innovatore denominato “Scapigliatura”. Nonostante lo stile rivoluzionario della sua pittura, all’artista pavese non mancano certo estimatori altolocati (come dimostra il Ritratto della signora Deschamps) e commissioni importanti, che gli permettono una vita di agi e lussi improntata alla bohème parigina.

Secondo alcune fonti, il Cremona muore il 10 giugno 1878 per avvelenamento, poiché solito stemperarsi i colori sulla mano; secondo altre fonti, che si basano sul ritrovamento di un referto medico, l’artista muore poco piú che quarantenne a causa un’enteroperitonite all’intestino.

 

Lo stile

 

Come accennato brevemente nella biografia dell’artista, la pittura del Cremona presenta già nella fase primitiva (anche se in maniera molto piú acerba e meno decisa) quei tratti di indefinitezza formale che caratterizzeranno il suo stile anche negli anni piú tardi. Grande influenza ha avuto la pittura del Piccio, e un forte influsso verso la tendenza al dissolvimento delle forme viene dato al Cremona dal trasferimento a Venezia; in questa città, infatti, il pavese rimane affascinato dallo stile dell’ultimo Tiziano e dalla tradizione cinquecentesca veneta. Queste peculiarità caratterizzano i suoi primi dipinti conosciuti, i quali sono fondamentalmente uno “studio” dei vari maestri della zona: tra queste opere giovanili si possono menzionare uno Studio del Carpaccio (1853-1855 ca.), il Paggio che riceve i fiori (eseguito verosimilmente tra il 1853 e il 1859, presenta delle affinità con lo stile del Giorgione), e una serie di ritratti e autoritratti eseguiti sia ad olio che ad acquarello.

Nei primi anni Sessanta il Cremona si avvicina alla maniera del Bertini, suo maestro a Brera: l’opera Una visita alla tomba di Giulietta e Romeo (1861-1862), nonostante presenti un colore ancora veneziano nella resa delle figure, risente ossequiosamente degli insegnamenti del Bertini e di Hayez (in particolar modo del Bacio). D’altra parte, già in opere come il Marco Polo davanti al Gran Khan de’ Tartari e Il falconiere (entrambe del 1863) si possono riscontrare ricerche cromatiche e luministiche che palesano l’incontro col Faruffini e un allontanamento dai modi dell’Accademia; queste caratteristiche si accentueranno nella seconda metà del decennio, periodo in cui si delinea quella che sarà la cifra stilistica del nostro artista, fondata sul trattamento sfocato e avvolgente della superficie pittorica e su sottili passaggi di luce ed effetti atmosferici (viene considerata punto di svolta dell’attività del Cremona l’opera I due cugini, del 1870).

Le sue ricerche e quelle degli altri “scapigliati” si ricollegano alle indagini contemporanee di impressionisti e macchiaioli, con i quali condividono l’osservazione diretta del reale e la ricerca di una sua immediata resa pittorica. A questo il Cremona, che predilige in particolar modo ritratti e dipinti generalmente non “affollati”, aggiunge lo studio psicologico dei suoi personaggi, giocando piú volte sull’opposizione dei sentimenti, come ne L’amor materno (1873) e ne L’edera (1878), tanto per citarne alcuni. Nel primo dipinto, infatti, al materno sguardo di una madre, rappresentata come una contemporanea Madonna e persa nella contemplazione della figlia, viene contrapposta l’indifferenza della bambina, spensierata e (giustamente) inconsapevole dei sentimenti della madre. Nel dipinto L’edera, invece, il Cremona riproduce un diverso contrasto emotivo, ovvero quello di due amanti: il giovane (nel quale è ritratto l’amico musicista Alfredo Catalani) si strugge per la fine dell’amore e abbraccia la ragazza come per supplicarla di rimanere insieme a lui, ma questa gli si oppone con una resistenza apatica, completamente passiva, sottolineata dall’inespressività del viso. Ad accrescere il conflitto sentimentale contribuisce l’edera in primo piano, la quale, essendo una pianta  sempreverde, diventa simbolo di resistenza e durata, facendo da contrappunto alla caducità di sentimenti e passioni.

 

 

Mirko Moizi