Daniele Ranzoni (Intra 1843 –  1889)

 

 

Figlio di Francesco ed Elisabetta Franzosini, una coppia di modeste origini (lui calzolaio, lei sarta e levatrice), Giovanni Daniele Ranzoni nasce a Intra (Novara) il 3 dicembre 1843. Incline al disegno già in giovane età (il suo primo maestro alle scuole tecniche di Intra è Luigi Litta), viene aiutato da alcuni ricchi signori intresi ad entrare all'Accademia di Belle Arti di Brera ancora tredicenne, dove, alunno di Giuseppe Sogni, consegue subito il primo premio alla Scuola d'ornato ed entra in contatto con Tranquillo Cremona, Mosè Bianchi e Medardo Rosso. Tra il 1859 e il 1860 Ranzoni si trasferisce all'Accademia Albertina di Torino, dove si ipotizza un'incontro con Antonio Fontanesi (alcuni studiosi negano però questa possibilità in quanto quest'ultimo pare fosse, in quegli anni, arruolato nell'esercito piemontese), per far poi ritorno a Brera e continuarvi gli studi (1860-1863) come allievo di Giuseppe Bertini, nonostante la non perfetta salute. Proprio per tale causa, che lo obbliga a forzate assenze dai corsi, il Collegio Caccia di Novara (istituzione di belle arti che sosteneva economicamente Ranzoni con borse di studio annuali e al quale l'artista era stato iscritto qualche anno prima dal marchese di Breme) lo fa tornare all'Accademia Albertina, dove segue i corsi di Andrea Gastaldi.

Finiti gli studi nel 1864, torna al suo paese natio, dove allestisce un modesto studio; l'incontro con l'aristocrazia straniera solita soggiornare nel verbanese, e in particolar modo coi principi Troubetzkoy, che col tempo diventeranno i suoi mecenati, segna una svolta nella carriera di Ranzoni: per questa famiglia, infatti, l'artista esegue numerosi dipinti e ritratti, e proprio loro saranno il punto d'appoggio che gli permetterà una breve esperienza inglese.

D'altra parte, prima di questo trasferimento Ranzoni fonda, con il suo amico fotografo Giacomo Imperatori, il Circolo dell'Armonia, filosoficamente e artisticamente vicino agli intellettuali scapigliati, con i quali il novarese intrattiene molteplici rapporti; tra gli scapigliati suoi amici va ricordato sicuramente Tranquillo Cremona, che risulterà importante nell'evoluzione stilistica del Ranzoni e nell'inserimento dello stesso nella vita artistica milanese.

Tornato infatti a Milano nel 1868 a causa di una violenta alluvione ad Intra, Ranzoni si affida al suo amico, il quale lo presenta ai conti Greppi, con il risultato di ben quattro committenze. Dopo essere entrato a far parte della neo-costituita Famiglia Artistica Milanese, nel 1872, in seguito alla morte del padre, è costretto a cercare sostegno economico presso i Troubetzkoy, stabilendosi a Villa Ada, già soggetto di diversi suoi dipinti (Lo chalet di Villa Ada, 1870-71). Nonostante il trasferimento, Ranzoni continua a intrattenere rapporti coi suoi compagni scapigliati, che invita di frequente nella villa dove soggiorna: proprio qui condivide anche, per un breve periodo, uno studio con Cremona.

Come accennato in precedenza, nel 1877 Ranzoni si trasferisce in Inghilterra, nel Somerset, prima presso i Medlycott (ospiti dei Troubetzkoy a Villa Ada), poi dai Paget, famiglie che introducono l'artista nell'alta società della "gentry" e della nuova borghesia economica, diventandone il ritrattista. Tornato brevemente in Italia nel 1878 (si ipotizza per i funerali di Cremona), nel febbraio del 1879 Ranzoni è a Londra, presso i baroni Fuller Acland Hood. Purtroppo, il clima inglese, poco aperto alle novità artistiche, induce l'intrese a tornare a Milano nel settembre del 1879, in seguito al rifiuto dei suoi ritratti all'esposizione annuale della Royal Academy. Il rientro in Italia coincide con un'intensa attività lavorativa presso nobili e facoltose famiglie (si ricordino i Pisano Dossi di Monza), per le quali Ranzoni esegue numerosi ritratti di grande creatività e finezza.

La grave malattia mentale che lo aveva colpito nei primi anni Ottanta inizia purtroppo a peggiorare, lasciandone i segni sulla sua attività pittorica, che scema anno dopo anno, fino quasi a diventare nulla negli ultimi due anni. Ricoverato all'ospedale psichiatrico di Novara nel marzo del 1885, riesce però a realizzare ancora opere di notevole qualità forse grazie al clima tranquillo e ispiratore delle isole di Brissago, presso le quali è ospite, dal dicembre del 1885 al febbraio successivo, della famiglia Saint-L'er.

Tornato definitivamente ad Intra dopo una breve sosta a Miazzina, dal pittore Rapetti, Ranzoni smette di dipingere, depresso ed umiliato per l'internamento in manicomio; muore in solitudine il 29 ottobre 1889.

 

LO STILE

 

Inizialmente improntato a schemi di derivazione hayeziana con influssi bertiniani, risultato dei primi studi all'Accademia braidense, Ranzoni si distacca precocemente dagli insegnamenti dei suoi maestri. Secondo alcune fonti, in seguito al suo primo trasferimento all'Accademia Albertina di Torino, il giovane artista introduce nelle sue opere i rinnovamenti apportati da Antonio Fontanesi,  ricerca di tono e variazioni di stato d'animo su tutti. Dice Margherita Sarfatti: "gran fortuna per lui (Ranzoni), che a Torino conobbe forse di persona e certo nelle opere Antonio Fontanesi". D'altra parte, come accennato nella biografia, ancora non risulta ben chiaro quale possa essere il peso di Fontanesi nell'evoluzione dello stile di Ranzoni, e se veramente i due si siano mai incontrati. A tal proposito è illuminante Annie-Paule Quinsac, secondo la quale "forse la presunta influenza fontanesiana fu mediata dal marchese di Breme [?], allievo e fervente sostenitore del maestro". Ad ogni modo, quale che sia l'apporto di Fontanesi, è bene non trascurare l'influenza che i fotografi (tra i quali il già citato Giacomo Imperatori) e i dagherrotipisti, attivi negli anni Sessanta sulle rive del Lago Maggiore, hanno esercitato su Ranzoni, in particolar modo sui tagli compositivi delle sue opere.

Verso la fine del decennio, lo stile del pittore, già improntato alla morbida maniera del Piccio, si volge verso un cromatismo più cupo e verso uno studio della ritrattistica rembrandtiana, in seguito all'avvicinamento agli artisti scapigliati milanesi: infatti, da questo periodo Ranzoni predilige concentrare la luminosità del dipinto su mani e volto del soggetto raffigurato, sottolineandone in tal modo il carattere psicologico, mentre la tavolozza chiara e le ricerche luministiche dei suoi lavori precedenti (Beatrice Cenci che si scioglie i capelli al sole, 1867-68), memori dei dipinti di Filippo Carcano, lasciano il posto a colori decisamente più scuri. Uno stile per molti versi affine a quello di Tranquillo Cremona, il quale si pensa  abbia avvicinato Ranzoni al colorismo veneziano e ai principi della Scapigliatura; recenti studi hanno però messo in dubbio le tesi della sudditanza di quest'ultimo al suo amico più maturo, propendendo verso una reciproca influenza.

Notevole rilevanza ha, nel corpus ranzoniano, il ritratto, tramite il quale l'artista riesce ad accaparrarsi le simpatie e le commissioni di diverse famiglie facoltose: per queste esegue numerosi dipinti di notevole qualità che rispondono pienamente alle peculiarità stilistiche poco anzi accennate e agli spunti veristi di derivazione faruffiniana, il tutto pervaso da un intenso sentimentalismo. Sfondo scuro e luminosità del soggetto dominano infatti, per citarne alcuni, sia in Flora (1870-71), sia in La Maddalena (1871), dipinti che, nonostante le idealizzazioni pagana e cristiana, non sono altro che ritratti di Ada Troubetzkoy; la stessa principessa sarà ritratta qualche anno più tardi in compagnia dei suoi fratelli, in un'opera in cui la ricerca luministica condotta dal Ranzoni si traduce in una luce che non si limita a sfiorare le piante e i fanciulli, ma li penetra e li definisce (I ragazzi Troubetzkoy col cane, 1874). Nei ritratti successivi, lo sfondo inizia a rarefarsi maggiormente, diventando sempre più una macchia indistinguibile, neutra, fino quasi a "mischiarsi" coi contorni del soggetto rappresentato: in tal modo l'attenzione di chi osserva il dipinto è attratta principalmente dagli occhi e dall'espressione dei personaggi, che ne aumentano la carica psicologica ed emotiva (Ritratto della signora Pisani Dossi e Ritratto della contessa Arrivabene, entrambi eseguiti verso il 1880; questo espediente è enfatizzato negli acquarelli e nei bozzetti).

Altro tema affrontato da Ranzoni è quello del paesaggio: i suoi primi lavori sono impostati sullo studio dal vero del soggetto (Il bosco di Antoliva, 1867-68), tradotto sulla tela per mezzo di colori chiari e pennellate brevi, che donano al dipinto una vibrante luminosità e ne sottolineano il carattere quasi impressionista. Soggetti privilegiati sono i paesaggi che l'artista può osservare direttamente, quali quelli del Lago di Lugano (Paesaggio di Loggio Valsolda, 1870-72), dove è verosimilmente ospite di Luigi Pedrazzini, e la zona del Lago Maggiore, presso Villa Ada. Capolavoro della paesaggistica ranzoniana è senza dubbio Veduta del Lago Maggiore dalla Villa Ada (1872-73), dipinto che gioca sul netto contrasto tonale tra il verde acceso della collina e i colori pastello del lago e di Luino sulla sponda opposta; la presenza della principessa Ada sul terrazzo della villa conferisce alla veduta quel senso di quotidiana intimità più volte cercato dallo stesso Ranzoni. Successivamente, così come per il ritratto, la tavolozza si fa più scura (beige e marroncini), il che porta ad una minore luminosità generale della scena, però sempre costruita per mezzo di pennellate brevi e giustapposizioni cromatiche, mentre il paesaggio diviene più rarefatto e l'atmosfera più avvolgente. (Ascona vista dalle isole di Saint-L'er, 1886).

 

 

Mirko Moizi