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Dolores Del Giudice

 

Roberto Crippa  (Monza, 1921 - Bresso, 1972)

 

 

 

 

Gaetano Crippa, in arte Roberto, nasce a Monza il 17 maggio del 1921. Terminati gli studi liceali si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera dove insegnano Carpi, Carrà e Funi; i suoi compagni sono Dova, Dario Fo, Baj, Peverelli, Morlotti e Cassinari. È solito frequentare il Bar Giamaica e il Bar Brera, dove gli allievi dell’ Accademia discutono di pittura e manifestano una cocente curiosità per le nuove tendenze artistiche in atto: qui circolano le prime riviste con riproduzioni di Picasso. Interessato di aviazione, allo scoppio della seconda guerra mondiale Crippa viene reclutato nell’aeronautica come allievo pilota e compie diverse missioni fino al 1943; non si tratta di un episodio isolato, la passione per le acrobazie aeree lo accompagnerà per tutta la vita sino a portarlo fatalmente alla morte.

Nel 1945 realizza i primi quadri figurativi (fiori, nature morte) e nel 1947 si diploma all’Accademia di Brera. Rinnova dunque il suo linguaggio pittorico a contatto con il clima postcubista e tiene la sua prima personale alla Galleria Bergamini di Milano; i suoi quadri seppur risolti con stilemi picassiani si distinguono per un segno più flessibile ed energico. Nel 1948 partecipa alla Triennale di Milano e alla Biennale di Venezia. Crippa ora si avvia verso una fase più schiettamente astratta, in sintonia con quanto andavano elaborando gli artisti del M.A.C. (Movimento per l’Arte Concreta): le sperimentazioni concrete datate 1950 manifestano l’influenza di Perilli, Dorazio, ed altri componenti del gruppo. Sempre nel 1950 è presente alla Biennale di Venezia, allestisce una personale alla Galleria San Fedele di Milano ed espone alla collettiva Arte spaziale alla Galleria Casanova di Trieste, inoltre partecipa direttamente allo Spazialismo  firmando La proposta di un regolamento. Il suo nome compare poi nei Manifesti spazialisti del 1951, 1952, 1953. Dall’incontro con le poetiche dell’informale, nonché ispirandosi ai vortici nell’aria tracciati dagli arditi voli aerei, nasce il filone delle Spirali: le prime opere datate dal 1951 al 1953 sono legate ai precetti spaziali e si presentano simili a grovigli segnici, o meglio ancora a dei motivi orbitali mai perfettamente circolari che si dipanano nello spazio della tela oltrepassando i confini imposti dal quadro. Diversamente da Fontana le cui ricerche miravano al superamento della “pittura”, egli afferma la volontà di continuare ad avvalersi di questo mezzo tradizionale: «È stata mia intenzione trovare in me stesso, dopo le esperienze accademiche che hanno determinato la mia formazione pittorica, un discorso da comunicare con mezzi assolutamente pittorici». Ecco dunque che la tela rimane il supporto sul quale sperimentare e non limite da varcare. In un secondo momento Crippa infonde nuova linfa a questi giochi spaziali caricandoli di un impeto gestuale memore dell’Action painting, conosciuta in Italia alla Biennale del 1948 e del 1950, e tramite la personale di Pollock ospitata alla Galleria del Naviglio a Milano. Inoltre i soggiorni a New York nel 1951 e nel 1952, dove espone alla Galleria Iolas e Stable, gli hanno permesso una diretta visione del dripping pollockiano utilizzato poi per la creazione di spirali materiche: ai precedenti  intrecci grafici si sostituiscono ora matasse colanti dai colori accesi.

Sempre a New York rinnova i contatti con il surrealismo, incontra Brauner, Ernst, Tanguy e rivede Matta, con alcuni di loro aveva avuto rapporti già nei primi anni Cinquanta a Venezia e Trieste. Queste frequentazioni non mancano di sollecitare la sua immaginazione suggerendogli  le nuove figurazioni del filone pittorico e plastico dei Totem. Tra il 1954 e il 1956 dai filanti intrecci delle spirali prendono forma questi personaggi surreali, sorta di archetipi primordiali fortemente espressivi, presenti per la prima volta nel 1955 alla Galleria del Naviglio e definiti dall’artista «una immagine totemica moderna». Nel medesimo anno tiene una  personale a Washington, espone in una collettiva alla Associazione Amici della Francia di Milano e a Documenta di Kassel. Sul finire degli anni Cinquanta sperimenta la tecnica dell’assemblage, unendo e fissando con chiodi e colle i materiali più disparati: cortecce d’albero, sugheri, carte di giornale. In tal modo realizza a partire dal 1957 dei collages polimaterici dai rilievi marcati  in cui « […] è la cruda presenza oggettuale a cambiare di segno, organizzata dall’intervento dell’artista. Ne nasce una fitta dialettica tra il materiale di partenza, naturale o artificiale, che conserva la sue valenze, anche espressive, e la sua manipolazione: che aggiunge valore a valore, senso a senso; e trasforma assemblando, sovrapponendo, colorando, quanto era inerte in una nuova vita reale» (Luciano Caramel). Il discorso intrapreso da Crippa in queste opere è strettamente connesso a quanto andavano realizzando Baj e Dangelo e agli assemblaggi del New dada e del movimento francese del Nouveau realisme; continua in questi anni anche l’intensa produzione di sculture in bronzo, ferro, acciaio e argento di carattere mitologico e simbolico. Intanto continuano le esposizioni all’estero e in Italia: nel 1959 è presente in  diverse collettive al Naviglio di Milano, a Nizza, Anversa, Colonia, Edimburgo, e  tiene personali a Grenchen, New York, al Palais des Beaux Arts di Bruxelles e a Bruges. L’anno successivo vince il Gran Premio alla XIII Triennale di Milano e il Premio Giovane pittura europea di Mentone. Negli anni Sessanta arricchisce  i suoi collages introducendovi l’amiantite (utilizzata anche dall’artista pop americano Ben Shalin), che sfuma il carattere severo di materiali quali il legno e il sughero impreziosendo e nobilitando l’insieme dell’opera. Nel 1960 e 1961 realizza delle opere in collaborazione con altri artisti: Vendredi saint assieme a Fontane e le due grandi tele Action oniriquede la matière e Mimétisme antropomorphe de la coscience collective con Victor Brauner. Nel 1962 precipita durante un’acrobazia in un volo aereo e si frattura le gambe, sarà costretto su una sedia a rotelle per un anno intero, ciononostante partecipa a diverse esposizioni in Europa e Stati Uniti. Nel 1964 espone alla Biennale di Venezia nella sala dedicata a Marilyn Monroe, conosciuta  personalmente in America, che ricorda con dei collages solo apparentemente Pop: «[…] Così come estremamente sensuale e addirittura carnale appare l’icona di Marilyn, tanto lontana dalla sessualità asettica e seriale di quelle di Warhol; quelle di Crippa appaiono infatti quanto mai feticci massmediologici, adatti all’italiano medio, mai lontano dai richiami effettuali del sesso» (Paola Sega Serra Zanetti). A partire dal 1965 ha inizio una stagione pittorica caratterizzata dall’uso esclusivo dell’amiantite, opere realizzate con fogli sottili di amianto applicati su una tavola incisa, superfici piane vivacemente colorate sostituiscono ora le precedenti strutture in rilievo dai toni sobri e severi. Le Amiantiti rappresentano una visione del cosmo ludica e infantile sia per la ricchezza cromatica, sia per la semplicità formale: vedute aeree, dischi solari, veicoli volanti costellano la sua ultima produzione. Una di queste opere, Concorde 1969, pare quasi preannunciare la tragica scomparsa di Crippa: nel 1972 muore in un incidente all’aeroporto di Bresso, durante un volo acrobatico col suo aereo, insieme all’allievo Sergio Crespi all’età di cinquantatre anni.

È in fase di raccolta il materiale per la stesura del Catalogo Generale del Maestro edito dalla Galleria Pace, a cura di Gimmi Stefanini e Roberto Crippa jr.

 

 

Dolores Del Giudice

 

 

 

Bibliografia:

Caramel Luciano e Paola Sega Serra Zanetti, Roberto Crippa, Milano, Mazzotta, 1999.

Dizionario dell’Arte, coordinatore Dossi Eugenia, L’UNIVERSALE: La Grande Enciclopedia Temetica, Milano, Garzanti, 2005.

 

 

Sitografia:

www.undo.net

www.settemuse.it