I vetri di Franco
Deboni
Attilia Dorigato
Quello di Franco Deboni con il vetro è un rapporto che, con approcci
diversi e con un coinvolgimento sempre più intrigante, dura ormai da
molti anni senza soluzione di continuità. Appassionato collezionista
prima, sopratutto della produzione vetraria del nostro secolo, e
studioso e ricercatore poi, autore di importanti opere sulla storia del
vetro di Murano del Novecento, questo architetto-designer ha al suo
attivo una pluriennale frequentazione con le fornaci dell'isola
lagunare. E' proprio all'interno delle fornaci che ha esaminato e
studiato con attenzione ogni tecnica, seguendo da vicino il lavoro dei
maestri e registrando le innumerevoli variazioni che un materiale tanto
multiforme come il vetro può offrire, a seconda delle condizioni nelle
quali lo si manipola. Appare, quindi, esito naturale di un lungo
processo di maturazione quello che lo ha indotto a cimentarsi col vetro
a livello creativo, affrontando tutta una serie di problemi tecnici e
formali che lo hanno impegnato a fondo in questi ultimi anni.
I suoi lavori, che presenta per la prima volta alla Biennale
Internazionale di Venezia - Aperto Vetro del 1998, evidenziano subito un
carattere del tutto personale e inedito nell'affrontare questo
materiale. Sono piastre, di assoluta semplicità formale, nelle quali
l'attenzione converge sulla gamma infinita di reazioni che, assieme a
processi di ossidazione, il vetro può dare. Lasciate da parte le
tradizionali tecniche muranesi, l'attenzione di Deboni si rivolge
piuttosto allo studio del materiale, con il quale conduce una serie di
sperimentazioni, volte a metterne in luce tutte le potenzialità.
Sono graniglie di vetro unite a ossidi, dei quali studia momento dopo
momento le reazioni, quelle che il designer usa per le sue
piastre che vengono modellate a mano sul piano di refrattario, fuse,
rifinite e poi rifuse in uno stampo d'acciaio, allo scopo di dar loro la
corretta curvatura. Il risultato è quello di superfici scabre, simili al
terreno lunare, percorse da una sconfinata gamma di vibrazioni di
colore, ben lontane dall'abituale aspetto del vetro veneziano, che per
tradizione si identifica con la trasparenza, la leggerezza e il
virtuosismo sul piano esecutivo.
Sono schiume di cristallo in ebollizione, simili ai materiali vulcanici,
quelle che coronano i suoi piatti, sempre rigorosamente sagomati a mano
in corso di lavorazione, secondo la tradizionale consuetudine insulare,
quando un intervento opportuno, al momento giusto, può dar luogo a
effetti speciali e a modifiche un attimo prima imprevedibili. Questi
ampi margini di "casualità" sono propri della lavorazione del vetro
veneziano, che ha spesso registrato importanti innovazioni a seguito di
non intuibili reazioni della materia.
Alle opere in piastra
hanno fatto seguito quelle soffiate: sono vasi di forme semplici, e non
necessariamente regolari, ma studiate in funzione della materia nelle
misure e nelle proporzioni; anche in essi Deboni interviene
personalmente, affiancando il maestro nel suo lavoro con rapidi
movimenti che la lunga consuetudine con le fornaci gli ha reso naturali.
Ancora una volta l'esigenza del designer sembra essere stata quella di
evidenziare l'aspetto forse più naturale del vetro, come materia
"grezza", senza che ulteriori manipolazioni siano intervenute a
modificarlo.
Sono opere di grande impatto, nelle quali il vetro di presenta in sua
realtà poco nota, mettendo in luce sopratutto le sue infinite
possibilità espressive. Deboni appartiene a quel gruppo di artisti,
fortunatamente sempre più numeroso in questi ultimi anni, che frequenta
le fornaci muranesi per dar vita a opere che si distaccano dalla
produzione seriale, pur sempre di alto livello, dell'isola. E' anche
grazie a questi personaggi che l'attività di Murano appare ricca di
fermenti creativi, che producono continue innovazioni. Certo, le opere
di Deboni, come quelle di altri artisti, non potrebbero trovare
realizzazione senza l'apporto determinante di fornaci aperte alla
collaborazione e alla sperimentazione; in questo caso il lavoro di
Nicola Moretti della "Ragazzi & C." è stato fondamentale.
Attilia
Dorigato
The
Glass of Franco Deboni
Franco Deboni's long-standing relationship with glass has seen him
increasingly absorbed and in a variety of different ways. His first
approach was as a keen collector, especially of 20th century glass, and
this led to study, research and authorship of important works on the
history of Murano glass over the last hundred years. And in his work as
an architect and designer he has long been intimately involved with the
practical side of glass-making on the island, observing master-craftsmen
at work in the furnaces, studying every technique at first hand and
noting the countless different ways a multiform material like glass will
respond, depending on the conditions under which it is worked. With such
experience it is natural that he should now feel ready to add a creative
level to his relationship with glass and come directly to grips with a
whole series of technical and formal problems that have engrossed him in
recent years.
His work, shown for the first time at the International Biennale
"Venezia - Aperto Vetro" in 1998, immediately evinces an entirely
personal, original approach to the material: simple panels, where one's
attention is captured by the infinitely varied ways that glass can be
made to react to the process of oxidation. Rather than work with
traditional Murano glass-making techniques, Deboni prefers to study the
material anew, to experiment and explore and discover new potential.
He puts glass fragments together with oxides, studies their reactions
closely and incorporates the outcome in his panels, which are first hand
shaped on a fire-brick work surface, then fused, wheel-finished and
refused in a steel mould to give them the correct curvature. The result
is rough, moon-like surfaces reverberating with colour, far from the
distinctive transparency, lightness and technical virtuosity of
traditional Venetian glass.
His circular plates have foaming, bubbling crystal surrounds, like
volcanic lava, and are hand-shaped at all stages, as with traditional
Murano glass, so that the right move at the right time can give rise to
special effects and changes that might have been quite unimaginable just
a moment before.
This custom of leaving ample room for serendipity is an intrinsic aspect
of the Venetian approach to glass-making where significant innovations
have often come when the material reacted in some totally unexpected
way. After the panels, Deboni tried his hand at blown glass, vases in
simple, not necessarily symmetrical shapes but with size and proportion
always perfectly judged in relation to the material. Here too Deboni
contributes directly to the creative process, working alongside the
master glassmaker with the quick, natural ease that comes of long
experience at the furnace mouth.
Once again the designer in Deboni seems to have needed to emphasize the
more natural aspect of glass, glass as a "pure" material with no need of
further manipulation or modification. These are works of huge impact,
glass from an unfamiliar angle but one that shows its boundless
expressive potential. Deboni belongs to the group of artists,
fortunately increasing in number in recent years, that work with and in
the Murano furnaces to create works that are quite another thing from
the already superb quality routine production on the island.
It is thanks also to such artists that the Murano glass industry enjoys
such a wealth of creative ferment and continues to produce innovative
work. Of course Deboni's work, like that of other artists, could never
be achieved without the invaluable support of glass-makers with a
cooperative, experimental attitude; crucial in the case of Deboni was
the work of Nicola Moretti of "Ragazzi & C."
Attilia
Dorigato