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Daniele D'Anza

 

Caravaggio e Craxi – Tiepolo e Berlusconi, ovvero il paradossale utilizzo delle allegorie

 

 

 

 

 

 

Mi ha sempre affascinato la constatazione che il volto di un assassino sia stato scelto dalla Repubblica Italiana per onorare la sua banconota più prestigiosa, fino all’avvento dell’euro: la storica centomilalire.

 

Su quella moneta, infatti, fu posto il volto dell’omicida di Ranuccio Tomassoni, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Omicida accertato e condannato in contumacia. Non solo il volto inquieta, tuttavia. Ad accompagnarlo furono scelte riproduzioni di due suoi dipinti giovanili, la Buona Ventura del Louvre e il Canestro di frutta dell’Ambrosiana. Mentre il famoso dipinto milanese occupava il retro della banconota, l’immagine della Buona Ventura fu posta a fianco del volto dell’assassino.

Fra tanti dipinti di Caravaggio, proprio questo, che certo non è tra i più famosi e nemmeno fra i più rappresentativi dell’arte del maestro. E allora perché? Un mero caso? Nell’opera, come ricordato da un biografo del pittore, si raffigura una zingara che nel leggere la mano del giovin signore gli sfila l’anello dal dito, ossia l’Allegoria della Fiducia tradita dall’Inganno.

Non sappiamo a chi si deve questa scelta: certo è che la banconota fu la terza di quel taglio. Dopo il debutto nel 1967, operato sotto il governo Moro, in cui compariva l’effige di Alessandro Manzoni, seguì una seconda emissione nel 1978 sotto il governo Andreotti, in cui si scelse di inserire il volto di una delle Grazie della Primavera di Botticelli. A questa, seguì nel 1983 la terza e ultima banconota da centomilalire con Caravaggio, stampata durante il governo Craxi.

Col senno di poi, tale scelta beffarda appare profetica del destino di un uomo e di quello Stato che andava rappresentando.

La rivincita delle icone, vien da dire, in barba a chi, inconsciamente, si spera, o consciamente, e quindi in maniera furbesca e presuntuosa, ne ha fatto un utilizzo improprio.

Il Tempo scopre la Verità è una delle celebri allegorie settecentesche che ben si confà a questo episodio di storia patria; ma non solo, il Tempo che scopre la Verità fu altresì la raffigurazione scelta, in epoca recente, dall’ultimo governo Berlusconi, per decorare la sala stampa di Palazzo Chigi. Scelta azzeccata… apparentemente. Nell’occasione, infatti, si decise di riprodurre il celebre dipinto di Giambattista Tiepolo, al fine di sottolineare la bontà delle decisioni governative, affisso nel luogo di mediazione fra il governo e il paese. Scelta azzeccata, se si vuole, dal forte contenuto semantico, per cui ogni comunicazione rivolta all’opinione pubblica veniva a concretarsi davanti a tale inequivocabile allegoria.

 

 

Tutto bene, se non fosse che, pochi mesi dopo, alla Nuda Veritas si pensò di coprire il seno! Pudicizia, per così dire; ma l’intento originario ne risultava trasformato, addirittura ribaltato. Quella Verità che il Tempo scopriva viene ora coperta dagli uomini; e la fine dell’ultimo governo Berlusconi, tra intercettazioni telefoniche e altro, alimenta la provata rivalsa delle icone, insofferenti ai travisamenti o agli utilizzi paradossali.

 

 

Daniele D'Anza  (1° aprile 2015)