Luigi Bertelli (Caselle di San Lazzaro di Savena 1832 - Bologna 1916)

 

 

Luigi Bertelli nacque a Caselle, una piccola frazione di San Lazzaro di Savena (Bo), il 19 dicembre 1832, da una famiglia di modeste origini (il padre infatti era un semplice fornaciaio).

Non frequentò scuole artistiche né accademie ma, sorretto da un innato talento artistico, si dedicò da autodidatta a quell’arte, la pittura, per la quale egli trascurò gli interessi materiali tanto da ritrovarsi, ad un certo momento della propria esistenza, in un vero e proprio stato di miseria, che gli procurò un prosieguo di vita travagliato e pieno di stenti.

Per quel che riguarda gli anni giovanili del suo percorso artistico, vanno segnalati gli assidui rapporti di frequentazione che intrattenne con alcuni noti artisti del tempo, quali A. Guardassoni, A. Puccinelli e P. Montebugnoli, i quali gli fornirono i primi esempi e i primi suggerimenti per la costruzione di un proprio iniziale linguaggio pittorico.

Dopo aver fatto anche l’agricoltore, esordì ufficialmente in pittura nel 1860 partecipando poi assiduamente, negli anni successivi, a numerose esposizioni. Nel 1861 fu presente alla Nazionale di Firenze; successivamente espose a Bologna; nel 1870 vinse la medaglia d’argento alla Mostra Nazionale di Parma, presentando il dipinto Luogo ameno; nel 1880 espose a Torino e nel 1881 a Milano. Nel 1883 vinse un’altra medaglia all’Esposizione romana di arte sacra.

Inizialmente fu legato ai modi del Basoli, di Lega e di De Tivoli per poi orientarsi, dopo un soggiorno a Parigi avvenuto nel 1867, verso l’arte di Corot, di cui colse i valori tonali e luministici, e verso il nuovo naturalismo della Scuola di Barbizon. Ebbe parimenti modo di interessarsi alle ricerche artistiche di Troyon, Daubigny, Duprè, Courbet, e soprattutto di Rousseau e di Millet, fondamentali per il prosieguo della sua pittura. In una fase successiva volse la propria attenzione pure alle ricerche pittoriche di Fontanesi, di Avondo e della Scuola di Rivara.

Dipinse anche quadri di figura, ma fu soprattutto un fecondo paesaggista. La sua produzione di opere di tale genere fu infatti piuttosto vasta.

I suoi soggetti preferiti furono il Savena e la sua valle (Studio sul fiume, 1880; Il Savena a S. Ruffino, 1885; Valle del Savena); le case del suo paese e dei dintorni (Casolari in pianura, 1865; Fattoria a San Lazzaro, 1880; Interno di casa campestre, 1887; Villa in rustico); le cave di pietra nel bolognese, gli specchi d’acqua e il lago di Como (Cave di Monte Donato; Scoppio nella cava, c. 1900; La cava abbandonata; Paesaggio lagunare, 1895; Paesaggio lacustre, Valico d’acqua; Canale presso Parigi; Lungolago, 1909; L’Adriatico tra i pini, 1910).

Dagli anni ’80 dell’ottocento iniziò a dipingere paesaggi osservati ad orari inconsueti del giorno e della notte, nell’intento di scoprire nuovi soggetti e di ricercare nuovi effetti di luce (Casolari al mattino, c. 1890; Pineta al mattino, c. 1890; Pineta al tramonto; Aurora, 1895; Luna sul lago, 1895; Valle al tramonto; Stagno al mattino).

Nonostante la sua costante presenza alle maggiori esposizioni italiane, restò del tutto trascurabile il consenso della critica contemporanea, forse per l’indipendenza da lui apertamente manifestata nei confronti dell’allora imperante accademismo bolognese e più in generale peninsulare, o forse semplicemente per le invidie suscitate da questo grande paesaggista, il quale, benché privo della tradizionale cultura e della preparazione specifica che venivano fornite nei luoghi ufficiali di tipo accademico, riuscì a raggiungere forme pittoriche che lo avvicinano ai maggiori paesisti francesi dell’ottocento, come verrà poi ampiamente riconosciuto dalla critica posteriore solamente a partire dall’inizio degli anni ’30 del novecento. A una sua rivalutazione critica contribuirono decisamente alcune mostre postume, le più importanti delle quali vennero organizzate a Bologna nel 1920 e nel 1933, dove vennero esposte numerose sue opere, prorompenti per spontaneità e solidità, ben costruite anche nel disegno abilmente tracciato, dipinte con pennellata larga e briose nel colore.

Amorevolmente e con diligenza seguì l’iniziazione artistica del figlio Flavio, il quale sarà a sua volta destinato a diventare un affermato e brillante pittore.

Morì a Bologna il 23 gennaio 1916.

 

 

Enzo Montanari