Gino Severini (Cortona, Arezzo 1883 – Parigi 1966)

 

 

Allievo della prima ora di Balla, Severini approda da subito ad una pittura futurista fatta di bidimensionalismo puro con accenti per lo più decorativisti. Realizza, intorno agli anni ’10, opere prime dovute soprattutto ad un uso del colore inserito in campiture di semicerchi, triangoli, rettangoli in una dimensione ludica estranea ai futuristi ortodossi; ne sono esempi nitidi di questa fase la Danzatrice in blu, il Geroglifico dinamico del Bal Tabarin e la Festa a Montmartre. Tuttavia avviene per lui, ben presto, la svolta in senso cubista che lo porterà inoltre a scrivere nel 1921 Dal Cubismo al classicismo, che da un pittore come lui mai ci si sarebbe aspettati. Fortunatamente in un percorso che dovrebbe portarlo ad una rigidità formale, si innesta, in una sorta di cortocircuito, la deformazione surreale, che lo porta a realizzare quei sgargiantissimi Arlecchini intervallati da cristalline Nature morte. Una crisi interiore lo fa approdare convintamente al cattolicesimo con notevoli influssi sulla sua arte (un grande interesse musivo ad esempio) e a realizzare affreschi chiesastici (soprattutto in Svizzera). Costante rimane il tema della danza, del movimento in senso luminoso anche in anni maturi (quaranta), sempre in chiave cubo-futuriste. Ormai sommerso da mostre personali in tutta Europa negli anni ’60, si spegne a Parigi nel 1966.

 

 

Matteo Gardonio

 

 

Bibliografia:

Gino Severini : el Futurismo más francés / Martínez Silvente, Ma. Jesús 2003

 

La Collezione Mattioli : capolavori dell'avanguardia italiana, Flavio Fergonzi 2003