Giuliano Confalonieri

 

 

 

LORENZETTI = LOTTO (pittori)

 

 

 

 

LORENZETTI AMBROGIO – Maestro senese del Trecento iscritto all'Arte Maggiore dei Medici e degli Speziali che a quel tempo comprendeva anche gli artisti. Dipinse le Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti in Città e in Campagna, dispiegate su tre pareti per una lunghezza complessiva di circa 35 metri nella Sala dei Nove. Sono composti da quattro scene disposte lungo tre pareti della Sala del Consiglio dei Nove che decisero di affidargli la realizzazione dell'opera per onorarlo quale miglior pittore senese del momento e per l'interpretazione del modo di vivere della borghesia mercantile. La Sala ha subito negli anni numerose modifiche, dagli accessi alla mancanza degli arredi originari, tuttavia l'opera di Ambrogio è conservata sopratutto per l'importante restauro del 1980. Il ciclo è una delle prime opere di carattere totalmente laico nella storia dell'arte. Gli affreschi dovevano ispirare l'operato dei governatori che si riunivano in queste sale. Il risultato appare infatti denso di riferimenti storici artistici e letterari e nasce da un progetto molto ambizioso con toni polemici e perentori nei contenuti, che intendeva coinvolgere il pubblico in riflessioni che investivano direttamente il contesto socio-politico dell'epoca. Il primo angelo decapita un uomo e ne incorona un altro. Il secondo angelo consegna a due mercanti gli strumenti nel commercio: lo staio per misurare il grano, il sale e due strumenti di misura lineare. La bilancia è amministrata dalla Giustizia in trono, virtù ed istituzione cittadina che però è solo amministratrice, essendo la Sapienza Divina, l'unica a reggere il peso della bilancia e verso cui la Giustizia stessa volge lo sguardo. Dalle vite dei due angeli partono due corde che si riuniscono per mano della Concordia, diretta conseguenza della Giustizia con in grembo una pialla, simbolo di uguaglianza e "livellatrice" dei contrasti..

 

La corda è tenuta in pugno da ventiquattro cittadini allineati a fianco della Concordia e simboleggianti la comunità di Siena. Al termine del corteo di cittadini troviamo il simbolo di Siena, la lupa con i due gemelli, sopra il quale emana il Comune di Siena, rappresentato da un monarca in maestà identificato con la scritta C[ommune] S[senarum] C[ivitas] V[irginis]. Il Comune è vestito in bianco e nero, ed ha numerosi ornamenti. In mano tiene uno scettro ed uno scudo con l'immagine della Vergine col Bambino, affiancati da due angeli ed in testa ha un copricapo di pelliccia di vaio, riferimento allo stato di giudice. Al suo polso destro è legata la corda della giustizia consegnatagli dai cittadini stessi. Il Comune è protetto e ispirato dalle tre Virtù teologali, rappresentate alate in alto, ovvero Fede, Speranza e Carità. Ai suoi lati siedono invece, su un ampio seggio coperto da un tessuto, le quattro Virtù Cardinali: Giustizia, Temperanza, Prudenza e Fortezza, con alcuni elementi accessori tipici dell'iconografia medievale ovvero spada, corona e il capo mozzo per la Giustizia, la clessidra segno di saggio impiego del tempo per la Temperanza, uno specchio per interpretare il passato, leggere bene il presente e prevedere il futuro per la Prudenza, la mazza e lo scudo per la Fortezza. A loro si uniscono altre due Virtù non convenzionali, ovvero la Pace semisdraiata in una posa sinuosa su un cumulo di armi e con il ramo di ulivo in mano, la Magnanimità, dispensatrice di corone e denari. Più in basso l'Esercito della città, composto da cavalleria e fanteria che sottomette una serie di prigionieri legati.

 

 

LORENZETTI PIETRO – Fratello di Ambrogio. La bottega gestita insieme con il fratello produceva opere monumentali e piccoli dipinti. "Petrus Laurentii de Senis me pinxit A. MCCCXLII". Nella camera "la concorrenza delle ortogonali (mattonelle, dadi della coperta) è sufficiente a imporre allo spettatore un luogo nello spazio: un punto di stazione e uno di distanza" in questo spazio si pongono le monumentali figure la cui saldezza plastica sembra favorire anziché interrompere la percezione spaziale. Il potente influsso di Giotto che viene espresso nella stupefacente e monumentale frontalità del Cristo risorto. Ultimo lavoro che conclude il decennio è il trittico firmato e datato: "Petrus Laurentii de Senis me pinxit. Anno Domini MCCCXL".
Nell'esecuzione della vita di una santa il pittore narra realtà, persone, modi del tutto contemporanei a lui e tutto sistemò dentro perfette partiture spaziali ben consapevoli di ciò che a Firenze l'ultimo Giotto e i suoi allievi avevano eseguito. Del 1345, dovette essere una delle sue ultime opere: un affresco con sei santi e un'Annunciazione, molto sciupato, ritoccato e con frammenti di una scritta che Brandi (1931) attribuì al pittore. L'affresco, per quel che la sua difficile lettura permette di valutare, nella fisicità e monumentalità dei personaggi, nonché nella ponderata spazialità dell'aula ove si svolge l'Annunciazione, chiude con la migliore coerenza la carriera del L., di cui dopo questa data non si sa più nulla, tanto da far supporre con una certa sicurezza che anche per lui, come per Ambrogio, la morte giunse durante la peste del 1348.
 

 

 

LOTTI LORENZO detto Lorenzetto. Scultore ed architetto fiorentino del Cinquecento. Iniziò la carriera a Roma collaborando con Raffaello. Per lui compì rilievi bronzei ed alcune statue rimanendo comunque entro limiti artigianali. Nel Pantheon scolpì la Madonna col Bambino per la tomba del suo maestro.

 

 

 

 

 

 

 


LOTTO LORENZO (Firenze, 23 giugno 1490 – Roma, 1541), scultore, orafo e architetto allievo di Raffaello. Partecipò alla fabbrica di San Pietro a Roma durante il pontificato di Paolo III e realizzò la fusione della campana "Apostolica" nel campanile di Giotto a Firenze. Le commissioni però tendono a scemare, pur avendo ancora in corso il contratto per fornire i disegni degli stalli del coro di Santa Maria Maggiore. Continua a lavorare per committenti privati, ma ha anche un ordine prestigioso nel 1529 per la chiesa di Santa Maria dei Carmini: il San Nicola in gloria con Giovanni Battista e Lucia. Da allora fino alla morte nel 1556 la produzione di Lorenzo sarà ancora intensa. Si può seguirla attraverso il suo l'elenco spese iniziato nel 1542. Cambierà molte abitazioni, moltissimi aiuti, produrrà tanto ma sarà sempre meno pagato, sempre più emarginato, a volte anche umiliato da una clientela tirchia. Dal 1545 lascia definitivamente Treviso, dove ha pochi clienti, e torna a Venezia. Ad Ancona nel 1550, stanco ed impoverito, organizzò una lotteria delle sue opere vendendone solamente sette. Un uomo solo e deluso sull'orlo della miseria, nel 1554 si fa oblato alla Santa Casa di Loreto. Vivrà ancora due anni attivi dipingendo per i confratelli del grande santuario.
 

 

 

Giuliano Confalonieri

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