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Giuseppe Zais (Forno di Canale 1709 – Treviso 1781) - lo stile pittorico  

 

 

Giuseppe Zais appare a Venezia verso il 1748. Bellunese come Marco Ricci, “ne ricorda più da vicino la vena robusta, con un discorso pittorico molto spontaneo e brillante. Nell’epoca tarda si avvicina alle leziosità zuccarelliane, ma conserva sempre una visione più reale della natura, pur vista nei modi dell’Arcadia. Lo Zais fu anche pittore di battaglie, una specialità in cui eccelsero, in Italia, il lombardo Francesco Monti e il parmense Ilario Spolverini” (Pignatti 1966).
A questo proposito Moschini scrive: “Due pittori forestieri, che si ritrovavano a’ di lui giorni in Venezia, erudirono il nostro Zais in doppio genere di pittura. Il fiorentino Zuccherelli lo istruì nel dipingere i paesi; ma inferiore nella soavità delle tinte riuscì lo Zais, superiore nella varietà e copia delle invenzioni. Il parmigiano Simonini lo guidò nel dipingere battaglie, ed in questo valse egualmente che il maestro” (Moschini 1806).
“Si tratterebbe dunque di un alunnato vero e proprio presso lo Zuccarelli, intervenuto nel quarto decennio, dopo cioè un primo tirocinio sulle opere incisorie e pittoriche di Marco Ricci. L’inscenatura paesistica dello Zais ricorda sempre le sue valli montane: ma è una natura più aspra, talvolta drammatica, espressa coerentemente con una pittura densa di contrasti chiaroscurali, tessuta su tonalità calde e brunacee” (Pallucchini 1995). La sua tavolozza, rispetto a quella del maestro, è diversa, “accordata in pochi toni fondamentali e di matrice ancora barocca lontana dalle trasparenze e dalle chiarezze dello Zuccarelli” (Lucco 1990).
“Nel Paesaggio con lavandaie della Pinacoteca di Vicenza, la tensione chiaroscurale riccesca si viene allentando in una dosatura di effetti pittorici ed atmosferici più luminosi: qui si avverte che lo Zais vuole adeguarsi alla narratività arcadica messa di moda dallo Zuccarelli. La composizione, ciononostante, si caratterizza per una sua propria vivacità in quel gioco di avvallamenti, di alberi contorti, di case addossate a templi classici, di villaggi nello sfondo: insomma una materia narrativa che lo Zais sa dominare con un certo gusto della pennellata, che rompe e frange la forma in effetti chiaroscurali, giungendo ad una particolare libertà atmosferica. Di questo tentativo di alleggerire la tavolozza, in effetti di più riposata libertà atmosferica, molto significativi rimangono i due piccoli Paesaggi della Pinacoteca del Seminario di Rovigo, dove c’è una libertà di tocco, soffice, piumosa, che certamente mancava allo Zuccarelli” (Pallucchini 1960). In uno di questi (Paesaggio con ponte) “il contadino è ritratto nel momento in cui, curvo, incita i buoi, ma la grazia della lavandaia in primo piano o quella della figura sul ponte che si gira verso lo spettatore, quasi colta di sorpresa, riportano a un mondo in cui vige l’aspirazione a una vita idillica in cui cercare la felicità a contatto con la natura e l’armonia con essa” (Barcham 1995). 
Infine, come detto in apertura, “Zais, approfittando della lezione diretta del Simonini (attivo a Venezia dal 1733 al 1745), si dedica pure, e con straordinaria maestria, alla pittura di battaglie, genere che riprenderà spesso in seguito anche nella sua attività più tarda. In queste «battaglie» e «scene campali» il bellunese, come accennano gli antichi biografi, «valse quanto il maestro»; ed anche, pur mostrandosi meno singolare e nuovo del Simonini (dal quale trasse gli schemi d’uso), s’avvantaggia tuttavia su lui per una maggior felicità coloristica e un senso più pittorico e plastico della forma” (Martini 1982).
 


Daniele D'Anza 

 

settembre 2005