Vermeer, la sorte del pittore tanto 
		amato da Marcel Proust
		
		
		 
		
		Alessandra Doratti
		
		 
		 
		
		
		 
		
		
		
		
		La sorte di Vermeer è tra le più straordinarie non tanto per la sua 
		tarda comparsa nel campo della fama, quanto per la luce di gloria 
		definitiva che gli è venuta dall'elogio di Marcel Proust. Fino al 1866 
		l'opera di Vermeer non aveva suscitato molto clamore, e cioè fino a 
		quando il Bürger (Théophile Thoré) non scrisse un saggio su di lui.
		Egli non lasciò alle cronache alcuna traccia di sé salvo quella derivata 
		dal proseguimento con semplicità delle peripezie di una vita di buon 
		padre di famiglia e di rispettabile borghese di Delft. Il fatto più 
		saliente accadutogli fu d'esser stato scelto dai suoi colleghi ad 
		esercitare per un anno le funzioni di decano. C'è anche chi dice fosse 
		cattolico, e in quegli anni in Olanda la vita non era sempre tranquilla 
		e facile per chi lo fosse; ma nella sua opera non trapelano affatto 
		problemi di carattere religioso che gli avessero arrecato disturbo o 
		alcun genere di inquietudine.
		La sua pittura si manifesta insolita ai suoi tempi e prima, insolita nei 
		Paesi Bassi e anche altrove. Dei pittori che in Europa lo precedettero o 
		furono suoi contemporanei, solo un dipinto gli si può avvicinare. Si 
		tratta della "Madonna col Bambino" di Piero della Francesca a Urbino. Il 
		critico d'arte Roberto Longhi aveva visto e segnalato quella precedenza: 
		"... il grande Vermeer, il cui nome occorre tuttavia richiamare perché 
		la sua inclinazione di fondo verso la 'durata sentimentalÈ è pur già 
		tutta nei nottolini fulgidi delle sue seggiole, nelle sue brocche 
		incrostate di luci, e persino nelle tegole scintillanti che danno alla 
		celebre "Veduta di Delft" l'aspetto di una "natura morta di città"'.
		In Vermeer le figure non hanno né pretendono di avere maestà. Sono 
		persone che per abitudine non escono dai quei limiti prefissi a un 
		vivere di medio ceto, e tutt'al più, potrebbero arrivare a eleggersi 
		quei limiti ambiti da chi sia molto semplice in tutto, e lo sia quindi 
		anche nel sentire e nell'immaginare. Ciò non toglie nulla alla 
		profondità, la giusta misura della profondità, quella misura che è 
		indispensabile aiuto nel raggiungimento di un vero che non superi le 
		misure della persona umana, che anzi si trovi, nei limiti stessi della 
		persona umana, presente, ad affermare l'indeterminatezza della poesia 
		persuadendola ad emergere. Un lato da tenere in considerazione: quello 
		dal quale Vermeer vede e attesta, tra l'imperversare del verismo degli 
		altri maestri olandesi, la negazione di quel loro verismo e di ogni 
		altro verismo, rimanendo fedele al vero.
		Subito Vermeer appare come un'antagonista degli altri maestri, forse 
		inconsapevole. Esporre visibili alla gente che passava, dai vetri 
		dell'ampia finestra che dava sulla strada, stoviglie di rame lustro 
		appese alle pareti, coperte di cuoi cordovani, sedili accuratamente 
		scolpiti nelle loro parti di legno, mobili e ogni altro oggetto, specie 
		se esotico o prezioso, era uso in Olanda, per ostentazione del proprio 
		benessere. Compito del maestro era dunque di dipingere con meticolosità 
		eccezionale e di far somigliante, più di quanto avrebbe dovuto, al vero, 
		come succede oggi con la fotografia.
		Anche se Vermeer, come gli altri maestri, si dedica agli interni, il suo 
		scopo principale non è questo, egli cerca altro: cerca la luce.
		Vermeer più che la luce ha trovato il colore, un colore vero, dato nella 
		sua assolutezza. Se in Vermeer la luce conta è anche perché la luce ha 
		un colore, il colore di luce, e quel colore lo si vede come un colore 
		per se stesso ed egli ne isola l'ombra. Nemmeno i volumi contano per 
		lui, intrisi di luce, balzati in avanti, protesi, con tanto pudore, con 
		tanta ansia, con tanto dolce trepidare da lui ritratti. Conta il colore. 
		Sono dunque fantasmi quelle persone, la moglie, o una figlia, o lui 
		stesso, quelle persone famigliari ritratte, quegli oggetti consueti, 
		evocati? È possibile. Il vero resta nella giusta sua misura, pur 
		scappandone e divenendo metafisico, facendosi idea, forma immutabile, 
		per non divenire alla fine se non puro colore, o meglio ancora, misurata 
		distribuzione di colori puri, che si compenetrano l'un l'altro e l'un 
		l'altro si isolano.
		Per quanto riguarda il rapporto dell'arte con la natura Vermeer è 
		costantemente equilibrato. L'equilibrio è raggiunto senza fatica alcuna, 
		senza stanchezza, di primo acchito, spontaneamente, pur semplice, 
		immediata congiunzione dell'ispirazione alla forma.
		Prendiamo ad esempio alcuni dipinti: "La merlettaia" è china sul lavoro. 
		È sguardo che si concentra, è assenza da tutto il rimanente che non sia 
		quel lavoro, quel moto di dita che annodano i fili in trame leggiadre. 
		Dita e sguardo non cessano mai di muoversi di quel moto che si muove 
		fermo per sempre. L'idea dell'infinità, di una familiarità con il 
		silenzio, di un'esistenza immutabilmente quotidiana, semplice, l'idea di 
		una solitudine e tutto il resto muto: questa è l'idea di Vermeer. 
		Nessuno potrebbe dire il contrario.
		Un altro esempio è la "Donna che scrive una lettera". Che cosa mai avrà 
		da raccontare? La fronte spaziosa s'è volta un po' di lato, china verso 
		gli occhi riflessivi. Cerca di connettere; le si affollano in mente 
		troppi pensieri. Le dita intanto si affusolano mostrando la grazia delle 
		mani carezzevoli che posano, un pochino grassottelle, una in abbandono 
		sul foglio, l'altra trattenendo la penna impaziente di tornare a 
		scrivere care frasi.
		Come sarebbe possibile arrestare meglio di così l'idea dell'assenza? Non 
		un'idea angosciosa. Un'idea di infinita tenerezza, con appena un soffio 
		di malinconia.
		È la ricchezza della solitudine di una giovane persona umana femminile, 
		di una giovane donna che guarda senza alcuna fissità né fissazione, ma 
		con un dolce slancio salito dall'anima, la persona assente, invocandola, 
		senza disturbare il silenzio, accrescendolo all'infinito. Forma e 
		contenuto hanno mai assimilato fondendosi una maggior giustezza di metro 
		umano?
		Potremmo dunque ormai avere già qualche nozione su Vermeer e su ciò che 
		lo separa dagli altri maestri suoi contemporanei, sull'importanza che ha 
		per lui la luce, considerandola a sè, come essa stessa un colore; 
		sull'equilibrio e l'immedesimazione che sempre raggiunge nei suoi 
		dipinti tra arte, idea e natura, rispettando nel vedere, sentire, 
		fantasticare, le persone e gli oggetti secondo le naturali apparenze del 
		loro vero.
		
		 
		
		 
		
		
		
		Johannes Vermeer - Veduta di Delft, 1660
		
		 
		
		 
		
		La vita e le opere
		
		
		Johannes Vermeer nasce nel 1632 a Delft, secondo figlio di Reyner e 
		Dymphna Vos. Nel 1653 sposa Catharina Bolnes che proviene da una ricca 
		famiglia cattolica di Gouda, trasferitasi poi a Delft. Il matrimonio 
		viene celebrato secon do il rito cattolico (sebbene Vermeer fosse 
		calvinista), per superare la resistenza della madre della sposa. In 
		questo stesso anno il pittore viene ammesso nella ghilda dei pittori di 
		Delft. Nel 1654 la pittura di Vermeer viene elogiata pubblicamente da 
		Arnold Bon; mentre invece l'osteria paterna viene danneggiata 
		dall'esplosione della polveriera di Delft. Il padre del pittore, 
		albergatore e mercante d'arte muore nel 1655. Nel 1656 Vermeer data "La 
		mezzana" uno dei suoi dipinti più famosi. Seguentemente (1657) 
		difficoltà economiche costringono il pittore a far ricorso ad un 
		prestito di duecento fiorini. Nel 1662 Vermeer viene eletto vice decano 
		della ghilda di San Luca. Balthasar de Monconys l'anno seguente fa 
		visita al pittore: secondo la sua testimonianza egli non aveva sue opere 
		presso di sé. Nel 1664 nasce il figlio Johannes e probabilmente egli 
		dipinge il famoso "Concerto a tre" e la "Pesatrice di perle".
		Nel 1667 la flotta olandese penetra nel Tamigi e ottiene una clamorosa 
		vittoria. Il tratto di Breda mette fine alla guerra con l'Inghilterra e 
		agli olandesi spettano l'Indonesia e il Surinam e agli inglesi i 
		possedimenti olandesi in America Settentrionale. L'anno dopo viene 
		stipulata la Triplice Alleanza tra Olanda, Inghilterra e Svezia.
		Nel 1670 muore la madre del pittore, che eredita la locanda Mechelen. 
		Nel 1672 Vermeer è di nuovo eletto vice decano della ghilda di San Luca. 
		È chiamato per la valutazione tecnica di alcuni quadri di scuola 
		italiana che giudica falsi. Affitta l'osteria Mechelen e cambia 
		domicilio; intanto scoppia la guerra d'Olanda e Luigi XIV invade i Paesi 
		Bassi. Il malcontento popolare travolge il governo di Jan de Witt, che 
		viene ucciso. I francesi saccheggiano e devastano il paese, gli olandesi 
		si difendono allagandolo, aprendo e demolendo le dighe. Le truppe 
		francesi si ritirano, lasciando alle loro spalle un paese devastato.
		La suocera delega il pittore per la cura di alcuni suoi affari, a 
		testimonianza di un rapporto di fiducia consolidato con la famiglia 
		cattolica della moglie. Nel 1675 il pittore contrae un prestito di mille 
		fiorini. La suocera gli affida la sua tutela in una questione 
		testamentaria. Aumentano le difficoltà economiche. Il 15 dicembre il 
		pittore muore: la vedova, a distanza di tempo, ricorderà lo stato di 
		abbattimento dovuto alle difficoltà finanziarie del marito, morto quasi 
		all'improvviso.
		
		 
		
		 
		 
		
		
		
		Alessandra Doratti