Francesco Jerace (Polistena ( RC ), 1853 ( 1854, 1857 ) – Napoli, 1937)

 


Occasionalmente pittore, fu uno degli scultori più importanti che abbia avuto la regione, "iniziato al glorioso cammino dell'arte dall'avo suo materno Francesco Morani" (A. Frangipane). Arrivato a Napoli nel 1869, l’anno successivo si iscrisse all'Istituto di Belle Arti di Napoli, frequentando le lezioni di Tito Angelini, Tommaso Solari e Stanislao Lista. Strinse duratura amicizia con Saverio Altamura e frequentò la casa-studio di Edoardo Dalbono, a Mergellina, cenacolo di grandi artisti del tempo: Edoardo Tofano, Giuseppe De Nittis, Marco De Gregorio, Francesco Paolo Michetti. Fu anche assiduo frequentatore delle lezioni di Francesco De Santis. Esordì alla Promotrice napoletana del 1871 con due opere di connotazione realistica, la Nidia cieca e il Ritratto di Girolamo Marafioti. Nel ’72 vinse il Concorso dei Virtuosi del Pantheon, per cui gli venne affidato l'incarico di realizzare il Monumento funebre a Mary Sommerville, che venne ubicato (1876) nel Cimitero degli Inglesi di Napoli (nel giardino della Chiesa di Santa Maria della Fede. Nel 1980 le tombe sono state sgombrate e l'area destinata a verde pubblico). Da allora il suo lavoro fu segnato da committenze private, le aristocrazie napoletana e calabrese, e pubbliche e da successi nazionale e internazionali. Nel 1875 decorò Villa La Fiorita, oggi Villa Domi, a Capodimonte, su commissione del console Oscar Meuricoffre, per il quale successivamente (1885), realizzò il Monumento funerario (Cimitero degli Inglesi). Fu presente a molte Promotrici napoletane (in alcune della quali fece parte della giuria): 1873 - con la tela Si pavoneggia e quattro terrecotte, Emir, Alda, La pacchianella, Il conte di Xiquena; 1874 - con due terrecotte, Studio e Studietto, il bassorilievo Damea, figlia di Pitagora e il gesso Et tristis erat amica mea usque ad mortem; 1875 - col Guappetiello, bronzo, opera affine alla ricerca veristica di Gemito (alla cui moglie, Anna Cutolo, la modella più richiesta dai pittori del secondo Ottocento a Napoli, dedicò un ritratto, Cosarella, 1884) e di Achille d’Orsi, e  riesposta in altre edizioni; 1876 - con due terrecotte, due gessi, Da poco nato e En attendent e un marmo, Dusicka; 1880 - con La soubrette; 1916,'17- con Myriam, G.B.Vico, e Anacreontica. Fu invitato alla Mostra Nazionale di Torino del 1880, con sette opere, tra cui Mariella, bronzo poi tradotto in marmo, Victa,  (allegoria della Polonia: vinta, ma non domata!), riprodotta dall’artista ben diciotto volte per soddisfare le continue richieste (un esemplare presso l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria e un altro al Museo Filangieri di Napoli), Marion, ispirata a una poesia di De Musset e il gruppo Il Trionfo di Germanico, gesso (poi tradotto in marmo, cm 344 x 220 x 165, e col titolo I Romani  a Roma, Galleria Nazionale d’Arte moderna, acquistato dall’artista nel 1900); alla Mostra di Napoli del 1877, con sei opere, tra cui ancora il Guappetiello; alla Mostra di Milano del 1881, con la Victa e la Maia, e del 1894; a Roma, nel 1883, alla grande Mostra Nazionale nel Palazzo delle Esposizioni (appena costruito da Pio Piacentini); alla Mostra di Bologna del 1888; alla Mostra di Palermo del 1891, con le opere Arianna, Fiorita, Principe di Satriano, Carmosina (Napoli, Galleria di Capodimonte), premiata con Medaglia d’oro, e del 1901, con la Statua di Antonio Toscano (il prete calabrese che partecipò alla difesa della Repubblica Napoletana del 1799), per la quale gli venne nuovamente assegnata la Medaglia d’oro.  Partecipò inoltre a dieci edizioni della Biennale di Venezia (1895, con tre sculture; 1897, con una scultura; 1899, con otto sculture; 1903, con quattro sculture; 1905, con Hadria, Berlino - Palazzo Imperiale e un’altra scultura; 1907, con cinque opere: Ritratti in marmo o gesso di Crispi, Mosè Bianchi, della Baronessa Savarese, e altri due; 1909, con sala tutta per sè, comprendente quindici sculture (molti Gruppi) e cinque disegni; 1914, con una scultura; 1920, con una scultura; 1926, con due sculture); a numerose Mostre Internazionali (Parigi, 1878, 1887, col gruppo Eva e Lucifero, 1900; Melbourne, 1880; Monaco di Baviera, 1893, 1895, 1900; Vienna e Anversa (con Ercolanea), 1894; Barcellona, 1896, con l’Arianna; St Louis, 1904); e alle Biennali Calabresi di Reggio Calabria (1920 - sala personale con, tra le altre opere, La duchessa Ravaschieri, un Cristo in marmo, il bassorilievo di San Paolo, un disegno per il monumento al latinista calabrese Diego Vitrioli, un olio, e il famoso marmo Era di maggio, modellato sugli echi dei versi di Di Giacomo prima in terracotta, 1896, e poi in due esemplari in marmo,  un esemplare a Reggio Calabria, Amministrazione Provinciale; 1922 - con una terracotta, Vella, un esemplare del Guappetiello, due disegni e due pastelli, un olio, Tropea antica, un marmo, Nosside, 1920, Reggio Calabria, Municipio, e il cui gesso è conservato nella Gipsoteca Jerace  presso l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro; 1924 - col marmo L’Eroica, Reggio Calabria, Amministrazione Provinciale, un Busto di Stanislao De Nava, un disegno; 1926 - col marmo Cristo e un olio, Rose e spine; 1931 - con Serafina, tre disegni, Letizia, Arianna, Beethoven, quattro olii, La vallata dei mulini ad Amalfi, Paesaggio, Lia, Ritratto di suor Maria Stella Morani). Jerace fu un lavoratore instancabile (spesse volte sollecitò ed ottenne la collaborazione del fratello minore Vincenzo, come anche di Giuseppe Gibellini e di Fortunato Longo), per cui moltissime sono le opere da lui realizzate. Tra i monumenti celebrativi:  le statue di Vittorio Emanuele II, 1888, da alcuni studiosi molto contestata, per la nicchia di una facciata del Palazzo Reale di Napoli; il Miracolo delle reliquie e il Martirio di San Gennaro, 1904, sulla facciata del Duomo di Napoli, risistemata dall’architetto - urbanista E. Alvino; i diciotto personaggi del frontone dell’Università di Napoli, 1910, raffigurante Federico II e la sua corte; L’Azione, 1910, (allegoria dei valori civici del popolo italiano), gruppo in bronzo collocato, il primo in basso a destra, nell’ambito dell’Altare della Patria (pensato nel 1878 per celebrare il re Vittorio Emanuele, il risorgimento e l’unità d’Italia e inaugurato nel 1911), a Roma; il Monumento ad Armando Lucifero e il Monumento a Raffaele Lucente in piazza Pitagora a Crotone. Tra le opere a carattere sacro bisogna citare La Conversione di Sant’Agostino e Sant’Anna e la Vergine  nella Chiesa di Santa Maria a Varsavia; L’altare del Sacramento nella Chiesa matrice di Polistena; il gruppo marmoreo con I Santi Alferio, Adiutore, Filippo Neri, Francesco di Paola, 1924, intorno ad un olmo in bronzo, con due angeli in marmo in adorazione per il Santuario di Santa Maria dell’Olmo a Cava dei Tirreni;  San Francesco d’Assisi, 1927, scultura a tutto tondo e a figura intera, per Reggio Calabria, nello spazio antistante la Chiesa omonima; un Ostensorio in oro per il Congresso Eucaristico Regionale Calabrese di Reggio (nel cui Duomo è sistemato un monumentale Pergamo, sorretto da una colonna di marmo cipollino) ed un altro in argento, 1931,'32 per Gioiosa Ionica, nella Chiesa dell’Addolorata; la Madonna del Rosario, 1930, per la Chiesa omonima di Cittanova; San Paolo e Santo Stefano di Nicea, 1933, per la Cattedrale di Reggio Calabria, alla sommità della scalinata di accesso. Fu molto attivo anche nell’arte funeraria, come testimoniano L’Angelo, in bronzo (esposto a Londra nel 1884) della  Tomba dei Campagna a Schiavonea di Corigliano Calabro; ancora un Angelo, 1900, della Cappella Greco di Cosenza; la Cappella French, 1900, nel Cimitero di Dublino; Il ritratto dei genitori nella Tomba di famiglia a Polistena; la Cappella Pesmazoglu, 1910/’14, nel Cimitero di Atene, con l’altorilievo Il mito di Demetra sul fronte e due Angeli ai lati; il sepolcro del Sen. Cocchia, con la Mater Dolorosa, 1920, nel Cimitero di Napoli. Realizzò inoltre numerosi ritratti di personaggi  pubblici o famosi: Beethoven, 1895, per il Conservatorio San Pietro a Maiella, Napoli ed esposto alla prima Mostra Internazionale di Venezia dello stesso anno; Gaetano Donizetti, 1897, in piazza Cavour a Bergamo; Giovanni Nicotera, 1902, e Nicola Amore, 1904, in piazza della Vittoria, a Napoli; Mons. Sarnelli, a Castellammare; Pietro Rosano, 1907, nella villa comunale di Aversa; Virginia Mirelli, 1913, e la Marchesa Maddalena Rossi, 1915, nel Museo San Martino di Napoli; Andrea Cefaly e Francesco Fiorentino nella villa comunale di Catanzaro (ove sono collocati altri quattro busti marmorei); Gioacchino Toma, 1922, nella villa comunale di Napoli; Domenico Cimarosa, 1929, ad Aversa; Umberto di Savoia Principe di Piemonte, 1934, nel Palazzo Reale di Napoli. Nel "salone rosso" del Palazzo della Provincia di Reggio Calabria  due Teste di donna, una raffigurante una dormiente e una raffigurante, forse, l’Italia; opere nel Museo di Polistena. Sparsi in alcune piazze italiane suoi Monumenti ai caduti, realizzati spesso con una figura di Vittoria variamente interpretata: Stefanaconi, 1924; nel borgo di Marina Grande di Sorrento, 1926; Reggio Calabria, 1930, col Fante e il Guerriero bruzi; Polistena, 1935, La Bellona, una Vittoria alata bronzea che svetta sopra una roccia di pietra del Carso. In quest’ultima cittadina, in una Chiesa, è situato un altare in marmo del SS Sacramento, con il sovrastante dipinto a olio raffigurante L’Ultima cena; mentre sulla facciata esterna della casa natale di Francesco Morani è sistemato un medaglione marmoreo con l’effigie del suo maestro.
 


Enzo Le Pera