Dionysius (Ersilio Fantoli) - (Milano 1899 - Torino 1978) 

 

 

 

 

      In  quella  selva  d’immagini,  che  ogni  notte  popolano  i  miei  sogni, stanotte ho incontrato DIONYSIUS.  Se  ne  stava  al  limitare  di  una  strada  di  campagna,  appoggiato  alla canna della sua bicicletta: indossava una camicia a quadretti grigio-azzurri ed un paio di pantaloni di tela. Mi ha guardato, come si guarda ad uno sconosciuto (ed io per Lui  sono sempre stato tale) poi come se alle mie spalle ci fosse una fiumana di persone, ha detto: " Sono Dionysius, non dimenticatemi!". Anche se non avesse pronunciato quel nome, l'avrei riconosciuto immantinente poiché il ritratto che di Lui, mi ha fatto tante volte l'amico Michele, non lasciava adito a dubbi. L'amico Michele che, nel primo dopoguerra era Capostazione in una cittadina del Piemonte sud, s'intrattenne con Lui più volte e gli acquistò anche alcune tele, poiché il "nostro" era uso spostarsi nella nostra regione per proporre le sue opere a responsabili di stazioni ferroviarie, a comandanti di presidi militari ed a liberi professionisti. Piccolo di statura, fragile, febbrile, capelli neri e lisci tirati con forza all'indietro e trattenuti da una grassa e lucente brillantina, Dionysius,  aveva poi due occhi estremamente magnetici con i quali, manifestava la sua arte vissuta fino allo spasimo. Perché Dionysius? Perché era ebbro d'amore per l'arte pittorica; perché aveva un'esaltazione entusiastica per il mondo che ci circonda; perché teneva in se un grande furore creativo; perché tramite le sue opere si sentiva rigeneratore della natura e delle cose viste attraverso gli occhi dell'anima.

 

 

 

Ersilio Fantoli (Dionysius). Tramonto della luna nel mare di Massaua, 1937 - Cuneo, coll. privata.

 

 

Dionysius, al secolo Ersilio Fantoli, era nato a Milano nel 1899. Dedicatosi fin da giovanissimo alle scienze naturali e fisiche, passò ben presto alla pittura, consacrandole da quel momento ogni energia. Lui, ragazzo del '99, durante il primo conflitto mondiale, fu inviato a reinfoltire quell'esercito che nella piana di Caporetto era stato decimato e lì, seppe destreggiarsi con bravura avendo così salva la vita. In pittura, i primi passi li fece nel figurativo tradizionale, ma quasi subito questi lavori gli apparvero esercizi sterili e prosaici. Uomo dal temperamento instabile, pur lavorando intensamente, viaggiò senza soste, conoscendo così arte ed artisti d’altri paesi. Di quel periodo, si conoscono: La fiaba, Il passato, Zingara, Il viandante, Gli amici del fuoco, Il Cristo, composizioni in cui l'artista, mostrava di voler penetrare nel segreto degli uomini e delle cose. All'inizio degli anni trenta, dopo aver vagato per mezza Europa (e come spesso accade non sempre la via retta è la più breve) giunse a Torino, dove conobbe colei  che sarebbe diventata la compagna della sua vita. Dionysius, non ha radici e quando nel 1935 scoppia la guerra in Africa, Egli sente impellente dentro di se, il desiderio di visitare quelle regioni inospitali e portandosi appresso: cavalletto, pennelli, colori e tanti rotoli di tela, il   solitario "Diony" raggiunge quelle terre, armato solamente del suo coraggio, grande da sfiorare l'incoscienza.  Dopo alcuni mesi ritorna a Torino, mostra i suoi lavori ad amici e conoscenti  ed il fascino prodigioso che emana da quelle tele, fa si che in breve le siano  tutte acquistate. Per Dionysius, l'Africa è un tarlo che rode implacabile ed Egli non tarda a rimettersi in viaggio per placare così le sue ansie. A.O.I. (Africa orientale italiana), quelle terre diventano per Lui ospitali  ed addomesticate dal suo pennello, prendono vita opere quali: "I paurosi giganti" ciclopi della flora africana che, da Lui descritti assumono un senso profondo, quasi umano; "Funerale indigeno" dove la foresta, nella sua vastità è attraversata da un fiume ricco di acque cupe e limacciose, sulle quali scivolano un numero imprecisato di canoe; "Il bivacco" dove quattro viandanti in una piccola radura, attendono l'alba attorno ad un grande fuoco che li riscalda e protegge dalle belve feroci; e ancora "La notte e i brividi" dove l'artista, nell'ora notturna con grande coraggio, ha posto il cavalletto sulla sponda d'un fiume che, come un enorme serpente si muove sinuoso nella boscaglia e lì, ha atteso la luna alzarsi per riprenderla attraverso ad uno squarcio di quell'aerea verzura. Quando raggiunge le città di quelle terre, non esita a riprendere quegli agglomerati, pieni di vita e d’attività lavorative. Ha riportato così sulle sue tele, i mercati di caffè nell’etiopica Harar, le rovine imperiali della mitica Gondar, (città posta nei pressi del lago Tana, già capitale dell'Abissinia) il porto di Assab nel mar Rosso, la favolosa Addis Abeba, fondata da Menelik II e nota per le sorgenti termali e la mitezza del suo clima.

 

 

Ersilio Fantoli (Dionysius). Capanne nel Bana, 1937 (Reg. del lago Rodolfo) - Bra, coll. privata.

 

 

Qualche anno fa, ad un "mercatino delle pulci" ho avuto il piacere di scoprire ed acquistare una piccola tavoletta, di quella lunga ma per Lui, sicuramente breve stagione africana; al retro reca la scritta: "Capanne nel Bana, regione del lago Rodolfo 1937" e poi il titolo "Dolce mistero", quei titoli che Lui tanto amava dove il "mistero" era a volte "dolce" a volte "cosmico" a volte "africano" ma sempre mistero come la nostra stessa vita. Tornato in Italia, allestì una mostra di quei lavori a Genova, presso la galleria "Genova e l'isola". In quell'occasione il presentatore della stessa, definì il Dionysius "…il più cosmico interprete dell'eterna lotta tra le tenebre e la luce!". Il critico d'arte Angiolini, sul quotidiano "Il Lavoro" scrisse: "…L'Africa descritta da Dionysius, non è di maniera, specialmente quando si addentra nelle foreste, Egli, sa darci l'impressione del potente fermento della natura, del rigoglio delle ispide ed attorte boscaglie, dei vigorosi abbracci degli alberi giganteschi". E Ghiglione su il "Secolo XIX" scrisse: "…I tramonti sono veramente di fuoco, la notte lunare è una sfera bianca intraveduta nel buio tetro di una foresta gigantesca e si sente il calore di quel cielo ed il soffoco dell'atmosfera sui bivacchi; v'è insomma in queste tele un'innegabile suggestione dell'ignoto e dell'inesplorato". Il critico d'arte Emilio Zanzi, con quell'abilità interpretativa che gli era congeniale, in riferimento a quelle tele, su il "Corriere del Popolo" scrisse: "…Crudeli e velenosi verdi di foreste insidiate dalle iene e dai serpenti, gialli feroci e secchi del deserto nell'ora spaventosa delle bufere di sabbia dell'inesorabile ed assassino Ghibli (…) tinte intense giocate spettacolarmente su aspri contrasti di luci affocate e di ombre cupe; una tavolozza ossessionata ed ossessionante. Tanto indisciplinato ardore effusivo, consentono però a Dionysius una tecnica libera fino all'arbitrio, talora fino alle più violente dissonanze tonali".

Definitosi, nel 1940 il fondatore della "Pittura Cosmica" (che eserciterà sino al 1957) le opere di Dionysius, dopo Genova approdano a Torino presso la galleria "La Permanente o Cigala" per prendere poi le vie di San Remo (Hotel Royal), Aosta (Salone comunale), Milano (Albergo Principe) e successivamente superare i patrii confini per raggiungere: Zurigo, Ginevra, Cannes ecc. destando ovunque particolare interesse. Ossessionato da albe e tramonti, Dionysius ha trascritto nelle sue tele momenti di vita cosmica nei quali noi, comuni mortali siamo compresi dagli affanni della vita quotidiana oppure giaciamo beati tra le braccia di Morfeo. Per ottenere questo Egli, non ha lesinato nulla: si è sottoposto a levatacce impossibili, ha bivaccato in quota oltre i duemila metri, ha corso le marine della nostra penisola, e sempre per dipingere col suo personalissimo stile, il levare dell'astro lunare nell'ora in cui ogni cosa si tace, oppure il sorgere del sole ad oriente tra le brume mattinali, o la sua serale discesa ad occidente oltre quella meravigliosa catena montana che sono le nostre Alpi o catturandolo quando in un turbinio di luci e di colori discende  nel mare "Nostrum". Qualche anno fa, in un'asta pubblica è stata esitata una tela del "Nostro" dimensionata in 45x70 cm., ovvio il titolo: “Sera Cosmica” o "Tramonto a Messina". Il 4 ottobre 1957 alle ore 23 di Mosca (corrispondenti alle 21 italiane) la radio della capitale sovietica, mise in onda il suo bollettino in lingua inglese. Scandendo bene le parole, lo speaker lesse questo comunicato: "Il primo satellite artificiale della terra è stato lanciato con successo e sta ora girando intorno al globo, su una traiettoria ellittica, alla quota di circa 900 chilometri. L'ordigno ha forma di sfera, con un diametro di circa 58 centimetri; pesa 83,6 chilogrammi e porta in se un apparecchio ricetrasmittente. Il suo nome è Sputnik che in russo significa "compagno di viaggio". Ma già il 3 novembre ad appena un mese di distanza dal primo lancio, un potente razzo vettore sovietico portò nello spazio una nuova "luna rossa", lo Sputnik 2. Il mondo intero fu informato che a bordo c'era una viaggiatrice: una cagnetta di nome Laika. Ebbe così  inizio una corsa a due (Russia/America) per la conquista dello spazio che tra alterne vicende, vide il "Lem" dell'Apollo 11 discendere sul suolo lunare: era l'estate del 1969. Quelli furono anni di grande fervore scientifico. Il mondo accelerava la sua corsa verso mete cosmiche insperate.  Dionysius, colpito profondamente nella sua sensibilità da tutti questi accadimenti, passò dalle visioni africane e terrestri a visioni extraterrestri su mondi interplanetari ed interstellari mutuati dalla sua fantasia e questa nuova pittura, venne da Lui stesso definita: "Altamente cosmica". S'intensificarono le mostre e l'interesse verso i suoi lavori che erano guardati con gran curiosità e rispetto. Purtroppo, proprio in quegli anni, una terribile malattia lo colpì, bloccandolo sulla sedia a rotelle e rendendolo incapace di esercitare la pittura, quell'arte che aveva tanto amato e per la quale si era sottoposto ad ogni sorta di sacrificio. La sua sofferenza si acuì negli anni successivi, sino a quando la morte  lo raggiunse donandogli quelle "ali" che, consentirono al suo spirito libero di raggiungere gli agognati traguardi della sua fantasia: era il 1978.

 

 

 

Flavio Bonardo  (sabrotu@yahoo.it)   

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Notizie comunicate dagli eredi dell’artista.

Anonimo – Galleria d’Arte “Genova e l’Isola” Mostra Personale – Genova, 1938

Ghiglione – “Il Secolo XIX” – Genova, 1938.

G. Angiolini – “Il Lavoro” – Genova, 1938

E. Zanzi – “La Gazzetta del Popolo” – Torino, 1938

Radio Mosca – “Bollettino d’Informazioni in lingua inglese” – Mosca 4 ottobre 1967