Vincenzo Morani (Polistena ( RC ), 1809 - Roma, 1870)

 


Pittore di formazione accademica, basata sulla tradizione classica dei modelli raffaelleschi e seicenteschi, fratello di Domenico e di Francesco e figlio di Fortunato, da lui ereditò l’istinto innato all’arte. Il cognome originario era Morano, ma Vincenzo lo cambiò per due ordini di motivi: intanto perché al tempo grandi artisti (Camuccini, Donizetti e altri) avevano la desinenza finale con la vocale "i" e poi perché spesse volte i fratelli firmavano assieme le opere ed erano conosciuti nell’ambiente artistico come “i Morani”. Sin da fanciullo cominciò a disegnare figure sulla carta e a modellare statuette di creta, dimostrando doti notevoli, per le quali fu mandato a spese del comune a studiare disegno a Napoli. Qui abitò inizialmente all’Albergo dei Poveri e poi a casa del medico Francesco Rocca, suo compaesano, che lo presentò al generale Nunziante per la cui intercessione re Francesco I di Borbone gli concesse una pensione mensile di nove ducati. Si iscrisse dunque, nel 1828, alla scuola di Costanzo Angelini e all’Istituto di Belle Arti, divenendo allievo del Cammarano. Dal 1830 (anno in cui i padri Benedettini gli affidarono l’incarico di eseguire il grande affresco Urbano II mentre si reca alla Cava, accompagnato da Ruggero principe di Salerno, scende da cavallo e scalzandosi chiede a tutti di fare come lui per venerare il luogo abitato dai Santi) al 1857 lavorò come pittore-decoratore all’Abbazia benedettina di Cava dei Tirreni e affrescò le volte della navata con scene della vita di Cristo, San Placido, San Benedetto, Santa Felicita, Sant’Algerio; le stanze adiacenti con scene bibliche e benedettine ed episodi della storia dell’abbazia; la cupola del Tempio con I 24 seniori dell’Apocalisse davanti al Re Padre. In questa città, nel 1832, conobbe il grande romanziere Walter Scott, del quale di nascosto aveva eseguito il profilo, disegno che riportato in litografia fu venduto a beneficio dell’autore, che aveva rifiutato il compenso. Lo scrittore lo presentò alle più distinte famiglie inglesi residenti a Napoli, presso le quali egli dipinse una serie di ritratti. Nel 1833 espose al Museo Borbonico di Napoli e l’anno successivo all’Esposizione di quella città fu presente con le opere Armeno che porge la corona ad Ester, Angelica e Medoro e Il padre del Figliol Prodigo, quest’ultimo premiato con medaglia d’oro. Sempre nel ’34 concorse per la pensione con l’opera Archimede all’Istituto Farnese di Roma, città in cui lavorò su temi di carattere mitologico (Storia mitologica, Psiche rapita da Zefiro, Apollo e Teti , San Giovanni Battista che rimprovera Erode ed Enea che riceve le armi da Venere, opera ultima esposta nel ’39 a Palazzo Farnese), storico (Raffaello e la Fornarina), sacro (Battista ed Erodiade, Napoli, Capodimonte; La Madonna del Carmine, per una confraternita di Anoia), risentendo l’influenza del nazareno Overbeck, e dove divenne docente all’Accademia di Belle Arti. Nella capitale il principe Marino Torlonia gli diede l’incarico di affrescare il Palazzo, in concorrenza col Camuccini e col Carta, e Morani vi realizzò una serie di affreschi, terminati verso il 1842: sulla volta Il Padre Eterno, nelle lunette Angeli Musicanti ed episodi della Vita di Mosè, nei pennacchi I Quattro Profeti Maggiori e i loro simboli, nell’abside Il Salvatore adorato dagli Angeli. Successivamente un altro Torlonia, il principe Alessandro gli commissionò l’incarico di dipingere l’Apollo che riceve doni e omaggi dalle Muse per il Palazzo di piazza Venezia. Prese parte a varie Biennali Borboniche: 1835 - con due opere, Ritratto di Pasquale Borrelli e il bozzetto della Morte di Archimede; 1837- con La creazione di Adamo e Davide (Napoli, Museo di Capodimonte); 1839 - con Venere che reca le armi ad Enea e San Giovanni, Erode ed Erodiade (anche quest’ultimo a Capodimonte); 1845 - con La Sacra Famiglia (Napoli, Reggia); 1851 - con Il riposo della Sacra Famiglia e Visita di Pietro Bembo a Raffaello. Nel 1862 inviò all’Esposizione Universale di Londra le opere Dante e Beatrice incontrano Piccarda e la Regina Costanza e Costumi romani; mentre nel ’70 prese parte all’Esposizione d’arte cristiana a Roma, con un bozzetto, I dottori dell’Ordine Benedettino e due tele, La barca miracolosa e Il riposo in Egitto, per una delle quali vinse la medaglia d’oro. Papa Pio IX gli commissionò due quadri da inviare al Concilio di Calcedonia, San Gregorio Illuminatore e San Leone Magno; il Re di Napoli Ferdinando II di Borbone gli commissionò il Gesù Cristo (Gaeta, Chiesa di San Francesco), per il quale ebbe un premio in oro di 1a classe. Quattro sue opere, Dante: canto III del Paradiso, acquerello; Ritratto di Walter Scott, abbozzo; Ritratto del comm. Florimo; Ritratto di Francesco Florimo seniore furono esposte a Catanzaro, 1a Mostra d’Arte Calabrese, 1912; e numerosi bozzetti alla Biennale di Reggio Calabria del 1920. Il Frangipane scrive anche di due album di disegni di carattere sacro e storico, risalenti agli anni 1849 -’60: Testa del Redentore, Profilo di San Gaetano, Cristo fra gli Apostoli, Gesù risuscita una morta, Gregorio VII salvato dal Guiscardo. Suoi affreschi nella Cappella del Monastero dei padri Benedettini di Roma; nella Chiesa del Camposanto nuovo di Napoli la tela La Crocefissione; nel Duomo di Capua i Dieci Santi; nella Basilica di San Paolo fuori le Mura di Roma San Paolo battuto con le verghe per ordine del magistrato della città di Filippi, la settima opera della navata di crociera; nella chiesa di San Giorgio a Morgeto I Profeti; a Roma, in Santo Spirito, un dipinto nel frontone, La Regina per migliorare ed accrescere le manifatture di S. Leucio adopera la sua voce e la sua mano, realizzato per le esequie di Maria Cristina di Savoia. Fu un eccezionale ritrattista, come si evince dalle numerose opere rimaste (Ritratto di Ersilia Morani, Frascatana, Ritratto della principessa Colonna, Ritratto della Marchesa Avati della Posta, Ritratto della Ristori al naturale, Ritratto della contessa Persico di Venezia, Ritratto della principessa Gerace, Ritratto del cardinale Riario Sforza). Si conoscono anche alcuni suoi disegni (Madonna che allatta il Bambino di Pacecco De Rosa, Due putti, tavola della scuola di Leonardo Da Vinci), incisi dal Lasinio. Nel Museo del Folklore, a Roma, l’opera Pranzo in campagna, che alcuni testi riportano trovarsi nella Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, galleria che invece ci informa (lettera del 28 ottobre 1998) di conservare L’incoronazione di Ester, cm 295 x 200, lascito del Principe Don Fabrizio Ruffo, 1920. Nel Museo di Roma, a Palazzo Braschi, la piccola tela Apollo che riceve doni dalle Muse, 1842, modello di una più grande che decorava una sala di Palazzo Torlonia a Piazza Venezia.

 

 


Enzo Le Pera

 

 

 

 

Bibliografia: Emilio Lavagnino, L’Arte Moderna, Utet, Torino, 1956; M. Monteverdi; Pittori e pittura dell’Ottocento italiano, DeAgostini; La Pittura Napoletana dell’Ottocento, Pironti.