L'estesiologia vagamente erotica nei colori della tavolozza di

 

Maddalena (Magda) Springer

(Trieste 1909 - )

 

 

Walter Abrami

 

 

 

A quarantacinque anni circa, nel momento di raggiunta maturità artistica e di assoluta completezza pittorica, ma nel contempo allertato dai primi perfidi, quasi impercettibili sintomi di prossima se non immediata decadenza fisica, Friedrich G. Pollack (Trieste 1876 - Bergen Belsen 1944), pittore meglio conosciuto con lo pseudonimo Gino Parin (desunto forse dal cognome di Scomparini che fu suo maestro) incontra Maddalena Springer, creatura minuta, deliziosa, avvenente.

Avvezzo nel cogliere con uno sguardo quasi impercettibile ciò che su di se esercita da sempre il fascino femminile e costantemente teso a 'rapirÈ per le sue tele le emozioni incantevoli e i sussulti che suscitano le donne, Gino trova subito Magda (così lei viene comunemente chiamata!) interessante, particolare, soprattutto diversa nello spirito dalle donne che abitualmente frequenta.

Lui semita vizioso, lei di origine tedesca (strano caso di un imprevedibile destino!), carattere fermo e deciso: fuggevole e impenetrabile talvolta, ma estrosa al punto da incuriosirlo Magda ventenne è l'espressione più pura della gioventù, è brillante, curiosa, d'intelligenza vivace; nel dialogo le sue battute sono sibilline, acute.

È appassionata di pittura e attratta dalla materia venata di lussurie di Parin che, come lei, ama i colori 'caldi' degli interni e le atmosfere particolari, ambigue, sanguigne.

La ragazza è abituata al lusso della sua ricca famiglia: il nonno è un antiquario famoso, suo padre, Giovanni, ha uno studio dentistico assai noto in piazza della Borsa.

Magda, primogenita di quattro fratelli (Renata, Necki e Hausie) vive in Villa Maria con cameriera, cuoca e altro personale di servizio pronto a soddisfare ogni desiderio di sua madre.

Forse è viziata, ma la sua educazione è comunque severa e lei cresce e vive 'tra cimeli d'arte e libri'. Non solo: suo padre è un entomologo, colleziona farfalle (e anche minerali meno delicati degli insetti) e ancor bambina egli le insegna ad osservare particolari minuti del reale, cosa che diventa per la fanciulla esercizio quotidiano.

Seduta al tavolo di pietra del giardino di casa, sotto un bel glicine, Magda impara a guardare forme e colori, a dare un senso grafico a quei fiori che amerà sempre e dipingerà per tutta la vita.

Essi saranno, alla fin fine, il soggetto più spontaneo, più ovvio della sua pittura, talvolta anche il più banale e stucchevole, talaltra il più sensuale e perverso.

Più Parin frequenta la Springer, più la indaga nell'intimo, ne capta gli umori e percepisce in maniera positiva anche la sua naturale durezza, più al pittore piacciono i grandi occhi neri di Magda: essi pure scrutano, raccolgono nobilmente le gestualità, recepiscono non solo le 'tentazioni' delle mescole, ma anche i tremori delle labbra, le sensazioni inesprimibili e s'impossessano disinibiti di un'occhiata pervasa di libidine, rendono propri i silenzi, le lunghe pause comunicative.

Talvolta essi, abbassati verso i pennelli, verso i colori sparsi sul banchetto di lavoro, lasciano liberi gli altrui sogni e i desideri.

Il giorno in cui Magda chiede a Parin di realizzarle un ex libris il pittore pensa ad una gatta simbolica, e caratterizzante la sua femminilità aggressiva, ma anche dolce.

Senza esitazione Parin traccia il piccolo felino frontalmente, seduto sugli arti posteriori sopra uno spesso volume, ma eretto come divinità egizia, allertato, la zampa destra in atteggiamento fiero, mascolinizzato e quella sinistra sospesa, pronta ad un gioco sinuoso o ad un graffio penetrante.

Gli occhi della gatta rivolti all'osservatore infine, grandi e quasi fiabeschi come nelle rappresentazioni sumere.

Alle spalle dell'animale Parin disegna una larga tavolozza, feticcio tutelare di intime confidenze, di segreti. Non a caso anche Sigmund Freud del quale essi spesso parlano con l'amica Otty Stock (sebbene quest'ultima prediliga Adler nella triade della grande Scuola di psicologia di Vienna), osserva che gli occhi hanno un ruolo importante nell'introdurre l'eccitazione sessuale; essi, nota il medico austriaco fondatore della psicoanalisi (e così pensa Parin!) sono la zona più lontana dall'oggetto sessuale, ma sono anche la zona che è soggetta ad essere la più frequentemente stimolata dalla particolare qualità dell'eccitazione. Ma sul concetto di Bellezza freudiano e sulle 'attrazioni' pariniane non è qui luogo di dire.

Sta di fatto, comunque, che Parin esercita su Magda ammirazione e una sorta di incantamento per la forte personalità (egli era famoso a Monaco dove aveva studiato per cinque anni all'Accademia, era stato introdotto da Raupp in una delle più celebri associazioni artistiche della città la Munchener  Kunstler Genossenschaft e nel 1913 aveva pure vinto una medaglia d'oro all'Internazionale, quanto in riva all'Adriatico!) e Magda più che un'ebbrezza su di lui che, come suggerisce oggi un'amica di entrambi desiderosa di rimanere nell'anonimato, "non era vecchio al punto di non interessarsi alla bellezza di lei" e al magico transfert di gioventù.

Con il passar del tempo, infatti, tra  la Springer e Parin s'insinuano armonie estetiche e simbiotiche melodie: se ne parlava allora nei frivoli salotti borghesi di Trieste forse immiseriti dal pettegolezzo provinciale e lontana reminescenza di quelli francesi (della marchesa de Rambouillet per esempio), ma caratterizzati comunque da una raffinata commistione di erotismo e intellettualità cosmopolita.

Sta di fatto che, sebbene per motivi del tutto diversi, l'incontro portò giovamento ad ambedue, ma per quanto riguarda esclusivamente la pittura l'unico vantaggio, come è ovvio, lo trasse l'allieva. Ma fino a che punto? A contatto con Parin Magda consolidò le esperienze precedenti acquisite sia all'Accademia di Belle Arti di Firenze sia presso lo studio del pittore-incisore Edmondo Passauro (Trieste 1893- 1969) alla fine degli anni Venti, prima che egli lasciasse l'Italia per recarsi in Belgio dove andò a stabilirsi.

La Springer fu certamente suggestionata e invogliata da Passauro: le lezioni di pittura nella sua 'scuola' la avvicinarono ad altri giovani, si misurò con essi, cominciò a prendere dimestichezza con i pastelli, con le matite grasse e i carboncini prima di prendere in mano i pennelli. Ma la li prese con pertinacia e fu incoraggiata a farlo da quell'uomo onesto e capace, ordinato anche se un po' lezioso.

Ma se la scuola di Passauro da un lato la costringeva a disegnare e a riflettere, per altri aspetti essa non era in grado di darle (e lei se ne rendeva conto!) la sintesi chiara e precisa dei suoi reali intendimenti.

La interessavano, più che la pittura di Passauro, il modo con cui egli affrontava i suoi soggetti, ma sentiva poco congeniali le sue pennellate, estranee le sue espressioni pittoriche fredde, basate sulla tecnica e assai meno sul sentimento: quello che invece le trasmettevano le opere di Parin, materializzate in colori che svolgevano ruoli fondamentali nella parimenti propria estesiologia erotica; nei quadri del maestro Magda imparò a capire che nel corso del tempo i colori subiscono slittamenti di significato, che nella tradizione ebraica 'Adamo' significa 'rosso' e 'viventÈ. Capì che il rosso (o meglio la vasta gamma dei rossi!) era usata dall'ebreo per esaltare la passione ed esorcizzare la morte, che l'azzurro  e il rosa sono colori sentilmentalmente piacevoli, ma casti, che il bianco è indice di purezza, l'azzurro simbolo della spiritualità e il nero il colore del potere severo e cupo.  La Springer espose dunque più volte alla Permanente e in mostre personali a Trieste nel 1934 e 1941. Più che i suoi soggetti furono i colori della sua tavolozza a risentire di ciò che seppe insegnarle il Parin, ma mai si avvicinò veramente a lui per lo spessore della pittura perchè i suoi quadri non hanno forza, non hanno spiritualità e non parlano 'di ferro, di fiamma, di desideri, di tormenti, di rassegnazione, di ribellionÈ.

Magda disegnò con costanza, affrontò pure molti soggetti mediovaleggianti o d'impronta storica seguendo le orme di Dante Gabriele Rossetti e d’altri pittori preraffaelliti inglesi, ed eseguì tanti nudi femminili che non sono mai apparsi al pubblico dopo la sua morte; la maggior parte dei suoi lavori non è ancora stata studiata né catalogata sicché l'unica modesta fonte di documentazione è ancora il catalogo di una mostra retrospettiva del dicembre 1982 tenutasi presso la galleria d'arte 'Al BastionÈ e fermamente voluta da due sue splendide compagne di anni felici.

La Springer ci ha lasciato diversi autoritratti (alcuni ad olio altri eseguiti con tecniche miste o semplicemente a sanguigna o con le matite), alcuni validi ritratti pure storicamente importanti come quello della pittrice amica Maria Lupieri e di Gino Parin. Tra gli altri sono da ritenere pittoricamente più vitali e meglio riusciti 'L'AironÈ oscuramente simbolico e il ritratto della signora Lali Slavich.

Nel lontano 1934 il Benco, assai magnanimo nei suoi confronti in una critica apparsa su Il Piccolo, ne rilevò 'il sentimento robusto della linea e della sostanza coloristica' e altri come Guido Sambo, Ota Samengo ,Remigio Marini e lo stesso Gino Parin scrissero in toni positivi della sua pittura.

A distanza di anni la pittura della Springer che affrontò anche paesaggi, nature morte ben calibrate e spesso 'tagliatÈ con gusto, soggetti religiosi e mitologici, va senza dubbio ridimensionata anche se è giusto riconoscerle, nei lavori più coraggiosi come la Bagnante, il vigore di tono e la plasticità erotica per l'incorporarsi del colore ai corpi femminili che lei sentiva vicini.

Piace qui ricordarla puntualissima nella attesa dell'amica Vera e di suo marito Francesco Cisco che andavano a prenderla con una lucida Fiat Topolino per portarla a cena. La ricordano ironica e cordiale mentre apprezzava la buona cucina, fumava una sigaretta e bevevo un classico whisky.

  

 

 

Walter Abrami