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Scrittori austriaci sul fronte dell'Isonzo

 

Reportage del Kriegspressequartier
 

 

 

 

Marina Bressan

 

 

 

 

Nei primi mesi di guerra dilettanti e scrittori affermati riversarono sul pubblico europeo una valanga di poesie, prosa e saggi, cronache e resoconti. Con entusiasmo scrittori e saggisti assunsero il compito di cronisti di guerra. Nel "dare testimonianza" trovavano legittimazione dello scrivere, nelle descrizioni "realistiche", compatibili con gli obiettivi della propaganda, intendevano trasmettere ideali e dare un senso alla guerra, la cui crudeltà non poteva essere paradossalmente senza senso. Sarebbe stato infatti troppo difficile e insopportabile morire o soffrire per nulla. La guerra, la "grande guerra", distruggendo ogni cosa, avrebbe preparato l'avvento del nuovo.
In Austria-Ungheria la mobilitazione degli scrittori fu diretta dal più importante degli uffici preposti alla propaganda: il k.k. Kriegspressequartier (l''imperialregio Quartiere della Stampa di Guerra)
1 responsabile per tutto ciò che veniva pubblicato in parole ed in immagini, luogo da cui partivano le coordinate della propaganda bellica austriaca a livello colto. Previsto già nelle Mobilisierungsinstruktionen del 1909, il 28 luglio 1914, il giorno stesso della dichiarazione di guerra alla Serbia, il KPQ si costituì a Vienna sotto il comando del colonnello Maximilian von Hoen2, allora direttore del Kriegsministeriums Pressestelle (Ufficio stampa del Ministero della guerra). La struttura era alle dirette dipendenze dell'Armeeoberkommando (Comando superiore dell'esercito). Dalla prima destinazione, Dukla (nei Carpazi orientali) a Rodaun (in prossimità di Vienna), ebbe una sede permanente all'inizio del 1917. A due mesi dalla sua nascita, il KPQ si articolava in tre unità: il Kommandantur und Adjutantur (Comando e Aiuto), acquartierati presso l'AOK e incaricati di censurare i servizi dei corrispondenti di guerra destinati ai giornali; il Platzkommando (Comando di Piazza), dove stazionavano gli ufficiali addetti alla "custodia" dei corrispondenti e il Berichterstattergruppe, cioè il gruppo dei corrispondenti di guerra, organizzati presso il Comando di Piazza3.
Uno dei compiti del KPQ era quello di "accettare i rappresentanti della stampa nazionale ed internazionale in caso di guerra."
4 La loro scelta veniva esplicitata nel criterio fondamentale "di non idoneità al servizio militare"5. Dovevano conoscere la lingua tedesca o quella ungherese (sic!) o perlomeno il francese, disporre di un servitore e di un cavallo e indossare abiti civili. L'unico segno di riconoscimento era una striscia al braccio giallo-nera con la scritta "Presse". Rappresentavano da privati i loro giornali che si incaricavano di pagarli. Dovevano attenersi alle prescrizioni militari e se rimossi in caso di inadempienza non potevano essere sostituiti; il loro compito doveva essere portato a termine fino alla fine della guerra.6
L'AOK (Comando superiore dell'esercito), arrogandosi il diritto di influenzare direttamente l'opinione pubblica faceva pervenire ai dieci iniziali collaboratori del KPQ (Quartier generale della Stampa di Guerra) informazioni già filtrate. Il responsabile del KPQ doveva però essere costantemente aggiornato dei fatti più significativi di politica militare ed organizzativa, dal momento che in base agli stessi si indirizzava la propaganda. Una propaganda tuttavia che risultava alla fine fortemente indebolita ed eccessivamente ostacolata. Il Kriegsueberwachungsamt (Ufficio di controllo e di censura)
7 limitato all'Austria, affiancato dalla Kriegsueberwachungskommission per l'Ungheria controllava il loro operato che rappresentava l'unico strumento di mediazione tra il fronte e l'hinterland, mentre il gruppo di letterati del Kriegsarchiv (Archivio di guerra), fondato nel novembre 1914,8 avevano il compito di "rappresentare la guerra come uno spettacolo grandioso ed eroico".
Rainer Maria Rilke che per un periodo ne fece parte, ce lo fa capire pienamente: "La mia condizione (lavoro in ufficio dalle nove alle tre del pomeriggio) è oltremodo comoda, tuttavia insostenibile, se non mi riuscirà di adattarmi ad una trascrizione meccanica oppure ad un lavoro di registrazione; la prestazione letteraria è impossibile. Non desidero descriverla, è ambigua... I signori stessi la chiamano 'Heldenfrisieren' (truccare da eroi)"
9.
Il compito redazionale incentrato sulla parola "che racconta", sul bozzetto, sulle scene di vita quotidiana, indulgendo a squarci lirici caratterizzò gli anni della direzione di Hoen, ufficiale della "Cacania"
10. Nel 1915 venne fondato il Kunstgruppe (Gruppo artistico) comprendente fotografi, disegnatori e cineoperatori, nel 1916 venne pubblicata la rivista "Oesterrichisch-Ungarische Kriegsberichte" che cessò con l'ottavo numero nel 1918, tuttavia l'epoca di Hoen fu caratterizzata da improvvisazione e da una certa indifferenza per il lavoro svolto, nonché da una cronica carenza di fondi.
La crescente domanda di notizie e di informazioni - che poi costituisce la base per ogni sorta di propaganda - non venne presa in considerazione dal comando dell'esercito. L'unico grande obiettivo della guerra era la conservazione della Monarchia e ciò non era assolutamente facile in uno Stato plurinazionale in cui forze centrifughe avevano ormai preso il sopravvento su quelle centripete. Non c'erano quindi valori sovranazionali come "pace" e "libertà" che potevano dare un senso alla guerra, in Austria non esisteva un valore etico per cui combattere. L'esercito era la principale garanzia contro la dissoluzione della Monarchia, quel Corpo ufficiali dotato di codice morale, di lealtà alla Corona e di profondo patriottismo che incarnava e sosteneva l'ideale dinastico-militaresco su cui si fondava la legittimità dello stato asburgico."L'Armeedeutsch (il tedesco dell'esercito), la lingua di ordinanza unica, si contrapponeva come elemento di ordine al disordine della vita civile. Tuttavia se agli ufficiali di ogni ordine e grado era vietato mescolarsi con la politica, condannata come il peggiore dei mali, non era inconsueto che nella piccola e media borghesia, da cui provenivano i quadri intermedi dell'esercito, serpeggiasse da tempo l'irredentismo tedesco sostenuto dal partito dei Deutschnationale, ritenuto di gran lunga più pericoloso di altri irredentismi.
Si comprende alla luce di queste considerazioni come la propaganda fosse rivolta
piuttosto all'esterno che all'interno.
Il conseguimento della Glorreicher Sieg (vittoria gloriosa) era l'obiettivo contenuto in tutti i comunicati ufficiali del Comando supremo e delle azioni propagandistiche: i pericoli per il suo conseguimento potevano provenire solo dalla società civile. L'idealizzazione del vecchio imperatore era da ritenersi un tentativo in quella direzione, che venne meno con la morte del sovrano nel 1916. Gli stessi mezzi usati dalle potenze dell'Intesa: fogli volanti lanciati da palloni, zeppelin, aeroplani, film fatti vedere in patria e all'estero, autoparlanti la cui voce arrivava nelle trincee a motivare i soldati, non furono usati dall'Austria-Ungheria e dalla Germania perché ritenuti "non militareschi" e "indegni".
Le potenze centrali si attennero alla regola fondamentale di denigrare il nemico, in particolare in quei territori, come Trieste, in cui la questione nazionale era oltremodo delicata.
12 Ne approfittarono le potenze dell'Intesa i cui attacchi solo molto tardi vennero in parte pareggiati.
La propaganda per le potenze centrali si atteneva ancora a principi romantici: un eroe era colui che combatteva apertamente e non alle spalle. Il semplice detto "Chi risparmia in propaganda, versa più sangue" lo si capì troppo tardi.
Iniziali insuccessi sul fronte orientale vennero opportunamente mascherati, mentre i successi decisamente gonfiati. I corrispondenti non avevano il permesso di avvicinarsi alle battaglie che dovevano documentare. Il loro compito consisteva nell"'infiorire" il comunicato dell'AOK; anche molte particolarità erano inventate.
13 Gli interventi causarono più sfiducia che tranquillità e attirarono l'ostilità delle potenze dell'Intesa che, tacciando l'Austria Ungheria di diffondere solo menzogne, si arrogarono il diritto di essere i soli depositari della verità.
L'entusiasmo iniziale al momento dello scoppio della guerra, era ormai svanito. Le parole di Stefan Zweig "Centinaia di migliaia di persone sentivano allora come non mai quel che avrebbe dovuto sentire in pace, di appartenere cioè ad una grande unità", o quelle di Musil "Si sente la nazione in carne ed ossa", la mobilitazione poetica che aveva prodotto 450 antologie per un totale di 3.000.000 di liriche, l'esaltazione del "Dio di battaglia" di Rilke che per mezzo della violenza distrugge la cultura d'anteguerra sterile e sorpassata, erano ormai un ricordo lontano. La guerra faceva parte della quotidianità. Giornali come l"'Arbeiterzeitung" ritornarono alla loro posizione iniziale antimilitarista: dalle colonne del giornale si iniziò a parlare di pace e non più di vittoria.
L'entrata in guerra dell'Italia nel maggio del 1915 portò una ventata nuova di patriottismo.
Il Fronte dell'Isonzo iniziò a comparire nei titoli di cronaca di diversi quotidiani, scritti anche da ufficiali incaricati dal "Pester Lloyd" o in interviste a personaggi altolocati. Sul "Fremden-Blatt", sul "Pester Lloyd" sulla "Neue Freie Presse" giornalisti firmarono feuilleton ambientati nelle zone di guerra. La loro condizione di reporter era decisamente cambiata: dopo le iniziali "spedizioni" di "disegnatori e fotografi" fu concesso anche ai giornalisti di arrivare al fronte, in cui trovavano in singoli ufficiali i loro punti di riferimento: finalmente avevano la possibilità di vedere de visu ciò che stava accadendo e di formarsi un'opinione.
C'era un'unica clausola: dovevano visitare quella parte di fronte o località in cui si erano concluse almeno da qualche giorno battaglie vittoriose per la Monarchia oppure lunghi tratti di fronte non operativi. La censura continuava tuttavia ad esercitare il suo ruolo anche perché gli uffici politici e militari della Monarchia avevano più fiducia nella censura che nella maturità della popolazione. Una censura che a causa di una prassi complicata metteva in discussione l'attualità dei reportage e delle cronache, che scritte per il giorno non erano al momento della pubblicazione più attuali. Tra gli scritti si salvavano i feuilleton, sicuramente più ricchi di impressioni che venivano opportunamente vagliate da un ufficiale dello Stato maggiore, portavoce del comando operativo, il quale, "unica fonte di informazioni" "consegnava" al giornalista solo quelle informazioni che sarebbero state trattate anche soggettivamente. Il cronista doveva comunque attenersi scrupolosamente alle direttive della censura, tralasciando tutti i dati tecnici e astenendosi nel formulare ipotesi personali.
14 Nei riguardi del nemico bisognava avere rispetto, non esponendolo al ridicolo né denigrandolo. Dal 1916 gli articoli dovevano portare l'autorizzazione del KPQ - così come compare in diversi feuilleton di quell'anno tradotti in questo lavoro e solo in uno del 1918.
Giornalisti e scrittori non dovevano "combattere" solo contro le limitazioni della censura. Da persone civili sentivano gravare nei loro confronti pesanti pregiudizi da parte dei militari, consci di essere "eroi", tuttavia anche consapevoli che il loro eroismo sarebbe stato amplificato nell'opinione pubblica solo dalla pubblicazione degli articoli.
Il controllo asfissiante dei militari che impedivano loro di soddisfare le richieste dei rispettivi giornali sfociarono in petizioni inoltrate al direttore del KPQ, il colonnello Hoen, che solo di rado furono risolte positivamente. Come reazione decisero allora di boicottare chi li aveva offesi, radiando dai giornali il nome di certi generali.
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L'affollata presenza di scrittori, che all'inizio della guerra chiesero di svolgere l'attività di cronisti, si spiega con la perdita della loro funzione sociale. Lo scoppio del conflitto offriva loro la chance di "esporsi come portavoce dell'intera nazione", riguadagnando lo status e il ruolo di guide intellettuali.
16 D'altro canto la loro notorietà accresceva l'efficacia propagandistica dei reportage sui lettori desiderosi e motivati di conoscere la guerra attraverso la qualità e la pertinenza dei loro scritti. Una efficace attività di propaganda fu ottimale anche per certi autori, in particolare per coloro che firmavano feuilleton e cronache sul più importante quotidiano, la "Neue Freie Presse",17 come Alexander Roda Roda, Ernst Goth, Alice Schalek, Emil Klaeger, Leonhardt Adelt, che si conquistarono le simpatie dei lettori del ceto sociale più colto e più benestante.
Nei loro feuilleton non c'era l'euforia tipica dei testi di propaganda (l'entusiasmo iniziale scemò subito) - ma una continuità tra lo sviluppo artistico antecedente la guerra e le opinioni sostenute durante il conflitto.
Emblematico il caso di Roda Roda, conosciuto ed apprezzato autore di storie umoristiche e di bozzetti prima della guerra. La sua adesione volontaria nei primi giorni di mobilitazione al Quartiere della Stampa di Guerra era stata accolta favorevolmente, tanto più che il "Mark Twain der Donaulaender" rappresentava uno dei giornali più importanti della Monarchia, la "Neue Freie Presse".
18 Nei feuilleton lo scrittore portò al lettore istantanee della grande guerra. Lo stile aneddotico e il tono pacato da conversatore lasciava intuire al lettore la sua intenzionale non adesione alla propaganda di guerra. Nel contempo, limitandosi ad impressioni soggettive, guadagnava in credibilità: la fiducia del lettore nella sua neutralità gli consentiva di attuare il suo compito quale scrittore di propaganda, compito che consisteva nel tranquillizzare il Paese sul corso della guerra e di infondere ottimismo nella vittoria finale che sarebbe stata conseguita da tutti i popoli uniti della Monarchia.
Alice Schalek ligia al suo dovere patriottico, indugiò sulla sua sensibilità femminile ponendo al centro dei feuilleton sempre l'uomo che analizzò talvolta con semplice introspezione psicologica scevra tuttavia da odio e astio. Le stereotipate domande poste ai soldati sui loro sentimenti ("Herr Leutnant, also sagen Sie, was denken Sie sich jetzt, was fuer Empfindungen haben Sie?" - "Sie sind Bombenwerfer, also was fuer Empfindungen haben Sie dabei?" ("Signor sottotenente, mi dica, cosa sta pensando e quali sentimenti prova?" - "Cosa può provare un lanciatore di bombe mentre scaglia l'ordigno?") che tanto suscitarono l'indignazione di Karl Kraus, erano parte integrante del suo stile retorico, di una narrazione precisa ma evasiva, che "voleva proteggere" il lettore, perché potesse percepire la guerra non come una minaccia, ma come un momento "di disturbo".
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Diversamente da tanti suoi colleghi
20, Alice Schalek cercò nei feuilleton del 1917 di riferire ciò che succedeva in prima linea (per quanto le fosse possibile nell'ambito della politica di stampa dell'AOK e del KPQ). Le descrizioni meno liriche e meno evasive lasciano spazio alla descrizione del soldato con il volto di contadino che incarna passività e rassegnazione, contrapposto all'ufficiale che sostiene e guida, depositario di un ideale che va alimentato, difeso da ogni realistica considerazione ma che lo espone al
disinganno, alla cocente delusione.

Il cambiamento di stile dei feuilleton si spiega con la durata della guerra, che superò ogni pessimistica previsione, e con la conseguente e necessaria rivoluzione interna all'AOK, ordinata dal nuovo imperatore Carlo I. Il 15 marzo 1917 von Hoen venne sostituito dal colonnello Wilhelm Eisner-Bubna, reduce pluridecorato dal fronte isontino e membro del KPQ già dall'estate del '16: per trasformare il Quartiere in efficace strumento di propaganda attiva, il nuovo comandante ne riorganizzò la struttura e diede per la prima volta ai suoi sottoposti direttive chiare e dettagliate21.
In pochissimo tempo Eisner-Bubna, sostenuto peraltro finanziariamente dal rinnovato AOK, riuscì a "trasformare" il KPQ in quel Ministero dell'informazione che aveva in mente. Gli 880 membri effettivi nell'ottobre del 1918, (lo scioglimento venne completato a dicembre) erano strutturati in:
1. Kommandantur und Adjutantur (Comando e Aiuto); 2. Zensurgruppe (Gruppo di censura); 3. Inlandstelle (Ufficio interni); 4. Auslandstelle (Ufficio esteri); 5. Propagandagruppe (Gruppo di propaganda); 6. Pressegruppe (Gruppo stampa); 7. Kunstgruppe (Gruppo artistico); 8. Lichtbildestelle (Gruppo fotografico); 9. Filmstelle (Ufficio cinematografico); 10. I- (Italien) Stelle (Ufficio Italia); 11. Kriegsberichterstattgruppe (Gruppo corrispondenti di guerra); 12. Administrativer Apparat (Apparato amministrativo).
Gli ultimi paragrafi della disposizione richiamavano i censori alla moderazione nei loro interventi, dal momento che "ogni meschinità era nociva e portava solo ad una diminuitio dell'Esercito".
22
Per la prima volta il "servizio stampa" veniva definito "servizio di propaganda". "Ambedue sono i mezzi migliori per accrescere la reputazione dell'esercito in Patria e al
l'estero. È dovere sostenere la corrispondenza dal fronte."
23
La nuova conduzione di Eisner-Bubna consentì ai corrispondenti di essere costantemente informati e di mostrare loro quanto necessitavano per poter poi scrivere gli articoli. L'ordine del 29 maggio 1917 imponeva ai comandi di sostenerli nel loro compito. Molti, in servizio da molto tempo, furono gratificati con l'Ordine di Francesco Giuseppe. Ad Alice Schalek quest'ordine non fu mai conferito, poiché i suoi meriti non erano quelli di una patriota?
24
In quella fase della guerra la conservazione della Monarchia, ragione altissima e vincolante per il sacrificio dei soldati e della popolazione, veniva compromessa dagli aneliti di autodeterminazione dei gruppi nazionali. Allorché la propaganda dell'Intesa sotto il comando di Henry Wickham Steeds trasformò il problema dell'insoddisfazione nazionale dei popoli della Monarchia in oggetto di attacchi continui, l'Austria-Ungheria non fu in grado di contrastarli. Era venuto meno il credo nella causa comune. Fino alla fine del conflitto si cercò di modificare l'attività di propaganda del KPQ, senza tuttavia conseguire risultati che avrebbero inciso sul corso della guerra.
Bisognava mantenere alto l'entusiasmo. Per conseguire l'obiettivo il cronista poteva far risaltare le vittorie, sfumare le sconfitte, sottacere le perdite. La descrizione dei soldati mai demoralizzati, il richiamo al passato glorioso, la conduzione ineccepibile dei signori della guerra dovevano rimuovere ogni dubbio circa l'esito favorevole finale.
Per contrastare la propaganda dell'Intesa, il Ministero degli esteri prima e il KPQ dal 1917 concentrarono gli sforzi nei paesi neutrali quali la Svizzera e i Paesi Scandinavi: con la collaborazione di corrispondenti di importanti quotidiani nazionali e personale diplomatico si organizzarono manifestazioni propagandistiche come mostre fotografiche, conferenze e balli di beneficenza.
25
Dall'11 maggio 1917 era stata istituita presso il KPQ la I-Stelle con il compito di potenziare le iniziative rivolte ai territori occupati sul fronte orientale: dal novembre dello stesso anno anche al Veneto e al Friuli. Volantini lanciati sulle trincee italiane inneggiavano alla diserzione, mentre volantini e manifesti nei territori occupati differenziavano il popolo "soldato" obbediente ed innocente dai governanti "guerrafondai", contro i quali l'esercito austro-ungarico combatteva. I feuilleton di quell'anno, in cui veniva esaltata la forza delle truppe austro-ungariche, equivalente alla debolezza del nemico - gli italiani sono trattati con una certa ironia come "Erloeser"
26 e manifesta la certezza della vittoria finale, si conformavano al "campione" consolidato: i lettori dovevano aver fiducia nei loro valorosi soldati che difendevano la Patria minacciata dal nemico. Sfumata l'ebbrezza della vittoria di Caporetto nella primavera del 1918 fu avviata una propaganda massiccia fra le truppe pronte a disertare e ad ammutinare.27 Nel contempo venne fondata la Feindespropagandaabwehrstelle per contrastare e smontare la propaganda dell'Intesa, in particolare quella inglese diretta da Lord Northcliffe.28 Accanto a conferenze tenute da scrittori del KPQ e del Kriegsarchiv ci furono delle proposte di intensificare il "concetto" di Patria in lezioni da tenersi ai soldati.29 Non se ne fece nulla.
 

Il 3 novembre Trieste diventava italiana. L'espressione di Ernst Goth del 24 giugno 1915 "gli italiani non avranno Trieste. Né ora né mai" era stata smentita dalla storia.
Dagli ultimi feuilleton risalta il commiato nostalgico ed elegiaco dell'austriaco da quella città, che solo dopo averla persa l'avrebbe pienamente apprezzata.

 


NOTE:

1 Per una bibliografia più dettagliata sul KPQ si vedano: P. Brouceck, Das Kriegspressequartier und die literarische Gruppen in Kriegsarchiv 1914-1918, in K. Amann, H. Lengauer, Oesterreich und der Grosse Krieg, 1914-1918, Wien, 1989, le dissertazioni di K. Mayer, Die Organisation des Kriegspressequartier beim k.u.k. AOK im ersten Weltkrieg 1914-1918, Wien, 1963; di H. Schmoelzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, Wien, 1965; di C. Mayerhofer, Die oesterreichische Militaerverwaltung in den besetzen Gebieten Italiens. Oktober 1917-November 1918, Wien 1970; di I. Stiassny-Baumgartner, Roda Roda im Kriegspressequartier. Zur propagandistischen Arbeit oesterreichischer Schriftsteller im Ersten Weltkrieg, Wien 1982, di V. Trubel, Die Kuenstler und der Krieg: Der erste Weltkrieg und die Maler der Kunstgruppe des k.u.k. Kriegspressequartier, Wien 1996; J. Dzambo (hrsg.), Musen an die Front. Schriftsteller und Kuenstler im Dienst derk.u.k Kriespropaganda 1914-1918, Muenchen, 2003. In italiano si veda il contributo di N. Dacrema, Kriegspressequartier: la fucina della persuasione, in M. Libardi, F. Orlandi, Kriegsmaler. Pittori al fronte nella Grande Guerra, Trento, 2004; la tesi del dottorato di ricerca di M. R. Murgia, Soschlagen wir mit ganzer Wucht/Die Feinde krumm und klein. La costruzione della propaganda nei Supplementi letterari della "Tiroler Soldaten-Zeitung", Cagliari 2010.
2 Maximilian von Hoen (Fulda 1867- Vienna 1940).
3 H. Schmoelzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, op. cit., p. 5.
4 KA, AOK, KPQ, Fasc. 8, Mobilisierunginstruktion fuer das k.u.k. Herr. Anhang fuer das Kriegsattachequartier und das Kriespressequartier. Entwurf, Wien 1909, p. 53. I cronisti di guerra vennero suddivisi nel KPQ a seconda della loro nazionalità: c'era un gruppo di austriaci, uno di ungheresi e uno di stranieri (provenienti dalla Svizzera, Brasile, Romania, Paesi Bassi, Spagna, Stati Uniti).
5 H. Schmoelzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers..., op. cit. , p. 56.
6 Op. cit., p. 67-70.
7 Si trovava alle dirette dipendenze del Ministero degli Interni. I suoi compiti consistevano nel diffondere le direttive generali sulla censura, nel coordinare fra loro censura postale, telegrafica e periodica, nonché nell'organizzazione, a partire dall'autunno del 1915, di una conferenza stampa ufficiale giornaliera sulla situazione della guerra e sullo stato generale della Monarchia.
8 Allo scoppio della guerra il generale Woinovich si era premurato di chiamare per la sezione letteraria del Kriegsarchiv importanti scrittori. Sotto la guida di cinque ufficiali, tra cui Rudolf Hans Bartsch e Franz Karl Ginzky, nel novembre 1914 si fondò il Literarische Gruppe del Kriegsarchiv, cui fecero subito parte Franz Theodor Csokor, Paul Stefan Gruenfeld, Geya Silberer, Alfred Polgar, Felix Salten, Stefan Zweig.
H. E. Holthusen, Rainer Maria Rilke in Selbstzeugnissen und Dokumenten, 1958, p. 123.
10 Espressione di Robert Musil collaboratore del KPQ dal 18 marzo del 1918 quando iniziò a operare nella Presseabteilung del Comando Borojvic.
11 P. Broucek, Konservatorismus in den Armeen des Hauses Oesterreich und der Republik Oesterreich, in R. Rill, U. Zellenberg (Hsg.), Konservatorismus in Oesterreich, Graz-Stuttgart, 1999, p. 173-175.
12 Dal 1915 uscì "La marche sur Trieste" una raccolta di documenti della sezione fotografica dell'Esercito. La lettera del KPQ del 14.11.1917 conservata nel Bildarchiv di Vienna accenna ad una broschure in italiano e francese da distribuirsi in quantità rilevanti nei paesi neurali e in parte anche in quelli nemici.
13 L'iniziale attività dei corrispondenti è ben descritta nel contributo di Lustig Pean, allora aiutante: "Relazionavano dal Quartier generale della Stampa di guerra su ciò che succedeva ai fronti. Questa attività per sua natura di grande valore si limitava alla mera descrizione immaginativa, i loro scritti erano tessere di un mosaico della grande rappresentazione scenica della guerra", in "Neues Wiener Journal" del 24 aprile 1920. Non avevano comunque la possibilità di portarsi al fronte. "Venivano internati in un'aula, guardati a vista da sentinelle che minacciavano con le armi i giornalisti se questi volevano lasciare l'edificio."
14 Ai corrispondenti, chiusi nei loro alloggi o negli uffici del KPQ, non restava altro che abbellire e romanzare i comunicati ufficiali mescolando le impressioni raccolte durante i viaggi al fronte con informazioni prese da mappe e addirittura da guide turistiche.
15 Come nel caso del generale von Bardolf che non venne mai citato. Karl Hans Strobl spiega nell'opera Geschichten und Bilder aus dem oesterreichischen Kriegspressequartier, 1928 la reazione vendicativa del cronista.
16 E. Koester, Literatur und Weltkriegsideologie. Positionen und Begruendungszusammenhaenge des publizistischen Engagement deutscher Schriftsteller im Ersten Weltkrieg, Kronberg, 1977, p. 11.
17 La sua tendenza germanofila si rafforzò durante la guerra. Sia negli articoli di fondo sia di cronaca l'elemento tedesco nazionale venne rivendicato in maniera esclusiva. Si confronti la dissertazione di G. Dressler, Zwischen Euphorie und Realismus - Die Neue Freie Presse im ersten Weltkrieg, Vienna 1981.
18 Roda Roda lavorò anche per altre testate come "Union Stuttgart", il "Berliner Illustrierte Zeitung", il "Pester Lloyd" e la "Vossische Zeitung". La sua presenza come componente del KPQ venne fissata a partire dal giorno 4 agosto 1914.
19 Con il solito disprezzo verso la donna, ma acuito perché Alice Schalek era l'unica cronista di guerra che si industriava a far pervenire alla sua testata continui feuilleton, Karl Kraus la dipinse diverse volte nella sua opera Die letzten Tage der Menscheit. L'accusava di avere l'abitudine di interrogare i soldati secondo una feuilletonistica psicologia di consumo, l'uso ossessivo dell'aggettivo "interessante" "Interessant sind die Verwundetenzuege", le sue conclusioni semplicistiche "Gott so ein Krieg ist was Interessantes!" lo zelo dilettantesco del neofita (Una domanda importante: "come, dove, quando si può arrestare un'avanzata"), infine l'orgoglio di una stretta simbiosi con l'apparato militare ("Hanno aspettato che fossimo arrivati per aprire il fuoco")
20 Il contenuto di altri feuilleton scritti da noti scrittori riguardano considerazioni sull'attività teatrale a Trieste, oppure il viaggio al fronte con la ferrovia Transalpina, la permanenza a Trieste, a Gorizia, ma anche assalti e considerazioni sulla guerra.
21 I compiti del KPQ erano i seguenti:
I. Avere un'influenza positiva sulla stampa nazionale e possibilmente internazionale presentando l'esercito nel modo migliore.
II. Censurare tutto ciò che può essere di danno alla conduzione della guerra.
III. Instaurare un intrinseco legame con il supremo comando dell'esercito, le forze armate e la stampa.
IV. Coltivare i rapporti con gli uffici stampa degli Stati alleati.
V. Attivare la propaganda dell'esercito e della Marina in Patria e all'estero.
VI. Promuovere le azioni particolarmente meritorie che accrescono la gloria e la considerazione della Monarchia.
VII. Difendere la Monarchia e le forze armate da attacchi propagandistici nemici. I corrispondenti dovevano attenersi agli obiettivi sopra citati conseguibili attraverso:
1. Pubblicazione di notizie e rapporti di servizio rilasciati dall'autorità competente e non ufficiali, ad eccezione dei rapporti quotidiani del Capo di Stato Maggiore.
2. Informazione giornalistica scritta e orale.
3. Conferenze e manifestazioni su temi militari.
4. Pubblicazione della Osterreichisch-Ungarische Kriegskorrespondenz (Corrispondenza di guerra austro-ungarica), di libri e album fotografici.
5 Controllo della stampa e redazione di stralci di notizie quotidiane provenienti dalla stampa interna ed estera.
6. Rapporto con tutti gli uffici stampa militari e civili e con quelli degli Stati alleati.
7. Corrispondenza dal fronte.
8. Visita dei territori degli Stati alleati con i loro corrispondenti di guerra.
9. Corrispondenza fotografica, propaganda su riviste illustrate, manifestazioni e rassegne fotografiche, cinema.
10. Difesa dalla propaganda nemica attraverso azioni parallele.
11. Assistenza e attivazione di teatro al fronte.
Haus-Hof-und Staatsarchiv, Ka. AOK, KPQ, Dienstordnung 1917
22 KA, KPQ, Fasc. 96, Nr. 2244, 1917.
23 La Pressegruppe, articolata in un settore addetto alla stampa interna e un altro a quella estera, continuò a pubblicare l'"Oesterreichisch-Ungarische Kriegsberichte", "La marche sur Trieste" in lingua francese e dal marzo 1917 "Donauland", mensile letterario per il mercato interno, fondato da Alois Veltzé e Stefan Zweig e distribuito anche nei paesi neutrali, le "Berichte ueber die Propagandataetigkeit des Kriegspressequartiers", il mensile "Volk und Heer".
24 Le richieste formulate personalmente dovevano essere ratificate dal Comando. Nella lettera al Colonnello Hoen del giugno 1918 la scrittrice aveva chiarito essere la sua attività di propaganda una pura esecuzione di ordini militari e di aver individuato l'ostacolo al conferimento nella persona di Karl Kraus. Nella stessa Alice Schalek richiamava l'attenzione alla sua attività di conferenziera ("la conferenza sull'Isonzo tenutasi ben 55 volte di cui 22 in Germania attirò circa 40.000 persone e 12.000 scolari) e di autrice di oltre 70 articoli. Non da ultimo il riferimento al libro sul fronte dell'Isonzo che venne tirato in oltre 4.000 esemplari." Alla fine Alice Schalek si rivolse anche all'imperatore senza ottenere risposta. Nel 1934 la scrittrice perseguiva ancora lo stesso obiettivo.
25 H. Schmoelzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers..., op. cit., Il capitolo.
26 Ironia presente nei feuilleton della "Neue Freie Presse" a partire dal 1915.
27 Dal primo gennaio 1918, venne pubblicato in lingua italiana (settimanale, a partire da maggio quotidiano) la "Gazzetta del Veneto", con una tiratura di circa 5000 copie: della redazione si occupava un'apposita Expositur (Delegazione) del KPQ acquartierata presso il Comando delle zone occupate. Dal giugno dello stesso anno venne poi allegata alla "Gazzetta" la "Domenica della Gazzetta", un supplemento illustrato fatto ad imitazione della popolare "Domenica del Corriere". Si veda C. Mayerhofer, Die oesterreichische Militaerverwaltung in den besetzen Gebieten Italiens. Oktober 1917-November 1918, Phil. Diss., Vienna, 1970, p. 228-233.
28 Il Feldmareschall Boroévic in persona progettò un opuscolo (mai realizzato) che avrebbe dovuto contrastare la propaganda nemica circa la durezza dell'occupazione austroungarica in Italia.
29 OEStA, Kriegsarchiv, Akten des Armeeoberkommandos, Op. Nr. 148698. Oktober 1918 - Entwurf. Nel progetto si evidenziavano il ruolo dell'esercito unico supporto al trono, l'energica difesa contro ogni tendenza rivoluzionaria, l'appartenenza alla Patria, l'evidenziazione di interessi economici comuni, la smobilitazione.
 

 

 

Scrittori austriaci sul fronte dell'Isonzo                                        © Edizioni della Laguna