Giorgio de Chirico (Volos 1888 - 1978)

 

 

La Tessaglia del mito e delle ferrovie paterne come ‘onirodromo’ d’infanzia; i primi elementi del disegno sotto la guida di maestri locali e quindi al Politecnico di Atene; il perfezionamento accademico monacense e il contatto con la pittura di Arnold Boecklin e la filosofia tedesca della negazione (Weininger, Schopenhauer e soprattutto lo Zarathustra di Nietzsche): fino alla parestesia d’un pomeriggio d’autunno del 1910 in Piazza Santa Croce a Firenze: "…il sole autunnale, caldo e forte, rischiarava la statua (di Dante) e la facciata della chiesa. Allora ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta, e la composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mia mente… ogni volta che riguardo questo quadro, rivedo ancora quel momento. Nondimeno, il momento è un enigma per me, in quanto inesplicabile". Il quadro, Enigma di un pomeriggio d’autunno, inaugura allora il lancinante sortilegio della stagione Metafisica, protratta nel decennio a venire tra Parigi (fino al 1915) e Ferrara (negli anni di guerra). Le consegne della tradizione, dalla copia conforme alla logica della ‘narrazione’ (il Senso del Mondo ricreato nella struttura dell’Arte), ma anche il nuovo credo delle Avanguardie di quegli stessi anni, vengono ricontestualizzati e cristallizzati per sempre nell’allucinazione atemporale del sopramondo: repertorio di visioni inaudite, dalle Piazze d’Italia al Canto d’amore alle Muse inquietanti, che calano i segni dell’assenza (ombre, portici vuoti prospettanti all’infinito, deserti rossi sotto cieli cremisi o smeraldini, gessi da atelier, frutta, orologi, bandiere, treni e manichini) nell’unità Primaria del sogno. Se il silenzio e l’immobilità appaiono per logica lo Specifico della pittura, allora dalla Metafisica di de Chirico in poi si è resa irrevocabilmente necessaria la ridefinizione – ontologica – della pittura stessa. Ci riproveranno i Surrealisti, che lo eleggeranno loro maitre a  pénser malgrado irriducibili incomprensioni (de Chirico lascia con le nuove visioni del romanzo Hebdomeros  la traccia forse più significativa del passaggio della cultura surrealista nel ventesimo secolo – ancora più di quanto non faccia coi cicli automitografici degli anni  ’20 -’30, dai Bagni misteriosi ai Mobili nella valle ai Gladiatori), ci potranno riprovare la Pop Art - e tutte le sue derivazioni - con la lezione-oggetto e il sorpasso o la noncuranza delle categorie del ‘gusto’, ma soprattutto ci riproverà lui stesso, incessantemente reinterrogando la pittura nella sua cifra e simbolico-testuale (la lezione del Museo, l’Allegoria) e corporea (il barocco della materia, e della figurazione, come recupero alchemico, esorcismo alla crisi dei valori e alla deriva che il ‘Pictor Optimus’ vede nella modernità), fino al carosello della stagione neometafisica degli ultimi anni, che chiuderà il cerchio stemperando l’incombere del non-senso originario nel disimpegno del gioco: il teatro del mondo (questo o ‘altro’) torna ad essere a clean, well-lighted place dove si può nuovamente dipingere solo per il piacere di dipingere.

 

 

Paolo Marini

 

 

Bibliografia

C. Bruni Sakraischik, Catalogo generale Giorgio de Chirico, opere dal 1908 al 1970, Milano, Electa (8 voll.)

C. Crescentini (a cura di), Giorgio de Chirico. Nulla sine tragoedia gloria, Atti del Convegno Europeo di Studi, Firenze, Atout Maschietto editore

N. Ubaldo, K. Rodoll, L’aura di Giorgio de Chirico. Arte emicranica e pittura metafisica, Roma, Mimesis