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Pietro Liberi (Padova 1614 — 1687 Venezia)

 

 


Il Tempo scioglie la verità. Olio su tela, 201 x 150.5 cm. Collezione privata.
 

Nato a Padova il 15 aprile del 1614, Pietro Liberi, dopo una prima formazione presso il Padovanino, trascorse una giovinezza avventurosa, passata tra combattimenti contro i turchi e viaggi in Europa: imbarcatosi per Costantinopoli nel 1628, fu fatto schiavo e portato a Tunisi da dove fuggì per Malta. Nel 1633 sbarcò in Sicilia e quattro anni dopo partì per Lisbona, soggiornando anche in Spagna e in Francia. La sua vocazione artistica si consolidò a Roma (1638-1641) con la frequentazione della bottega di Pietro da Cortona. Il successivo soggiorno toscano (Siena, Firenze) lo pose a contatto con esperienze diverse, dal misticismo di Cesare Dandini al classicismo di Guido Reni, ma fu con il definitivo trasferimento a Venezia (1643) che l'artista si indirizzò definitivamente verso una reinterpretazione, di fulgida carnalità, del cosmo decorativo di Paolo Veronese. Artista fecondo e di grande estro, attento anche a Rubens e a Luca Giordano, protetto a Vienna dall'arciduca Leopoldo Guglielmo e dall'imperatore Leopoldo I, nel 1653 fu nominato cavaliere di San Marco dal Doge Francesco Molin e, nei primi anni sessanta, eseguì in veste di pittore ufficiale della Repubblica, la Vittoria dei veneziani ai Dardanelli per la sala dello Scrutinio del Palazzo Ducale. Con vena inesausta, Pietro Liberi decorò chiese, palazzi, ville, creando opere nelle quali la bellezza della stesura pittorica si coniuga con iconografie dotte e spesso criptiche derivate da un vasto arco di interessi, dalle possibili frequentazioni dell'ordine segreto Rosa Croce agli studi di cabala e di alchimia. Tra il 1671 e il 1673 si fece costruire il sontuoso palazzo, detto "delle tredici finestre" (poi palazzo Moro-Lin), sul Canal Grande dall'amico Sebastiano Mazzoni, a testimonianza dell'elevata posizione sociale ed economica aggiunta.

 

 

Egidio Martini, in una comunicazione scritta, interpretando il soggetto allegorico come Il Tempo incatena la Bellezza, ha sottolineato l'altissima qualità pittorica "realizzata attraverso una composizione e un movimento delle masse ben equilibrato e armoniosi e, ancora, attraverso un colore trasparente e chiaro che rende l 'insieme, pur nella monumentalità della composizione, leggero e sereno ". L'importante dipinto, che nel 1934 si trovava presso Malmede a Colonia, è una variante autografa della grande tela, firmata, passata in vendita presso Semenzato, Venezia (26 febbraio 1989, n. 116; 274 x 172 cm) resa nota da A. ed E. Martini (1959, p. 28; 1982, p. 465, nota 9) la quale, secondo Ugo Ruggeri (1996, P 117), rappresenta una Allegoria del Tempo e della Verità che gli porge il simbolo dell 'Obbligo verso di sé e gli altri. Pubblicando il presente dipinto, Fabrizio Magani (1989, pp. 45-48) lo considerava come prototipo, quindi cronologicamente anteriore all'altra versione.
Ruggeri (1996, P 167) osserva che " il putto a sinistra recava uno stemma con 'arma azzurra a tre monti di verde accostati, sormontati da una stella a sei raggi d 'oro' che il Magani identifica con quello della famiglia Tomitano di Oderzo, ma originariamente feltrina, da tempo radicata a Venezia [...]. È da ricordare che nel 1676 Matteo Tomitano, residente a Venezia, richiede di essere ammesso alla nobiltà feltrina, essendosi estinto il ramo locale. La scomparsa di tale stemma durante la pulitura — il putto regge una torre, che potrebbe essere l ' emblema di un' altra famiglia feltrina, quella dei Dalla Torre — insieme al drappo che velava il ventre della figura femminile, impedisce di trarre conclusioni cronologiche probanti. L'opera è da collocare forse, in base allo stile verso la fine del settimo decennio,
accanto alla Scena mitologica di Hampton Court [Ruggeri 1996, P 160, fig. 65]" . Lo studioso ha segnalato l'esistenza di una terza variante, "di autografia da verificare" , documentata "in collezione Scarpitta a Roma (1947) nella fototeca della Fondazione Roberto Longhi di Firenze" .

 

 

Dario Succi   

 

 

Bibliografia:

Magani 1989, pp. 45-48;
Ruggeri 1996, P 167.

 

 

Tratto, con il consenso dell'autore, da:

Il Fiore di Venezia - dipinti dal Seicento all'Ottocento in collezioni private - Leg Edizioni, Gorizia