Amedeo Ghesio Volpengo - (Torino 1847 - 1889) 

 

 

 

 

 

 

 Amedeo Ghesio Volpengo - Campagna al tramonto - già mercato antiquario

     

 

 

      Nel 1929 Ugo Ojetti dette alle stampe l’opera “Pittura Italiana dell’Ottocento” e nella sua introduzione tra l’altro scrisse: “Fuori di Napoli, di Firenze, di Milano e di Venezia non s’incontrano nel resto d’Italia ne maestri ne gruppi che presentino un carattere d’unità”. Grave fu la sua lacuna, dimenticando che in Piemonte a fare eccezione e anche rivoluzione nel modo di fare pittura c’era stato Antonio Fontanesi che nel 1869 era stato chiamato a Torino a reggere la Cattedra di Pittura di Paesaggio presso l’Accademia Albertina il quale, portandosi dietro le esperienze maturate alla scuola reggiana del Minghetti e poi in Svizzera col Calame e a Parigi con Troyon e Corot e legandosi infine in profonda amicizia con Francois Ravier aveva portato fuori dalle aule scolastiche i suoi allievi insegnando loro quella trasfigurazione lirica della natura che Lui chiamava “La poesia del vero”.

 

 

 Amedeo Ghesio Volpengo - Donna che sfoglia una margherita - già mercato antiquario

 

 

 

Tanti i suoi allievi da Francesco Vercelli a Domenico Bologna; da Marco Calderini a Giovanni Piumati; da Ambrogio Raffele a Carlo Follini, da Carlo Pollonera a Giacinto Tesio e altri ancora e per ultimo Clemente Pugliese Levi; ma i discepoli veri cioè quelli che non dimenticarono mai la lezione del maestro furono sopra tutti: Vittorio Bussolino, Riccardo Pasquini, Antonio Fornasero, il Conte Gherbore Ghé, Francesco Mascarino e forse più di tutti Lui: Amedeo Ghesio Volpengo. Marco Calderini nel suo volume “Antonio Fontanesi pittore e paesista” edito nel 1901 racconta come il “Solitario Reggiano” si rivolgesse loro dicendo: “Voi siete i miei ragazzi, siete la mia famiglia la poesia della mia vita”. In Piemonte esisteva già fin dal 1860 la così detta “Scuola di Rivara” una cittadina nel cuore del canavese dove, un gruppo eterogeneo di pittori si trovava a dipingere il paesaggio specie nel periodo estivo e rispondevano ai nomi di: Bertea, Avondo, Pastoris, Rayper, Issel, De Avendano e il portoghese Cisco D’Andrade. Leggiamo ora, quanto scrisse in merito Marziano Bernardi: “I fedeli di Rivara guardano all’autore dell’APRILE come al più autorizzato rivoluzionario di ogni schema accademico. Ecco quindi costituirsi in Piemonte il nuovo clima della pittura paesistica un clima che, mentre rende possibile da un lato il libero propagarsi del fascino esercitato dal lirismo e dall’anti-naturalismo di Fontanesi (fascino che soggioga i Ghesio Volpengo, i Bussolino, i Pasquini e si prolunga fino al Follini morto nel 1938) dall’altro lato non impedisce il verismo dei –rivariani- che si dilunga poi fino ai Pollonera, e ai Calderini, allievi ma non seguaci del Fontanesi”. Amedeo Ghesio Volpengo di famiglia nobile piemontese nacque a Torino il 7 maggio 1847 da Camilla Belloni e da Giuseppe. Si narra che la genitrice dell’artista rimase orfana della madre a un anno e a tre del padre perito per annegamento (conduceva due medici a Casalborgone col suo calesse e nessuno si salvò tranne il cavallo). La poveretta fu allevata come una figlia dallo zio Michele Belloni che per tanti anni fu Prefetto della città di Torino. Il padre di Amedeo era un magistrato: persona integerrima di rigidi principi com’era consuetudine dei funzionari piemontesi dell’epoca. Era originario di Clavesana un piccolo comune in provincia di Cuneo dove possedeva un’azienda agricola con villa denominata “El Ciaramel” il Chiaramello e sita in frazione Ghigliani. Amedeo compì gli studi a Torino mostrandosi studente modello, diligente, preciso e accurato, qualità che più tardi quando cominciò a tenere studio si tradusse in ordine meticoloso, dote non frequente in un’artista specialmente di quei tempi. All’epoca era uso pensare che chi impugnasse pennello o scalpello dovesse essere estroso e a volte persino un po’ strambo.

 

 

Amedeo Ghesio Volpengo - Pascolo a Volpiano - Bra, collezione privata

 

 

Avviato alla carriera militare ben presto recesse da quell’impegno, poiché quell’arte non era confacente con le sue aspirazioni. Amava disegnare e acquerellare anche se non aveva avuto maestri in tal senso. Quando espresse il desiderio di iscriversi all’Accademia Albertina i genitori cercarono di dissuaderlo poiché ritenevano che un figlio pittore sarebbe andato incontro a una vita stentata, ma come ebbe a scrivere il critico d’arte, il napoletanissimo Piero Girace: “Non vi sono contrasti, non vi sono divieti che tengano. Un pittore o un artista se è, veramente tale viene fuori ineluttabilmente, come un albero dalla terra”. In attesa di essere iscritto all’Accademia Albertina, seguì per breve tempo le lezioni di Angelo Beccaria ma lo spirito romantico del maestro non si confaceva col suo animo d’artista: nervoso, mobile, avido di novità e di vedere espresse le sue tendenze impressioniste. In quel tempo seguì anche Ernesto Allason esercitandosi nel fusain, tecnica che perfezionò poi con il Grande Reggiano. Era il 1869 e il ventiduenne Amedeo fece il suo ingresso in Accademia che, avvenne in concomitanza con l’affido a Fontanesi della cattedra succitata, risultando così essere il primo iscritto a seguire i corsi del maestro e da quel momento, fu sempre fedele ai suoi canoni espressivi. Forte del suo stato di “agiato” non scivolò mai nel dilettantismo e nelle pause che gli concedeva la pittura si dedicava a studi letterari.

Dante era il suo autore prediletto e spesso amava recitare i passi più coloriti per ritmo ed efficacia: si narra che avesse mandato a memoria tutta la Divina Commedia.

 

 

 

Amedeo Ghesio Volpengo - Uomo d'arme - Già mercato antiquario

 

 

Lo Stella ricorda che desideroso di emergere non trascurava alcun mezzo per assicurarsi il trionfo. “Non vi fu ardimento che non abbia tentato e là dove meno riusciva era però evidente l’unghia del leone, la vibrazione estetica del suo grande animo di poeta-pittore”. Il suo esordio espositivo lo fece nel 1870 al Circolo degli Artisti di Torino dove, presentò: -Cortile di casa Solaro- (disegno); -La sera a Bastia di Mondovì- (fusain); -Crepuscolo a Bastia di Mondovì (olio)-; -Il mattino a Bastia di Mondovì (olio)-. Nello stesso anno fece il suo ingresso anche alla Promotrice di Belle Arti e nell’annuale rassegna fu presente con due fusain e due oli: -Lo stagno a VolpianoSbocco in piazza S. Carlo- Sera in famiglia- Tempo dubbioso-. Presso queste istituzioni fu quasi sempre presente negli anni successivi con i suoi oli e con i suoi fusain a proposito dei quali Alessandro Stella scrisse: “Pieni di carattere fontanesiano, d’impronta eccellente, poeticissimi e riassuntivi della poesia del motivo”. Nel 1880 all’età di 33 anni prese in moglie Giuseppina Blengini che, negli anni successivi diede alla luce una figlia, alla quale fu imposto il nome di Ines e che nei primi anni del novecento andò in sposa all’illustre medico pediatra e deputato socialista Giulio Casalini che della villa di Clavesana ne fece per anni il suo studio. In proposito leggiamo ancora quanto scrisse lo Stella: “Nel 1880 Ghesio dopo aver dato i primi entusiasmi della sua intelligenza all’arte, ne divise il fiore del sentimento con un’egregia e distinta signora che condusse in moglie; nello stesso tempo si dedicava all’agricoltura, ritirandosi a vivere nei suoi poderi, a Clavesana presso Carrù. Però le cure dei campi e della famiglia non lo tolsero alla tavolozza; continuò a dipingere e a studiare tra la grande pace della vita campestre, sempre ispirato e sensibile alla purezza della luce e del colore”. Lo stesso ne fa poi un bel ritratto: “La figura di Ghesio Volpengo ne diceva il temperamento; lo slancio del cuore e dell’intelligenza, il suo affrettarsi verso tutto quanto lo seduceva. Magro e snello, la faccia bronzata fortemente pianeggiata, l’occhio vivace, la parola pronta, calda e colorita, facile al sorriso, sincero e aperto, tutto in Lui rivelava la veemente simpatia del cuore e dell’intelletto”.. In quel 1880 e precisamente il 15 aprile a Torino fu inaugurata una grande mostra, madrina della quale fu la Regina Margherita di Savoia accompagnata dal consorte il Re Umberto. 1059 furono gli espositori tra pittori, scultori e architetti. In mostra figurarono 1120 tra quadri a olio e acquerello, 341 sculture, 394 disegni architettonici e 193 espositori d’arte industriale giustificavano la gloriosa riuscita di quel avvenimento artistico. Marziano Bernardi ricordando questa, scrisse: “Tra i giovani si guardano con particolare interesse quelli usciti dalla scuola di Fontanesi: Pasquini e Bussolino, Follini e Ghesio Volpengo, Tesio e Caglieri, Pollonera e Stratta”. Amedeo fu presente con un (fusain) -Paesaggio- e due oli –Mattino- e -Sito alpestre- che Angelo De Gubernatis commentò così: “In entrambe queste pitture lo studio della luce era reso potentemente e si riscontravano buone qualità d’artista”. Nel 1883 all’Esposizione di Roma inviò sette studi o schizzi dal vero, nei quali aveva reso alcune vallate del Piemonte e paesaggi di Clavesana e a Roma sempre su invito fu presente negli anni successivi. Pur non disdegnando la figura, Amedeo era attratto dal paesaggio che amava dipingere nei tenui albori o nelle luci crepuscolari e ce lo testimoniano i titoli dei suoi elaborati che iniziano con: Crepuscolo…; Sera…; Mattino…; Tardo meriggio… ecc. Le sue palestre preferite erano quelle di Fontanesi: Vanchiglia, Volpiano, le rive del Po ma anche la stessa Torino un angolo della quale è stato eternato dalle parole dello Stella che, in riferimento a un elaborato titolato: -La piazza di S. Carlo con effetto di sole- per descriverne la perfetta riuscita, scrisse: “meraviglioso per luce, movimento prospettico e disegno magistrale”. L’ultima sua presenza espositiva che si conosce avvenne nel 1885 al Circolo degli Artisti dove mostrò la propria bravura qualora ne fosse ancora stato bisogno, con due schizzi titolati: Crepuscolo e Limitare del bosco. All’inizio del 1889 accorse a Torino per portare aiuto alla madre gravemente inferma ma una brutta polmonite lo portò alla morte nel breve spazio di pochi giorni: era il 20 gennaio; la madre lo seguì poco giorni dopo. Leggiamo ancora lo Stella: “E quella bella figura d’uomo e d’artista scomparve dalla scena della vita rapidamente in pochi giorni di malattia acuta”. Amedeo aveva estimatori non solo in Italia ma anche in Francia dove, era salito alla cronaca artistica per alcuni viaggi fatti col Maestro a Cremieu e Morestel. Marziano Bernardi ha scritto: “Nel 1933 gli “Amici dell’Arte” avevano voluto con un centinaio d’opere mettere in luce qualche -piccolo maestro- che nella grande scia fontanesiana era rimasto ingiustamente oscuro, come ad esempio quell’Amedeo Ghesio Volpengo il quale, morto poco più che quarantenne, fu indubbiamente uno dei più forti seguaci del Maestro”. Scarsissime le sue opere sul mercato antiquario e quando appaiono portano sovente l’autentica della figlia Ines o del marito di questa il Dott. Giulio Casalini. Numerose tele sono conservate presso la GAM di Torino: Crepuscolo a Bastia di Mondovì – Ritorno a sera in Vanchiglia – Scalone del castello del Valentino – Autoritratto – Ultimi tocchi – Ghesio nello studio. -Sito alpestre- e altri suoi lavori figurano presso la Pinacoteca dell’Accademia Albertina e presso il Circolo degli Artisti.

 

 

Flavio Bonardo  (sabrotu@yahoo.it)   

 

 

 

Bibliografia:

A. De Gubernatis/U. Martini – Dizionario degli Artisti Italiani viventi – Firenze 1889;
A. Stella – Pittura e Scultura in Piemonte (1842-1891) – Stamperia Reale G. B. Paravia – Torino 1893;
M. Calderini – Antonio Fontanesi pittore e paesista – Stamperia Reale G. B. Paravia – Torino 1901;
U. Ojetti – Pittura Italiana dell’Ottocento – Edit. Bestetti e Tuminelli – Roma 1929;
A. M. Comanducci – I Pittori dell’Ottocento – Edit. Artisti d’Italia – Milano 1934;
M. Bernardi – Ottocento Piemontese – Ediz. Palatine di R. Pezzani – Torino 1946;
C. Bonagura – Dizionario degli Artisti – Istituto Matteucci;
E. Bellini – Pittori Piemontesi dell’Ottocento e del 1° Novecento – Edit. Lib. Piemontese – Torino 1998;
L. Balice – Servizi Demografici Città di Torino – Torino 6 giugno 2016.