Cesare Monti (Brescia 1891 - Bellano 1959)

 

 

Seduta un po’ sghemba, come se dovesse volare via, nello splendore dei suoi tredici anni, lo sguardo pensoso perso in un dove che non si può vedere, solo immaginare: questa uno dei tanti ritratti di Cesare Monti, artista capace di cogliere e raffigurare le trasparenze.

 

 

Biografia ragionata

 

Cesare Monti nasce a Brescia, il 2 Marzo 1891. Appena quindicenne, viene inviato dal padre, titolare in città di un negozio di barbiere, a Parigi a imparare il mestiere e le nuove tendenze della Ville Lumière. Complice la temperie culturale della grande stagione post-impressionista, nei due anni trascorsi lungo la riva della Senna (1906-1908), Cesare scopre la sua vera vocazione: la pittura. Frequenta i circoli artistici, visita i Musei d’Arte antica e Moderna, dipinge sulle scatole di sapone vuote e ha così modo di imprimere alla sua formazione culturale ed estetica una forte accelerazione. Al ritorno in Italia, si stabilisce in Val Sabbia, presso il pittore e amico Edoardo Togni, dove ha modo di affinare il suo stile, nel cuore le accensioni cromatiche e la grazia di Cezanne, Gauguin e Matisse. Si trasferisce a Milano con il sussidio di una borsa di studio del Comune di Brescia, ma è solo dopo la Grande Guerra, alla quale partecipa attivamente come ufficiale di fanteria, che si può dedicare definitivamente alla pittura. A partire dal 1922 la sua attività, oltre che alla partecipazione alle più importanti Mostre d’arte italiana, si completa con il dialogo creativo che gravita intorno alla Galleria Pesaro, dove si riuniscono costantemente Bucci, Carrà, Tosi, Funi, Malerba e Sironi e altri grandi artisti che si fusero in “Novecento italiano”. Numerose le mostre personali, numerosi i premi, gli inviti alle rassegne collettive, i riconoscimenti, così come gli apprezzamenti  di personalità artistiche fra cui Carlo Carrà, Margherita Sarfatti, Raffaele De Grada, Orio Vergani, Giò Ponti. Monti si spegne a Bellano nel 1959 e viene sepolto nel cimitero di Corenno Plinio, località da lui amata e spesso rappresentata.

 

In Cesare, autodidatta, la stagione parigina imprime il segno della sua inclinazione poetica, che traduce in un naturalismo soggettivo e intimistico, che resta tale per tutta la sua carriera, resistendo all’avanzata delle avanguardie e non cedendo mai alla rivisitazione romantica. C’è, nella sua pittura, la consapevolezza che il mondo non può essere percepito attraverso la propria propensione naturale, e che in questo senso la natura non è sconosciuta alla coscienza. Non aderì nemmeno nel movimento fondato dagli amici, il “Novecento italiano”, scegliendo di seguire il proprio cromatismo interiore. A volte denso, altre spezzato o naif, a tratti evanescente, il colore si  fonde a creare atmosfere luministiche vibranti, accentuate dalla cifra che diventa a momenti spezzata e brulicante.

Le tonalità si accostato brusche, quasi fauviste, o morbide nelle nature morte, nei ritratti, più serene e dolci nei paesaggi in cui l’uomo e l’artista trovano perfetta sintonia e comunicabilità. Alberi mossi dal vento e petali rosa comunicano la pace interiore che Cesare prova ritraendoli en plain air. Una leggera concessione alla progenie paterna e alle reminiscenze della Belle Epoque appare nei suoi ritratti femminili, dove è sempre presente un seppur rapido accento alle note di costume, siano il trucco, una collana di coralli sul seno nudo, un nastro o una veletta, piccoli omaggi alla bellezza e alla vanità. “Donne come mazzi di fiori” intitolava Orio Vergani un suo commento sull’opera di Monti nel 1955, fiori raccolti non negli studi di posa ma nella vita, fra le segretarie, le modiste, le commesse di via Montenapoleone. Morbido e caldo nei nudi alla Degas o più acceso e sinuoso  alla Matisse, Monti non tralascia mai l’attenzione al dato intimistico della Donna, spesso ritratta assorta, pensosa, sospesa tra anima e materia ma con cromie che ne denunciano la gioia di vivere.

La sua evoluzione pittorica proseguì fino alla fine, passando dall’iniziale divisionismo ai più rigidi canoni di Novecento ad una più libera pittura eseguita senza disegno, sull’onda dell’impressione, per giungere a confrontarsi coraggiosamente e consapevolmente con le nuove tendenze, in una sorta di stile figurativo/informale che rendono di grande interesse le opere degli ultimi anni.

 

Partecipazione a Mostre e Eventi

 

E’ nel 1920 che comincia l’ascesa pittorica di Monti, legata inizialmente al gruppo di Novecento: esordisce alla Biennale di Venezia, alla quale sarà sempre invitato fino al 1950 (nel 1940 con una sala personale con 28 opere). Nel 1926 partecipa alla I Mostra di Novecento italiano, nel febbraio del 1927 è alla Galleria Scopinich con Borra, Bucci, Funi, Garbari, Marussig, Piatti, Pratelli, Salietti, Sironi, Tosi, Tozzi e Wildt, esponendo cinque opere alla mostra Quindici artisti di Novecento; subito dopo è alla Kunsthaus di Zurigo con sei dipinti alla mostra Italienische Maler; ad Amburgo nello stesso anno in giugno partecipa alla mostra Novecento italiano, alla Kunsthalle, e ad ottobre partecipa all'Esposizione d'Arte Italiana in Olanda ad Amsterdam. Nel 1924 era stato inoltre vittorioso al premio Magnocavallo; nel 1926 vince il premio Fornara; 1927 Premio Guido Ricci; nel 1930 il Premio Omero Soppelsa, assegnatogli alla Biennale di Venezia per il miglior paesaggio ed è invitato alla Permanente insieme a Carrà, Marussig, De Grada e Tosi. Nel Febbraio del 1929 su invito partecipa alla II mostra di Novecento Italiano alla Permanente dove espone due opere: La casa degli oleandri n°14 e Nudo rosa n°15; a marzo è a Nizza dove alla Société des Beaux-arts si apre l'Exposition du Novecento Italiano. Nel 1930 espone a Buenos Aires alla mostra Novecento Italiano e nel 1931 espone a Monaco e a Stoccolma, nella mostra Il Novecento Italiano; sempre nel 1931 è invitato alla I Quadriennale di Roma, nel 1930 Espone alla Galleria Pesaro con Bucci e Steffenini; sempre alla Pesaro nel 1932 con Frisia e Vellani Marchi (presentati da Enrico Somarè); nel 1934 alle mostre allargate di Novecento a Stoccolma, Oslo, Amburgo, Berna; nel 1938 ancora alla Pesaro nella collettiva Quattro pittori lombardi; nel 1939 è invitato a partecipare alla Prima mostra di Corrente, nonostante le distanze stilistiche e di ideali con i giovani pittori ribelli, che mostrano però grande rispetto per la coerenza del suo cammino artistico.

Così ci parla di  lui Carlo Carrà nel gennaio del 1927:

 

... Posto l'occhio sull'arte di Cesare Monti, aggiungiamo a mò di giudizio riassuntivo che egli è uno dei pochi che hanno il dono di conservare la dovuta indipendenza artistica sul soggetto e in modo semplice e chiaro evitare la ricerca leziosa dei particolari.

Se poi esamino la profonda quiete che hanno molti suoi quadri, ben m'avvedo che essa nacque da quel peritato senso ch'egli ripone nella concessione e nella elaborazione; senso che lo salva nel contempo da ogni esagerazione. Anche come uomo, io penso che gli si ha da dare il giusto.

 

Carlo Carrà - Milano,  16 Gennaio 1927

 

 

 

Marta Cattaneo

 

 

Bibliografia essenziale:

 

Cesare Monti, a cura di Guido Cribiori – Studiolo – Milano 2001

 

II esposizione collettiva delle arti del Novecento, Pavia, Castello Visconteo, 28 aprile – 17 giugno 2007.

 

Ottocento Catalogo dell’arte italiana dell’Ottocento – ed. Scheiwiller