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JULIUS EVOLA
(Roma, 1898 – Roma, 11 giugno 1974)
 

 

 

 

 

    Giulio Cesare Andrea Evola, meglio conosciuto come Julius Evola, nasce a Roma il 19 maggio 1898 da Vincenzo Evola e Concetta Mangiapane, cattolica famiglia siciliana di nobile ascendenza spagnola. Personalità poliedrica nel panorama culturale italiano del Novecento, è stato un filosofo, pittore, poeta, scrittore ed esoterista.
Fin dall'adolescenza sviluppa un vivo interesse per l’arte e la letteratura, trascorre molto del suo tempo in biblioteca e si appassiona all'opera di Nietzsche, Michelstädter, Weininger e  Stirner (Johann Kaspar Schmidt), convinto sostenitore di posizioni antistataliste, ateiste e anarchiche. Evola  ne svilupperà un pensiero di rivolta contro il mondo borghese e il suo radicato conformismo, in favore di una morale aristocratica che trae spunto dai valori dell’essere - rifiuta la laurea in Ingegneria come punto d’orgoglio: “Divido il mondo in due categorie: la nobiltà e coloro che hanno una laurea”. Amplia i suoi orizzonti del pensiero e dell’arte d’avanguardia, conosce Giovanni Papini, fondatore con Ardengo Soffici della rivista Lacerba -
si addentra nello studio delle filosofie orientali (buddiste, induiste e cinesi), ne vaglia gli aspetti filologici, mitologici, magici ed esoterici. Filosofo giovanissimo, nei suoi scritti tratterà argomenti che spazieranno dalla spiritualità buddhista ed induista, alla simbologia alchemica, alla sessualità. Ne Il mistero del Graal, edito nel 1937, attraverso confronti tra le varie tradizioni nordiche e celtiche, Evola opera una de-cristianizzazione del simbolo del Graal  a favore di simbolo per l'iniziazione guerriera.

   

Nell'Italia prebellica, tra il Dieci e il Quindici, vige un forte sperimentalismo artistico con tendenze avanguardiste, da cui emergerà prepotentemente il Futurismo. Evola, che aveva già conosciuto Marinetti e stretto amicizia con Balla (del quale può essere considerato allievo), aderisce inizialmente al movimento - non si trova però concorde sulla posizione interventista del futurismo, e Marinetti gli dirà: “Le tue idee sono lontane dalle mie più di quelle di un esquimese”.

 

 

J. Evola - Tendenze di idealismo sensoriale, 1916-18, olio su tela. Milano, collezione privata

 

A partire dal 1916, le prime opere di Evola, titolate Idealismo sensoriale, sono fortemente influenzate dal dinamismo futurista e, in particolare da Balla, caposcuola e elemento creativo dell’avanguardia futurista romana, grazie al quale il movimento si arricchì di contatti internazionali.
Agli inizi, Balla incontrò non poche resistenze nel promuovere il Futurismo a Roma, poiché l'Urbe veniva rifiutata da Marinetti, in quanto simbolo di un passato ministeriale e clericale e posta in antitesi a Milano, simbolo invece della produttività industriale ed artistica. Culto del passato e del conservatorismo, opposti a innovazione e dinamismo. Lo studio-abitazione di Balla, situato ai Parioli, ben presto divenne comunque una libera scuola e un punto di riferimento per i futuristi - vi si tenevano incontri e si discuteva sul futuro dell'arte. Oltre a Depero,  Prampolini ed Evola, essa era frequentata da numerosissimi artisti ed intellettuali, anche stranieri.

L'interesse principale di Evola era già all'epoca improntato sui problemi dello spirito e sulle tematiche socio-politico-religiose. Fu il suo temporaneo interesse per la pittura che lo condusse nello studio di Balla, dal quale apprese la tecnica coloristica delle velature e le basi formali della pittura astratta. Nonostante nei suoi primi lavori sia possibile riscontrare punti di confluenza con le tematiche del Futurismo e del suo rappresentante romano, Evola mostrò sempre una personalità evoluta, non da comune allievo, e anzi, si può supporre che sia stato lui ad aver fatto avvicinare Balla allo studio dei fenomeni metapsichici (vedi la serie “Trasformazione forme spiriti” realizzate da Balla nel 1918).

 

 

 

J. Evola - Tendenze di idealismo sensoriale, 1916-18, olio su tela. Atlanta (U.S.A.), collezione privata

 

 

Ma l'eccessiva esaltazione futurista, il mito del sensualismo, della velocità e della macchina, non seducono a lungo Evola, ne tantomeno lo convince la propaganda chiassosa ed esibizionista con cui si fa strada il movimento.

 

 

"In quel periodo giovanile, dato che in Italia come movimento artistico d'avanguardia praticamente esisteva quasi soltanto il futurismo, ebbi rapporti personali con esponenti di esso. In particolare, fui amico del pittore Ignazio Balla, e conobbi Marinetti. Anche se il mio interesse principale era pei problemi dello spirito e della visione della vita, coltivavo altresì la pittura, una disposizione spontanea al disegno essendosi manifestata in me già da bambino. Non tardai però a riconoscere che, a parte il lato rivoluzionario, l'orientamento del futurismo si accordava assai poco con le mie inclinazioni. In esso mi infastidiva il sensualismo, la mancanza di interiorità, tutto il lato chiassoso e esibizionistico, una grezza esaltazione della vita e dell'istinto curiosamente mescolata con quella del macchinismo e di una specie di americanismo, mentre, per un altro verso, ci si dava a forme sciovinistiche di nazionalismo."

(J. Evola - Il cammino del cinabro)

 

 

 

In un articolo del 1930 su La Torre, Evola, scriverà: 

 

«... il Futurismo ben di più che fenomeno circoscritto di un'avanguardia artistica, è «una cosa terribilmente presente e in atto», caratterizzante l'essenza dell'epoca finale: è quel «divenirismo» che connota la temporalità moderna, la smania di cambiamento e d'innovazione fine a se stessa, la distruttività gratuita che diventa demolizione di ogni superiore principio spirituale, il misticismo della materia e dell'elementare. Futurista, cioè, è la modernità, anzi la forma dell'umanesimo moderno che persegue le prestazioni materiali e fisiche, i record, la quantità, l'accelerazione, il macchinismo, l'automazione, l'enfasi dell'istintualità e della brutalità. La retorica futurista, al di là delle realizzazioni artistiche che schiudono la dimensione dell'arte d'avanguardia, è la traduzione estetizzante del moto più proprio dell'epoca moderna: l'accelerazione e la spersonalizzazione tecnica: «L'attualità del futurismo [...] sta in ciò che nel futurismo riflette ed esprime tipicamente il movimento dello spirito che tradendo se stesso s'immedesima con la forza bruta del divenire e della materia, mutando il senso di sé con l'ebbrezza e la vertigine che ritrae da questa sua perdita. »

 

 

   J. Evola - Fucina, studio di rumori, 1917-18, olio su tela. Brescia, Civici musei d’Arte e Storia

 

 

Dopo aver frequentato a Torino un corso per allievi ufficiali, tra il 1917 e il 1918, la Prima guerra mondiale lo vede sull'altopiano di Asiago come tenente di artiglieria. Al rientro a Roma, è colto da una crisi esistenziale che lo condurrà ad una profonda analisi sulla contemplatio mortis, manifesto impulso alla trascendenza, ben descritta ne Il cammino del cinabro (in alchimia è la materia prima della pietra filosofale), un’autobiografia intellettuale ricostruita attraverso i suoi libri, edita da Scheiwiller nel 1963.

 

   Nel 1916 nasce a Zurigo il movimento Dada, ad opera di Tristan Tzara, Hugo Ball, Hans Arp, Marcel Janco e Hans Richter. Il movimento interesserà le arti visive, la letteratura, il teatro e la grafica, con irraggiamenti in Francia, Germania e America. In Italia troverà proseliti a Firenze, Trieste, Mantova e Roma.

Il Cabaret Voltaire, circolo letterario ed artistico fondato da Ball, organizza serate con l’intento di stupire i partecipanti. Senza un programma preciso, e nella totale assenza di regole, durante questi incontri si fa ricorso a  provocazioni e dissacrazioni di ogni genere sui valori della cultura passata. Nello stesso anno Ball edita un opuscolo omonimo di trentadue pagine, al quale collaborarono Espressionisti, Futuristi e Cubisti di varia nazionalità.

Le attività del gruppo dadaista sono volutamente scandalistiche e negano qualsiasi rapporto tra l'arte e la società, contestano gli oggetti e le tecniche artistiche. Il movimento non si propone di produrre opere d'arte: la vera arte sarà l'anti-arte. In questa negazione, Dada nega anche se stessa sia come avente valore, sia come funzione, e si riduce alla pura azione demistificante nei confronti dei valori costituiti, contro la società del tempo. Tenterà di promuovere la libertà di creatività in tutte le forme disponibili.

Il pittore futurista Enrico Prampolini, i poeti Ungaretti e Savinio entrano in contatto con il gruppo Dada parigino; uno dei suoi maggiori promotori, M. Duchamp (1887-1968), proclama la distruzione non solo del concetto di valore nell'arte, ma auspica una totale demistificazione dei valori tradizionali, annullandoli nell'assoluta arbitrarietà dell'artista, il quale può esprimersi nell'uso di qualsiasi materiale, come cartone, filo di ferro, pezzi di legno ecc. Libertà in tutto!

Questa arte-antiarte affascina molto Evola.

Anche se non molto diverso dal Futurismo (tra i due gruppi non c'è una vera incompatibilità ideologica), il movimento Dada rappresenta il paradosso della distruzione e della ricostruzione, una speranza di un'arte nuova per una vita nuova.

 

Ora c’è chi ha nelle vene del sangue di schiavo. Sono i più. E questi obbedirà, porterà il proprio fardello, allora si creerà una fede, un idolo, farà dell’arte, farà dell’amore, per illudersi; farà il giuoco dell’umanità, insomma, o della brutalità, il che è lo stesso, travestito in mille graziosi modi. Vi è invece chi non ha precisamente sangue da schiavo. Questi si oppone, nega. Uccide in sé ogni impulso naturale, ogni entusiasmo, ogni sentimento. Alla naturalezza, sostituisce la finzione; alla passione, il capriccio; all’idolo, sé stesso, infinito ed indicibile nulla. E, vivente, egli è un morto, vivente, ha nel sangue il germe della decomposizione, segno del sua alto e doloroso destino. Egli vive solo per negare e per distruggere e non ha altro scopo, per la sua pena di vivere. Ecco Dada”.  

(Dal testo della conferenza tenuta da Evola il 15 Aprile 1921, all’inaugurazione della mostra Dada nella casa d’arte Bragaglia a Roma)

 

 

J. Evola - Paesaggio interiore, apertura del diaframma, 1920-21, olio su tela. Milano, collezione privata,

 

Dada lancia il ready-made, secondo il concetto che un'opera d'arte può essere qualsiasi cosa, quale ad esempio l’orinatoio di Duchamp del 1917.
L'opera d'arte quindi, non più quale prodotto manuale, ma quale idea che l'artista riesce a concepire e proporre.

 

Prampolini partecipò alle mostre Dada a Zurigo, e dopo un incontro avuto con Tristan Tzara, (Samuel Rosenstock), fondò nel 1917, insieme a Sanminiatelli la rivista futur-dadaista Noi. Alla rivista collaborarono: Prampolini, Orazi, Severini, Buzzi, Galante, Meriano, Arp, Janco, Tzara, Maria d'Arezzo, Strawinsky, Reverdy, Birot, Orazi, Sanminiatelli, de Chirico, Moscardelli, Savinio, Carrà, Folgore, Cendrars, Archipenko e altri. Nella nuova serie del 1920, ultimo anno di pubblicazione, compaiono come direttori Evola e Prampolini, come collaboratori: Prampolini, Marchi, Moscardelli, Orazi, Evola, Giannattasio, Grig, Reverdy, Dermée, Tzara e altri.
 

 

  

Copertina della rivista Noi,  1919

Copertina della rivista Bleu, 1921

 

Grazie alla attività di Prampolini, Evola, Savinio e Cantarelli venne a crearsi uno stretto rapporto tra Dada e Futurismo. Oltre a Noi, fu la rivista Blue (edita da Cantarelli, Evola e Fiozzi),  a promuovere il movimento Dada, avvalendosi di illustri collaboratori attivi a Parigi (Aragon, Max Ernst, Céline Arnauld, Doesburg, Bonset, Eluard, Ribemont-Dessaignes).

 

 

Edizione dadaista di Evola, 1920


Evola pubblicò alcuni documenti futur-dadaisti in Arte astratta posizione teoretica e in La parole obscure du paysage intérieur (edizione Dada, Zurigo 1920).

 

“L’arte moderna cadrà ben presto: appunto questo sarà il segno della sua purità […], cadrà più che altro, per essere stata realizzata con un metodo dall’esterno/ per una graduale elevazione dalla malattia su motivi in parte passionali/ anzi che dall’interno/mistico/…”                       (J. Evola, Arte Astratta, posizione teoretica)

 

 

J. Evola - La fibra s'infiamma e le piramidi, 1920-21, olio su tela. Roma, collezione privata

 

 

« .... sarà opportuno un breve accenno alle mie esperienze nel campo artistico, sulla linea dell'astrattismo e del dadaismo, benché, come tracce di dominio pubblico, ben poco ne sia rimasto.
Ho già detto perché non simpatizzavo troppo coi futuristi. Nel primo dopoguerra fui invece attratto dal movimento dadaista, creato a Zurigo dal romeno Tristan Tzara: ciò, soprattutto per via del suo radicalismo. Il dadaismo non voleva essere semplicemente una nuova tendenza dell'arte d'avanguardia. Difendeva piuttosto una visione generale della vita in cui l'impulso verso una liberazione assoluta come lo sconvolgimento di tutte le categorie logiche, etiche ed estetiche si manifestava in forme paradossali e sconcertanti.

....« Il vero dadaismo è contro il dadaismo, si trasforma, afferma, dice nello stesso istante il contrario, senza darvi importanza ». ..... «queste posizioni non erano prive di una certa analogia col metodo dell'assurdo usato da alcune scuole esoteriche estremo-orientali - il Ch'an e lo Zen - per far saltare tutte le sovrastrutture del mentale: anche se, naturalmente, in esse lo sfondo è del tutto diverso. Si sarebbe potuto anche riandare alle parole di Rimbaud sul metodo della veggenza ottenuto con uno « sregolamento ragionato di tutti i sensi ».
Di rigore, il dadaismo non poteva condurre a nessun'arte in senso proprio. Segnava piuttosto l'autodissolversi dell'arte, in un superiore stato di libertà. Questo a me parve essere il suo significato essenziale; per cui, interpretando il dadaismo come il limite di una specie di dialettica immanente delle varie forme di arte modernissima (nell'appendice ai miei Saggi sull'idealismo magico), credetti di poterlo elevare al rango di una vera e propria categoria in una delle mie successive opere filosofiche (Fenomenologia dell'Individuo assoluto).La conclusione più coerente sarebbe stata il rigetto di ogni espressione artistica, il passaggio ad una vita vissuta allo sbaraglio, come fece Rimbaud quando mise da parte la sua stessa poesia percorsa da illuminazioni dopo aver scoperto che « Io, è un altro »; oppure un giuoco continuo, con una profonda serietà nella leggerezza e una leggerezza nella più profonda serietà. Ma come soluzione intermedia prese piuttosto vita, in tale clima anarchico, l'arte astratta. »

 

(J. Evola - Il cammino del cinabro)

 

 


J. Evola - Astrazione, 1920-21, olio su tavola. Collezione privata

 

 

« In Italia, fui fra i primissimi a rappresentare la corrente dell'arte astratta, in connessione col dadaismo (conobbi personalmente Tristan Tzara e altri esponenti del movimento). Ne abbozzai la teoria in una piccola pubblicazione del 1920, Arte Astratta, pubblicata per le « edizioni Dada » da Maglioni e Strini a Roma, contenente anche alcuni miei poemi e riproduzioni di miei quadri. In essa però l'istanza estetica passava, in fondo, in secondo piano rispetto all'estrinsecazione del conato verso l'incondizionato, mescolato con ripercussioni della crisi dianzi accennata, la cui fase più acuta era corrisposta al periodo delle mie ultime esperienze artistiche.» 

 

«.... In realtà il movimento a cui mi ero associato, tenendo Tristan Tzara in alta stima, doveva realizzare ben poco di ciò che io in esso avevo visto. »... «Quanto all'arte astratta, essa doveva finire in una convenzione e in una accademia. Vi è stata una pausa; poi il secondo dopoguerra l'ha vista risorgere e proliferare come un facile e spesso commercializzato prodotto. »

 

(J. Evola - Il cammino del cinabro)

 

 

 

J. Evola - Nudo di donna (afroditica), 1960-70, olio su tela. Roma, collezione privata

 

 

Nel 1920, Evola tenne un'esposizione personale alla Galleria Bragaglia di Roma, dove espose cinquantaquattro opere; sempre nello stesso anno un'altra personale a Berlino, presso la galleria di "Der Sturm", di Herwart Walden, con circa sessanta opere. L'anno seguente, insieme a Ciotti e Cantarelli, è nuovamente alla Galleria Bragaglia di Roma; partecipa inoltre a collettive di Milano e Losanna.

A ventitré anni, nel 1921, Evola cesserà di fare l’artista, chiudendo con pittura e poesia a favore della letteratura e filosofia ( vedi Opere di Julius Evola ). Dimenticato per decenni nella sua veste di artista, la sua pittura ritornò alla ribalta dopo una mostra romana del novembre 1963, alla "Galleria La Medusa", con buon esito di vendite e critica.

Tra il 1960 e il 1970 il barone riprende alcune copie di ciò che aveva già dipinto in passato e realizza degli inediti nudi di donna. Una esigua produzione artistica in cui la figura femminile si distingue dal precedente astrattismo, con un'evidente connessione al suo libro del 1958, Metafisica del Sesso.

“Il sesso è la “più grande forza magica della natura”; vi agisce un impulso che adombra il mistero dell’Uno, anche quando quasi tutto, nelle relazioni fra uomo e donna si degrada (...).”
”.... La potenza dell’orgasmo cosmico è quella dell’estasi divina.”

 

In Metafisica del Sesso, scritto in un'epoca di piena contestazione e lotta femminista in cui dilaga la rivoluzione sessuale e l'amore libero, Evola evidenzia la sacralizzazione trascendente nell’esperienza sessuale, già contemplata da  varie dottrine orientali.

 

 

J. Evola - La genitrice dell'universo, 1968-70, olio su tela. Roma, collezione privata

 


Eros e alchimia sono presenti nelle “donne evoliane”.

Immagini femminili nude in piedi o supine, talvolta con le gambe divaricate, a mostrare l’organo sessuale quale strumento di fecondità primordiale. Una saga di archetipi e simbologie erotiche a rappresentazione della magia sexualis, come nel dipinto La genitrice dell'universo, in cui Evola introduce una ampia simbologia a supporto dell’archetipo femminile.

 

La produzione artistica di Evola, dagli inizi futuristi fino alle ultime opere, è in stretta connessione con il suo percorso di ricerca sociale e spirituale, e trova ampia interpretazione nel campo esoterico-spirituale.

 

 

Giorgio Catania

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:


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Evola J., Il cammino del cinabro, Milano, 1963

Evola J., Il mistero del Graal, Bari, 1937
Evola J., Rivolta contro il mondo moderno, Milano, 1934
Evola J., La parole obscure du paysage intérieur, Roma-Zurigo, 1921

Evola J., Arte Astratta, posizione teorica, Roma, 1920