VETRATE    GOTICHE
 

 

Giuliano Confalonieri

 

 

 



 

La vetrata gotica istoriata che siamo abituati a vedere soprattutto negli edifici religiosi è una composizione di figure o motivi grafici illuminata dalla luce naturale. Il progetto era abbozzato su una tavola di legno sulla quale venivano poi stese tessere di vetro di vario colore per essere intagliate nelle forme volute, contornate da fili di piombo fuso e riunite dentro il telaio della finestra, un mosaico trasparente formato da tessere di grandi dimensioni. Dal XII secolo si diffusero nell’architettura ecclesiastica poiché si ritenevano una metafora della divinità: “Le luci materiali, sia quelle disposte dalla natura negli spazi celesti, sia quelle prodotte sulla terra dall'umano artificio, sono immagini delle luci intelligibili e soprattutto della stessa Vera Luce”.

Nell’antico Egitto, la produzione di vetro si diffuse dal 2500 a.C. per la realizzazione di monili e scarabei, in Siria fu sviluppata la tecnica del vetro soffiato, la scuola di Aleppo era dedicata alla decorazione delle miniature mentre nel resto dell’Islam fu prevalente la produzione di lampade da moschea. Con l’affermarsi dello stile gotico gli schemi furono profilati con fili metallici circolari e le scene venivano risaltate dal contrasto. Il Duecento fu l’apice per questa forma espressiva: la Sainte-Chapelle di Parigi, Sainte-Radegonde a Poitiers e Saint-Père a Chartres diffondendosi poi nell’intera Europa. In Italia furono realizzate nel XIV secolo (le più antiche sono conservate nella Basilica Superiore di Assisi). I modelli erano elaborati dai più noti  pittori dell’epoca che introdussero la prospettiva: da Paolo Uccello a Donatello, da Andrea del Castagno al Ghirlandaio, da Filippino Lippi al Perugino (le più rinomate sono quelle del Duomo di Milano e della Certosa di Pavia).

 

 

I maestri vetrai francesi lavorarono a Bourges e ad Angers. Germania, Inghilterra, Spagna (Catalogna e cattedrali di Leòn e di Toledo) ebbero maestri fiamminghi.  Dopo un lungo periodo di inattività, la tecnica fu riscoperta nel 1839 con la vetrata eseguita in una chiesa parigina. Si riaprirono le botteghe artigiane per produrne nuove e  restaurare le antiche. Dopo la fase Liberty, malgrado l’interesse di pittori famosi, il loro utilizzo nel XX secolo fu rara.

La modalità della loro esecuzione è descritta dal monaco Teofilo nel XII secolo: il progetto veniva abbozzato su una tavola di legno sulla quale si posavano poi mosaici  vetrosi di vario colore tenuti insieme da fili di piombo. Nascono così i capolavori che arricchiscono le cattedrali e anche le aristocratiche dimore private. Quando si entra in questi enormi ambienti, si viene presi dalla sacralità sia per il silenzio sia per il senso di rispetto che inevitabilmente si insinua nel visitatore –  credente o laico – e la partecipazione si amplia proprio per la luce assorbita dal cromatismo imperante.

 

 

 

Giuliano Confalonieri

giuliano.confalonieri@alice.it