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LIBER: dal papiro all’i-Pad

 

Giuliano Confalonieri

 

  

“Oh dolce libertà di stampa!  Vieni e lascia che noi si stampi tutto, tutto si domini” (J. W. Goethe)

“Temo il lettore di un solo libro” (Tommaso d’Aquino)

“Il mio orgoglio è nelle parole che ho letto” (J. L. Borges)

“Liber, libertas”

 

 

Papiro egizio raffigurante la regina Nefertari

 

 

 

 

1 - La storia del libro

 

 

 

     L'alfabeto è un insieme di segni grafici convenzionali che permettono la comunicazione orale e scritta. In base alle aree geografiche e culturali la forma linguistica ha assunto nel tempo un valore sociale tanto importante quanto è grande la necessità dell'uomo di ogni tempo di dialogare. Le primitive scritture pittografiche o ideografiche (disegni di oggetti o simboli), gli ideogrammi cinesi ed i geroglifici egiziani (furono proprio questi ad introdurre nell'area mediterranea l’idea di far corrispondere i segni alle parole), la  scrittura cuneiforme e gli alfabeti diversificati di fenici, greci, italici, ebrei, siriaci e arabi, fino al più diffuso latino, furono altrettante tappe del cammino che ci ha portati alla video-lettura. L’incisione su tavolette d'argilla oppure su materiale vegetale flessibile, come il papiro o il sottile strato interno della corteccia di alcuni alberi (‘liber’), furono gli antenati del libro così come i fogli arrotolati intorno a cilindri (il nome latino ‘volumen’ deriva dal verbo ‘volvere’, avvolgere). Gli indiani usavano foglie di palma, i cinesi lasciarono le loro testimonianze scritte dapprima su tavolette di legno e poi su seta trattata: la xilografia è infatti il primo sistema di stampa conosciuto da loro molti anni prima dell’era cristiana (metodo usato in seguito in Europa per fabbricare carte da gioco,  immagini religiose e i primi libri detti, appunto, xilografici). Nel Medioevo i monaci furono la forza primaria di un’attività che permetteva di tramandare, generazione dopo generazione, la scienza e la cultura del passato. Tra il IX e il XII sec. numerose officine di scrittura nei conventi si incaricarono del poderoso lavoro di copiatura dei testi con specialisti come lo ‘scrittore’, il ‘dettatore’, il ‘correttore’ e il ‘miniaturista’ che doveva decorare e illustrare il lavoro. La costosa pergamena fu poi sostituita dalla carta (manipolazione di steli vegetali o stracci), importata in Europa dagli arabi intorno all'XI sec. I cinesi, per incrementare e uniformare la produzione dei libri, avevano già sperimentato la stampa ‘tabellare’ incidendo testo e figure su una tavoletta di legno, poi inchiostrata e premuta su stoffa o carta. Con il nuovo materiale e con il sistema di duplicazione da un’unica matrice, il libro raggiunse per i costi accessibili anche le classi popolari. Quando la pergamena soppiantò questi supporti perché più pratica e meno costosa, i fogli quadrati o rettangolari furono legati insieme nei primi Codici manoscritti medievali. Pur mancando ancora una forma di riproduzione meccanica, già lo scriba e l'amanuense (spesso schiavi istruiti) ricopiavano gli originali per poterli rivendere o semplicemente per funzioni d'archivio. Ci sono così pervenute copie da papiri delle tombe egizie, dei rotoli romani di Ercolano, dei Codici Vaticani di Terenzio e dei famosi manoscritti ebraici del Mar Morto.

   Verso la metà del Quattrocento, l’idea di fondere in lega metallica le singole lettere dell’alfabeto - con  la possibilità di una composizione duttile e praticamente illimitata di copie - diede origine alla moderna arte tipografica: l'inventore del processo di stampa a caratteri mobili, prima in legno poi in piombo, è ritenuto il tedesco Johannes Gutenberg, nato a Magonza tra il 1394 e la fine del secolo.       

L’inventore arrivò all’applicazione pratica del sistema di stampa in modo graduale a partire dal 1436 quando, in un laboratorio precario, effettuò i primi esperimenti segreti, rivelati tre anni dopo durante il processo intentato da Gutenberg agli eredi di uno dei suoi collaboratori, Dritzehn, per avere fatto scomparire del materiale predisposto per gli esperimenti (nel corso della sua lunga attività, Gutenberg ebbe molte traversie finanziarie e giudiziarie con soci ed usurai con relativo sequestro del materiale tipografico). Il suo lavoro più famoso rimane la prima stampa della Bibbia in duecento copie, nell’edizione delle ‘42 righe’, detta anche ‘Mazarina’ dal nome della biblioteca parigina nella quale nel Seicento fu ritrovato un esemplare. Terminata prima del 15 agosto 1456, l’opera era già in vendita nello stesso mese come testimoniano le date scritte sulla  copia conservata alla Biblioteca Nazionale di Parigi. Il ricavato della vendita dell’opera andò comunque ad esclusivo beneficio dei suoi due collaboratori: il socio Schoffer e l’avvocato usuraio Fust.

 

    Nel 1458 Gutenberg riuscì ad aprire una nuova stamperia con l’aiuto del sindaco di Magonza. Lì stampò una nuova edizione della Bibbia (detta delle ‘36 righe’) in vendita prima del 1461. Prima della chiusura della stamperia (1465) e prima della sua morte (1468), il capostipite dei tipografi dovette ancora subire le conseguenze del saccheggio della città (1462) e della sua espulsione provvisoria dalla città per ordine dell'arcivescovo Adolfo di Nassau. Lo stesso prelato, al rientro dall’esilio forzato, assegnò a Gutenberg una pensione permettendogli di ritirarsi. Peter Schoffer (Fust era morto di peste già da tempo) creò poi punzoni più rifiniti e tentò anche di stampare a colori i capilettera per uniformarsi all’uso dei codici manoscritti. Della propria attività Gutenberg scrisse: “Ciò che è stato fatto per qualche parola e qualche riga, io devo riuscire a farlo per grandi pagine tutte scritte, per grandi fogli coperti interamente su tutte e due le parti, per libri interi, per il primo di tutti i libri, la Bibbia.”  

    Da Magonza l’arte della tipografia si diffuse in tutta l’Europa e soprattutto in Italia grazie ai ‘tipografi nomadi’ che andavano di città in città con i loro attrezzi incidendo caratteri da stampa per conventi, mecenati e università. I tipografi nomadi presero più tardi residenza stanziale nelle grandi città dando vita a un nuovo genere di artigianato sempre più fiorente: alla fine del Quattrocento, in Europa si contavano più di 200 centri tipografici con Venezia in cima alla classifica con circa un quarto della produzione totale. I primi tipografi imitavano il più possibile la forma del manoscritto. Gli ‘incunaboli’ (libri stampati prima del ‘500) erano senza titolo e senza frontespizio. Il testo iniziava dopo poche parole d’introduzione (‘incipit’). Il nome del tipografo e il luogo di stampa, quando erano indicati, si trovavano in fondo al paragrafo conclusivo (‘colophon’). I primi testi erano composti con caratteri gotici; con l’Umanesimo furono sostituiti da altri più tondeggianti (‘romani’) ed il gotico fu usato quasi esclusivamente per testi religiosi o giuridici.

    Con l’aumento delle tirature e la distribuzione commerciale, anche la struttura del libro fu modificata: all’incipit e al colophon si aggiunse  il ‘frontespizio’ con il nome dell’autore e il marchio del tipografo. In fondo ad ogni pagina comparve un numero (‘segnatura’) corrispondente al foglio di stampa. Talvolta, a fine libro si stampava l’indice (il marchio del tipografo fino alla fine del XV sec. si stampava nel colophon; solamente nel secolo successivo il marchio fu spostato sul frontespizio  con motti e figure elaborate indicanti l’officina di stampa). Tra il 1450 e il 1500 furono stampati circa 20 milioni di volumi, una cifra impressionante se si tiene conto della limitata possibilità economica di gran parte della popolazione e del diffuso  analfabetismo. Forse per questa ragione, le tipografie diventarono veri e propri centri di cultura nei quali si decideva quale testo fosse meritevole di stampa, quale fosse la sua versione più attendibile e quali i caratteri confacenti al tipo di clientela al quale la pubblicazione si rivolgeva. Il best seller dell’epoca era naturalmente la Bibbia (tuttora il libro più ristampato al mondo), l’autore più popolare era Cicerone seguito da Dante e Boccaccio. 

    La politica culturale e religiosa a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento (Riforma e Controriforma) influì notevolmente sulla diffusione e diversificazione della stampa. Migliaia di esemplari della Bibbia tedesca nella traduzione di Martin Lutero uscirono in contrapposizione al precedente divieto del Concilio di Tolosa (1229) alla lettura del testo a chi non fosse sacerdote. Nel 1559 fu istituito l’indice dei libri proibiti; dopo il 1564, su richiesta del Concilio di Trento, nessun libro poteva essere diffuso senza l’autorizzazione dell’Inquisizione: da parte sua, lo Stato istituì il monopolio per la stampa e la vendita. Nacque così un mercato illegale, parallelo a quello ufficiale che ormai dipendeva quasi completamente dalla Chiesa. Anche le guerre del Seicento contribuirono a portare crisi nel settore, favorendo le tipografie protestanti. Amsterdam in particolare ha il merito di aver fatto conoscere autori celebri nelle edizioni ‘pirata’. Un esempio di censura è costituito dal documento di Maria Teresa d’Austria del 1768: “...Non sarà permesso ad alcuno di stampare e pubblicare libri in Milano o in altre Città o Luoghi dello Stato, se prima non avrà presentato al Segretario della Giunta una copia del Manoscritto destinato alla stampa per ottenerne la dovuta Licenza...”

    Intanto, in linea con il gusto dello stile barocco, i libri erano arricchiti di ornamenti ed illustrazioni. Si stamparono numerose carte geografiche e bellissimi libri scientifici con l’apporto di artisti come il pittore olandese Rubens (che lavorò come disegnatore ufficiale in una tipografia di Anversa) e il pittore-incisore Dürer (che ha lasciato, tra l’altro, carte celesti a stampa, 1515). Nel 1518 si stampò il primo Corano in caratteri arabi (Leone X ne ordinò la distruzione totale), nel 1530 si pubblicò la prima opera di botanica illustrata, nel 1543 a Basilea uscì la prima descrizione dell’anatomia umana con i disegni del Vesalius, nel 1551/58 quattro volumi in-folio mostrarono gli animali conosciuti. Il primo libro stampato in Italia fu quello realizzato nel 1464 nel cenobio benedettino di Subiaco da due immigrati, uno di Magonza e l’altro di Praga, già pratici del mestiere: 300 copie di una grammatica latina. Gli stessi allestirono nel 1467 una nuova officina a Roma e lì pubblicarono Cicerone, decine di classici e libri liturgici, fino alla separazione dei soci sette anni più tardi. Nel tempo si definì anche il formato della carta da stampa: atlantico (fogli non piegati), in-folio (una piega, 4 pagine), in-quarto (due pieghe, 8 pagine), in-ottavo (tre pieghe, 16 pagine), in-sedicesimo (quattro pieghe, 32 pagine) e così via in diminuzione. In Italia, i formati tradizionali più diffusi del foglio da stampa erano 50x70 cm. e 64x88 cm.

 

    Tra le innumerevoli marche tipografiche, l’Ancora con delfino dei Manuzio, il Giglio dei Giunta e il Gatto con il topo in bocca dei Sessa. Molti tipografi-editori dell’epoca non erano soltanto artigiani specializzati ma anche uomini di cultura che sapevano valutare e commentare con rigore filologico e critico i testi che pubblicavano. Una caratteristica che contribuì a mantenere elevata la qualità dei libri in un mercato in divenire, non tutelato da leggi ad hoc, in balia di fazioni politiche e religiose, sottomesso alle frequenti oscillazioni delle crisi economiche, talvolta in difficoltà per la precarietà delle comunicazioni e quindi degli scambi commerciali.

    Solo in vista dell’era industriale l’editore si scinderà dalla figura del tipografo per poter meglio rispondere alle nuove esigenze di un mercato sempre più vasto: tecnica ed economia dovevano ampliare la gamma delle proposte per soddisfare le maggiori richieste e quindi necessitava un nuovo spirito imprenditoriale. Nel Settecento, il rinnovato gusto per la cultura ridiede vita all’editoria. Al tradizionale pubblico maschile si affiancò quello femminile e subito aumentò la produzione di testi di narrativa. Per abbattere il costo dei libri e renderli quindi accessibili a tutti, si tentò la strada dell’edizione economica sostituendo la rilegatura in pelle con una copertina di cartone e abbandonando gli inutili e costosi ornamenti barocchi. Si stamparono “Robinson Crusoe” di De Foe (1719), “I viaggi di Gulliver” di Swift (1726), “I dolori del giovane Werther” di Goethe (1774); l’Encyclopedie di Diderot ebbe una tiratura di 4250 copie. Malgrado la Chiesa tentasse di arginare ciò che considerava il ‘mortale flagello dei libri’, la richiesta di una maggiore informazione da parte del pubblico, insieme alle nuove tecniche di lavorazione industrializzata, incrementarono produzione e vendita.

 

 

“I Promessi sposi” di Manzoni del 1840 fu un best seller dell’epoca, le poesie in vernacolo del milanese Carlo Porta furono edite da Guglielmini e Redaelli nel 1842; la qualità estetica del prodotto generalmente impoverita permise ad un mezzo di comunicazione diventato importante di essere conosciuto da una maggiore quantità di persone. Furono fondate le prime Biblioteche Circolanti, si diffusero Club di Lettura e nel mondo anglosassone si costituirono le prime Biblioteche ‘moderne’ a disposizione del pubblico. Nell’Ottocento l’istituzione della scuola obbligatoria diede ulteriore impulso all’editoria. Di pari passo, i progressi della tecnica rendevano sempre meno costosa la fabbricazione della carta e la rilegatura dei volumi. I vecchi torchi a mano furono sostituiti da macchine a vapore del tipografo tedesco König. La prima fu adottata nel 1814 dal giornale The Times di Londra, in Italia fu importata dal torinese G. Pomba. Il lavoro fu poi enormemente facilitato da macchine e sistemi che avrebbero dominato il mercato tipografico per lungo tempo.

 

▪ La Monotype fu inventata verso la fine del 1800 dall’americano Lanston, usata prevalentemente per la fusione di caratteri destinati alla stampa di edizioni pregiate e per la fornitura di caratteri richiesti per la composizione manuale. Un dispositivo a pistone spinge nella forma la quantità di metallo fuso necessaria a costruire il carattere; la sua velocità di composizione era di circa 8.000 battute all’ora.

 ▪ Linotype è il nome registrato della macchina ideata alla fine del secolo passato in Usa dal tedesco Meregenthaler - è stata in uso nelle tipografie dei quotidiani per la semplicità e la rapidità d’impiego, fino all’avvento della tecnologia informatica. Dal 1930 la sua capacità produttiva fu incrementata da un congegno che consentiva una composizione fino a 25.000 caratteri all’ora contro i 1.000 di un buon compositore a mano (la Linotype, a differenza della Monotype, compone righe intere). Una lega a base di piombo contenuta in un crogiuolo che la mantiene alla stato fuso, è spinta da un pistone contro le matrici: l’impronta ricevuta sarà conservata dal metallo subito raffreddato.

▪ Litografia e Offset - Il primo sistema, introdotto nel 1796, usa una matrice piana di pietra calcarea o di carta ricoperta da caolino: il testo o il disegno vengono incisi alla rovescia o riprodotti fotograficamente. Il secondo, ideato dall’americano Rubil nel 1904, stampa il foglio non a diretto contatto con la matrice e non in piano ma tramite un cilindro di gomma che raccoglie l’immagine incisa.

▪ Torchio tipografico - Antica macchina tipografica a braccia composta da una grande vite, dalla piastra mobile di pressione, dal comando a volano e dalla base piana; usato ancora oggi per edizioni d’arte o per bozze.

▪ Rotativa - Diffusa per la stampa dei giornali. Genericamente il nome indica ogni macchina che usa cilindri di pressione, trascinamento e inchiostrazione, con un’elevata capacità produttiva. Nel 1872 cominciarono ad essere usate in Inghilterra, nel 1889 fu presentata la prima macchina per stampa a colori. Il procedimento di fotocalcografia (‘rotocalco’) fu introdotto nel 1910 dal tedesco Mertens, proprietario di una fabbrica per la stampa di stoffe. A proposito di libri e di giornali (lo stesso mezzo di informazione per il quale sarà consolidata la regola anglosassone delle cinque W: Who?, Where?, When?, What?, Why?), ecco alcuni commenti: “Il pensiero sarà diffuso nel mondo alla velocità della luce, immediatamente consumato, immediatamente scritto e compreso fino alle estremità del globo... il solo libro a partire da oggi è il giornale” (A. de Lamartine); “C’è da avere più paura di tre giornali ostili che di mille baionette” (Napoleone);  “Storiografia dell’istante” (U. Eco).    

   Tra Ottocento e Novecento, alla produzione di massa a basso costo si affiancò quella per intenditori, veri bibliofili, spesso arricchita da splendide incisioni di artisti come Delacroix, Dorè, Daumiere e da sontuose rilegature (le avanguardie del Novecento, in modo particolare Dadaismo e Futurismo, apportarono alla comunicazione scritta, una nuova concezione: negarono al testo composto di righe parallele la sua egemonia a favore di immagini, segni e parole con una sistemazione grafica stilizzata: ‘provocante disordine’ dei Calligrammi di G. Apollinaire). In Italia nascono le Case editrici che hanno fatto la storia della cultura libraria contemporanea:  Vallardi, Paravia, Sonzogno, Hoepli, Ricordi, Zanichelli, Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Einaudi, Garzanti, Utet, Longanesi, De Agostini, Feltrinelli, Adelphi, ecc. Pur stampando tanti titoli come la Germania però, gli editori del nostro paese devono accontentarsi di tirature relativamente basse e di un grande numero di libri invenduti, resi per il macero o per il mercato del Reimander’s book a prezzo scontato.

   Collane come la BUR “Biblioteca Universale Rizzoli”, la BMM “Biblioteca Moderna Mondadori” e gli “Oscar”, le edizioni tascabili, la serie sempre aggiornata delle Garzantine. Case come Longanesi e Sonzogno, hanno il merito di seguire la strada aperta dall’intuizione dei Penguin Books inglesi, dei Pocket Books americani, dei Livre de Poche francesi, favorendo con il basso costo una diffusione capillare della produzione libraria, anche a livello dei rivenditori di giornali. Le edicole infatti favoriscono il mercato delle grandi opere distribuite settimanalmente in fascicoli (fornite di risvolti e copertine per la successiva rilegatura a cura del cliente) e quello dei fumetti, un genere nato alla fine dell’Ottocento con le strisce comiche e affermatosi più tardi nell’editoria libraria con personaggi ormai famosi: Mickey Mouse (1930), Tarzan (1929), Mandrake (1934), Flash Gordon (1934), Superman (1964), l’Uomo Mascherato (1936), Tex Willer (1948), Asterix (1959), la banda dei Peanuts (1950), Andy Capp (1957), Barbarella (1962), Valentina (1965), Sturmtruppen (1968), la galleria dei personaggi di Benito Jacovitti, eccetera.

   Fiaba e favola, solitamente si usano ambedue i termini con lo stesso significato: il primo indica un racconto fantastico di origine popolare, di tradizione orale, nel quale interagiscono esseri soprannaturali (streghe, orchi, fate, elfi, gnomi, maghi); il secondo indica una narrazione in versi o prosa con fini pedagogici, nella quale agiscono animali o figure simboliche dei vizi e delle virtù umane. Il mondo vecchio ma non completamente tramontato dei racconti del nonno intorno al fuoco ha conservato il suo fascino anche nell’era tecnologica e smaliziata del terzo millennio: l’atmosfera è stata ricostruita nel film di Ermanno Olmi “L’albero degli zoccoli” (1975); due le versioni distribuite sul mercato, una nella lingua italiana e l’altra nel dialetto bergamasco: la stalla, dove faceva più caldo, era il luogo di ritrovo delle piccole comunità contadine e lì i racconti tramandati di generazione in generazione colpivano ed affascinavano i ragazzi non ancora intontiti dai messaggi mediatici.

     Il significato etimologico della parola (dal latino ‘fabula’) è “una breve narrazione in prosa o in versi di intento morale avente per oggetto un fatto immaginato i cui protagonisti sono per lo più cose o animali”: il termine ha dunque un’estensione notevole, applicabile in maniera differenziata. La favola scritta o raccontata riportata fino ai nostri giorni ha origini classiche, dalla cultura greca a quella romana. Le leggende di origine religiosa o tribale hanno spesso carattere di fiaba e sono riferibili a civiltà antiche come quelle della Cina, dell’India e dell’Egitto, ognuna con le caratteristiche legate alla propria cultura. Molti scrittori si sono cimentati in questo genere per riversare in un racconto la potenzialità dell’immaginazione (raccolte di novelle come quella araba “Le Mille e una Notte”, “Il Decameron” di Giovanni Boccaccio e “I Racconti di Canterbury” dell’inglese Geoffrey Chaucer, possono essere considerate favole letterarie ‘per grandi’, così come la raccolta medioevale “Chanson de Roland”). Una serie di personaggi – spesso con segni antropomorfici – che avrebbero trovato una diversificazione espressiva nei fumetti e nei cartoons.

    Oggigiorno la pagina scritta è affiancata e talvolta prepotentemente sottomessa ai mezzi elettronici: la televisione ed i video-giochi affascinano i ragazzi ma non permettono loro di esercitare le potenzialità dell’immaginazione; lo schermo casalingo non solo isola gli individui ma sempre più presenta in modo assillante le tremende realtà quotidiane oppure fictions nelle quali la violenza è fine a se stessa e quindi spettacolo diseducativo (la famiglia è il nucleo primario della società: se è malata, il processo di autodistruzione è inevitabilmente innescato, una pericolosa escalation verso il vuoto morale e sociale).

   Le moderne favole si chiamano: “E.T. L’Extra Terrestre” (film di Steven Spielberg del 1982), i romanzi “Il signore delle mosche” (1954) di William Golding, “Il signore degli anelli” di J. R. Renel Tolkien, “Harry Potter e la Pietra filosofale”di J. K. Rowling. Nei saggi degli anni Cinquanta raccolti nel volume “Il linguaggio dimenticato (la natura dei miti e dei sogni)”, lo scrittore tedesco Erich Fromm dedica un capitolo a “Cappuccetto Rosso” commentando che questa favola “esemplifica bene le teorie di Freud e allo stesso tempo offre una variante del tema del conflitto uomo-donna che abbiamo trovato nella trilogia di Edipo e nel mito della creazione”.

          

▪ Andersen Hans Christian (Danimarca, 1805). Dopo il primo successo con il romanzo scritto ed ambientato in Italia (“L’improvvisatore”, 1834) diventò famoso con le fiabe pubblicate in fascicoli annuali dal 1835 al 1872. Il suo mondo ingenuo e fantasioso invita alla speranza malgrado i contraccolpi della sorte (156 racconti tradotti in 30 lingue).  

▪ Apuleio Lucio (Algeria, 125 ca). Scrittore latino che dopo avere studiato a Cartagine seguì l’inclinazione scrivendo e tenendo conferenze. Fu in occasione di un processo a suo carico che compose una dotta autodifesa (“Apologia”), sintesi degli stili retorici dell’epoca; con il medesimo taglio letterario raccolse 23 dei suoi brani oratori in “Florida”. L’unico romanzo della letteratura latina pervenutoci integro è considerato l’opera maggiore di Apuleio (“Metamorfosi” o “Asino d’oro”), racconti imperniati intorno al giovane Lucio, trasformato per magia in un asino, nei quali viene sottolineata la caduta e la redenzione dell’essere umano.     

▪ Basile Giambattista, anagramma di Gian Alesio Abbattutis (Napoli, 1575). Scrittore in lingua e dialetto, governatore di alcune zone dell’Italia meridionale, conosciuto per “Muse Napoletane” (quadri di vita quotidiana a sfondo moralistico e satirico) e per “Lo cunto de li cunti” (raccolta di cinquanta fiabe, pubblicata postuma nel 1635, tradotta in italiano nel 1925 da Benedetto Croce). Alcuni personaggi sono stati in seguito imitati dal francese Perrault: “Zezolla” è diventata “Cenerentola” e “Cagliuso” è diventato “Il gatto con gli stivali”. “Cuorvo” e “Le tre cetre” sono state rielaborate dall’italiano Gozzi, rispettivamente come “Corvo” e “L’amore delle tre melarance”.

▪ Carroll Lewis (pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson). Scrittore inglese (1832/1898). Grande amico e fotografo di alcune bambine. Per una di esse scrisse libri di successo per l’infanzia come “Alice nel  paese delle meraviglie” e “Attraverso lo specchio”, opere amate anche dagli adulti per le contrapposizioni basate  sulle regole della logica.  

▪ Collodi Carlo (pseudonimo di Carlo Lorenzini). Nato a Firenze nel 1826 partecipò ad alcune campagne militari risorgimentali e si dedicò al giornalismo. Scrisse “Il viaggio per l’Italia di Giannettino”, “Minuzzolo”, “Occhi e nasi”, “Storie allegre”.  “Le avventure di Pinocchio, storia di un burattino”, apparvero sul Giornale dei Bambini nel 1880 ed in volume nel 1883.

▪ Esopo. Favolista greco di origine frigia, schiavo a Samo nel VI sec. a.C., divenne una figura leggendaria tanto da stimolare la stesura nel IV sec. d.C. di una biografia romanzata della sua vita avventurosa. Ė considerato il creatore di favole sugli animali con riferimenti allegorici ai vizi ed alle virtù dell’uomo.

▪ Fedro. Favolista latino del I sec. d.C., originario della Macedonia, liberto di Augusto a Roma. Scrisse cinque libri, spesso “traduzioni” dei lavori attribuiti ad Esopo, anche se la sua ambizione fu quella di creare uno stile personale

▪ Fiacchi Luigi detto il Clasio (1754). Sacerdote ed Accademico della Crusca. Le sue “Favole” (1807) ambientate nel natio Mugello hanno una dichiarata intenzione pedagogica eppure la capacità dell’autore di rielaborare le idee in modo fantastico con l’uso appropriato e semplice della lingua italiana ha dato al suo lavoro un’impronta  originale.

▪ Firenzuola Agnolo, soprannome di Michelangiolo Giovannini (Firenze 1493). Esercitò l’avvocatura e per qualche tempo indossò il saio penitenziale. Prosatore elegante ‘capace di armonizzare modi illustri e forme popolaresche, colore arcaico e moderna spigliatezza’. Rielaborò le “Metamorfosi” di Apuleio (“L’asino d’oro”, 1525), scrisse favole e apologhi zoomorfi (“Prima veste dei discorsi degli animali”). Quasi tutte le sue opere furono pubblicate postume.   

▪ Gadda Carlo Emilio. Nato a Milano nel 1893, di professione ingegnere, pubblicò una serie di opere che sono considerate innovative per il particolare uso della lingua ed il continuo imprevedibile ribaltamento delle strutture narrative: “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, “La cognizione del dolore”. Scrisse “Il primo libro delle  favole” nel 1952.

▪ Gozzi Carlo (Venezia, 1720/1806). Polemico contro il rinnovamento e quindi a favore della tradizione, difese la Commedia dell’Arte con l’uso insistente della ‘maschera’ come nella tragedia greca e nel teatro classico giapponese – al tramonto per la ripetitività degli schemi – contro la novità teatrale dei ‘caratteri’ goldoniani. Le “Fiabe” di Gozzi furono parodie alle idee innovative di Carlo Goldoni ma poi acquistarono autonomia creativa nella quale si mescolano comico e tragico, magia e realismo, spesso evidenziando il contrasto tra il ‘favoloso oriente’ ed il ‘pragmatismo occidentale’. 

▪ Grimm Jacob (1785) e Wilhelm (1786). Fratelli tedeschi, professori di filologia a Gottinga, noti oltre che per una serie di interessanti lavori letterari (grammatica, vocabolario e storia della lingua tedesca, leggende eroiche tedesche) anche per “Fiabe per bambini e per famiglie” nelle quali riassumono con un linguaggio semplice e suggestivo molte storie raccolte dalla viva voce del popolo.   

▪ Hoffmann Ernst Theodor Amadeus (Germania, 1776). Artista di eclettica cultura (musica, pittura, critica teatrale) in parallelo con l’attività di magistrato. Dal 1808 si cimentò con la letteratura scrivendo romanzi e racconti. Nella raccolta “Fantasie alla maniera di Callot” è inserita la storia fantastica e grottesca “La pentola d’oro”.   

▪ La Fontaine Jean de (Francia, 1621). Dopo gli studi di teologia e diritto diventò ispettore delle acque e foreste. Dopo avere sposato una quattordicenne – dalla quale poi si separerà – nel 1658 si trasferì a Parigi dove frequentò, tra gli altri, Racine e Molière. Colui che fu definito ‘Aretino mitigato’ per i temi licenziosi trattati in diverse sue opere, è ricordato soprattutto per le sue “Fables” edite a Parigi tra il 1668 e il 1694: gli spunti di questa notevole raccolta risalgono ad Esopo, Fedro, a fonti medioevali e rinascimentali, a libri della cultura indiana. Dopo un periodo nel quale usò lo stile didattico tipico della favola per bambini, l’autore francese (“un miracolo di cultura”) ampliò il discorso ai temi più impegnativi dell’etica e della politica conservando però la fluidità dello stile.

▪ Lessing Gotthold Ephraim (1729). Scrittore tedesco, giornalista e bibliotecario. Capolavoro della sua produzione teatrale è considerata la fiaba drammatica “Nathan il saggio”, un apologo sulla tolleranza religiosa.  

▪ Pancrazi Pietro (Cortona, 1893). Saggista, redattore di riviste, collaboratore del “Corriere della Sera” e consulente editoriale, si interessò di tutti gli aspetti della letteratura del suo tempo. I racconti favolistici definiti “vicini alla prosa d’arte” sono raccolti in “Esopo moderno” (1930).

▪ Passeroni Gian Carlo (Nizza, 1713). Poeta membro dell’Accademia dei Trasformati. Tra il 1779 ed il 1788 scrisse “Favole esopiane” ma questo autore è noto anche per il poema “Cicerone” nel quale espone curiose notizie sui costumi del XVIII secolo.

▪ Perrault Charles (Parigi, 1628). Funzionario pubblico e membro dell’Académie française. È conosciuto per “I racconti di mia madre l’Oca” (“Contes de ma mère l’Oye”, 1697), otto in prosa e tre in poesia. I soggetti, ripresi dall’antica tradizione orale della favolistica popolare e con l’uso di uno stile fluido, comprendono titoli universalmente conosciuti come “La bella addormentata nel bosco”, “Cappuccetto rosso”, “Il gatto con gli stivali”, “Cenerentola”.   

▪ Pignotti Lorenzo (Firenze, 1739). Professore di fisica all’Università di Pisa, si cimentò con “Favole e novelle” dove prende bonariamente in giro la società toscana del Settecento.  

▪ Rodari Gianni (Omegna, 1920). Giornalista e scrittore per l’infanzia. La sua novità è stata quella di aprire il mondo della favola ai temi della vita contemporanea sostituendo all’immaginifico tradizionale personaggi e situazioni surreali moderne: “Le avventure di Cipollino”, “Le filastrocche del cavallo parlante”, “C’era una volta il barone Lamberto”.

▪ Saint-Exupéry Antoine de (Lione, 1900). Pilota e scrittore di origine aristocratica. “Il piccolo Principe” è un classico della letteratura per l’infanzia, scritto ed illustrato nel 1943, un anno prima che durante un volo di ricognizione il suo aereo fosse abbattuto.  

▪ Salgari Emilio (Verona, 1862). Produsse 80 romanzi e 150 racconti per ragazzi. Con i personaggi esotici  (“I Pirati della Malesia”, “Le Tigri di Mompracem”) ottenne un successo strepitoso; ciononostante lo scrittore veronese fu sempre assillato dai debiti tanto da essere indotto al suicidio.

▪ Straparola Giovan Francesco. Scrittore italiano del XV sec. Nelle 75 novelle raccolte sotto il titolo “Le piacevoli notti” (ipoteticamente narrate nell’Isola di Murano per 13 notti durante il carnevale da una brigata di commensali) l’autore alterna favole a racconti popolari. 

▪ Trilussa (anagramma di Salustri, Carlo Alberto). Scrittore dialettale romano (1871). Si dedicò al bozzetto di costume ed “alla favola moraleggiante di ascendenza esopiana”. Trilussa ha commentato in modo ironico e disincantato mezzo secolo di storia italiana: “Favole romanesche”, “Caffè-concerto”, “Er serrajo”, “Ommini e bestie”. Personaggio popolarissimo, fece diverse tournée in Italia ed all’estero come lettore di poesie.

▪ Twain Mark (pseudonimo di Samuel Langohorne Clemens). L’autore statunitense (1835) fu pilota di battello sul fiume Mississippi e proprio dal linguaggio marinaresco ricavò il nome per la sua carriera di scrittore: ‘mark twain’ significa ‘marca due’ per segnalare che la profondità dell’acqua è di ‘due braccia’. Diventò poi conferenziere, inviato speciale e romanziere di successo con le vicende picaresche dei ragazzi americani di fine Ottocento: “Le avventure di Tom Sawyer”, “Le avventure di Huckleberry Finn”.

▪ Verne Jules (Nantes, 1828). Diventò famoso nel 1863 con “Cinque settimane in pallone”, un romanzo d’avventure ispirato al progresso scientifico. Macchine avveniristiche e personaggi straordinari sono raccontati in “Viaggio al centro della terra”; “Dalla Terra alla Luna”, “Ventimila leghe sotto i mari”.

  

    Le tecnologie contemporanee, visive od elettroniche, propendono per una comunicazione sperimentale che sembra negare al libro il suo antico valore. L’introduzione  dell’editoria su CD-ROM e Internet potrebbe essere la prima avvisaglia della scomparsa del libro come mezzo di diffusione della conoscenza e strumento di studio (alcune edizioni escono già in forma parallela, cartacea ed elettronica). Probabilmente nel futuro informatico ci sarà ancora spazio per il libro nella sua forma classica ma forse ci sarà un ritorno al gusto medievale con edizioni ricche e rare destinate - come oggetti d’antiquariato - a pochi nostalgici, romantici intenditori.  

 

 

 

 

2 - La casa dei libri

 

 

 

    La storia delle biblioteche è la storia dell’uomo: quella di Alessandria (284 a.C.) fu distrutta da un incendio, Roma raccolse e tramandò grandi nuclei di scritti, i monasteri riuscirono a conservare molti testi antichi e le dinastie (Visconti, Sforza, Malatesta, Estensi, Gonzaga, Medici) contribuirono a mantenere patrimoni librari inestimabili. Le tipografie ‘private’ (Reale, Medicea, Ducale, Santa Sede, ecc.) diedero anche loro un notevole contributo alla cultura del libro. La Biblioteca  Vaticana, l’Ambrosiana, la Laurenziana di Firenze, la Braidense, la Marciana di Venezia, la Statale di Berlino, l’Imperiale di Pietroburgo ecc., rappresentano altrettante tappe di un processo che nel tempo ha messo a disposizione di tutti un patrimonio culturale universale. Gli scrittori antichi riportano numerose notizie sull'esistenza di biblioteche. Alcune sono leggendarie o comunque prive di sicuro riscontro, come la biblioteca di Anatolia (sec. XIV a.C.). Di altre invece si ha notizia certa: la biblioteca di Assurbanipal o quella, più famosa, di Alessandria che nei suoi 200 anni circa di vita (284 a.C. / 47 a.C.) offrì un esempio di concezione moderna con il connubio della conservazione dei testi e della  loro diffusione in copie manoscritte. A Roma sono ricordate le biblioteche private, come quella di Attico o di Cicerone; più tardi, in età imperiale, vi fu l'intervento dello stato nella fondazione di biblioteche pubbliche aperte a tutti.

    La caduta dell'Impero Romano travolse anche l’istituzione della biblioteca. L'unico esempio di biblioteca in età precarolingia è costituto da quella  privata di Cassiodoro a Squillace in Calabria. Solo con la rinascita carolingia e con l'espansione del monachesimo, in particolare di quello irlandese, si riformarono e conservarono grandi raccolte librarie. Dal VI sec. i monaci benedettini e in generale i monasteri furono fautori di raccolte spesso giunte quasi intatte fino a noi (i monaci di Monte Athos hanno salvato una grande quantità di codici greci). A queste biblioteche monastiche e capitolari attinsero i primi umanisti.

    Nel sec. XIV la diffusione del commercio dei libri favorì la formazione di ricche biblioteche private, talvolta aperte agli studiosi, talvolta lasciate in eredità ad organizzazioni pubbliche. Ne sono esempi la formazione della Biblioteca di San Marco a Venezia, erede dei libri del Cardinale Bessarione e la fondazione della Biblioteca Apostolica Vaticana, promossa da Nicolò V.

Dalla controversia tra cattolici e protestanti nacquero con varie modalità la Bodleiana di Oxford, l'Ambrosiana di Milano e l'Angelica di Roma. Continuavano intanto a fiorire le raccolte private (famosa quella del Cardinale Mazarino), le più importanti delle quali, alla morte del collezionista, andavano generalmente a formare il nucleo essenziale di biblioteche pubbliche.

    Il Settecento favorì lo sviluppo del settore grazie anche all'attività di un buon numero di bibliotecari che occupavano ruoli di rilievo nella cultura del tempo. L'esigenza di mettere ordine in raccolte vaste e spesso poco organiche, nonché il gusto tutto settecentesco per la scienza, intesa come organizzazione omogenea del sapere, diedero vita ad una nuova branca del settore: la biblioteconomia, ovvero la scienza che fissa le norme generali per la collocazione dei volumi, la loro conservazione, la redazione di cataloghi al fine di facilitare la ricerca di un'opera, le nuove accessioni, il prestito e l'amministrazione. Sul finire del secolo XVIII la soppressione degli ordini religiosi fornì nuovo incremento alla vita delle biblioteche pubbliche, facendovi affluire, prevalentemente, opere di teologia. Nel secolo XIX le biblioteche maggiori diventarono di proprietà dello stato o di enti pubblici. Il nuovo stato unitario italiano si trovò dinanzi a problemi di origine storica di non facile soluzione, quali la irregolare distribuzione delle biblioteche pubbliche sul territorio nazionale, i vecchi ordinamenti particolari  dai quali esse erano rette e le diverse appartenenze. Le grandi biblioteche già esistenti nelle capitali divennero Biblioteche Nazionali gestite direttamente dallo Stato. All'inizio del Novecento furono fondate le biblioteche popolari (‘Consorzio Milanese per le Biblioteche Popolari’). Il fine di tali istituzioni era quello di permettere a tutti l'accesso ai libri e quindi di combattere l'analfabetismo. Tali istituzioni furono poi soffocate dal Fascismo e soltanto dopo la seconda guerra mondiale si poterono riorganizzare le biblioteche pubbliche con nuovi criteri. Una legge del 1941 impose a tutti i Comuni capoluoghi di provincia l'istituzione di almeno una biblioteca pubblica. Nel 1952, infine, la direzione generale delle accademie e delle biblioteche (creata fin dal 1926 dal Ministero della  Pubblica Istruzione) dette inizio ad un servizio nazionale di lettura per dotare tutti i comuni di una biblioteca pubblica o almeno di un punto-prestito itinerante, utile soprattutto nelle zone montane o in piccole località decentrate. 

▪ Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II di Roma - Inaugurata nel 1876 con 70 fondi di conventi soppressi, uniti a quelli dei Gesuiti nella sede del Collegio romano. Da qui fu trasferita al Castro Pretorio. E' notevole per le raccolte di manoscritti, autografi ed incunaboli. E' depositaria inoltre, insieme alla Nazionale Centrale di Firenze, del diritto ad un esemplare di tutto ciò che si stampa in Italia. E' sede del ‘Centro Nazionale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane’.

▪ Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze - Il suo nucleo originale fu costituito dai volumi dell'erudito A. Magliabechi nel 1714. Aperta al pubblico dal Granduca Cosimo III nel 1747, fu poi arricchita da lasciti e dall'unione con la Biblioteca Palatina nel 1861 quando prese il nome di Nazionale. Dal 1870 riceve per diritto una copia di ogni pubblicazione stampata in italia.

▪ Biblioteca Nazionale Braidense di Milano - Deve la sua origine a Maria  Teresa d'Austria che volle dotare la città di Milano di una biblioteca pubblica. I suoi nuclei originari furono la biblioteca di Carlo Pertusati, presidente del Senato e quella dei gesuiti nel cui palazzo di Brera (da qui il nome Braidense) fu sistemata nel 1773 e aperta al pubblico nel 1786. Tra i fondi di maggior valore c'è quello manzoniano, che comprende gli autografi delle opere dello scrittore, il suo carteggio e libri da lui postillati, più una quantità di libri antichi di medicina e scienze naturali di Albrecht von Haller. Notevoli anche le raccolte bodoniana, liturgica e drammatica.

▪ Biblioteca Nazionale Marciana a Venezia - E' famosa per le sue preziose raccolte di manoscritti e autografi di grandi poeti del Cinquecento. Nello stupendo salone del Sansovino, che si affaccia su Piazzetta S. Marco, ha sede la mostra permanente di codici miniati e di libri illustrati del Rinascimento, meta di visitatori e studiosi provenienti da tutto il mondo.

▪ Biblioteca palatina nel palazzo della Pillotta a Parma. Fondata nel 1762 con il nome di Reale biblioteca di Parma, nel 1865 si fuse con la biblioteca di Corte. Il materiale, proveniente da donazioni di monasteri, istituzioni pubbliche e raccolte private, ha una notevole raccolta di manoscritti ed edizioni bodoniane. Ha perduto parte del suo patrimonio librario per i bombardamenti aerei del 1944.

▪ Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze - Nacque quando la biblioteca privata dei Medici, cominciata da Cosimo il Vecchio e accresciuta soprattutto da Lorenzo il Magnifico, si unì a quella del convento di San Marco. Il Cardinale Giulio de' Medici incaricò Michelangelo di costruire un apposito edificio nel chiostro di San Lorenzo, inaugurato nel 1571. In essa si conservano cimeli di inestimabile valore, papiri greci e latini, codici che risalgono al IV sec., autografi del Petraca, rarissimi incunaboli e raccolte di edizioni pregiate.

▪ Biblioteca Ambrosiana di Milano - Fondata dal Cardinale Federico Borromeo, fu la prima biblioteca italiana aperta al pubblico (1609). La sua notevole collezione di manoscritti comprende opere provenienti dal monastero di Bobbio, numerosi palinsesti, la famosa “Iliade” del IV sec., Virgilio annotato dal Petrarca con miniature di Simone Martini, il “Codice Atlantico” di Leonardo da Vinci, innumerevoli codici, incunaboli e manoscritti. Dopo anni di accurato restauro è stata riaperta al pubblico che, per la consultazione dei preziosi volumi, può avvalersi dei mezzi informatici. 

▪ Biblioteca Apostolica Vaticana - E' considerata la più importante del Mondo per la ricchezza e il pregio delle sue collezioni. Fu fondata da Papa Nicolò V con un migliaio di codici latini e greci ed in seguito arricchita con acquisti e donazioni  di famiglie nobili romane, principi e prelati. E' sistemata nella splendida sede appositamente costruita nei palazzi vaticani. Tra i suoi manoscritti è conservato l'autografo del “Canzoniere” di Petrarca.

▪ Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli - Fu istituita nel 1804 da Carlo di Borbone col fondo proveniente da Parma e fu aperta al pubblico nel 1804. Possiede opere autografe di San Tommaso, Tasso, Vico e Leopardi. Conserva anche un vasto gruppo di papiri e ricche collezioni private, come la raccolta bodoniana dono di Gioacchino Murat e la raccolta Lucchesi Palli di opere teatrali.

▪ Bibliothèque Nationale di Parigi - Costituta dalla biblioteca del re di Francia alla quale si aggiunse durante la Rivoluzione Francese il patrimonio bibliografico di 24 biblioteche ecclesiastiche, fu notevolmente arricchita dall'afflusso dei cimeli confiscati da Napoleone I nei paesi occupati e da notevoli donazioni. Dal 1793 riceve per diritto di stampa un esemplare di tutto ciò che viene stampato in Francia. Conserva milioni di libri, manoscritti, disegni e stampe.

▪ British Museum Library di Londra - Sorta dal nucleo originale della biblioteca reale, fondata da Enrico VII, divenne grazie anche a cospicue donazioni di famiglie nobili, una delle principali biblioteche del mondo. La sua attività è integrata dalla British Library Lending Division (Boston Spa) che svolge servizio di prestito nazionale ed internazionale.

▪ Library of Congress di Washington - Nata come biblioteca del Congresso, si è sviluppata poi in maniera gigantesca tanto da diventare la biblioteca nazionale degli Stati Uniti e la più grande del mondo. Svolge funzione di guida nel campo della biblioteconomia e di coordinamento tra le maggiori biblioteche; provvede alla compilazione ed alla diffusione anche all'estero delle schede di tutti i libri che entrano in biblioteca. Ha un patrimonio di circa 55 milioni di pezzi, tra cui 14 milioni di volumi, 3 milioni di testi musicali e 145.000 periodici e quotidiani.

 

 

 

 

3 - Tipografi ed Editori

 

 

 

▪ Manuzio - Ottime edizioni di classici. Il capostipite Aldo (morto a Venezia nel 1515) è ritenuto il migliore tipografo del suo tempo e il primo degli editori ‘moderni’ per le iniziative innovative. L’uso del nuovo carattere ‘italico o aldino’ inciso da Griffi e il formato scelto per molte sue realizzazioni, rappresentarono un prototipo da imitare. Il figlio Paolo diresse la tipografia paterna dal 1533, quindi quella dell’Accademia Veneta e la “Stamperia del popolo romano” per conto di Paolo IV. Suo nipote Aldo lavorò alla Stamperia Vaticana, una parentesi veneziana e poi ancora a Roma per incarico di Clemente VIII (purtroppo la sua ricca biblioteca personale, 80.000 volumi, da lui destinata alla Marciana, è dispersa). La Stamperia Aldina concluse la sua attività alla fine del XVI sec.      

▪ Griffi - Incisore e tipografo bolognese. Lavorò per Manuzio e Soncino, inventò e perfezionò alcuni tipi e pubblicò edizioni in piccolo formato (“Canzoniere” di Petrarca, 1516).

*Paganini - Tipografo bresciano che, in società con altri, stampò a Venezia opere di teologia e giurisprudenza. Tra le altre, “De divina proportione” di Luca Paciolo (1509).

▪ Elzevier o Elsevier - Dinastia olandese di tipografi-editori e librai dal 1583 al 1713. Una delle marche sul frontespizio rappresentava un saggio sotto un albero, completata dal motto ‘non solus’. ‘Elzeviro’ è uno dei caratteri da loro usato,  indicante anche libri di piccolo formato. Autori di 1658 edizioni, 2737 quelle per l’Università di Leida. 

▪ Stagnino - Soprannome della famiglia di tipografi Giolitto de’ Ferrari di Trino (XV-XVI sec.), la cui marca tipografica raffigura San Bernardino. 150 edizioni di giurisprudenza, medicina, filosofia e l’opera omnia di Aristotele.

▪ Giunta o Giunti - Famiglia fiorentina di tipografi-editori, attivi in mezza Europa dal 1497. Centodue edizioni con prefazioni scritte in prima persona. Famoso il “Decamerone” del 1527, detto Ventisettana, stampato dal figlio. Gli eredi continuarono la tradizione del fondatore almeno fino alla fine del Cinquecento.  

▪ Sessa - Originario di Sessa, Lugano, fu tipografo-editore a Venezia dal 1489. Notevoli le edizioni “Delle meraviglie del mondo” di Marco Polo (1496) e “L’arte del ben morire” (1503). 

▪ Castaldi - A Milano, nel 1476 Dionigi Parravicino pubblica il primo libro completamente in greco. L’arte della stampa era stata introdotta cinque anni prima nella città lombarda da Panfilo Castaldi chiamato dal Duca Galeazzo Maria Sforza;  nato a Feltre alla fine del Quattrocento, Castaldi è considerato  sia l’inventore dei caratteri mobili prima di Gutenberg sia il capostipite degli stampatori italiani. È documentato che fu medico e tipografo, anche se nessuna sua opera si è conservata.  

▪ Jenson - Maestro di zecca a Tours, lavorò a Venezia dal 1470 al 1480 usando anche caratteri da lui  incisi. Stampò 150 edizioni, talune talmente preziose da essere nominato conte palatino da Sisto IV.  

▪ Soncino - Stamperia fondata nel 1483 da un medico insieme al figlio e nipote, che assunsero come cognome quello del paese cremonese. Diffuse presso le comunità italiane, a prezzo accessibile, libri di meditazione e preghiera; il loro intento era di fare tanti libri fino a quando ‘la terra sarà piena di sapere’. Anche a Roma, Napoli, Ferrara e Bologna furono aperte in quel periodo numerose stamperie di opere ebraiche, tra le quali quella del tipografo fiammingo Bomberg attivo a Venezia dal 1516.

▪ Agnelli - Incisore e tipografo milanese (1626-1702), capostipite di un’attività continuata per tre secoli.    

▪ Plantin - Francese con 25 torchi. La sua tipografia operò per circa tre secoli fino al 1876, quando fu ceduta al Comune di Anversa per farne un Museo. 

▪ Koberger - Editore e libraio a Norimberga. Cento operai, 24 torchi, 200 titoli, attivo dal 1470. Ha lasciato carteggi personali importanti per la storia tipografica del tempo.

▪ Didot - Dinastia francese di tipografi, attiva dal 1713 e tuttora operante, stampò classici ed edizioni di lusso, fuse nuovi tipi e introdusse il ‘punto Didot’, unità tipografica che classifica i caratteri in base all’altezza. Nel 1747 pubblicano la celebre “Historie generale des voyages” in 20 volumi, dal 1780 stampano una collana di romanzi di 64 titoli più i 32 ‘Classiques françois’ (del Delfino). Un nipote progettò la macchina continua per la fabbricazione della carta.   

▪ Estienne o Etienne - Tipografi e librai a Parigi e Ginevra per 160 anni (XV-XVI sec.). Produssero edizioni di classici latini e greci nonché lessici monumentali. La loro ‘marca’ più comune era costituita da un olivo con il motto ‘noli altum sapere’. La scuola d’arti grafiche omonima, fondata a Parigi nel 1889, insegna incisione, fusione dei caratteri, composizione e i moderni processi di stampa.

▪ Bodoni - Incisore, tipografo, editore. Nato a Saluzzo nel 1740, a 18 anni andò a Roma per lavorare come compostore nella stamperia di Propaganda Fide. Dieci anni dopo si trasferì a Parma invitato dal Duca a dirigere la Stamperia Reale. Ideatore di nuovi caratteri e autore di  edizioni particolari come un messale arabo-copto e l’alfabeto tibetano (1762). Materiale originale è conservato nella Palatina di Parma e nella biblioteca milanese di Brera.

▪ Petrucci - Nato a Fossombrone nel 1466 stampò per venti anni in modo preciso ed elegante, per conto della Repubblica Veneta, spartiti musicali col sistema da lui inventato.

▪ HOEPLI Ulrico - Editore e libraio di origine svizzera, uno dei maggiori attivi in Italia. A Milano, si specializzò per primo nella produzione scientifica e tecnica, anche divulgativa, raggiungendo risultati di prim'ordine. Pubblicò più di 6000 volumi. Dal 1924 lavorò anche nel campo antiquario. Donò a Milano un grande Planetario e istituì la cattedra di bibliografia in quella università; fu nominato cittadino onorario della città lombarda.

▪ RICORDI - Famiglia di editori di musica. Il fondatore Giovanni presentò la prima edizione musicale italiana incisa su piombo e stampata in calcografia; pubblicò la Gazzetta Musicale. Fu  amico di Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante e Verdi (dal quale acquistò la sua prima opera). A Giovanni successe il figlio Tito che ampliò la Casa rinnovandone gli impianti e costruendo nuovi stabilimenti.

▪ BOMPIANI - Valentino fondò nel 1929 a Milano la casa editrice Bompiani & C., specializzata in edizioni letterarie che contribuirono notevolmente al rinnovamento dell'editoria  italiana. Devono essere ricordate due sue iniziative: l'Enciclopedia Pratica compilata a sezioni e il Dizionario Letterario delle opere e dei personaggi.

▪ GARZANTI - Aldo rilevò la Casa Editrice Treves di Milano continuandone le iniziative e promuovendone altre tra le quali le collane ‘Vespa’, ‘Delfino’, ‘Salamandra’, ‘Grandi narratori dell'Ottocento’, ‘Il Milione’ e il periodico ‘L'Illustrazione italiana’.

▪ EINAUDI - Giulio figlio di Luigi ha iniziato la sua attività nel 1933 con la pubblicazione di riviste culturali e scientifiche. Pubblica opere italiane e in traduzione di argomento economico e sociale, storico, filosofico, scientifico, religioso, etnologico e collane di scrittori classici e contemporanei.

▪ UTET - Sigla dell'Unione Tipografico-Editrice Torinese, organizzazione sorta a Torino nel 1855 per successive trasformazioni della società tipografica di Giuseppe Pomba. Ha sempre avuto una posizione preminente nel campo dell'editoria italiana. Fu gravemente danneggiata dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. È specializzata nella pubblicazione di opere scientifiche, enciclopedie, dizionari, e testi universitari.

▪ VALLARDI - Famiglia di editori milanesi; fondatore della casa fu Francesco al quale  succedettero i figli. In seguito la casa si divise in due. La Casa si distinse per la realizzazione di ampie opere culturali e scientifiche diffuse anche all'estero. Antonio Vallardi si specializzò invece in libri e materiali didattici, incisioni, carte geografiche, eccetra.

▪ ZANICHELLI - Antica famiglia di editori e librai, la cui attività è oggi continuata dalla ditta Nicola Zanichelli di Bologna. Fondatore della casa fu Nicola la cui libreria di Bologna fu cenacolo di vita lettearia. Nel 1906 la Casa divenne società anonima e sviluppò la sua attività anche nel campo scientifico con opere di matematica, fisica, chimica e medicina.

▪ MONDADORI -  Casa editrice fondata a Ostiglia da Arnoldo Mondadori nel 1907, diventò società per azioni nel 1912 quando la sede fu trasferita a Verona. Pubblica numerose edizioni in ogni campo dell'editoria  scientifica, classica e letteraria. Notevole anche il suo impegno nel campo della letteratura per ragazzi. La Mondadori ha nel suo catalogo numerose testate di riviste e periodici.

▪ FELTRINELLI - Giangiacomo, indutriale ed editore, militò nei reparti del Corpo di Liberazione aggregati alla V Armata. Iscritto al PSI, ne uscì nel 1948 per passare al PCI. Nel 1949 costituì a Milano l'Istituto Giangiacomo Feltrinelli di studi e scienze economiche, politiche e sociali per la storia del socialismo. La Fondazione si è affermato, per la dotazione libraria e archivistica nonché per il rigore delle sue pubblicazioni, come uno degli organismi più prestigiosi del settore a livello internazionale. Fondò l’omonima Casa editrice nel 1954. Recatosi in Bolivia per seguire il processo al giornalista R. Debray, fu prima incarcerato e poi espulso. Ritornato in Italia nel 1967, intensificò la pubblicazione degli scritti di E. Guevara. Nel ‘69 fondò i ‘Gruppi di azione partigiana’ entrando nella clandestinità. Fu ritrovato cadavere a Segrate nel 1972. 

▪ LONGANESI - Leo, scrittore ed editore, giornalista, pittore ed efficace caricaturista. Nel 1926 avviò il quindicinale ‘L’Italiano’ che si collegava al movimento di ‘Strapaese’ ed alla sua esaltazione della civiltà italiana agricola-paesana, promossa dal fascismo. Nel ’37 ideò Omnibus, settimanale e rotocalco le cui pubblicazioni furono interrotte due anni dopo dalla censura del regime. Nel 1950 fondò ‘Il borghese’, settimanale polemico e satirico di politica e cultura. Scrisse anche libri di aneddoti politico-letterari caratterizzati da un temperamento caustico e spregiudicato, puntigliosamente individualista e conservatore.

▪ PARAVIA - Costituita nel 1728 da G.B. Paravia acquisendo l’antica stamperia Zappata. Nel 1870 rilevò la Stamperia Reale. La produzione è composta prevalentemente di testi scolastici, opere per la gioventù e curate edizioni di classici. Specializzata anche in materiale per la didattica ed il disegno.

 

 

 

4 - Tecnica bibliotecaria

 

 

 

▪ Bibliografia è la disciplina che riguarda l'indicazione, descrizione e catalogazione del libro secondo tecniche e regole universalmente accettate. L'ordine di una bibliografia può essere cronologico, alfabetico, sistematico; raggruppa gli scritti su un dato argomento o elenca i titoli di riferimento stampato al termine di un libro per un maggiore approfondimento; è l’indice tematico di scritti ordinati secondo determinati punti di vista, come struttura, finalità, uso, articolazione, sviluppo storico. Oggetto della bibliografia pratica è la letteratura a stampa o riprodotta con altri procedimenti meccanici (libri, periodici, saggi, relazioni ecc.). Non ne sono oggetto i documenti letterari in unico esemplare, come i manoscritti e neppure altri supporti di informazione non scritti, come i dischi, film, registrazioni ecc. Le bibliografie e soprattutto gli elenchi delle pubblicazioni recenti costituiscono il principale strumento di lavoro dei bibliotecari per i quali in Italia non esistono scuole di specializzazione ma si tengono corsi di perfezionamento presso varie università e corsi di aggiornamento pubblici e privati.

▪ Biblioteconomia è la disciplina che studia la sistemazione logistica di una biblioteca. Sorta con il progressivo sviluppo delle biblioteche, fissa le norme per la collocazione dei volumi, la compilazione di cataloghi al fine di facilitare la ricerca di un'opera, le nuove acquisizioni, il prestito e l'amministrazione. Valuta i sistemi d’arredamento, stabilisce le regole per il prestito e per la migliore fruizione delle sale di lettura, per la disinfestazione, la conservazione ed il restauro dei libri nonché i criteri universali di  classificazione (attualmente i metodi più usati  sono quello decimale Dewey e quello della Biblioteca del Congresso). Le tappe principali dell'iter del libro in una biblioteca sono la registrazione, la catalogazione, la collocazione ed eventualmente il suo invio al macero: sul registro d’entrata si riportano numero e data d’ingresso, autore ed editore,  provenienza (dono o acquisto) e valore; il libro viene quindi timbrato con il logo della biblioteca. La sistemazione sugli scaffali può essere fatta per materie o per formato: la prima è poco usata nelle grandi biblioteche perchè la seconda consente un utilizzo più razionale degli spazi tra i vari ripiani. Solo nelle piccole biblioteche o in certe sezioni di quelle grandi l'ordinamento per materia si è rivelato più vantaggioso. Per facilitarne la ricerca, sul dorso esterno in basso un’etichetta riporta i dati della scheda inserita nel catalogo di ricerca per autore e per soggetto. La compilazione delle schede è piuttosto complessa e si diversifica in base al tipo di descrizione bibliografica che si intende adottare: quasi tutte le biblioteche italiane usano le regole del Codice RICA (Regole italiane per il catalogo unico) oppure lo standard internazionale di descrizione bibliografica I.S.B.D. Ambedue i sistemi, seppure con norme diverse, compongono le schede con: Autore, titolo, dati edizione, numero e dimensione volumi, numero d’ingresso e segnatura. Tra i principali tipi di catalogazione, quello alfabetico per autori indica quali opere di un determinato autore la biblioteca possiede. Le prime norme per la compilazione di questo catalogo furono dettate da A. Panizzi per la biblioteca del British Museum nel 1839.  In Italia i cataloghi delle biblioteche - anche quelle statali - non avevano regole precise e quindi ognuna utilizzava metodi propri di archiviazione. Solo nel 1921 furono adottate norme omogenee per le biblioteche statali, alle quali si uniformarono anche le altre mettendo fine al caos delle iniziative individuali. Il catalogo per soggetti, in ordine alfabetico, indica quali opere di un particolare argomento si trovino in biblioteca. Per dargli maggiore uniformità la Biblioteca Nazionale di Firenze ha pubblicato nel 1956 un elenco organico di soggetti, al quale le biblioteche sono tenute ad attenersi. Attualmente la necessità di creare banche dati di informazioni bibliografiche a diffusione mondiale richiede sistemi internazionali univoci di catalogazione libraria per autori (il più usato è l’International Standard Bibliographic Description ISBD). Il metodo più diffuso di classificazione per materie è quello decimale ideato nel 1873 da Melvil Dewey che divide tutto lo scibile umano in dieci classi divisibili a loro volta all'infinito (esempio: 000 generalità, 010 Bibliografia, 020 biblioteconomia e scienze dell'informazione, eccetera). La novità dell’archivio elettronico può dare vantaggi per la maggiore flessibilità nella ricerca e l’immediatezza delle risposte, tuttavia il catalogo a stampa, essendo di utilizzo più universale perchè non richiede né conoscenze specifiche né strumentazioni particolari, è il mezzo più diffuso di organizzazione delle biblioteche piccole e medie del nostro paese.

Istituto di patologia del libro, fondato con R.D. 23 giugno 1928 n. 1308, studia nella sede romana  i processi di fabbricazione del libro, l’origine e la natura delle alterazioni fisiche e biologiche che colpiscono i supporti cartacei. L’Istituto si articola in varie sezioni: laboratori di biologia, chimica, restauro, museo, fototeca: elabora piani per la prevenzione e la profilassi per il mantenimento e il risanamento dei depositi librari, effettua il restauro del materiale deteriorato, con particolare riguardo a quello raro e di pregio, provvede all’insegnamento per il personale tecnico e scientifico dell’amministrazione statale. Nel 1957 gli fu affidato il compito di conservare e ordinare i microfilm dei più importanti manoscritti conservati nelle biblioteche italiane, dal 1975 fa parte del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali.

AIB - Associazione Italiana Biblioteche,  nata nel 1930  è l'unico organismo professionale attivo in questo settore. Si fonda sull'impegno volontario di oltre 3000 soci, finanziandosi con le quote di iscrizione, i corsi professionali, le vendite delle pubblicazioni e il congresso annuale. L'AIB riceve contributi pubblici per specifiche iniziative, rappresenta l'Italia nelle principali organizzazioni internazionali e agisce in stretto collegamento con le associazioni straniere e con l'Unione Europea, promuove l'affermazione dei principi contenuti nel Manifesto Unesco sulle biblioteche pubbliche  per lo sviluppo delle biblioteche come servizio fondamentale per il cittadino nella nuova “società dell'informazione” :

“Creare e rafforzare nei ragazzi l'abitudine alla lettura; sostenere sia l'educazione individuale e l'autoistruzione, sia l'istruzione formale a tutti i livelli; offrire l'opportunità per lo sviluppo creativo della persona; stimolare l'immaginazione e la creatività di ragazzi e giovani;  promuovere la consapevolezza dell'eredità culturale, l'apprezzamento delle arti, la comprensione delle scoperte e innovazioni scientifiche; dare accesso alle espressioni culturali di tutte le arti rappresentabili; incoraggiare il dialogo interculturale e proteggere la diversità culturale; sostenere la tradizione orale; garantire l'accesso ai cittadini ad ogni tipo di informazione; fornire servizi di informazione adeguati alle imprese, alle associazioni e ai gruppi di interesse locale;  agevolare lo sviluppo delle capacità di uso dell'informazione e del calcolatore; sostenere le attività e i programmi di alfabetizzazione rivolti a tutte le fasce d'età, parteciparvi e, se necessario, avviarli”.

 

 

 

Giuliano Confalonieri

giuliano.confalonieri@alice.it