VENEZIA APERTO VETRO

CHIHULY OVER VENICE

 

 

Antonella Bellin

 

 

 

Ricordo con molta nostalgia la mia esperienza, risalente ormai a più di dieci anni fa, quando ebbi l’opportunità di accompagnare per Venezia in qualità di interprete, ma soprattutto veneziana, l’artista americano Dale Chihuly invitato ad esporre le sue opere in vetro per la prima Biennale Internazionale del vetro contemporaneo: VENEZIA APERTO VETRO.

Esperienza divertentissima, in quanto l’artista non voleva esporre all’interno delle sale dei Musei, ma all’esterno per tutta la città.

Esporre opere d’arte per Venezia non era una novità, ma il progetto di Chihuly era estremamente innovativo per il tipo di installazione, per la tipologia delle opere, per i luoghi scelti che non erano i più ammirati e conosciuti di Venezia ma al contrario luoghi nascosti, particolarmente suggestivi e in sintonia con lo spirito artistico per cui erano state realizzate.

La mostra, curata dal critico d’arte e storico del vetro Dan Klein, con la collaborazione di Attilia  Dorigato e di una commissione internazionale composta da 15 specialisti dell’arte del vetro, ospitava le opere di più di 100 artisti internazionali.

 

 

Veniva inaugurata a Venezia il 12 Settembre 1996, in alcune sale del Palazzo Ducale, Museo Correr e il Museo Vetrario di Murano.

Tra le 26 installazioni esposte, la più stravagante, la più innovativa risultava essere quella presentata dall’artista americano Dale Chihuly intitolata: Chihuly over Venice.

Questo artista formatosi presso la fabbrica di Venini nel 1968 era considerato l’artista americano più creativo ed eccentrico del momento per quanto riguardava la realizzazione di grandi opere in vetro soffiato.

Attualmente più di 170 musei sparsi in tutto il mondo espongono opere di Dale Chihuly.

Chihuly over Venice era un progetto elaborato dall’artista fin dal 1995 per collocare i suoi “chandeliers” sopra i canali di Venezia. Questo progetto voleva essere un tributo alla città di Venezia, culla spirituale delle tradizioni del vetro, ma allo stesso tempo la celebrazione di qualità quali ,ambizione, invenzione, creatività che sono alla base di ogni successo artistico.

Doveva essere un confronto tra la tradizione e le potenzialità espressive del vetro contemporaneo.

 

 

L’invito a partecipare a Venezia Aperto Vetro si rivelò un’opportunità unica per realizzare il suo progetto. Cominciò a realizzare le sue prime opere a Seattle nel suo laboratorio chiamato Boat-house poi decise di realizzare le opere successive in collaborazione con altri artisti del vetro operanti in vari paesi del mondo.

Le opere esposte avrebbero dimostrato come tecniche, tradizioni, linguaggi artistici estremamente diversi avrebbero potuto abbattere quelle secolari barriere che costringevano il vetro veneziano in un anacronistico isolamento.

Assolutamente convinto del suo progetto si recò prima in Finlandia dove, ispirato dall’incredibile ambiente naturale, realizzò alcuni ”chandeliers“ da collocare tra gli alberi, lungo le rive di un fiume sperimentando il rapporto tra il vetro e il mondo naturale circostante.

Successivamente andò in Irlanda dove insegnò ai maestri vetrai irlandesi le potenzialità del vetro colorato a loro sconosciute.

A sua volta imparò da loro la tecnica del cristallo realizzando il primo chandelier completamente in cristallo, forse il più bello presentato alla mostra.

L’ultima tappa fu il Messico dove imparò un’altra tecnica, quella delle superfici specchiate realizzando un altro splendido “chandelier” da poter esporre alla mostra.   

Alla fine di Agosto del 1996 Chihuly e il suo team arrivarono a Venezia per la fase finale del progetto, l’installazione di 14 immensi ”chandeliers” soffiati in Finlandia, Irlanda, Messico e Stati Uniti.

Dopo un accuratissima ricerca dei luoghi più adatti per valorizzare le sue opere, Chihuly scelse campielli, chiostri, canali e giardini che in qualche modo gli facessero rivivere le sensazioni provate in Finlandia, Irlanda e Messico.

Solo uno, quello realizzato a Seattle, doveva essere collocato all’interno di Palazzo Ducale.

 

 

Cosa sono i “chandeliers” per Chihuly ?

 

Come dice lui stesso “non sono dei veri lampadari, non vengono usati come lampadari, ma sono delle sculture. Possono essere appesi come i lampadari tradizionali ma questa è l’unica cosa che hanno in comune.”

Le sculture di Chihuly, composte da centinaia di elementi diversi, unici per forma e dimensione ma  in relazione uno con l’altro per ottenere un effetto finale d’insieme assolutamente fantastico, sono il risultato del suo progetto di collaborazione tra gli artisti .

I suoi “chandeliers” sono molto colorati, devono rallegrare l’anima di colui che si sofferma a guardarli, così come i colori della tradizione pittorica veneziana continuano a rallegrare lo spirito dei contemporanei.

Forma, colore e luce queste sono le qualità che rendono le sue sculture assolutamente uniche.

Non devono essere composizioni statiche ma fluttuanti senza peso nell’aria o nell’acqua, quindi devono essere poste all’esterno dove a seconda della luce del giorno i colori assumono sfumature diverse fino a raggiungere l’apice della loro valorizzazione quando vengono illuminati durante la notte.

Per la maggior parte sono sostenuti da strutture tubolari in ferro adattabili a qualunque sito, con al centro una serie di reticoli di forma diversa sulla quale vanno fissati i vari elementi semplicemente con un cavetto d’acciaio.

La diversa struttura reticolare centrale genera la forma del “chandelier” ma ogni installazione varia assecondando la sensibilità dell’artista che fissa i pezzi .

Chihuly può contare sulla professionalità di tutti i componenti del suo team, sono tutti artisti in grado di realizzare le installazioni sotto la sua supervisione.

La città di Venezia costituiva un ambiente urbano assolutamente unico, combinazione di perfette architetture  ed elementi naturali, un contesto estremamente stimolante.

Chihuly Over Venice venne recepito in maniera fantastica dai cittadini veneziani animati dal desiderio di girare per calli e campielli per scoprire le “sculture colorate”, ma gli esperti del mestiere, i maestri  muranesi del vetro, all’infuori di Lino Tagliapietra, non riuscirono a cogliere il messaggio di Chihuly, visto solo come un eccentrico straniero che voleva insegnare loro un mestiere che proprio loro avevano insegnato a lui tanti anni prima.

 

 

Antonella Bellin