Camillo Filippo Cabutti (Bossolasco, 1860 – 1921)

 

Flavio Bonardo

 

 


Camillo Filippo Cabutti - Inverno in Valle Belbo, 1888 - Già mercato antiquario

 

 

Le Langhe o Lingue, che un tempo qualcuno indicava come ramificazioni delle Alpi o degli Appennini rivelano invece dalla loro costituzione geologica l’origine marina. Si tratta di un gruppo collinoso, (con altitudini comprese tra 850 e 350 mt. s.l.m.) posto sulla parte orientale della provincia di Cuneo che poi scende in quella di Alessandria e dal versante marino raggiunge l’entroterra di Savona; si tratta di un poligono con un perimetro di circa 200 km. I primi ad abitare queste terre furono i liguri ed è opinione comune che i Langhetti come i genovesi siano: astuti, industriosi, abili e sottili nel negoziare, avidi di guadagno e molto parchi nello spendere il loro denaro. Le Langhe si dividono in tre catene di cui l’Occidentale, ci mostra i paesi di Montezemolo, Murazzano, Bossolasco e altri. Bossolasco, è detto anche il “Paese delle rose” poiché le sue vie sono disseminate di pianticelle di questo stupendo fiore in tutte le sue varietà e colore. Qui, nel lontano 18 dicembre dell’anno 1860 vi nacque il nostro artista: Cabutti Camillo Filippo da un’antica famiglia di notai, tenuta in grande considerazione per la loro probità. Gentiluomini di campagna con interessi professionali e patrimoniali ma con tanto riguardo verso la loro comunità che spesso amministrarono in qualità di sindaci. Dopo gli studi superiori compiuti presso il Collegio Nazionale di Torino Umberto I°, come consuetudine familiare fu avviarlo a studi di Legge ma Camillo Filippo pretese di svolgere questi a Pisa. Innamorato sin da ragazzo della parlata toscana (il bel paese dove il si suona) si era prefisso di sostituirla al suo dialetto piemontese, ma il soggiorno non durò a lungo, e rientrato a Torino, s’iscrisse a quest’Università. Calatosi duramente nello studio, l’unico svago (se così si può dire) che si permise, fu di dedicarsi nel tempo libero allo studio dell’arte, della quale aveva già mostrato ai tempi del collegio grande inclinazione, sotto l’insegnamento del chierese Raffaele Pontremoli (Chieri 1832 – Milano 1905) è fu proprio questi a iniziarlo alla vera pittura. Dopo due anni di studi di Legge e di Arte, nel 1884 con il beneplacito della famiglia, specie del padre che vedeva in quel giovane sprazzi di genialità, fu scelta l’Arte, e su consiglio del professor Pontremoli, Camillo s’iscrisse all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.

 

 

 

Camillo Filippo Cabutti - Betulle nel verde, 1905 - Già mercato antiquario

 

 

Intanto nel 1880 aveva già fatto il suo timido esordio alla Promotrice, seppure con un semplicissimo carboncino (fusain) titolato –Estate-; ma il vero battesimo tra i giganti della stessa avvenne nel 1884 con l’esposizione di tre dipinti titolati: -Pascolo-, -Sera nelle Langhe- e –All’ombra-, che gli valsero larghi consensi. Dieci anni lo dividevano all’anagrafe da Marco Calderini, ma l’amicizia contratta col maestro, gli fu di grande giovamento. Il paesista torinese, erede degli insegnamenti di Antonio Fontanesi, fu colpito dalla nobiltà d’animo del giovane e dalla passione che esprimeva col pennello e con la parola: per loro, il paesaggio, ripreso in plein air era tutto.  Calderini all’epoca era un’artista tra i più colti: scrittore, critico d’arte di primo ordine, era considerato una coscienza e la sua tavolozza universale. A proposito lo Stella scrisse: “Egli è uno scolaro di Marco Calderini, valentissimo nell’indirizzare con buon fondamento tecnico ed estetico, un giovane sulle vie dell’Arte”. Il Pontremoli che aveva a cuore la formazione del giovane, lo consigliò di recarsi a Roma e all’uopo lo raccomandò a Giovanni Costa, (Nino) ma giunto nella Capitale, Camillo si accorse che l’artista non teneva Scuola, quindi impotente di dargli spinte o appoggi. In quella breve permanenza ebbe contatti con Antonio Mancini, che viste le sue opere lo stimolò a proseguire, concedendogli la sua amicizia che testimoniò con l’omaggio di un breve lavoro raffigurante il volto di una bambina, che Filippo tenne sempre cara. Rientrato a Torino, si gettò a capofitto nel lavoro producendo e partecipando a tante Esposizioni alle quali era invitato. Alla Promotrice, dove espose ininterrottamente dal 1882 sino al 1914; nel 1885 aveva presentato due opere: -Agosto nelle Langhe- e -Mattino di luglio- quest’ultimo acquistato da S. A. R. il Principe di Carignano, ma intanto aveva fatto il suo ingresso al Circolo degli Artisti di Torino, con due opere titolate: –Nel villaggio- e –Pioggia d’autunno-. Nel 1886 fu a Milano: la Società delle Belle Arti inaugurò la nuova sede –La Permanente-; l’esposizione durò a lungo, dal 25 aprile al 30 giugno e di Cabutti si potevano ammirare le seguenti opere: -Crepuscolo d’inverno-, -Mattino di gennaio-, -Il bosco in febbraio-. Sempre nello stesso anno, Livorno inaugurò la sua -Prima Esposizione di Belle Arti-, di Cabutti erano esposte due opere-All’ombra dei castagni- e –Mattino nella vallata-, lavori che non passarono inosservati a Mosé Bianchi il quale esprimendo il suo parere disse: “Sono colpito dal sentimento verginale dei chiari paesaggi di questo nuovo artista, originalissimo nella semplicità delle sue visioni”. Nel 1887 fu presente a Venezia all’Esposizione Artistica Nazionale (non si conoscono le opere esposte) e alla Promotrice torinese, con –Sole di febbraio- e –Castagneto in febbraio- quest’ultimo acquistato dalla stessa. Alessandro Stella sempre attento nella disamina dei pittori del suo tempo scrisse: “Cabutti è un poeta naturalista del pennello, e le sue molteplici pagine artistiche gli hanno assicurato un bel avvenire. Fra le cose migliori di quest’artista vogliono essere ricordate le seguenti tele: -Il ruscello nel bosco- (1888), -Le spigolatrici nelle campagne di Somano Langhe- e –Autunnalia- (1891). Nel 1889 fece un viaggio a Napoli per scoprire la tanto vantata luce mediterranea, traendone insegnamento e -Santa Lucia-, un’opera realizzata in quel viaggio, fu esposta nell’annuale rassegna dicembrina del Circolo degli Artisti. Agli inizi degli anni Novanta di quel secolo, motivi di salute, lo portarono a svernare sulla Riviera Ligure, dove si trattenne diversi mesi e a Sturla, Savona, Ceriana, Porto Maurizio, Diano Marina, San Michele di Pagana ma soprattutto a San Remo, dipinse stupendi elaborati.

 

 

Camillo Filippo Cabutti - Pascolo in riva al mare, 1906 - Già mercato antiquario

 

A San Remo con il pittore Enrico Ghisolfi, affittò un locale da adibire a esposizione per allestire una Mostra personale, ma l’incompatibilità di carattere tra i due, portò alla risoluzione del legame appena costituito. Sposatosi e stabilitosi a Torino, dovette comunque fare spola sempre più spesso tra la Capitale Sabauda e il suo paese d’origine poiché in qualità di capo famiglia e amministratore dei beni (che Lui chiamava mali) ne richiedeva la presenza. Di Bossolasco fu dapprima consigliere comunale e poi sindaco come già lo erano stati suo nonno e suo padre. L’amore dimostrato verso quella comunità, gli fruttò onorificenze, delle quali però non ne fece mai vanto. Come la sua terra anche la marina ligure (specie quella di ponente) lo affascinava e tutti gli anni ci faceva ritorno per catturare con la sua pennellata coincisa, sobria e solare, angoli segreti ma anche porti, brulicanti di attività. Chi amava il mare, nelle annuali rassegne della Promotrice di Torino poteva ammirare quei suoi lavori di Liguria; ne fanno testo i titoli dei suoi elaborati, che dal 1893 al 1914 non mancarono di allietare i cuori dei visitatori. Ne citerò alcuni a partire da –Tramonto presso Diano Marina- (1893), -Mattino di marzo in Liguria-, -Mattino d’aprile nel porto di Savona-, -Dalla spiaggia dei bagni di San Remo- ecc., sino all’ultimo esposto nel 1914 titolato: -Mattino autunnale a San Michele di Pagana-.

 

 

Camillo Filippo Cabutti - Mattino presso Ceriana, 1916 - Torino, collezione eredi

 

Purtroppo dopo il 1916 una malattia agli occhi lo condannò a ridurre fortemente la sua attività pittorica, escludendolo di conseguenza dalle esposizioni, ma nonostante questo, con grandi difficoltà, fu laborioso sino all’ultimo, (conferma di Marco Calderini) poiché quell’Arte che portava profonda nel cuore e che aveva convinto i suoi genitori a recedere dal desiderio di confermarlo negli studi di Legge, non poteva cessare che con l’ultimo battito del suo cuore. Dipinse in tutte le tecniche, si distinse nel paesaggio e nella marina ma fu anche figurista e ritrattista. I suoi lavori migliori li ottenne dipingendo le Langhe e la marina ligure, in scorci brevi o in grandi tele. Duro come i contadini della sua terra, non si preoccupò mai delle mode che avanzavano, rimanendo granitico nei suoi principi che miravano a fissare sulla tela il Bello della natura e l’umana specie. Oltre che a Marco Calderini, aveva guardato anche a Carlo Pollonera al quale, lo legava grande amicizia; e in certi cieli, specie marini si riscontrano col Maestro, affinità esecutive e coloristiche. La morte lo colse in Torino il 16 novembre 1921. Raro sul mercato antiquario; certe opere raffiguranti angoli delle Langhe, se oggi fossero disponibili farebbero la gioia dei collezionisti specie quelli della provincia di Cuneo. Marco Calderini, nel 1935 ricordando per ennesima volta l’amico, l’allievo, il collega, scrisse: ”Alla sua nobile passione, alle sue nobili prove, al suo carattere buono, leale e generoso è dovuto quell’onore che vince ogni oblio”.

 

 

Flavio Bonardo – sabrotu@yahoo.it -

 


Bibliografia:

A. Stella – Pittura e Scultura in Piemonte – (1842-1891) – Stamperia Reale G.B. Paravia – Torino 1893 –

A.M. Comanducci – Pittori Italiani dell’Ottocento – Milano 1934

Marco Calderini – Artisti dell’Ottocento –Filippo Cabutti – ABC Rivista d’Arte – Torino 1935

C. Bonagura – Dizionario Degli Artisti – Istituto Geografico De Agostini 1996/1997

E. Bellini – Pittori Piemontesi dell’Ottocento e del 1° Novecento – Edit. Lib. Piemontese – Torino 1998