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 MUSEI  PARTICOLARI

 

Giuliano Confalonieri
 



 

     Talvolta il vocabolo museo tende ad ingannare perché lo si scambia con qualcosa di stantio, di vecchio, di cosa inutile; invece ogni reperto ha alle spalle una storia che aggancia tempo e spazio in un unicum senza possibilità di equivoci. Il Tempio delle Arti e delle Muse ha avuto origine ad Alessandria d'Egitto nel III secolo a.C. in collaborazione con la celebre biblioteca per poi diventare raccolta di pezzi antichi che adornavano lesale delle Corti italiane o disposti in giardini  come  quello realizzato da Bramante per Giulio II.  Si  diffonde dalla fine del Cinquecento con la sistemazione delle collezioni medicee del Palazzo degli Uffizi., le sontuose gallerie del  Seicento / Settecento curate dalle famiglie aristocratiche di Roma fino alle raccolte più modeste. Nella stessa fase storica si formarono le imponenti gallerie delle dinastie regnanti europee attraverso acquisizioni e trapassi dinastici, nuclei fondamentali dei futuri musei nazionali  nati  con lo scopo di  funzione sociale.  (didattica, promozionale, scientifica). La voce enciclopedica riporta: istituzione culturale pubblica adibita alla conservazione, all'ordinamento e all'esposizione di opere d'arte; luogo privilegiato, quindi — anche se non unico  —  dell'incontro tra arte e pubblico, con questo termine intendiamo oggi l’'insieme inscindibile del luogo fisico delle raccolte (edificio), delle opere e del loro ordinamento (allestimento), delle funzioni svolte dall'istituzione (didattica, promoziona­le, scientifica) e del suo ruolo sociale. L’avventura del museo come istituzione si è affermata insieme all’Illuminismo dopo il percorso assai prolungato del semplice collezionismo, ovvero la raccolta di ‘pezzi’ pregiati da parte dei ceti più abbienti. Il patrimonio artistico ‘protetto’  è destinato alla fruizione collettiva anche con l’ausilio di frequenti scambi temporanei delle opere tra le varie istituzioni internazionali. Le raccolte sono state depauperate dalle condizioni politiche e belliche (Napoleone e Hitler), dal mercato illegale e dalle dispersioni implicite nei rivolgimenti politici ed economici, a vicende di successione familiare o al  cambiamento dei gusti. Il patrimonio di una collezione privata, strettamente legato alle leggi del mercato dell'arte, ha sempre una caratteristica di instabilità, in quanto sottoposto a dispersioni e smembramenti dovuti a sconvolgimenti politici, economici o vi­cende di successione familiare.

Sant’Agostino (354/430) indica la coscienza individuale come depositaria del fluire dei fatti in rapporto alla creazione e all'eternità di Dio. La critica relativistica dà molta importanza alla posizione dell’osservatore ed all’influenza delle circostanze (“nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice”, Dante Alighieri). Il presente è un istante che non ha durata, il passato non è più ed il futuro non è ancora: la suddivisione del tempo, ovvero la successione dei momenti quotidiani, è dunque l’oggettivazione collettiva di un fenomeno astrale indecifrabile. Dal ritmo delle albe e dei tramonti a quello  delle stagioni, dal moto apparente delle stelle all’interazione dello spazio, dagli studi astronomici di Tolomeo a quelli di Copernico, dalle interpretazioni filosofiche di Cartesio e Spinoza a quelle di Kant e Heidegger. L’analisi di una dimensione che ricorda drammaticamente la vulnerabilità del vivere e la finitezza dell’esistenza si è concretizzata nell'usanza di misurare gli intervalli di tempo. Annota Aristotele: “l’osservazione del giorno e della notte, dei mesi e dei periodi degli anni hanno formato il numero e procurato la nozione del tempo e la ricerca intorno alla natura dell’universo” ovvero “la misura del movimento secondo il prima e il poi”.

 

Museo Bagatti Valsecchi creato alla fine dell’Ottocento dai fratelli Fausto e Giuseppe ristrutturando la dimora di famiglia a Milano: raccolsero dipinti e manufatti con l’intenzione di ricreare una abitazione del Cinquecento lombardo. Si impegnarono in prima persona nel ricupero del Palazzo con decorazioni e  raccolta di opere d’arte con la competenza derivata dall’attività di architetti al servizio delle famiglie nobili, oltre alla partecipazione sociale, a numerosi viaggi e all’uso sportivo di palloni aerostatici e velocipedi. La continuità della dinastia fu garantita dai cinque figli nati dal matrimonio di Giuseppe con Carolina Borromeo. La Fondazione è la raccolta di opere d’arte (il Museo omonimo fu aperto al pubblico nel 1994) inserita nel patrimonio del nostro paese è talmente vasta che la conservazione ed il restauro dei reperti (“operazioni svolte allo scopo di ripristinare la fruibilità di un’opera artistica che abbia subito alterazioni dovute a cause storiche o naturali”): l’arte in generale ha pochi mecenati come invece accadeva nei tempi passati. In architettura, gli interventi del Seicento  tendevano alla  salvaguardia del valore sacro ed al rilancio della tradizione liturgica, alla conservazione delle antiche costruzioni dedicate al culto, preservando le parti migliori. Le scoperte e gli scavi archeologici (Ercolano, 1738 - Pompei, 1748), ancora oggi alla ribalta della cronaca per il totale abbandono, introdusse­ro nuove esigenze di consolidamento dei monumenti: il reperto come testimonianza storica rimane tuttavia strettamente collegato alle condizioni economiche ed al disinteresse della società moderna per tutto quanto non  sia redditizio.

Nel corso del tempo sono affiorate opposte tendenze al ripristino dei monumenti, alla ricostruzione di opere perdute (Torre del Filarete al Castello Sforzesco di Milano), al completamento di imprese non terminate o al rifacimento delle facciate (Santa Maria del Fiore a Firenze, Duomo di Amalfi, Duomo di Arezzo). Il problema del restauro in pittura si coniuga con la necessità di recuperare l’intera leggibilità dell'immagine nei suoi valori iconografici e culturali come gli interventi motivati da impellenti necessità di conservazione (il recupero degli affreschi di Ghirlandaio e Botticelli prima della distruzione del Coro di Ognissanti a Firenze). Nacquero scuole dedicate (a Venezia nel 1778) ed i restauratori ebbero incarichi ufficiali per limitare il saccheggio delle opere d’arte. Il distacco degli affreschi fu praticato nell’Ottocento con risultati alterni secondo procedimenti tramandati di padre in figlio; anche il mobilio dei manieri deve essere necessariamente curato dall’incuria e dal trascorrere degli anni. Per la scultura, l’incremento delle collezioni di antichità e lo sviluppo del mercato internazionale consolidarono la pratica di integrare le mutilazioni degli oggetti e di ricrearne le parti con materiali diversi da quelli originali (per esempio il Laocoonte).  Nell’Ottocento lo scultore Antonio Canova si sdegnò per la proposta di restauro del Partenone perché comprese che  spesso le opere venivano definitivamente deturpate o camuffate da restauratori prezzolati dai mercanti che vedevano solamente il lato economico (oggi si tende a mantenere l’aspetto autentico nel  quale le integrazioni posteriori possano essere riconoscibili). Un caso particolare è l’affresco del Cenacolo di Leonardo conservato nella Chiesa  milanese di Santa Maria delle Grazie, la cui  storia tribolata inizia probabilmente per colpa dei ragazzi di bottega che prepararono malamente la parete sulla quale doveva nascere uno dei capolavori universali. Restaurato più volte, malgrado gli impianti di condizionamento ha perduto qualcosa dell’impatto autentico ma conquista comunque per l’immediatezza nella resa dei moti dell’animo attraverso i gesti e le espressioni (la medesima sorte è toccata  all’affresco Battaglia di Anghiari su una parete del Palazzo della Signoria a Firenze).

 

Museo Minici Zotti è il risultato di una donna appassionata A Padova è aperta al pubblico la Collezione Minici Zotti, “Museo di magiche visioni” dedicato alla “Lanterna Magica”, ovvero proiezioni di “quadri fissi e in movimento, dipinti a mano su vetro, autentici dell’Ottocento, con racconti e musiche d’epoca”. Nel catalogo della Mostra, la fondatrice  Laura Minici Zotti rammenta: “Tutto è iniziato casualmente: rovistando in un vecchio armadio della casa paterna a Venezia mi sono imbattuta in una Lanterna Magica in ferro nero e ottone. Non ne avevo mai viste ma fui subito attratta e incuriosita da quello strano oggetto impolverato. C’erano anche alcuni vetrini da proiezione. Decisi di saperne di più. Cominciai a studiare con passione, presi a viaggiare per acquistare ‘pezzi’ per quella che volevo diventasse una collezione vera e propria”.

Scopo della raccolta è quello di evidenziare uno dei tanti gradini sulla strada percorsa dai creatori di immagini per arrivare alla ‘phothographie animée’ dei fratelli Lumière: lanterne magiche con doppio o triplo sistema ottico per collocare i personaggi in ambientazioni diverse e gli accessori necessari per allestire proiezioni. Un campionario di marchingegni ottici e meccanici dopo le fantasmagorie alla reggia di Versailles per allietare la corte del Re Sole e dopo la naumachia dell’antica Roma riproposta fino al XVIII secolo. La borghesia consolidata dalla Rivoluzione Francese familiarizzò con le novità tecniche dell’Ottocento come il grammofono e la fotografia – strumentazioni artigianali realizzate accuratamente – oppure la mongolfiera collaudata nel 1783 e le sensazionali scoperte degli esploratori. Il perfezionamento nella lavorazione delle ottiche permise altresì la costruzione di proiettori che ingrandendo scene variopinte singole o in serie raccontavano storie con l’uso della dissolvenza, del cambio dei fondali e dei personaggi: la Collezione padovana è composta da locandine, scatole ottiche, iconografia varia, meccanismi d’animazione, 8.000 vetri dipinti dai miniaturisti.

 

 

Giuliano Confalonieri

giuliano.confalonieri@alice.it