Le Bibbie miniate
		 
		
		
		Alessandra Doratti
		
		 
		 
		 
		
		
		
		
		Nelle collezioni pubbliche e private di antichi manoscritti, le bibbie 
		del XII secolo, soprattutto quelle francesi, occupano un posto 
		particolare. Esse sono infatti più numerose di qualsiasi altro genere di 
		codice e sono di solito decorate con cura. Si possono inoltre acquistare 
		ancora, ma naturalmente a prezzi molto alti, tenendo in considerazione 
		la loro antichità e il loro pregio artistico. Tutto ciò è conseguenza 
		della particolare situazione dell'ambiente storico ed artistico, 
		culturale in genere, nel quale furono prodotte, e delle circostanze che 
		ne favorirono la conservazione fino ai giorni nostri.
		È noto che sotto il regno di Filippo Augusto, negli anni a cavallo tra 
		il XII e il XIII secolo, la Francia aveva raggiunto una grande potenza 
		ed una grande sicurezza militare che ne assicuravano tranquillità entro 
		i confini, e la conseguente possibilità di dedicare alle conquiste del 
		mondo dell'intelletto molte delle energie che un popolo di così antica 
		civiltà poteva esprimere.
		Questo impeto di vita spirituale, i cui germi si erano tramandati 
		attraverso i secoli, come compressi, nei chiostri, doveva trovare sotto 
		il regno di San Luigi (1226-70) l'ambiente adatto a più clamorose 
		manifestazioni. E queste assunsero quel carattere che alle luci degli 
		sviluppi culturali successivi si potrebbe definire preumanistico.
		
		 
		
		
		Dagli artisti laici le novità, dai monaci il rigore della tradizione
		
		Era il tempo nel quale, per soddisfare ad una sempre crescente richiesta 
		di libri di preghiera e di studio, che dovevano essere belli e sfarzosi 
		per soddisfare alle esigenze di clienti ricchi ed avidi di bellezza, le 
		officine librarie dei monasteri non erano più sufficienti, in numero e 
		produttività. I centri della cultura si spostavano intanto dai chiostri 
		verso le università, comprendendosi in tali centri anche quelli nei 
		quali nulla più si compiva che l'atto materiale della scrittura: quelli 
		cioè nei quali i testi si copiavano e si decoravano, e non 
		necessariamente si studiavano.
		Oltre ai religiosi, incominciavano sempre in maggior numero a dedicarsi 
		alla decorazione del libro gli artisti laici. Questi, oltre ad occuparsi 
		della illustrazione delle chansons de geste, delle enciclopedie, dei 
		romanzi, dei libri storici e scientifici, erano pure richiesti come 
		lavoratori esterni dagli stessi monasteri, affinché aiutassero i monaci 
		nella decorazione dei loro libri in genere, ed in particolare di quelle 
		Bibbie, la cui richiesta superava di gran lunga la capacità produttiva 
		dei manufatturieri tradizionali.
		Si dovrebbe perfino riuscire a distinguere, l'opera dell'artista laico 
		da quella dell'artista religioso, in quanto il primo avrebbe avuto 
		maggior tendenza a distaccarsi dagli schemi tradizionali per seguire le 
		mode dei tempi nuovi, mentre il monaco sarebbe stato più incline a 
		lavorare secondo le formule vecchie ed affermate, anche se queste 
		potevano da taluno venir giudicate alquanto anacronistiche e superate.
		E difatti anche nella gran quantità di Bibbie che sono giunte fino a noi 
		da quell'epoca, possiamo distinguere opere originali ed opere 
		convenzionali, le prime mostrando più forte personalità del pittore. 
		Molto spesso, peraltro, troviamo ambedue quelle condizioni riunite in 
		uno stesso codice: poche miniature più importanti (spesso solo la prima, 
		che di solito rappresenta le scene della creazione) opera di un maestro 
		più insigne; le altre dipinte secondo schemi più consueti. Anche in 
		questi casi però una distinzione sicura tra l'opera del maestro e quella 
		degli allievi non è facile: pur seguendo certi schemi abituali, questi 
		ultimi cercavano infatti costantemente di adeguarsi all'opera dei loro 
		maggiori, non solo con l'uso delle stesse tecniche (come ad esempio 
		usando le stesse miscele per i colori), ma anche coll'imitarne le forme 
		e lo stile. Talvolta alla loro industriosità ed artigianale capacità, di 
		per sé considerevole, si aggiungeva, oltre al consiglio, anche il tocco 
		del maestro, che ne seguiva il lavoro, consigliava, correggeva e metteva 
		personalmente la mano ai punti più importanti e delicati, come 
		l'impostazione generale del quadro, o i tratti del viso.
		Poiché però anche in quei tempi (che siamo soliti considerare 
		tranquilli, se pur non necessariamente oziosi) il tempo era pur spesso 
		scarso in raffronto alle necessità, alla decorazione di un intero codice 
		partecipavano talvolta in molti; e ciò spiega perché dalla osservazione 
		della scrittura e della decorazione di un codice si ritragga la 
		conclusione che si tratti di quel genere di lavoro che oggi si direbbe 
		di "gruppo".
		Ciò che comunque in quelle opere rimaneva costantemente radicato dello 
		spirito medioevale, come giustamente osservò P. Renucci, era la tendenza 
		a prestare al concreto una realtà superiore che non l'astratto: per cui 
		l'Oggetto non aveva significato che per l'idea che lo conteneva. Il 
		significato allegorico di ogni cosa doveva quindi prevalere su ogni 
		altro e principalmente su quello letterale. Solo nella Scrittura i due 
		significati si confondevano ed acquistavano lo stesso grado di verità.
		
		 
		
		
		Nelle crude allegorie fantasie e fede del miniaturista
		
		
		In questo dobbiamo probabilmente ricercare i motivi per i quali in quel 
		periodo la Bibbia non solo venne riprodotta in infiniti esemplari 
		(continuando così quel fatto che da tempi antichissimi dura fino ai 
		nostri giorni, per cui nonostante certa inflazione nel mondo del libro 
		la Bibbia ne è sempre il più diffuso) ma altresì venne decorata secondo 
		schemi allegorici che così aperte concessioni fanno ad un crudo verismo. 
		La fusione tra il vero e l'allegorico era così completa, e l'una cosa 
		tanto si compenetrava nell'altra, che fantasie individuali dell'artista, 
		che rompessero con gli schemi tradizionali, sarebbero potute apparire 
		profanatrici e dissacranti. Se consideriamo le cose sotto questa luce, 
		la decorazione delle Bibbie dugentesche non ci apparirà dunque monotona, 
		ma piuttosto ci si rivelerà pervasa da intensa spiritualità. Si potrebbe 
		semmai aggiungere che con la ripetizione quasi pedissequa di immagini a 
		lui pervenuto da una lontana tradizione, l' artista del '200 intendesse 
		unire la sua voce umile al coro degli osanna che da un passato 
		circonfuso di intensa religiosità si innalzavano verso Dio. Che questa 
		voluta limitazione consentisse poi ad artisti di non chiara fama di 
		lavorare in concorrenza con i più illustri pittori del tempo, e di 
		trovare clientela, è certo vero; ma è pur vero che anche tra queste 
		innumerevoli Bibbie, grandi e piccole, ricche e povere, francesi e 
		d'altri paesi, che ancora fanno la gioia ed il diletto dei nostri 
		bibliofili, tutte le gradazioni sono presenti, di bellezza e di pregio, 
		pur nella grande uniformità dei soggetti.
		La tradizione francese nella decorazione dei libri per d'altra parte 
		così antica (datando fin dai primi secoli della cristianità, e poi 
		attraverso la scuola di Tours e i pittori della corte di Carlo Magno) 
		che non fa meraviglia che questi schemi si siano imposti ed abbiano 
		improntato dei loro caratteri tutta la iconografia biblica europea, 
		dalle isole britanniche al sud e dell'Italia. La Bibbia poi essendo il 
		più sacro tra i libri sacri, fu sempre oggetto di grande rispetto, 
		maggiore di quello che alcun altro libro si sia mai saputo guadagnare 
		nel mondo occidentale: e ciò spiega perché tanti esemplari di Bibbie 
		medioevali abbiano potuto giungere fino a noi in numero tale da riuscire 
		a soddisfare gli appetiti di ogni pubblica biblioteca di tanti privati 
		collezionisti.
		"I musei che si portano in tasca", così vennero definiti, con proprietà 
		ed arguzia i manoscritti miniati. Ma i loro collezionisti sono 
		pochissimi in Italia; si contano forse sulle dita di una sola mano, e 
		forse sopravanza ancora un dito o due. Anche se in alcune biblioteche 
		private esistono codici preziosi, ed altri ne entrano tuttora di tanto 
		in tanto. Ma non si tratta di solito di collezioni specializzate. Non 
		così in altri paesi, come l'Inghilterra, Francia, Germania, America, 
		dove i collezionisti, se pur non numerosi non sono rari.
		La cosa stupisce, perché nessun altro oggetto di collezionismo consente, 
		anche a chi non sia professionalmente specializzato, giudizio sicuro su 
		ciò che è fondamentale in questo genere di attività: autenticità ed 
		originalità.
		Sono infatti praticamente impossibili le falsificazioni di un codice 
		completo con la sua pergamena e i suoi inchiostri, la decorazione, la 
		legatura con la sua colla e i fili stessi che legano ancora talvolta i 
		fascicoli così come lo furono all'origine, o in tempi lontani.
		
		 
		
		
		Le prime collezioni tradizione familiare tra i nobili italiani
		
		
		Chi volesse tentare, si troverebbe poi con un pugno di mosche in mano: 
		il falso costerebbe più dell'originale. Non si può dire lo stesso 
		dell'incubo, nel quale la perfezione odierna della riproduzione 
		fotografica può consentire a mani esperte di introdurre una o più pagine 
		mancanti, con grande difficoltà di individuazione del falso.
		È comunque strano, e non si vorrebbe che fosse indice di scarsa 
		sensibilità culturale, che da noi così pochi collezionisti si dedichino 
		a questo genere. Strano perché i bibliofili ed i collezionisti di libri 
		a stampa sono numerosi in Italia, e vi hanno solide tradizioni. La 
		raccolta di codici miniati ha pur avuto, in un passato non lontano, i 
		suoi seguaci più che nella borghesia colta, nell'ambiente della nobiltà, 
		dove si ricercavano e si conservavano testimonianze delle tradizioni 
		familiari. Eppure il manoscritto miniato, oltre al suo intrinseco valore 
		venale (ancora inadeguato, nonostante i forti aumenti degli ultimi anni, 
		nei confronti di altri generi più affermati) oltre alla già ricordata 
		indiscussa garanzia di autenticità che offre, aggiunge ancora 
		l'incomparabile pregio di essere il più completo, sottile, raffinato ed 
		affascinante concentrato di cultura che la mente dell'uomo abbia in 
		altri tempi immaginato e possa oggi recepire.
		
		
		 
		 
		
		
		
		Alessandra Doratti