Signori si parte

 

Come viaggiavamo nella Mitteleuropa 1815-1915

 

 

 

 

Marina Bressan

 

 

 

Viaggio da Vienna a Trieste. Voyage de Vienne à Trieste. Milano, G. Vallardi, [1832]

 


Viaggiare! Uscire dal "quotidiano", cambiare, cambiare tutto, per assicurarci i benefici desiderati! L' abbiamo imparato di recente con l'etica della vacanza estiva", esortavano le guide di fine secolo XIX. Ma perché le vacanze divenissero un'opportunità accessibile quasi a tutti nel mondo occidentale dovette trascorrere circa mezzo secolo.
Se il Settecento era stato caratterizzato dal moltiplicarsi dei viaggi, esplicazione di una nuova psicologia basata sul movimento, sull'«irrequietezza» di una nuova volontà di scoprire e di confrontare, che comportava necessariamente una presa di posizione critica, una riflessione che poneva in discussione i concetti di autorità tradizionalmente indiscussi, una rappresentazione del travaglio della società nobiliare nel trapasso da una struttura di caste chiuse ad una fondata su più liberi rapporti umani, il viaggiare rimaneva tuttavia privilegio di pochi, prerogativa di uomini di elevata condizione, nobili, ricchi e colti.
Dotati di competenze e motivazioni diverse, i viaggiatori del Settecento erano accomunati dall'interesse per l'ambiente umano e civile, storico e antropologico. Uscendo dal quotidiano si scontravano con un "fuori" in cui dominava l'incertezza, ma "liberi" da imposizioni temporali legate all'attività produttiva. Il viaggio in carrozza era una conquista, un'esperienza vissuta fino in fondo, un arricchimento della propria personalità.
"Non sono una vera viaggiatrice. Ho paura quando la strada è brutta e quando il postiglione è troppo avventato; ho grande ribrezzo per la sporcizia; non riesco a buttar giù certi cibi come ad esempio il caffè di cicoria di Merano; perdo la pazienza, mi deprimo e mi rammarico di non essere rimasta a casa quando si verifica una giornata di pioggia proprio nel momento in cui io volevo vedere qualcosa di interessante. Tuttavia preferisco sopportare tutto ciò piuttosto che rinunciare alla passione del viaggio" scriveva la berlinese Ida Hahn-Hahn nelle Reisebriefe sulla sua esperienza in Italia. Passione per il viaggio piena di contraddittorietà, compensata tuttavia dal significato stesso del viaggiare come fuga dalle costrizioni che il ruolo femminile imponeva alle donne e come liberazione, ossia vivere una vita alternativa in cui poter essere finalmente se stessa. La pubblicazione della guida per i viaggiatori in Europa di Mariana Starke, Information and direction for travellers on the Continent del 1825, riveduta e ampliata nel 1828, conferì alla turista femminile un certo "status": le donne non causavano più reazioni di sorpresa: affrontavano il viaggio in Italia per motivi convenzionali, sole o accompagnate in lussuose carrozze private, o con mezzi di trasporto più modesti, sobbarcandosi le fatiche del viaggio per l'intera giornata su strade dissestate, in compagnia a volte di sconosciuti che ad ogni balzo piombavano loro addosso, o con la paura di venir assalite da briganti. Una vera tortura, compensata dalle bellezze storico-artistiche, che richiedeva tuttavia "una buona costituzione fisica e una cristiana pazienza".
La lentezza delle carrozze postali sfiniva i passeggeri. "Ci si muove con lentezza incredibile, ci si ferma per ore ad una stazione di posta, in ventiquattro ore si riesce a malapena coprire otto miglia" si lamenta un viaggiatore. È interessante come le guide postali di allora raccomandino di portare con sé un pugnale, di provvedere ad attaccare al bagaglio dei campanelli, "in modo che quando cessano di suonare, si sa che è accaduto qualcosa", di preferire bagagli di pelle di vitello o di cinghiale piuttosto che di foca a causa della polvere delle strade; di apporre allo scrignetto una robusta serratura e dal momento che funge anche da necessaire da viaggio contenere anche materiale per scrivere, ovviando in tal modo alla carenza diffusa nelle locande italiane, dove l'oste scrive il conto intingendo il pennino nell'inchiostro versato in un piatto.

"Le carrozze non erano sempre in buono stato e non pochi erano gli incidenti, causati dal pessimo stato delle strade ulteriormente aggravato dalla pioggia, dalla neve e dal fango. Bisognava scendere e sprofondare nel fango, quando la carrozza non si ribaltava." Santo Iddio che buio, che groviglio di braccia, di gambe di volti! Un po' alla volta cercammo di ricomporci e di uscire per il finestrino uno dopo l'altro come spazzacamini dalla canna fumaria!" annotava Glaser, quando invece la carrozza non veniva sollevata da forti raffiche di vento e sbattuta in un campo di patate a 10 piedi di distanza. I postiglioni a volte erano impertinenti e le stazioni di posta distanti due ore di tragitto l'una dall'altra. "È necessario il cambio dei cavalli; ci stiamo avvicinando ad una stazione di posta. Finalmente nella notte buia una luce fioca: la porta della stalla si apre sonnecchiosa, un postiglione esce sbuffando. Con lentezza incredibile i cavalli vengono attaccati, con goffaggine provate le briglie. Poi il postiglione indossa lentamente la sua uniforme, getta sulla carrozza la frusta, il mantello, un grande sacco di avena e foraggio, la sella e finalmente si arrampica sulla cassetta", scriveva Friedrich Wilhelm Hackländer nel Reise in den Orient del 1846.

 


Dei moltissimi viaggiatori nordici che "scesero" in Italia dai paesi nei quali le scienze e la "filosofia" avevano raggiunto livelli avanzati, attratti dal fatto di trovare nel "bel paese" l'esempio più evidente degli effetti devastanti di una cattiva forma di governo, istituzioni ingannatrici e costumi aberranti su una società, un tempo la più avanzata in Europa, solo pochi raggiunsero le nostre terre. Diverse sono le interpretazioni che i viaggiatori daranno dei nostri luoghi - allora sotto l'Impero austriaco - rispetto a quelle della società italiana del loro tempo, anche se la ricostruzione della sua storia, dei "caratteri nazionali", delle attitudini "innate" degli italiani contribuiranno a formare e a trasmettere un'immagine dell'Italia che condizionerà gli atteggiamenti degli stranieri verso il nostro paese.
Diverse le finalità, come quella settecentesca del viaggio archeologico perseguita da Lavallée e Cassas con il Voyage pittoresque et historique de l'Istrie et Dalmatie del 1802: risultato della missione in Istria e Dalmazia, promossa dal governo per fornire nuove ipotesi sulla storia della civilizzazione romana, in realtà per celebrare la conquista napoleonica e "avvicinare" i francesi a quelle terre ricche di vestigia da tempo abbandonate. Di carattere scientifico è il viaggio dell'entomologo Ernst Friedrich Germar effettuato in Dalmazia nel 1811; decisamente più "romantico" - come evidenzia il titolo - quello di Joseph Widemann, Streifzüge an Istriens Küsten, intrapreso in carrozza da Vienna a Trieste, quindi in barca fino a Capodistria, Pirano, Cittanuova e Pola.
Viaggiare è vivere, ricerca di un nuovo mondo, di una nuova poesia. Si viaggia in carrozza, affrontando tutti i disagi, si viaggia a piedi come Seume. È la poesia della peregrinazione che ricorda Goethe e i suoi Wanderjahre.

"La nuova generazione concepisce la poesia classica come un ostacolo, un peso. Goethe era da poco morto, Schiller continuava a vivere tra il popolo. Era impossibile superarli, difficile eguagliarli. Una forza irresistibile emanava dalle loro personalità come se fossero esempi, seppur diversi, per ogni possibile poeta: di Goethe si apprezzava la meravigliosa predisposizione di vivere la poesia, di Schiller la straordinaria capacità di trasformare in poesia contenuti accuratamente scelti. Ma ogni generazione deve scegliersi i suoi poeti e artisti. Impera l'aggettivo "moderno". Moderno è ciò che muove il presente. Dobbiamo conquistare il mondo e creare nuovi contenuti e penetrarlo con lo spirito del nostro tempo. Viaggiamo, osserviamo la società, mettiamoci in politica!" affermava Ludwig Speidel, guida spirituale del movimento "Junges Deutschland" e critico d'arte.
Si viaggia lungo il Reno alla ricerca dell'anima segreta del popolo tedesco. Per ogni viaggiatore la discesa del Reno è "un tragitto, che più meraviglioso non si può immaginare, tale da parere un sogno, e da lasciare nell'anima un'impressione sbalorditiva, un desiderio di ritorno, un ricordo indimenticabile", confida Bernardo Arnaboldi Cazzaniga nella sua Passeggiata in Germania del 1905. Le emozioni più intense attendono il viaggiatore nel tratto fra Magonza e Coblenza percorso in battello, così come suggerite dal libriccino che accompagna uno dei primi panorami del Reno, il F. W. Delkeskamp's Neues Panorama des Rheins von Mainz bis Köln, mit den interessantesten architektonischen und geschichtlichen Denkmälern als Randbildern geziert del 1837.
Il battello fluviale relegato rispetto al treno a cicli più lenti del viaggio pittoresco, diventa mezzo di ricerca di immagini inedite delle città e del territorio. I panorami fluviali hanno una notevole diffusione in Francia, in Germania, in Austria: il panorama del Reno è sicuramente il più diffuso, ma anche il Panorama der Donau von Regensburg bis Linz, nonché quello da Linz a Vienna, pubblicati sia a Regensburg che a Vienna negli anni Quaranta, sono esempi eloquenti. Le linee del paesaggio si accompagnano al movimento dell'imbarcazione, ma la dimensione spaziale e temporale appartiene ancora agli antichi itinerari di un mondo fluviale caratterizzato da una relativa lentezza, in cui la percezione dell'osservatore corrisponde alla geografia degli spazi.
Viaggiare è esperire, erfahren, è un mettersi alla prova.
A quei tempi il viaggio in Istria e in Dalmazia via terra o via mare presentava disagi tali che non tutti si sentivano di affrontarli. Venendo a mancare la frequenza e la periodicità, i viaggi assumevano una connotazione romantica, anche perché gli stessi protagonisti, vi collegavano le più poetiche, curiose e straordinarie avventure. Le strade erano malsicure; "bande composte per la maggior parte di abitanti delle montagne dei distretti vicini all'Istria e alla Dalmazia si attruppavano sopra punti di confine incustoditi: rese avide delle proprietà che li corrieri, a fronte di tutti gli avvertimenti e di tutte le disgrazie, conducevano sempre seco loro, piombavano da questa parte, fortemente armate ed in eccessivo numero sopra i viaggiatori" riporta la "Gazzetta di Lubiana" del 1808.
Dal 1824 ogni martedì partiva un calesse per Rovigno - il viaggio costava f. 3.44 - mentre nel 1829 il sacco lettere per l'Oriente partiva ogni quindici giorni con i velieri mercantili. Fino al 1818 le comunicazioni via mare con Venezia erano affidate a barche di costiera; tre brazzere facevano spola giornaliera con Capodistria, per la Dalmazia si impiegavano invece pieleghi a tre alberi, esposti ad ogni sorta di pericolo.
A proposito del paesaggio e dell'ambiente emergono sensibilità diverse: molti autori si limitano a evidenziare le differenze estetiche attraverso categorie soggettive di valutazione formale come "pittoresco", "emozionante", "impressionante", "bello", altri come il Czoernig (o Blumenbach, von Canstein, Costa) percepiscono la diversità sostanziale dei paesaggi che attraversano e cercano di spiegarla. Lo stesso vale per gli abitanti: accanto a coloro che colgono solo gli aspetti esteriori, ci sono viaggiatori che mettono in risalto le differenze e cercano di comprendere le ragioni dei comportamenti. Un accostarsi diverso al territorio con una curiosità e sensibilità che determina le loro visioni, decisioni e interpretazioni dello spazio. In effetti si deve convenire che c'è modo e modo: "il merito del viaggiatore non sta nel viaggiare ma nel saper viaggiare" (Karl Baedeker e David Kaltbrunnen). Massima valida in ogni tempo, in particolare allora, allorché la forza motrice del vapore inaugurò una nuova era. Per i traffici e in particolare per Trieste.
Nel 1818 il vapore "a tamburi " Carolina compì in dieci ore la traversata Trieste-Venezia; due anni dopo intraprese un viaggio per Corfù. Il 16 maggio 1837 l'Arciduca Ludovico del Lloyd Austriaco salpò con 53 passeggeri alla volta di Costantinopoli. Vent'anni dopo la linea Vienna-Trieste avrebbe dischiuso al viaggiatore-turista nuovi scenari lungo l'Adriatico. Con questa rivoluzione della tecnica, che più di ogni altra incise sulle condizioni economiche e sul vivere sociale, si poteva raggiungere qualsiasi punto del territorio in un arco di tempo incredibilmente breve; il collegamento funzionale dei centri maggiori con quelli minori permetteva di programmare la produzione in modo razionale e di favorire lo sviluppo del consumo - pensiamo solo alla rapida diffusione dei giornali: era la concretizzazione della mobilità delle persone e delle merci, che ben si coniugava con l'avvento al potere del ceto borghese dalla caratterizzata ansia imprenditoriale.
Con la meccanicizzazione del viaggio i piaceri del transito diventavano una ragione per compiere un viaggio o fare "un giro". La maggiore velocità fu inizialmente vissuta come un impoverimento dell'esperienza, come uno svuotamento: la meccanicizzazione del viaggio - sostenevano i detrattori del viaggio in treno e sulle navi a vapore - portava all'intorpidimento e non consentiva all'occhio nulla su cui potersi fissare. Si volevano accentuare gli aspetti negativi delle novità dell'epoca. Il viaggio meccanicizzato collegava il mondo in modo più rapido ma lo rimpiccioliva; era percepito e descritto come la negazione delle forme di viaggio precedenti, in particolare del turismo aristocratico.
"Dinamismo" sembrò essere la parola d'ordine e la società europea divenne sempre più dinamica, quasi fosse percorsa da una febbre di mobilità: le merci arrivavano sino ai mercati più lontani, gli uomini si muovevano con sempre maggiore disponibilità di tempo e di denaro pronti a sfruttare le straordinarie possibilità offerte dai nuovi mezzi di trasporto.
In pochi decenni la passione dei viaggi si diffuse in tutti i paesi progrediti e incise sulla trasformazione dell'ambiente e sulla mentalità degli uomini.
Il viaggiare diventava facile, occupazione abituale e non era più un evento. Erano borghesi provenienti dal giornalismo, dall'insegnamento, dalle professioni liberali, dal commercio, dagli impieghi e dalla burocrazia, persone istruite, informate, motivate, attente e scrupolose. Vivevano l'esperienza del viaggio come gradita occasione di svago, ma anche come preziosa opportunità per completare la propria formazione (Bildung). Affrontavano l'esperienza con atteggiamento libero e rilassato, aprendosi al nuovo, all'imprevisto, alla scoperta di ambienti ancora da valorizzare, supportati da molteplici canali di informazione - libri, giornali e guide turistiche. Nasceva una nuova cultura del viaggio che mirava ad un sapere più vivo. Nel visitare un paese straniero i viaggiatori coglievano le caratteristiche peculiari del popolo, privilegiavano la dimensione quotidiana dell'esistenza e nel racconto della loro esperienza riservavano ampio spazio alle impressioni personali; le loro annotazioni, corredate molte volte da schizzi sarebbero state successivamente riordinate, integrate e trasformate in un vero libro di viaggio: si pensi a Ida Pfeiffer, che dal 1842, quarantacinquenne, madre di due figli ormai cresciuti, si mise a girare il mondo con in tasca i miseri risparmi di una ventina d'anni e alcune lettere di raccomandazione destinate a consoli austriaci. Dopo un'iniziale traumatica esperienza a bordo del battello del Danubio, quando si accorse che i passeggeri di seconda classe, dovevano dividere in promiscuità la cabina, si imbarcò sul piroscafo "Erherzog Johann" del Lloyd Austriaco sola e risoluta a godersi le gioie del viaggio con destinazione Smyrna.
"In quella mischia ero davvero sola e confidavo solo in Dio e nelle mie forze. Nessuna anima gentile mi si avvicinò.
Tutto mi era estraneo: gli uomini, la lingua, il paese, il clima, i costumi e gli usi. Tutto estraneo! Alzai allora gli occhi alle stelle e pensai: Non sarai sola fintanto che Dio ti accompagnerà: allora mi quietai e ripresi coraggio e con serenità mi misi ad osservare quello che accadeva intorno a me."
Da Smyrna il viaggio continuò via mare per Rodi, Cipro e Beirut. Solo di tanto in tanto si accompagnava a gruppi maschili che mal nascondevano il loro disappunto ad accogliere una donna. Trovava tuttavia sempre qualcuno pronto a difenderla: "Il conte W. Appoggiò la mia richiesta, sostenendo di avermi visto cavalcare da Betlemme a Gerusalemme, apprezzando il mio coraggio, la mia abilità e resistenza". Pfeiffer si sottopose ad ogni sforzo, perché non doveva far trapelare la sua debolezza. Si aggrappò al cavallo finché anche gli uomini stramazzarono dalla stanchezza. Ida Pfeiffer non fu l'unica donna a viaggiare da sola, attratta dall'Oriente, ma fu tra le prime con i suoi racconti di viaggio a spianare la strada a moltissime altre. Il fascino di questo mondo aveva colpito da tempo l'immaginario femminile: leggendo i racconti di viaggio di James Bruce, di Jean-Louis Burckhardt o di Carsten Niebuhr le donne trovavano consolazione, immaginando il sole cocente del deserto contrapposto alle brume del nord, e sognavano di raggiungere in piena libertà la terra dei racconti Mille e una Notte. L'Oriente rappresentava per il mondo occidentale l'unico scrigno che racchiudeva un tempo eroico, idealizzato. Lucie Duff Gordon nei sei anni che visse in Egitto non riuscì mai a sottrarsi al fascino di Harunar-Raschid: "qui è tutto diverso da quello che avevo letto quand'ero in Inghilterra e mi domando, se son sveglia o se sto sognando."
Il viaggiatore dei vapori del Lloyd segue l'itinerario fluviale, danubiano, che attraverso i paesi balcanici, porta nel cuore dell'impero ottomano e da qui prosegue per i porti mediterranei, oppure quello marittimo con partenza da Trieste. È un viaggiatore spinto da motivazioni diverse. È un viaggiatore colto che crede ancora all'aspetto romantico del viaggio orientale; è un viaggiatore che osserva la graduale perdita di identità delle città orientali, a cominciare dai quartieri abitati dai "forestieri"; è un viaggiatore alla moda che va alla ricerca delle eccitazioni dell'Oriente e della civiltà occidentale sulle rive del Nilo o sulle desolate colline della Giudea e manifesta il suo disappunto per la mancanza d'acqua e il pessimo stato degli alberghi.
Lo sviluppo di regolari linee di navigazione a vapore su percorsi mediterranei in tempi di percorrenza sempre più brevi caratterizza la fase che precede la rivoluzione turistica vera e propria. Un senso di indefinita nostalgia per la fine di un'epoca in continua trasformazione coglie il viaggiatore che non vuole essere confuso con il turista. Non gli resta che affidarsi ad una guida dalle cui parole può cogliere ancora la vibrazione di un'incorrotta genuinità.
L'apertura del canale di Suez (1869) contribuisce in maniera determinante allo sviluppo e alla trasformazione dell'impresa turistica in Oriente. L'anno precedente Thomas Cook aveva promosso per una trentina di persone un tour sperimentale di tre mesi e mezzo nei paesi del Vicino Oriente, dal Cairo a Gerusalemme, a Beirut, a Smirne, Costantinopoli e Atene. Il successo dell'iniziativa era stato decretato dalla soddisfazione piena del partecipante che, scevro da ogni preoccupazione contingente, non esposto né a disagi né a fatiche né a contatti con nativi, continuava le sue abitudini, mangiando cibi in scatola rigorosamente anglosassoni e a dormire in tende arredate con mobilio e piante. Il successo dell'impresa è tale che esponenti delle famiglie reali europee, magnati americani ricorreranno all'organizzazione Cook, a cominciare dal 1872.
Quasi negli stessi anni il Lloyd Austriaco affida a Moritz Busch il compito di "recuperare" le motivazioni del viaggio in Oriente. Sono libri illustrati da tavole disegnate dal vero, con l'obiettivo di far capire la necessità di intraprendere il viaggio per motivi di studio, evasione dal disagio e dal conformismo del mondo occidentale, rigenerazione della propria vita interiore, stimolo letterario e artistico, senza tuttavia nascondere un contatto diretto talora traumatico con le popolazioni locali e i loro inviolabili confini culturali.
Alla letteratura da viaggio che perde progressivamente originalità, subentra la guida turistica. Alla narrazione individuale subentra la descrizione; se la finalità della narrazione è catturare il lettore nella rete delle avventure vissute dal protagonista, quella della descrizione è informarlo in modo esaustivo sull'itinerario da compiere, sulle soste, sulle bellezze storico-artistiche, escludendo ogni contatto con i nativi. La presenza di citazioni tratte da fonti autorevoli lusinga il turista e lo eleva al ruolo perduto di viaggiatore. È solo un'illusione: tutto è ormai calendarizzato e nulla lascia spazio all'iniziativa individuale. Il turista più colto ha comunque l'opportunità di scegliere quelle guide che si qualificano prodotti di elevato tenore culturale. Ne è esempio la guida pubblicata dal Lloyd nel 1858 Handbook for travelles in Egypt e in seconda edizione riveduta ed ampliata nel 1870. A quel tempo il turismo moderno stava colonizzando l'Oriente con le proprie imprese e tecnologie. L'impresa "Thomas Cook" installa in Egitto e in Palestina grandi strutture ricettive, assume la direzione di alberghi internazionali e apre uffici di rappresentanza in tutte le più grandi città orientali. Viaggiare con l'agenzia dell'inglese Thomas Cook significava viaggiare sicuri, a prezzi vantaggiosi e soprattutto non cambiare le proprie scelte e abitudini. Le nuove possibilità di viaggio modificarono la mappa turistica del Mediterraneo; i solerti agenti di Cook erano famosi per risolvere con prontezza e ovunque ogni sorta di problema. Con la stessa premura l'agenzia organizzò escursioni a terra per i viaggiatori del Lloyd Austriaco diretti nel Mediterraneo, avvalendosi per le sue offerte anche di altre compagnie di navigazione, tra cui la Orient Line.
Compagnie della Germania settentrionale e austriache iniziarono ad organizzare viaggi per comitive i cui fruitori erano perlopiù turisti borghesi, il cui soggiorno, caratterizzato da una continua assistenza da parte del tour operator, era scandito da pernottamenti in grandi alberghi. Nei grandi bauli Louis Vitton il turista facoltoso riponeva un guardaroba ben diverso da quello del viaggiatore che prediligeva invece i vestiti orientali. Il lusso e il tempo erano diventate le coordinate del viaggio in Oriente: dal 1889 l'Orient-Express di Georges Nagelmackers arrivava con svizzera puntualità a Costantinopoli dopo un viaggio di sessantatrè ore da Parigi e quaranta da Vienna. I passeggeri di questo albergo di lusso su rotaia rappresentavano agli occhi della gente comune il beau monde, la crema della società, quella che "doveva" anche riflettere i valori che la condizione sociale superiore le conferiva. Paul Morand, diplomatico francese e scrittore ci ha lasciato un ritratto molto preciso del microcosmo dei passeggeri, che il rapido evolversi della società finì per equiparare al ceto medio, smanioso di farsi accettare da coloro che i suoi predecessori avevano considerato come esseri superiori.
Negli "anni folli delle rotaie", il treno, che nell'iconografia ottocentesca è spesso affiancato alla nave a vapore, trasformò il costume di viaggio e il turismo europeo. "Allora molta parte della vita si svolse - scriveva Carducci - in treno, a fianco del treno, dentro le piccole e grandi stazioni, davanti alle tabelle degli arrivi e delle partenze e tutti divennero, ad un certo momento, elementi del movimento ferroviario, personaggi su un palcoscenico che percorreva le strade del mondo a unire i fili degli affetti e degli interessi a quelli degli altri. Il treno era diventato insomma una casa perché raccoglieva, assommava i sentimenti e i desideri degli uomini. Il viaggio triste o felice che fosse concedeva comunque un qualcosa di importante e gli uomini ne furono consapevoli e lusingati e al treno consegnarono la loro quotidianità." Lo scompartimento come il salone del piroscafo divenne il luogo privilegiato per incontri imprevisti, un luogo ideale dove un numero ristretto di sconosciuti era obbligato a passare insieme alcune ore, studiandosi a vicenda in silenzio, o conversando. Il ponte rimaneva invece per il viaggiatore paziente il luogo privilegiato per apprezzare la natura "colta sul fatto" e riprodotta nei lunghi panorami a stampa, come quelli spettacolari della costa dell'Istria e della Dalmazia, commissionati a Giuseppe Rieger nel 1845 e nel 1851 dal Lloyd, perché trasmettessero, attraverso la forza dell'immagine, il senso di sicurezza e di affidabilità, che caratterizzava i viaggi con i piroscafi della Compagnia.
Credo che la pazienza e la riflessione siano state gli elementi discriminanti tra il viaggiatore "all'antica" e il viaggiatore "alla moda". La ferrovia costituì infatti una delizia per quella classe di individui che volevano percorrere le distanze più estese con i minori inconvenienti possibili per sé e per gli altri, godendo dello spettacolo, dove ogni inquadratura incapsulava l'esistente in un tempo e in uno spazio vissuti e ricomposto attraverso la rilettura delle immagini del "viaggio di carta." Sempre più viaggiatori scendevano con la ferrovia nella regione meridionale dell'Impero: l'i.r. Società della Ferrovia Meridionale organizzava nel corso dell'estate treni di piacere (Vergnügungszüge) Vienna-Trieste: dopo un viaggio paragonabile ad una sequenza cinematografica in cui il magico era l'elemento caratterizzante, dopo aver esperito sensazioni nuove come quella di sentirsi spinto nel buio di un tunnel per uscire subito dopo abbagliato dai raggi del sole e sentire lo scroscio dell'acqua nell'abisso, arrivava nella città sul golfo dal grande porto animato, pieno di gente in movimento, di navi e piroscafi del Lloyd pronti a salpare per lidi lontani. Provenienti dalla Germania e dalla Monarchia austro-ungarica, seguendo la direttrice ferroviaria mitteleuropea spinti dall'impulso atavico del Drang nach Süden, si fermavano a Trieste, ad immergersi nelle acque dell'Adriatico. Viennesi e tedeschi non potevano più lamentarsi di respirare troppo poca aria marina: Trieste li avrebbe accolti in uno stabilimento "a niun altro secondo". A Trieste la tradizione del bagno era radicata da tempo. Dal 1823 esisteva il "Soglio di Nettuno", il primo stabilimento per bagni marittimi ormeggiato di fronte al Lazzaretto Vecchio, la prima iniziativa di tipo "industriale" di tutto l'Adriatico. Appena dieci anni dopo Venezia scoprirà l'utilità pubblica di imprese di tal genere: costruito nel 1833, ampliato e dotato gradualmente delle più moderne attrezzature per "bagni caldi e freddi, dolci e salsi, semplici e medicati, a vapore e docciature" venne attraccato nei pressi della Chiesa della Salute. Una struttura imponente, costellata da "sirene": piccole imbarcazioni senza fondo dove si poteva stare a "Bagno Maria" al riparo di occhi indiscreti. La concorrenza fra Trieste e Venezia iniziò allora. Nel 1857 Giovanni Fisola aprì uno stabilimento al Lido: per accedervi "somarelle, bardate di tutto punto", trasportavano i viaggiatori dall'approdo presso S.M. Elisabetta al Lido, lungo l'antico sentiero comunale "in mezzo ad ubertose ortaglie, a rigogliosi vigneti." Alla varietà balneare veneziana Trieste "aveva risposto" con la costruzione dell'imponente Stabilimento Balneare Maria, "che di facciata all'Hotel de la Ville" - così come si legge nella bellissima guida Tre giorni a Trieste di Kandler, Rivoltella, Scrinzi - "non ha fin ora rivali"; "qui" - continua la guida - "accorrono da ogni parte i forestieri, specialmente dalla Germania, dalla Stiria, dalla Carinzia, onde profittare della tanto proficua cura dei bagni di mare."

La rivalità tra le due città per accaparrarsi il primato di miglior bagno dell'Adriatico avveniva su memorie illustrative, su studi medici, su guide. Solo "Venezia poteva offrire il complesso di molte circostanze... In nessun altro posto si è tanto al sicuro né si può trovare un sì vasto recinto per girare tranquillamente coi piccoli galleggianti per bagni..., in nessun altro luogo sono tanto ignoti i perniciosi venti boreali..., nessuna città offre il comodo di ampi e profondi canali e preziosi monumenti di architettura, dilettevoli a pascere l'occhio."
Immediate le reazioni dei triestini: i medici Augusto Guastalla nel 1842, poi Alessandro Gouracuchi nel 1863, stabilirono un confronto fra le proprietà terapeutiche del mare veneziano e triestino: dallo stesso risultava che l'acqua del porto di Trieste, grazie alla sua profondità, era sempre limpida, mentre quella della laguna, "ove sboccano i canali di tutta la città" non poteva conservare "quella nettezza che si richiede indispensabilmente in un buono stabilimento di bagni marini." Anche nella piccola località di Grado erano già in uso sulla spiaggia - secondo un atto della Luogotenenza del Litorale - dei casotti per spogliarsi e vestirsi per prendere il bagno.
La "fama" di bontà curativa dei bagni di mare andò dunque definitivamente accreditandosi presso la borghesia italiana e danubiana, come "strumento di salutare ricreazione e di affermazione di uno stato sociale", afferma Ferruccio Farina nel suo libro Le sirene dell'Adriatico.
Alla fine degli anni Settanta iniziò l'evoluzione di alcune località balneari della costa adriatica in luoghi di svago e divertimento. Nel 1872 si costituiva al Lido di Venezia la "Società bagni Lido" che, rilevando le proprietà del Fisola, lanciò l'isola in senso turistico e balneare con la costruzione di impianti e stabilimenti, spazi residenziali e centri di svago. Dalla prima pietra posta da Giovanni Fisola nel 1857, il Lido di Venezia si trasformerà in una vera e propria città nel 1905 per opera di un altro arguto imprenditore, Nicolò Spada, che riuscirà a coinvolgere la grande finanza internazionale ad investire ingenti capitali in un progetto di altissima qualità e dallo stile cosmopolita.
A Grado il processo di trasformazione andò più a rilento. Forse perché si affermò inizialmente come località in cui l'Ospizio marino sin dal 1873 attirava poveri bambini scrofolosi provenienti dalla Monarchia austro-ungarica, e come tale mancò di quello spirito entusiastico ed indispensabile per attirare "forestieri" che andava invece esaltato con ogni mezzo: bagni di mare non solo come semplice immersione terapeutica, ma come momento di liberazione e di piacere.
Con queste premesse Friedrich Schüler, coniugando le sue entusiastiche capacità imprenditoriali con la considerazione delle qualità elio- e talassoterapiche esaltate da Heinrich Noé nei salotti viennesi, aveva convinto la Società della Ferrovia Meridionale, di cui era direttore generale, ad acquistare nel 1881 del terreno ad Abbazia, piccolo borgo di pescatori, affacciato sull'Adriatico. Il clima mediterraneo, le cui proprietà trovarono piena conferma nel più insigne laringologo viennese, il dott. Leopold Schrötter Ritter von Kristelli e il panorama affascinante furono determinanti nella creazione dell'immagine della nuova località balneare. Inoltre, la lussureggiante vegetazione meridionale, ben diversa da quella alpina del Semmering, dove la Società aveva costruito il Südbahnhotel, la rapidità dell'investimento e la velocità del treno - la linea Trieste-Pliuka era stata aperta nel 1873 - avrebbero fatto di Abbazia un luogo alla moda, animato da un pubblico elegante, frequentato da artisti e letterati in cerca di emozioni.
Il ruolo terapeutico-salutistico venne affidato allo stabilimento idroterapico annesso all'Hotel Quarnero; quello di servizio ai camerini sulla piattaforma e sulla spiaggia, mentre quello di salotto mondano al Kursaal. Creata dal nulla secondo principi moderni, Abbazia si affermò immediatamente a livello internazionale perché seppe organizzare il proprio sviluppo riuscendo a formulare una precisa risposta a tre fattori di marketing essenziali per soddisfare e stimolare il livello della domanda turistica: l'interesse dell'offerta per le prestazioni salutistiche, le risorse necessarie per poterne fruire e la disponibilità all'utilizzo. Viali, villini residenziali, parchi, teatri, strutture di servizio e commerciali caratterizzarono l'assetto urbanistico, le cui architetture, riti e arredi determineranno a cavallo del secolo l'immagine codificata che avrebbe identificato uno specifico scenario ambientale.
Nel 1889 Abbazia era diventata luogo di cura; due anni dopo arrivarono 5.313 persone, nel 1904 si sarebbero contate 23.223 presenze, mentre Grado allora ne annoverava 6.379 (Österreichisches Statistisches Handbuch 1892, 1905). Tra le due località non poteva esserci rivalità, essendo molto diverse l'una dall'altra. Alla fine dell'Ottocento Grado proponeva all'ospite, oltre che il suo mare, una struttura urbana intessuta di calli e campielli che racchiudeva come in uno scrigno le due basiliche e il battistero. L'area aveva un'estensione di soli tre ettari e mezzo e corrispondeva all'antico castrum romano. Oltre ad un'ampia offerta di "turismo" naturalistico in laguna, gli ospiti potevano usufruire di servizi propri di un turismo culturale che comprendeva le visite agli scavi, alla basilica e al Museo archeologico di Aquileia, nonché escursioni al castello di Miramare e a Trieste. Nel 1890 l'amministrazione comunale realizzò il nuovo Stabilimento Balneare e il grande Restaurant sul mare, progettati dall'ing. Benussi. La costruzione in legno su palafitte di rovere con al centro il ristorante, una terrazza a mare e ai lati gli spogliatoi, ricalca quella degli stabilimenti realizzati a Viareggio e a Rimini. All'ospite dell'Isola che l'aveva scelta per trascorrervi un soggiorno tranquillo, senza sfarzi e senza eccessi, era a disposizione il Kursaal, la sala di cura destinata alla "lettura, concerti e divertimenti", oppure poteva scegliere tra una passeggiata e un'escursione in barca all'ora del tramonto. Bellezza contenuta, come quella delle signore della media borghesia viennese in vacanza con i figli bisognosi di aria e di mare.
Il "piccolo paese di pescatori", senza alberi, che poteva essere percorso in mezz'ora e la passeggiata trasformarsi in un misero tran tran, permeato da "un intenso odore di sardine arrostite in una nuvola di sapori o talvolta da un puzzo di quelle marcite al sole", non si adattava all'alta borghesia e alla nobiltà che alle "spaziate visioni del mare, dai cieli di levante e di ponente con voli delle nubi mattutine e serotine, dai solenni corali del mare spazzato dallo scirocco" (Hevesi, 1905), preferivano il susseguirsi di concerti, di promenade, di partite a law tennis ed in particolare la frequentazione del beau monde per paura di essere condannate alla noia. Invece persone sensibili e romantiche, pittori ed artisti si sentivano coinvolti, intrisi dalla bellezza della laguna, dalla bellezza delle donne gradesi, popolane dalle gambe tornite come quelle delle statue greche, dal carnato che "si armonizza con i color abbaglianti della laguna, con la distesa opalina e scintillante delle acque, con la blavità sazia delle Alpi, con il verde serrato dei pini ...", oppure somiglianti alle Madonne veneziane dalle mani delicate, ritratte nei quadri di Bellini e ricordate nel carteggio rilkiano. Erano queste le impressioni sull'Isola.
Come Grado altri paesi di pescatori della costa istriana e dalmata si erano lentamente trasformati in mete turistiche senza compromettere le loro caratteristiche: vale per tutti l'esempio di Lussino. La natura lussureggiante, alternata alla costa scabra, la gente che viveva in condizioni ancora "primitive", fedele ai suoi costumi tradizionali, attiravano sempre più viaggiatori, desiderosi di "vivere appieno" la loro vacanza, scevra dalle "insidie" della moda.
I letterati ebbero un ruolo fondamentale nella ridefinizione del litorale, attratti dal gioco del sole, dell'acqua e della foschia nel paesaggio, dal basso costo della vita e dalla singolarità degli abitanti. I paesaggi vuoti lasciavano lo spazio per ritrovare se stessi: vi regnava la libertà dai ceppi della civilizzazione e dallo stress della vita in città: evadere da tutto era diventato l'imperativo categorico.
Riversarono le loro esperienze in memorie di viaggio, con cui seppero intrattenere i lettori alternando argomenti ameni a profonde riflessioni, a citazioni letterarie, ad emozioni di fronte alle testimonianze del passato. Seguendo l'esempio di autori apprezzati come Heinrich Noé e Charles Yriarte molti viaggiatori si cimentarono nel riordino, nell'integrazione e nella voltura in bello stile delle osservazioni raccolte quotidianamente. Molti di loro riuscirono nel loro intento, altri si scoraggiarono di fronte agli ambiziosi propositi. Proprio perché libri di intrattenimento, "influenzarono" le scelte sulle mete turistiche; in particolare i libri di Heinrich Noé e di Josef Rabl ebbero grandissimo successo, sì da avere diverse edizioni.
Gli stessi scrissero anche raffinate guide letterarie, i cui itinerari alla scoperta di sempre nuove emozioni, stimolarono la curiosità del viaggiatore ad intraprendere il viaggio nel giardino meridionale dell'Impero, senza uscire dai suoi confini.
La graduale standardizzazione del viaggio creò una nuova economia del tempo, ma anche una monotonia scandita dall'incedere lineare del treno o dallo sbuffo regolare del piroscafo. I viaggi per mare che fino ai primi quarant'anni del secolo richiedevano tempi di attesa lunghi e imprevedibili perché cambiasse il vento, si placasse la burrasca o finisse la bonaccia, erano solo un lontano ricordo. Specializzati nella navigazione lungo la costa istriana e dalmata erano il Lloyd Austriaco con partenza da Trieste e la "Ungarische Seeschiffahrts A.G. Adria" attiva dal 1891 con partenza da Fiume.
A queste compagnie si rivolgeva il "Touristenverein für die Adria" che, dagli anni '90 dell'Ottocento, seguendo l'attività dell'"Österreichischer und Deutscher Alpenverein" (Club alpino austriaco e tedesco), promuoveva viaggi lungo la costa orientale dell'Adriatico. Il litorale, riuscendo così accessibile a molti, sarebbe diventato per i più una meta in cui collezionare sempre nuovi panorami.
La scoperta delle coste stando seduti comodamente in lussuosi salotti, la fruizione dei luoghi, lo spostarsi di corsa da una tappa all'altra senza autoconsapevolezza costituì la vera esperienza del viaggio. Il senso di sollievo che si ritrovava a sedere nella sala da pranzo nei posti abituali, circondati dalle persone amiche, garantiva una voluttà rassicurante: la sicurezza si coniugava al lusso, il fascino del nuovo si stemperava in una sorta di noia perché tutto accadeva come da copione: il viaggiatore era ormai un perfetto turista.
Negli anni Dieci del XX secolo la Dalmazia "das Land der Sonne", conosciuta anche oltre oceano, si qualificava prima meta turistica dell'Impero austro-ungarico. La politica intelligente del "primo ministro per il movimento forestieri", il parlamentare e cofondatore con Lueger del partito cristiano-sociale Albert Gessmann, di favorire il turismo interno, non rimase senza risultato: l'abbassamento dei costi dei biglietti ferroviari incrementò il traffico su rotaia, spingendo anche coloro che disponevano di mezzi limitati a "seguire la moda" soggiornando, seppur in condizioni modeste, nelle stesse località di chi poteva permettersi di essere circondato dal lusso.
Su questo principio di "imitazione" si basa il turismo moderno. Anche le classi meno abbienti poterono alla fine permettersi di andare in villeggiatura. La rete ferroviaria decretò sin dall'inizio lo sviluppo di alcune regioni rispetto ad altre: ad esempio la ferrovia del Brennero fino a Bolzano, di cui si serviva l'Inghilterra per trasportare la posta inglese in India, incrementò il numero di turisti inglesi. Ma con la ferrovia ci si poteva spostare anche per brevi tratti: basti pensare al ruolo che assolse sin dall'inizio la linea ferroviaria Wien-Gloggnitz inaugurata il 5 maggio 1842, quando in soli due ore il turista raggiungeva la meta e ritornava a casa in tempi utili. Dal tempo in cui era scoppiata all'improvviso la moda per l'escursione giornaliera in montagna, intesa come necessità fisica e psicologica-democraticizzazione del paesaggio o la semplice passeggiata nel verde alpino, il Semmering, paradiso "artificiale" era diventato la destinazione di viaggi di piacere (Vergnügungsfahrten), cui partecipavano anche persone di bassa estrazione sociale che usufruivano dello stesso servizio viaggiando scomodamente in terza classe. Lo sviluppo turistico aveva interessato tutta la zona intorno al Semmering, in particolare la Schwarztal, e soprattutto Reichenau, innalzato a luogo di cura internazionale, promosso dalle prescrizioni mediche che esigevano dai pazienti escursioni all'aria aperta lungo sentieri appositamente costruiti e di graduale difficoltà e una regolare cura delle acque. Nasceva in questo periodo la "cura atmosferica" basata su bagni di sole e di aria, avviata da Rikli a Bled e dal dottor Georg Flatz sul Mondsee. Il turismo curativo e ricreativo, che raggiungerà il suo culmine nel primo decennio del XX secolo, venne sostenuto dalla rete ferroviaria che consentiva a migliaia di persone di raggiungere la destinazione di cura, in cui natura e architettura si fondevano in modo armonioso. Escludendo i grandi centri termali boemi, Franzensbad, Karlsbad e Marienbad e Baden presso Vienna, frequentati dall'élite del mondo aristocratico, politico e intellettuale, i vari Kurorte, il cui decollo risulta collocabile nella seconda metà del secolo XIX, seppero organizzare il proprio sviluppo, rivolgendosi, attraverso una serie variegata di risposte salutiste, ad un bacino di utenza dotato sia di risorse finanziarie sia di tempo libero e disponibile a fruire delle loro potenzialità. Una politica turistica intelligente che si evidenziò particolarmente sul finire del secolo, allorché il turismo salutista, adeguando l'offerta alla nuova domanda, si aprì anche ai ceti medi. Nell'anno di massima espansione del turismo, ossia il 1912, tra i Kurorte della parte austriaca della Monarchia (Baden, Ischl, Bad-Gastein, Meran, Karlsbad, Marienbad, Franzensbad) il luogo più frequentato era Karlsbad con complessive 166.636 presenze: era tuttavia l'unico luogo, rispetto agli altri, in cui gli ospiti in cura prevalevano sui turisti.
Lo spostarsi, l'uscire, la Sommerfrische (villeggiatura) diventò una condizione irrinunciabile di cui anche la classe piccolo borghese non poteva farne a meno. Se per i viennesi alto borghesi il Semmering era diventato la loro meta preferita in tutto l'anno - con lungimiranza la Società della Ferrovia Meridionale aveva iniziato a offrire non solo comode sistemazioni nei suoi hotel, ma anche pacchetti "tutto compreso" (organizzazione di corsi di sci, gare sportive) - non erano pochi quelli del ceto medio che affittavano ogni anno lo stesso appartamento nel verde, normalmente per dodici settimane, affinché i bambini si irrobustissero respirando la salubre aria alpina. Con il Tarockzug - chiamato così perché il viaggiatore durante il percorso si concentrava sulle carte già predisposte dal personale ferroviario - il funzionario imperiale raggiungeva nel fine settimana la famiglia per ripartire il lunedì di buon'ora con l'Hofratzug, insieme ai suoi colleghi, consiglieri imperiali. Alla portata di tutti erano le colline fuori Vienna e la Bassa Austria dove bastavano 9 K al giorno (compresi ferrovia, tragitto in carrozza, escursione, piccoli acquisti), mentre più cari erano il Tirolo e il Salisburghese. Molti comunque potevano permetterselo, se si pensa che lo stipendio mensile di un impiegato medio era di 300 K, di un funzionario e militare di 500 K. Escludendo il Semmering, Abbazia (quest'ultima inserita negli otto Kurorte più frequentati della Monarchia) ed i luoghi termali di Karlsbad, Marienbad e Franzensbad, frequentati da nobili e da possidenti, l'Austria con le sue Alpi, le sue spiagge e le sue coste rimase la meta di un turismo di medio ceto.
Esemplificativa è la relazione del dr. Otto Kölner del 1913 che alla richiesta di investire su un turismo elitario, motiva il suo diniego affermando che il Tirolo o la Carinzia non sono la Svizzera: "Se noi esaminiamo la provenienza annua di oltre 60 milioni di corone dobbiamo convenire che 10 milioni provengono dalle stazioni termali boeme, altri 10 milioni da località frequentate dall'élite come Abbazia e Merano e gli altri 40 milioni? Dai villeggianti, dai turisti, dagli 840.000 stranieri che ogni anno soggiornano in Tirolo, dagli amanti della montagna e del mare che in estate affollano le carrozze di terza classe dei treni passeggeri." È in certo qual senso la risposta al programma di Gessmann, che intendeva incrementare, attraverso un deciso marketing, l'affluenza degli stranieri, puntando sulla bellezza delle Alpi, sui luoghi di cura e sullo sport alpino invernale, senza tralasciare di "convogliare" i viaggiatori lungo itinerari prestabiliti ricchi di città come Praga e Cracovia ma convergenti a Vienna. Bellissimi manifesti pubblicitari di destinazioni turistiche raggiungibili con la ferrovia, realizzati dall'abile grafico-alpinista Gustav Jahn, continuarono a far bella mostra di sé nelle esposizioni internazionali, negli uffici turistici all'estero e nelle sale di attesa delle stazioni; la pubblicità, elemento chiave per lo sviluppo del turismo, "doveva agire sulla scelta di una meta turistica o sulla scelta della permanenza" sosteneva Josef Stradner. Si trattava di un'azione consapevole, mirata e pianificata, risultato di una combinazione tra domanda e offerta che aveva come obiettivo l'attirare in loco viaggiatori provenienti da altri Paesi. L'aveva capito bene Friedrich Schüler, direttore dell'i.r. privata Società della Ferrovia Meridionale, che si era avvalso di ogni strumento convincente per lanciare sul mercato destinazioni turistiche. Il successo dell'impresa premiò la sua felice intuizione, anche se Schüler, venendo a mancare nel 1894, non assistette all'imporsi del Semmering su scala mondiale. Solo alcuni anni dopo ci sarebbero state le prime automobili e le prime cicliste sfrecciare lungo le sue strade: il Semmering, luogo alla moda, dettava nuovi canoni estetici e lanciava nuove tendenze. Qui le donne si sentivano finalmente libere ed emancipate, indossando abiti consoni, semplici e funzionali, così le prime cicliste, le prime sciatrici, le prime donne in pantaloni, le prime automobiliste.
L'ebbrezza della velocità, la libertà di fermarsi e di spostarsi, di conquistare da sole, autonomamente, mete altrimenti imposte da altri furono apprezzate dalle donne che non disdegnavano di vestirsi con praticità senza tralasciare una nota di civetteria indossando un caschetto di pelle che pur proteggendo dalla polvere lasciava sfuggire qualche ciocca di capelli. "Il piacere di un viaggio in automobile è incomparabile" scrive la rivista "Elegante Welt" nel 1915, suggerendo di mettersi al volante, dal momento che il fascino del viaggio sta proprio nel guidare l'automobile, premendo l'acceleratore, verso la meta desiderata.
La nuova, indipendente e individuale mobilità accentuò "la fuga nel verde." Se il treno trasportava velocemente le persone da un punto all'altro, senza che potessero apprezzare e conoscere le bellezze del paesaggio attraversato, l'automobile soddisfaceva lo spirito d'iniziativa e il piacere della scoperta e, coniugandosi con le antiche forme del viaggiare, faceva riscoprire il senso dell'avventura, il desiderio di appropriarsi di altre culture, di confrontarsi con l'inaspettato. Ma non solo: guidare una macchina era sinonimo di lusso, eleganza e sport. Non ci si doveva più sentire ingabbiati in orari, in preda all'angoscia di trovare un posto in scompartimenti sovraffollati, pieni di fumo. Correre lungo le strade di campagna significava esprimere la propria libertà: le guide per automobilisti e ciclisti raccomandavano escursioni nel Wienerwald, nella Wachau, al Semmering, ma non da meno nelle nostre regioni. Non era insolito che i paesi fossero attraversati dai nuovi eroi, orgogliosi domatori della velocità e della tecnica, di cui si riusciva a scorgere una testa infilata in un semplice copricapo in cuoio morbido e nascosta dietro grandi occhiali scuri.
L'automobile rimaneva comunque un mezzo di èlite. Il trasporto avveniva solitamente con il treno. Lo si prendeva per effettuare escursioni di un giorno in montagna, come lo attestano moltissime guide dell'epoca scritte anche da Josef Rabl, da alpinisti e da amanti della montagna attivi nel Club alpino austro-tedesco e in diversi altri. Incrementare l'escursionismo alpino con il supporto logistico del "Deutscher-Österreichischer Alpenverein" (dal 1873), dell'"Österreichischer Alpen-Club" (dal 1878) o di altri club alpini, creare sentieri, attrezzarli turisticamente, costruire rifugi, punti panoramici, alberghi, sostenere finanziariamente le Federazioni locali pro movimento forestieri, pubblicizzare le regioni alpine e le località marine, collaborare strettamente con il Ministero delle Ferrovie, già responsabile di promuovere il movimento forestieri, per introdurre tariffe basse: questo era stato il programma di Gessmann. Anche se la campagna pubblicitaria aveva interessato località competitive con la Svizzera e la Baviera, erano state lanciate o "rivalutate" stazioni turistiche toccate dalla rete ferroviaria dell'Alpenbahnprogramm che si era conclusa nel 1909 con l'apertura della Ferrovia dei Tauri. La regione delle Alpi Giulie, meta di alpinisti inglesi e di persone spartane, venne tuttavia solo in parte beneficata. Mentre Veldes/Bled si era per tempo preparata ad accogliere nei suoi moderni alberghi gli ospiti che arrivavano con la Transalpina, la mancanza di strutture e di confort minimi nella Wochein avevano rallentato l'arrivo di alpinisti provenienti da altre regioni dell'Impero. L'affascinante percorso della Transalpina, la pubblicità delle bellezze naturali attraverso guide edite in diverse lingue dal Ministero delle Ferrovie, l'appoggio dei Landesverbände di Trieste, della Carniola e della Carinzia, non riuscirono a far decollare il turismo montano, che rimase "patrimonio" di locali, abituali passeggeri dei Wintersportzüge. Volano turistico fu invece la Wocheinerbahn (Transalpina) che acquistando importanza dopo l'apertura della Ferrovia dei Tauri, diventò il mezzo più veloce per i viaggiatori e i turisti del Centro Europa di arrivare all'Adriatico. Se ne avvantaggiò parzialmente Gorizia, che lesinò sempre di investire in un'adeguata e accattivante depliantistica e nella cura stessa della città, nonostante riviste come "Der Fremde"del 1910 mettessero in evidenza il clima mite e la sua posizione geografica "un Eldorado lontano dai circuiti turistici", mentre le località marine Sistiana, Grignano, Trieste, iniziarono ad occupare pagine intere di riviste turistiche. Dal 1909 Grado registrò un incremento di forestieri provenienti dalla Baviera, dalla Boemia, dalla Moravia e dall'Ungheria. Nel 1910 erano 11.235 (Österreichisches Statistisches Handbuch, 1911). Sempre più turisti erano convogliati verso le spiagge dell'Adriatico. Era di moda la "k.u.k. Riviera": oltre a Portorose, Brioni, Ragusa e la notissima Abbazia, piccoli villaggi come Arbe /Rab, Curzola, Lesina, diventarono mete frequentate, reclamizzate da riviste come la "Kärntner Reise-Zeitung" che cambierà la testata in "Kärntner Tauern-Adria Reise-Zeitung", sostituendo la prima copertina dai motivi secessionisti con due grandi fotografie del treno lungo la ferrovia dei Tauri e di alcune barche ormeggiate in un piccolo porto. Anche Grado con la sua spiaggia che come un morbido tappeto orientale estendeva i dolci fondali per chilometri fino in mare aperto, non era da meno. Offriva anzi ciò che le altre località non avevano: un mare di morbida sabbia che risplendeva nella dorata luce solare ed invitava irresistibilmente a partecipare con baldanza e a rotolarvisi e a giovarvisi. La copertina del Seebad und Kurort Grado im Österreichischen Küstenlande 1910, della pubblicazione edita dalla Kurverwaltung, mostrava le tende disposte in quattro file che correvano lungo l'arenile e la slanciata passerella di legno che portava al Badeanstalt, lo stabilimento balneare in legno con il grande restaurant a mare. L"`Adria", la rivista mensile di turismo che Josef Stradner, pubblicò tra il 1908 e 1909 (il primo numero uscì nel dicembre del 1908) assegnava a Grado il ruolo leader fra tutte le località marine per l'efficacia dei bagni d'aria, di sabbia, di mare e di sole. "Grado ist das Heilbad für das moderne Schulkind in der Großstadt" (Grado è il mare ideale per lo scolaro moderno della grande città) raccomandavano gli articoli dell' epoca. Sempre più famiglie con bambini giungevano a Grado, affrontando viaggi ancora estenuanti, per sottoporsi a quelle miscela salutare e terapeutica. Le stesse pubblicazioni della Kurverwaltung si premuravano di fornire informazioni dettagliate.
La spiaggia prescelta dal "pubblico" austro-ungarico e boemo abbisognava di un collegamento diretto con la terraferma. Il progetto della linea ferroviaria Cervignano-Belvedere fu caldeggiato dalle riviste turistiche dell'epoca che lo seguirono in tutte le sue fasi auspicando per l'Isola un ulteriore sviluppo. Sempre più persone salivano sulla carrozza per "Grado" nelle stazioni di Praga e Vienna. Ma non mancavano neanche ungheresi. Belvedere era il terminal ferroviario. Il 15 luglio 1910 alle ore 7.25 partì dalla stazione di Cervignano il primo treno a vapore che attraversando Terzo e Aquileia arrivò a Belvedere: gli ospiti, impazienti di raggiungere la loro meta, arrivavano finalmente nel porto, continuo andirivieni di piroscafi da e per Trieste, di vaporetti provenienti da Belvedere, di vapori da e per Aquileia; scendevano poi in serpentina dalla passerella per sciamare nelle calli preceduti da impeccabili facchini carichi di bagagli verso gli alberghi affacciati sulla spiaggia dorata.
Il viaggio si trasformava in un bene di consumo che conferiva uno status, mete anche culturalmente importanti in simboli di status da parte di turisti ingabbiati in una società viaggiante, paragonabile ad una società di attori, coscienti dei poteri che si generavano nel rispecchiamento delle apparenze. Il turista diventava allora spettatore passivo alla ricerca di divertimenti, straniero stravagante che avrebbe mutato solo la pelle della sicurezza familiare, isolato dall'ambiente ospitante e dalla gente del luogo, ma, inserito in gruppi guidati, si sarebbe sentito appagato del falso, inconsapevole della vita reale. Era ormai scomodo superare il confine dell'ordinario, della routine e raggiungere gradi elevati di conoscenza della realtà che si stava visitando, per avvicinarsi al vecchio ruolo del viaggiatore preindustriale che sapeva arrivare all"'autentico". Il turista non intendeva abbandonare il ruolo che la modernità imponeva.
Lo spirito del viaggiatore non può tuttavia venir meno. L"'arte del viaggiare" consiste per l'appunto nell'appagare la curiosità di scoprire ed apprezzare le differenze umane ed ambientali, lasciandosi plasmare dall"'altro", ricercando l'autentico e non riproducendo l'identico.

 

 

 

Marina Bressan

 

 

 

 

Come viaggiavamo nella Mitteleuropa 1815-1915                 © Edizioni della Laguna