IL REGOLAMENTO SULLE DILIGENZE POSTALI DEL 1838

 

 

 

Franco Obizzi

 

 

 

A. F. Botte, Carta Postale ed Itineraria d'Italia a S.M.I.R.A. Ferdinando I. s.l.,1846

 

 
E' indubbio che la "posta", intesa come sistema organizzato per il recapito della corrispondenza, sia nata dalla esigenza di inviare e di ricevere notizie. Sorta all'inizio per soddisfare le necessità di coloro cui spettava il potere politico o militare, l'organizzazione postale si estese poi gradualmente anche alle altre classi sociali, fino a diventare (ma siamo ormai alla fine del XVII ed al XVIII secolo) un servizio aperto a tutti. Sotto il profilo etimologico, invece, il termine "posta", derivando dalla espressione latina "posita statio", contrassegnava un luogo prefissato, ove era possibile sostare per far riposare i cavalli. Già i Tasso all'inizio del 1500 avevano sperimentato con successo questo metodo, quando, avendo ricevuto l'incarico di gestire il trasporto della corrispondenza per conto dell'imperatore, avevano istituito una serie di stazioni, situate ad intervalli regolari di circa quattro leghe (approssimativamente km. 30), dove i cavalli ed i corrieri venivano cambiati. In tal modo utilizzando, sempre forze fresche, si poteva aumentare in maniera sensibile la velocità del viaggio. Mutati i tempi e modernizzato il sistema, l'espressione "viaggiare in posta" rimase ancora per lungo tempo sinonimo di trasferimenti comodi e veloci, tanto da essere preferito da moltissimi viaggiatori, an-che perché non costretti ad occuparsi personalmente di tutti quegli incomodi che altrimenti avrebbero gravato su chi viaggiava per conto proprio: necessità di soste frequenti per far riposare i cavalli, ricerca del foraggio necessario, conoscenza del percorso e dello stato delle strade, pagamento dei numerosi pedaggi previsti per il transito su ponti o il superamento di guadi, e così via.
Responsabili delle stazioni di posta erano quasi sempre i "mastri di posta", imprenditori privati che ricevevano questo incarico in virtù di specifiche convenzioni o alle volte anche per successione ereditaria. I loro compiti andavano dal mantenimento dei cavalli e delle diligenze alla ospitalità dei passeggeri; talora, specie nelle località più piccole, si occupavano anche della raccolta e della distribuzione della corrispondenza. Il principio di concentrare più funzioni in capo ad un unico soggetto rispondeva, del resto, ad ovvie ragioni di praticità ed economicità.
Nel XVIII e nel XIX secolo l'intervallo tra una stazione e l'altra era sceso a 2 leghe (circa 15 chilometri): non è un caso pertanto che nel territorio goriziano le prime "stazioni di posta" siano sorte, oltre che a Gorizia, a Cernizza, lungo la strada verso Lubiana e Vienna, ed a Romans (inizialmente a Nogaredo), sulla via verso Palmanova e Venezia. A Gradisca, invece, esisteva fin dai primissimi anni del XIX secolo una "collettoria" delle lettere.
Nel 1800 non vi era ancora una netta differenziazione sotto il profilo organizzativo tra il trasporto della corrispondenza e quello delle persone. È vero che già nel secolo precedente si era cercato di attuare una sorta di divisione dei compiti costituendo nel 1749 la Amministrazione Generale delle Diligenze Postali (Haupt-Postwagen-Direction) con sede a Vienna, cui fu affiancata l'anno dopo l'Amministrazione Postale Generale (General-Postdirectorium) che si occupava soltanto dell'inoltro della corrispondenza. È però altrettanto vero che gli stessi percorsi continuavano ad essere usati per entrambe le esigenze, che gli stessi veicoli venivano utilizzati sia per il trasporto delle persone che dei pacchi e delle lettere e che anche i soggetti che si occupavano dei due rami di trasporto erano in buona parte sempre gli stessi.
Allo scopo di fissare alcuni punti fermi intorno ai quali costruire una disciplina organica della materia, l'imperatore Ferdinando I d'Austria promulgò il 5 novembre 1837 la "legge sulle poste". Scopo fondamentale della nuova disciplina era anche quello di fare in modo che "sia procurata al commercio ed all'industria de' nostri fedeli sudditi ogni possibile agevolezza conciliabile collo scopo e coll'indole dello Stabilimento delle Poste".
La legge affermava in termini generali il monopolio dello Stato in tema di trasporti postali, monopolio che si concretizzava o con la realizzazione e gestione di "Stabilimenti proprj (Stabilimenti postali)", oppure "colla percezione di un corrispettivo da imprese private" (§20). Compito della legge, però, era anche quello di stabilire i limiti entro i quali il monopolio doveva essere esercitato sia nel trasporto di cose, in particolare lettere o scritti periodici, sia nel trasporto di persone. A quest'ultimo proposito il §17 vietava a chiunque "di trasportare viaggiatori, cambiando i cavalli, sulle strade, lungo le quali esistono Stabilimenti postali dello Stato pel trasporto dei viaggiatori quando il viaggiatore non abbia già fatto entro il territorio austriaco e cogli stessi cavalli dodici leghe geografiche di non interrotto viaggio; oppure, qualora non avendo ancora percorso un tale tratto di strada, egli non si fosse fermato per lo meno 48 ore nel luogo dove segue il cambio dei cavalli." Del tutto opportunamente il successivo §18 precisava tuttavia che il divieto "non comprende il caso che un viaggiatore proseguisse il suo viaggio con cavalli propri".
Non vi era pertanto il divieto assoluto di percorrere con mezzi propri le strade riservate ai trasporti dello Stato; se però si decideva di farlo era necessario disporre di un numero di cavalli sufficiente per l'intero viaggio o, in alternativa, armarsi di tanta pazienza e procedere lentamente in modo da non sfiancare i cavalli oppure rassegnarsi a lunghe e dispendiose soste.
Visto che quelle che venivano chiamate strade il più delle volte altro non erano che viottoli stretti e tortuosi, la legge del 1837 si preoccupava anche di "regolare il traffico". Premesso che "i soli individui appartenenti al personale della posta possono servirsi della cornetta" (§33), era stabilito dal §34 che "all'avviso dato col suono della cornetta ogni altro attiraglio che si trovi sulla strada dovrà cedere il passo, quando ciò si possa fare senza evidente pericolo, per lasciar libero il corso a tutte le vetture in condotta della posta." Ovviamente, per la violazione di questo obbligo era prevista una pena adeguata "colla multa di due fiorini in moneta di convenzione a profitto della cassa dei poveri del luogo dove è seguita la contravvenzione" (§35).
Il legislatore austriaco si stava rendendo conto delle profonde modifiche che le nuove invenzioni industriali stavano introducendo anche nel settore dei trasporti. Così, nell'elaborare una disciplina riguardante i trasporti "per acqua e per terra", aveva ritenuto necessario anticipare che "il determinare i rapporti delle imprese di strade ferrate colla regalia postale è riservato a speciali disposizioni di legge" (§19). In effetti già da tempo si parlava di ferrovie ed i primi esperimenti erano già in atto. Nel 1832 era stata inaugurata la tratta Linz - Budweis della "ferrovia a cavalli". Si trattava di una via di mezzo tra presente e futuro: i vagoni correvano sulle rotaie, ma erano trainati da cavalli, ben 800 che, alternandosi, consentivano un viaggio che all'epoca doveva sembrare assai rapido, dato che il percorso di 128 chilometri veniva coperto in meno di 14 ore. Inoltre era in fase di costruzione la "Kaiser Ferdinans-Nordbahn" , il cui primo tratto, Vienna - Deutsch Wagram, era entrato in funzione proprio nello stesso 1837.
In quel momento, tuttavia, i mezzi usati in via quasi esclusiva per i viaggi erano ancora le carrozze trainate da cavalli. L'organizzazione postale si serviva di veicoli di vario tipo, sui quali potevano trovare posto anche taluni passeggeri. Si andava dalle vetture leggere e veloci, come le carrozze usate dai corrieri, destinate al trasporto della corrispondenza e soltanto in maniera residuale a quello dei viaggiatori, fino alle più comode e capienti "velociferi" e "malleposte". Vi erano poi i furgoni, detti anche "brancards", che servivano al trasporto di pacchi e che potevano ospitare, qualora fosse rimasto un po' di spazio, un solo passeggero. La comodità in ogni caso era molto relativa, perché anche le vetture più grandi disponevano all'interno soltanto di quattro posti e, poi, di uno o due "Cabriolet" all'esterno.
La legge sulle poste aveva la funzione "istituzionale" di dettare le disposizioni di carattere generale, che dovevano essere poi integrate da norme più specifiche. Nel 1838 pertanto furono emanati due regolamenti, l'uno relativo al trasporto delle lettere, l'altro, chiamato "Regolamento sulle Diligenze", concernente il trasporto dei plichi voluminosi e delle persone. Quest'ultimo regolamento, approvato con Decreto dell'I.R. Camera Aulica del 12 giugno 1838, dedicava l'intera seconda parte al trasporto di persone.
Dopo un generico richiamo al rispetto delle "vigenti prescrizioni di Polizia" ed alla necessità di munirsi del passaporto e del "foglio di passo nelle città ove occorre per la sortita" (§47), particolare attenzione era riservata alla esigenza di evitare occasioni di disturbo se non addirittura di pericolo per gli altri passeggeri. Così "le persone ammalate, lo stato delle quali manifestamente riuscirebbe molesto ai compagni di viaggio, in ispecie epilettici, affetti di espulsioni o di alterazione di spirito, come pure i ragazzi dell'età al di sotto di 4 anni non sono ammessi a viaggiare nelle Diligenze, salvo che tali persone o ragazzi al di sotto di 4 anni appartengano ad una famiglia che paghi le competenze di tariffa per tutti i posti di un legno e per tutto il viaggio. Non sono ammessi i ciechi se non con un'altra persona che gli accompagni" (§48). A maggior ragione "non è permesso di condurre seco cani nel legno, ed è lecito fumare tabacco in pipe ben chiuse nel solo caso che nessuno degli altri viaggiatori vi si opponga" (§50).
La convivenza poteva manifestarsi problematica anche nel corso del viaggio. In tal caso, "se un
viaggiatore viene sorpreso da una malattia per la quale manifestamente riesca molesto ai compagni di viaggio, oppure se egli si comporti in modo contrario alla costumatezza, l'Ufficio postale, presso il quale gli altri viaggiatori si sono querelati per mezzo del conduttore, gli ricuserà la continuazione del viaggio colla Diligenza
". (§51). In tutte le ipotesi sopra elencate alla beffa di non poter partire o di rimanere appiedati a metà percorso si aggiungeva anche il danno di non poter neppure riavere il prezzo pagato per il "biglietto" (§54).
Disposizioni precise valevano anche per "l'equipaggio", vale a dire per i bagagli che il viaggiatore portava con sé. "Ogni capo formante l'equipaggio deve essere munito di un contrassegno o del nome del viaggiatore con luogo di destinazione e coll'aggiunta Bagaglio."(§57). Anche qui però "non è permesso ai viaggiatori di prendere seco nel legno capi di equipaggio di troppo peso o volume, ed i compagni di viaggio non devono trovarsi disagiati per cagione di scatole, o di sacchi pei piedi o da viaggio troppo voluminosi" . (§ 59).
Norme così dettagliate e precise fanno comprendere come i trasporti postali potessero ormai servirsi di una organizzazione attenta ed efficiente. In un secolo di straordinario sviluppo delle industrie e dei commerci, del resto, era interesse generale che il trasporto delle merci e della corrispondenza ed anche quello delle persone avvenisse con rapidità e sicurezza.
E sono proprio le lettere di quel periodo che consentono ancora oggi di avere una idea abbastanza precisa dei tempi di viaggio. Gli uffici postali sia di arrivo che di partenza, infatti, imprimevano sulla corrispondenza un timbro con il nome della località e la data e verso la fine del secolo anche con l'ora.
Il timbro, ovviamente, riporta il momento della presa in carico da parte dell'ufficio postale e non quello della partenza o dell'arrivo effettivi della carrozza o del treno. Poiché però era prassi che le lettere fossero "imbucate" poco prima del tempo previsto per la loro spedizione e poiché anche la presa in carico da parte dell'ufficio di destinazione era quasi sempre immediata (grazie alla limitata quantità della corrispondenza e grazie anche al fatto che gli uffici erano di norma aperti giorno e notte), il tempo del percorso che può essere ricavato dai timbri postali è sicuramente molto vicino a quello effettivo. Applicando questo metodo si viene così a sapere, per esempio, che fino al 1840 il viaggio da Trieste, o da Gorizia, a Vienna aveva una durata di circa tre giorni. Poi, con la progressiva apertura di nuove tratte della Ferrovia meridionale, allora in corso di realizzazione, i tempi gradualmente si ridussero. Già nel 1856 da Vienna a Trieste bastavano meno di due giorni e a fine secolo addirittura meno di un giorno (più o meno 18 ore).
Certamente non è neppure pensabile il confronto con la velocità dei moderni mezzi di trasporto; tuttavia, se consideriamo come si viaggiava a quei tempi, bisogna concludere che la rapidità dei collegamenti era sicuramente più che soddisfacente.

 

 

 

avv. Franco Obizzi

 

 

 

 

 

 

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