Gabrio Abeatici

 

 

 

LA  DICHIARAZIONE  DI  INTERESSE  CULTURALE: DISCIPLINA  E  PROFILI  APPLICATIVI

 

 

 

 

1. Introduzione.

Secondo la normativa vigente, i beni artistici di proprietà dello Stato, delle Regioni e degli altri enti pubblici territoriali (inclusi quelli degli enti pubblici, delle persone giuridiche provate senza fini di lucro e gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti) che presentinointeresse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico” sono considerati – rectius, si presumono – essere “beni culturali” (cfr. art. 10, comma 1, Cod. beni cult.). Più precisamente, tali opere, qualora siano di Autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 50 anni, si considerano “beni culturali” fino all’espletamento della procedura di verifica della sussistenza dell’interesse artistico, da parte degli organi competenti del Ministero (d’ufficio oppure su richiesta di coloro cui tali beni appartengono) “sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero” (art. 12, comma 2, Cod. beni cult.). Tale disciplina – si noti – si applica anche qualora i soggetti proprietari del bene mutino la loro natura giuridica (art. 12, comma 9, Cod. beni cult.).

Nell’ipotesi di beni appartenenti a privati non è, invece, prevista tale presunzione e successiva verifica, essendo bensì stabilita (art. 13 comma 1) una procedura di dichiarazione, che accerta la sussistenza dell’interesse artistico di cui all’art. 10, comma 3. Tale dichiarazione non riguarda le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, archivi, documenti, raccolte librarie dello Stato, delle Regioni, di altri enti pubblici territoriali ed altri enti pubblici (cfr. art. 13, comma 1, Cod. beni cult., che rinvia all’elenco di cui all’art. 10, comma 2, stesso Codice).

Sono oggetto della dichiarazione (art. 13 e art. 10, c. 3 e c. 4): singoli beni che rivestono un interesse artistico, storico o bibliografico “particolarmente importante” e che appartengono a persone fisiche, ad imprese, banche, società o altre persone giuridiche private con fine di lucro; raccolte librarie che rivestono un “eccezionale interesse culturale” e che appartengono a privati (persone fisiche; imprese, banche, società o altre persone giuridiche private con fine di lucro; fondazioni, associazioni, enti religiosi o altre persone giuridiche private senza fini di lucro); singoli beni, a chiunque essi appartengano, che rivestono un interesse “particolarmente importante” per il loro riferimento alla storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose.

E’ interessante ricordare come la Cassazione abbia affermato che il mancato riconoscimento dell’interesse culturale di oggetti archeologici da parte dell’Autorità, a mezzo di apposito atto di notifica, non dimostra il carattere privato del bene, e la sua impossibilità di ascriverlo al patrimonio indisponibile dello Stato (e quindi la possibilità di apprensione o usucapione da parte di privati), essendo il requisito del carattere culturale insito negli stessi beni, per il loro appartenere alla cose di interesse archeologico (cfr. Cass. Civ., 10.02.2006, n. 2995).

 

2. Il procedimento di dichiarazione e gli effetti dell’avvio dello stesso.

L’art. 14 Cod. beni culturali stabilisce che il procedimento viene avviato dal Soprintendente (d’ufficio oppure su motivata richiesta degli enti territoriali interessati), dandone comunicazione al proprietario/possessore/detentore. (Con riferimento alla disciplina previgente, id est art. 7 D. Lgs. n. 490/1999, cfr. A. Sandulli, La comunicazione di avvio nei procedimenti di tutela del patrimonio storico – artistico, in Giorn. dir. amm., 2000, 582). Se si tratta di complessi immobiliari, la comunicazione è inviata anche al Comune o alla Città metropolitana. La comunicazione, in particolare, deve contenere: tutti gli elementi di identificazione e di valutazione della cosa risultanti dalle prime indagini, l’indicazione delle disposizioni da applicarsi in via cautelare, nelle more del procedimento, l’indicazione del termine non inferiore a trenta giorni, assegnato al destinatario della comunicazione per presentare eventuali osservazioni,

La giurisprudenza ha escluso la necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento nella fase prodromica di acquisizione degli elementi circa il carattere storico – artistico, volti a determinare se sussistano i presupposti per l’imposizione del vincolo su di un immobile, per la sua importanza storico-artistica. In particolare, è stato affermato che tale fase non è da considerarsi momento procedimentale autonomo (per gli effetti della L. 241/90), in quanto costituisce attività conoscitiva strumentale, potendo il procedimento essere formalmente avviato solo e quando tale attività si concluda positivamente, nel senso dell’esistenza, a giudizio dell’autorità amministrativa, di sufficienti elementi, indicatori della necessità di un’iniziativa volta – previo confronto con i soggetti incisi – a porre il vincolo e a conformarne gli effetti. Sempre secondo tale orientamento, la pretesa che la notizia dell’avvio del procedimento debba essere data già nella fase di acquisizione degli elementi circa il carattere storico-artistico dell’immobile non troverebbe conforto nella legge; inoltre, tale pretesa sarebbe illogica, perché impedirebbe di individuare con certezza il momento di inizio di un siffatto procedimento (al fine di valutare la tempestività o meno della comunicazione), posto che i futuri destinatari del provvedimento potrebbero opporre la necessità di un loro coinvolgimento anche nella fase meramente esplorativa di acquisizione delle fonti documentali (o in quella di interpretazione delle medesime), con aggravio di attività amministrativa in un momento in cui sarebbe assente la certezza di avvio del procedimento venga effettuato. Si è concluso nel senso che la comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante deve considerarsi ritualmente e tempestivamente effettuata contestualmente all’inoltro della proposta da parte della Soprintendenza, che è il primo atto giuridicamente rilevante del procedimento stesso, da effettuarsi a cura del Ministero (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 22.06.2006, n. 3825, in Foro amm., CDS, 2006, 1913).  

La dichiarazione di particolare interesse culturale, relativa ad opere singole, è adottata entro 90 giorni dall’avvio del procedimento. La dichiarazione di eccezionale interesse culturale, relativa a raccolte bibliografiche, è adottata entro 240 giorni dall’avvio del procedimento

Secondo la giurisprudenza, il riferimento (contenuto nell’art. 14, comma 2, Cod. beni culturali) agli “elementi di valutazione risultanti dalle prime indagini”, quale presupposto per l’avvio del procedimento per la dichiarazione di interesse culturale di un bene immobile, evidenzia come l’azione dell’Autorità ben possa essere avviata per l’acquisizione di elementi di conoscenza che – seppure ancora privi di supporto probatorio conclusivo, da accertarsi nel corso dell’istruttoria – giustifichino, senza pregiudizio per la situazione di fatto, l’avvio del procedimento di vincolo in previsione degli ulteriori e necessari approfondimenti finalizzati alla eventuale apposizione dello stesso (cfr. T.A.R. Sardegna Cagliari, 19.02.2010 n. 203, in Riv. giur. edilizia, 2010, 972).

Si deve ritenere che l’adeguatezza dell’istruttoria sia sindacabile da parte del Giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. 1179/1998, in Cons. Stato, 1998, 1311).

Ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/1990, la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento non ha come effetto l’annullabilità dell’atto, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. l’art. 14 L. 15/2005 che ha introdotto tale innovazione).

Non viene richiesto – secondo la giurisprudenza – dalla norma dell’art. 14 citato che il provvedimento di inizio del procedimento per la dichiarazione di interesse culturale di un bene contenga lo stesso impianto motivazionale del provvedimento finale: è sufficiente l’indicazione delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione all’avvio del procedimento medesimo (T.A.R Sardegna Cagliari, sez. II, 19.02.2010, n. 203, in Riv. giur. edilizia, 2010, 972).

Giova ricordare quali sono le principali conseguenze riconducibili all’avvio del procedimento: in primo luogo – ai sensi degli arttt. 18 e 19 Cod. Beni cult. – al Ministero competono funzioni di vigilanza  sui beni culturali, e il Soprintendente può procedere ad ispezioni finalizzate ad accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali. L’avvio del procedimento ha come conseguenza, più in generale, una limitazione al potere di disposizione del bene da parte del titolare, trovando applicazione anticipata alcuni degli effetti che sono connessi al vincolo (non ancora riconosciuto). In particolare, l’art. 20 del Cod. beni cult. stabilisce il divieto di distruzione, deterioramento, danneggiamento dei beni, che non possono nemmeno essere adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico – artistico, o che rechino pregiudizio alla loro conservazione. L’art. 21 specifica gli interventi soggetti ad autorizzazione del Ministero, tra cui la rimozione o la demolizione (anche con successiva ricostituzione), lo spostamento dei bini mobili. Il particolare, in caso di spostamento di beni culturali in virtù del mutamento di dimora del detentore, preventivamente denunciato al Soprintendente, quest’ultimo (entro 30 gg. falla denuncia) può prescrivere le misure necessarie per evitare danni nel trasporto (art. 21, comma 3).

Gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni sono consentiti in caso di assoluta urgenza, purché ne sia data immediata comunicazione alla Soprintendenza (cui vanno inviati, ai fini della necessaria autorizzazione, i progetti degli interventi definitivi, cfr. art. 27 Cod. beni cult.), che può ordinare la sospensione degli interventi iniziati in violazione della disciplina predetta, oppure in difformità rispetto all’autorizzazione concessa (art. 28). Inoltre, in ipotesi di trasferimento della proprietà o della semplice detenzione del bene, è necessaria la denuncia al Ministero entro 30 gg. (art. 59 Cod. beni cult.).

 

3. La discrezionalità della valutazione. Notifica e pubblicità del provvedimento di dichiarazione.

Secondo la giurisprudenza, l’apprezzamento operato dall’Amministrazione in materia di dichiarazione di interesse storico – artistico particolarmente importante di un bene costituisce una valutazione ampiamente discrezionale dell’interesse pubblico a tutelare cose che sono reputate meritevoli di conservazione e tutela (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 02.03.2010, n. 3272).

La dichiarazione dell’interesse culturale è adottata dal Ministero (art. 14, comma 6) e notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento (art. 15 comma 1).

Alla luce della norma di cui all’art. 21 bis L. 241/1990 (inserito dalla L. 15/2005, art. 15), secondo la quale il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione dello stesso, si deve ritenere che la notifica della dichiarazione de qua costituisca atto recettizio.

Ai fini dell’opponibilità ai successivi aventi causa o possessori, è previsto che, se si tratta di beni soggetti a pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento amministrativo di dichiarazione è trascritto, su richiesta del Soprintendente, nei registri (art. 15, comma 2). Si tratta di una pubblicità dichiarativa (cfr., amplius, D. Carletti, G. Veccia, Il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, coord. da R. Tamiozzo, 84).

Pur in presenza di un errore di trascrizione di atti nei registri immobiliari, è stato ritenuto sussistente il vincolo su di un bene, con conseguente legittimo esercizio del diritto di prelazione in caso di vendita, nell’ipotesi in cui vi erano elementi idonei a testimoniare in modo inequivocabile la circostanza della sussistenza della dichiarazione di un interesse particolarmente importante del bene (Consiglio Stato, 22.09.2008, n. 4569, Riv. giur. edilizia, 2010, 1395)

 

4. Conseguenze principali della dichiarazione. Ricorso amministrativo avverso la dichiarazione.

Tra le conseguenze della “dichiarazione” rientra la prelazione a favore dello Stato in caso di compravendita. Il proprietario, possessore o detentore del bene è tenuto a garantirne la conservazione (artt. 1 e 30). I beni non possono essere esportati se non in via temporanea (art. 65, Uscita temporanea dal territorio della Repubblica).

Devono essere preventivamente autorizzati dalla Soprintendenza (artt. 21 e 48): il prestito per mostre e lo spostamento, anche temporaneo, dei beni; lo smembramento di una raccolta, lo scarto di materiale bibliografico; l’esecuzione di restauri e lavori di qualunque genere. L’eventuale trasferimento della proprietà o della detenzione di un bene deve essere denunciato alla Soprintendenza (art. 59).

Il Soprintendente, in seguito a preavviso non inferiore a cinque giorni, può procedere ad ispezioni per accertare lo stato di conservazione e di custodia del bene (art. 19).

Entro 30 gg. dalla notificazione della dichiarazione  (e da quando l’interessato ne abbia avuto piena  conoscenza) è ammesso il ricorso amministrativo al Ministero (che decide entro 90 gg.) avverso (il provvedimento conclusivo della verifica o) la dichiarazione stessa, per motivi di legittimità o di merito (art. 16 Cod. beni cult.). Ciò comporta – si noti – la sospensione automatica degli effetti del provvedimento impugnato (fatte salve le misure di protezione operanti sin dalla comunicazione dell’avvio del procedimento, tra cui quelle relative alla protezione e circolazione dei beni culturali). Ai fini della decisione del ricorso, l’art. 16 stabilisce che venga acquisito un parere (da ritenersi obbligatorio, ma non vincolante) da parte del competente organo consultivo (Comitati tecnico – scientifici): la sua mancata acquisizione comporta l’illegittimità della decisione del ricorso (decisione che può, peraltro, disattendere lo stesso, con adeguata motivazione). Nel silenzio, sul punto, dell’art. 16 del Codice, si deve ritenere che nell’ipotesi in cui nel termine di 90 giorni non intervenga la decisione, trovi applicazione l’art. 6 del D.P.R. 1199/1971, in tema di silenzio rigetto, per cui il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti, e contro il provvedimento impugnato è esperibile il ricorso all’Autorità giurisdizionale competente, o quello straordinario al Presidente della Repubblica.

Poiché la decisione sul ricorso consiste in provvedimento amministrativo (anche se di carattere decisorio), essa può essere annullata dalla P.A. in sede di autotutela (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 3920/2003, in Foro amm. CDS, 2003, 1878). 


 

 

avv. Gabrio Abeatici

 

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