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Carlo Giuseppe Montani (Saluzzo, 1868 - Roma, 1936) 

 

 

 

Carlo Giuseppe Montani - La pergola, 1916. Bra, collezione privata.

 

 

 

La città di Saluzzo che si affaccia al Monviso, fu per circa quattro secoli (1175 – 1548) la Capitale di un Marchesato indipendente che si estendeva tra le province di Cuneo e di Torino con lingue estreme ora in territorio francese e conserva ancora oggi tra le sue mura, nobili e ricche testimonianze di quel lontano passato. Lì, Carlo Giuseppe Montani vi nacque il giorno 8 novembre 1868 e a Saluzzo compì i suoi primi studi dimostrandosi brillante ma irrequieto. Per il  suo carattere dirompente e smanioso di fare e agire la “Firenze del Piemonte” (com’è appellata per il fascino del suo centro storico) Saluzzo gli stava stretta e fu così che si trasferì a Torino. Nella Capitale Sabauda compì altri studi che gli permisero di partecipare ad un concorso che vinto gli aprì le porte a segretario dell’amministrazione centrale della Pubblica Istruzione e raggiungere così Roma la città tanto agognata. A Roma il giovane Carlo completò i suoi studi diplomandosi presso l’Istituto Tecnico Industriale. Il lavoro amministrativo e tutte quelle scartoffie che si accumulavano sulla scrivania, lo rendevano nervoso e contemporaneamente lo privavano della sua libertà e fu con vero piacere e grande gioia che decise di lasciare quel lavoro inadatto, per tuffarsi libero e felice nell’ambiente giornalistico, letterario/artistico della Capitale dove già aveva fatto conoscenze importanti. Cesare Pascarella (poeta e pittore) era uno di questi: ribollente di novità, idee e progetti, aveva il potere di coinvolgere qualsiasi e Montani più giovane di un decennio ne fu attratto entrando così a far parte del Circolo Artistico Internazionale che in quel 1887 era stato definitivamente trasferito al civico 54 di via Margutta. Il Circolo Artistico inglobava anche la Società degli Acquerellisti, nella quale militava già dal 1878 Filiberto Petiti altro piemontese trapiantato nella Capitale e anche lui proveniente dalla Pubblica Amministrazione. Petiti acquerellista di grande caratura, lo mise sotto la sua ala protettrice, quasi genitoriale poiché tra loro intercorrevano ventitrè anni di differenza; s’instaurò così tra i due piemontesi una grande amicizia e il giovane Carlo (che già si dilettava nella pittura a olio sotto l’egida del Carlandi) fu iniziato dal maestro a quella tecnica così difficile e severa. Nel 1888 espose in pubblico per la prima volta alla Mostra Nazionale di Palermo con l’opera: “Nubi sul fiume” che la critica definì -di sapore romantico-. Nel 1889 sul giornale satirico “Don Chisciotte” con lo pseudonimo di “Viceversa” apparvero i suoi primi articoli di critica artistico-letteraria e in seguito con articoli e vignette, divenne collaboratore di altri giornali satirici quali: Il Pasquino, Capitan Fracassa, Il Fischietto e in qualità di corrispondente operò per il “Secolo XIX” di Genova e per il “Giornale di Sicilia” di Palermo. Nel 1890 entrò a far parte della Società Cultori e Amatori e nella annuale rassegna espose l’opera titolata “Paesaggio” e presso la stessa, fu nuovamente presente due anni dopo con tre opere titolate: Autunno nel bosco; La vallata; La chiesa di Sarre in Val d’Aosta; dipinto quest’ultimo che ci ricorda come fosse legato al suo Piemonte. In proposito Emilio Bissoni scrisse: “Quantunque la sua vita sia sempre trascorsa lontano da noi a Roma soprattutto, egli amò e ricordò sempre con affetto nostalgico il cuneese e qualche volta dai suoi brevi soggiorni fatti in provincia nacquero bozzetti e quadri fra i suoi migliori”. Le vignette argute e spiritose che uscivano dalla sua matita con straordinaria abilità, nel 1897 all’Esposizione Umoristica di Roma gli permisero di essere insignito di medaglia d’oro. Circa l’attività giornalistica del Montani, Renato Mammuccari ha scritto: “Montani che non difettava di coraggio e d’intraprendenza, reso sicuro da una provata esperienza giornalistica e di una vasta rete di conoscenze nel mondo politico e culturale del momento, prese in considerazione la creazione di un giornale suo, in cui – ludere e non ledere - fosse la massima, guida contro la vanità, la corruzione e l’arrivismo dell’epoca”. Fu così che il 25 febbraio 1900, uscì il primo numero di “Il Travaso delle Idee” più letterario, meno volgare e ricco di vignette: tanti piccoli fotogrammi, impressi nella sua fervida mente che colpivano principalmente i politici e di questo giornale il Montani ne fu proprietario e direttore per circa vent'anni. Nel 1910 su invito dell’amico e pittore Onorato Carlandi entrò a far parte de “I 25 della Campagna Romana” gruppo di pittori che si era formato agli inizi del Novecento, dallo scioglimento di un altro denominato “In Arte Libertas” e si proponeva di dipingere la campagna romana nella sua vastità e in ogni stagione, esplorandone le bellezze più recondite per valorizzarle nel senso dell’Arte e raggiungere così l’acme che è poi “la poesia del vero”. Il gruppo inserì sempre nuovi adepti e alla fine si ritrovarono in quarantacinque. A ogni componente era apposto un nomignolo ispirato ad animali, così Montani a causa del suo naso (di buone proporzioni) fu chiamato: “Tapiro”. Del gruppo facevano parte altri due piemontesi: Romolo Bernardi che per la sua barba rossiccia fu nominato: “Triglia” e Filiberto Petiti che  –con il suo passo felpato e discreto- fu appellato: “Gatto Soriano”.

 

 

Carlo Giuseppe Montani - Villa Adriana, 1918. Già mercato antiquario.

 

 

Nel 1915 all’annuale rassegna della Società Cultori e Amatori d’Arte, presentò due opere titolate: -L'agonia delle foglie- e –Sui declivi del Tuscolo- e alla Cultori e Amatori, fu ancora presente nel 1916 con l’opera -Luglio-, in quell’anno fu invitato ed espose alla Promotrice di Napoli. Nel 1920 dopo aver ceduto il suo giornale (Il Travaso delle Idee) Montani pur non tralasciando l’attività giornalistica, si gettò a capofitto nella pittura che era ormai diventata la sua attività principale. Emilio Bissoni scrisse: “…Poi l’articolista, il poeta, il disegnatore satirico e pronto a cogliere il lato paradossalmente arguto degli avvenimenti e degli uomini lasciò il giornalismo per dedicarsi interamente alla pittura. Artista lo era sempre stato ma ora volle esser un interprete lirico della natura diventando un paesaggista di raro buon gusto, di una delicata finezza, di una tecnica così semplice ed efficace che non sono certo qualità da dilettante come in principio veniva considerato”. A Roma nel 1921 si tenne la prima Biennale Romana (cinquantenario di Roma Capitale) Montani vi espose tre opere: Pascolo ideale; Il ricco e il povero e Mattino sui campi di Annibale. Alla IIa Biennale Romana del 1923 gli fu riservata una sala: agli occhi di quei visitatori si presentava un tripudio di spazi fioriti dove, azalee, glicini, rose, oleandri, cinerarie, calendule, spesso poste in primo piano, mostravano gli angoli più belli dei giardini romani.  

 

 

Carlo Giuseppe Montani - Nemi, 1926. Già mercato antiquario.

 

 

Nel 1926 si tenne a Cuneo la prima Mostra Provinciale di Belle Arti, e il presidente della stessa Emilio Bissoni ricevette dal Montani la richiesta di una sala che ben volentieri fu concessa. L’artista ebbe così la Sala VII che a catalogo prese il nome di “Sala Montani” nella quale espose 7 opere a olio di varie dimensioni titolate: Ostia; Ruderi in festa; Fiori d’estate; Autunno in giardino; Chiome dorate; Studio di paese; La quercia solitaria. Emilio Bissoni scrisse: “Questi titoli eloquenti per se stessi dicono già quali fossero i temi preferiti, la stagione e l’ora che più parlavano al cuore dell’artista con una emozione che si trasfondeva immediata e dolcissima nel visitatore della mostra. La Sala Montani ebbe un successo vivo di critica e di pubblico: infatti di 7 opere, 4 ne vennero acquistate a prezzi rilevanti da una comitiva di inglesi rimasti anonimi”.

 

 

Carlo Giuseppe Montani - Sulle sponde del lago. Roma, collezione privata.

 

 

Sempre nel 1926 allestì una Personale presso il Ridotto del Teatro Nazionale di Roma inaugurata il 1° di febbraio che i quotidiani del tempo definirono: -un vero trionfo- accanto ai titoli apparvero riprodotte  alcune delle opere esposte. Politici, intellettuali e artisti accorsero a onorarlo, dimentichi delle “beghe” giornalistiche trascorse. Nel settembre di quell’anno, Guido Marangoni sulla rivista bergamasca Emporium nella rubrica “Artisti Contemporanei” dedicata  a Carlo Montani scrisse: “Dopo la mostra personale dell’anno scorso a Napoli e la fortunata recente esposizione ciclica delle sue ultime opere nel ridotto del morituro teatro Nazionale di Roma, la cresima pittorica di Carlo Montani è ormai definitiva ed irrevocabile. Ciò non meraviglia certo chi ebbe la ventura di poter seguire il bizzarro amico nelle faticose tappe verso la novella audace affermazione del suo robusto e multiforme ingegno (…) La pace solitaria dello studio in via Margutta prospettante il dolce declivio di un colle che evoca la campagna a pochi metri dal Corso dove il Montani ricercando se stesso e le energie della sua reincarnazione pittorica trovò le sue nuove ragioni di vita”. Al Montani ormai lanciatissimo, fu conferito l’incarico ufficiale dal Governo Fascista di illustrare con una serie di dipinti “Lo Specchio di Diana” (Lago di Nemi) e il non più giovane Carlo e con qualche acciacco di troppo, per due anni si avventurò per le pendici di quel cratere, dipingendo gli angoli più suggestivi non dimenticando d’inserire nei suoi elaborati i paesi che allo stesso fanno cornice.

 

 

Carlo Giuseppe Montani - Giardino estivo, 1928. Già mercato antiquario.

 

 

A lavoro compiuto si contarono cento dipinti a olio che nel mese di maggio del 1929 furono esposti a Palazzo Valentini; la Mostra non poteva avere altro titolo: “Cento Visioni del Lago di Nemi”. Gli elogi si sperticarono e le opere esposte in breve tempo furono tutte esitate; fra gli acquirenti il Re, il Governatore di Roma, Attori del Cinema e del Teatro, Istituti bancari e la Galleria d’Arte Moderna.  Circa le “Cento Visioni”, Chiara Mannoni ha fatto una bella scoperta presso il “Museum Of Fine Arts” di La Valletta Malta. La Mannoni ha scritto: “Sulla parete di fronte alla porta di accesso, nella Sala 21, una breve didascalia descrive genericamente quale –Paesaggio con fiume– una veduta di Carlo Montani che in realtà ritrae uno degli scorci naturali più caratteristici del Lago di Nemi. Esposto in una piccola stanza dedicata ai pittori del Novecento, il quadretto ad olio di Montani (20 x 25,2) cm. senza cornice)sembra avere origine e provenienza per lo più ignota: lo stesso inventario del Museo ne registra la presenza nella Collezione di Riserva solamente dal1992, con conseguente trasferimento nel percorso espositivo in data 21/02/2003.(…)Se l’ipotesi fosse avvalorabile sarebbe dunque possibile recuperare all’opera di Carlo Montani una delle cento vedute del Lago di Nemi delle quali si perse la traccia in seguito alle vendite avvenute durante l’esposizione. Intanto, tuttavia, perché non iniziare con la modifica della didascalia maltese in -Veduta del Lago di Nemi con Genzano-?”. Un'altra notizia circa il nostro artista ce la fornisce il pittore tortonese Giovanni Cavanna che per diversi anni è vissuto a Roma: in una lettera all’amico e collega Mario Patri (che da Tortona non si era mai mosso) in data 4 febbraio 1934 tra l’altro scrisse: “ Ieri sera è ricomparso Carlo Montani pittore e giornalista. Qualche mese fa in via Condotti a due passi dal Caffè fu investito dall’auto dei pompieri e se l’è cavata a buon mercato. E’ un torinese amico di gioventù e compagno di scuola del povero Saccaggi. Mi domandò subito notizie sue e col dovuto riguardo lo misi al corrente dell’accaduto. Ho ricevuto l’impressione che piangesse e se n’è andato via subito. Non si era ancora spenta l’eco del successo ottenuto con le Visioni del lago di Nemi, che già un’altra incombenza gravava sulle sue spalle: si trattava tuttavia di un tema a lui caro e congeniale, dipingere i Parchi e i Giardini di Roma. Messosi al lavoro, Montani realizzò 54 dipinti raffiguranti i più bei giardini della Capitale con le loro incantevoli fioriture, dove poté dar sfogo a quel colore vivo e puro che era nelle sue corde, - senza però mai abbandonarsi ad una ebbrezza orgiastica che non era nel temperamento dell’artista – (Bissoni). I dipinti furono posti in Mostra il 27 aprile 1935 presso l’Arancera di Villa Umberto ospitata dall’Onorevole Bottai. I critici dell’epoca nei loro scritti entusiasti, posero la sua opera a confronto con l’arte moderna allora imperante dichiarandolo vincitore e quella raccolta così organica e completa nel suo insieme, non fu dispersa ma acquistata dal Governatorato per il Museo di Roma. Non ostante la sua salute andasse sempre peggiorando, continuò a lavorare di penna e di pennello sino all’ultimo. Si spense a Roma il 30 dicembre 1936 ma per sua volontà la notizia venne data ad esequie avvenute. Sempre per volontà testamentaria, le opere rimaste in studio furono poste in Asta presso la Galleria Antonina di piazza di Spagna il 19 e il 20 novembre 1937. Tutti i quotidiani della Capitale, ricordarono la figura di quel letterato arguto e originale: giornalista, disegnatore e pittore insigne, venuto in gioventù dal lontano Piemonte ma con la “romanità” dentro. In chiusura leggiamo quanto a scritto Renato Mammuccari: “…Un artista sincero che ha fatto dello studio del vero e della natura il suo personale motivo conduttore, rimanendovi sempre fedele e non risparmiando le sue forze fino alla fine per esprimere con tutti i mezzi la sua passione e la sua grande poesia”.

 

 

 

Flavio Bonardo  (sabrotu@yahoo.it)   

 

 

 

Bibliografia:

E. Bissoni – Prima Esposizione Provinciale d’Arte a Cuneo – Cuneo Lug./Ago. 1926

G. Marangoni – Artisti Contemporanei: Carlo Montani – Emporium n° 381 Sett. 1926

E. Bissoni – Ricordo di Carlo Montani – La Sentinella d’Italia – Cuneo 7/1/1937

R. Mammuccari – I XXV Della Campagna Romana – Edit. Ler – Gen. 2005  

C. Mannoni – Nemi: azzurra, viola e cobalto – Viva Voce 98  (Rivista d’Area dei Castelli Romani) - Febbraio 2011

M. Galli – Giovanni Cavanna (la febbre del dipingere) – Edit. Oltrepò –Apr./Mag. 2011