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GUIDO RENI – SEBASTIANO RICCI – MARCO RICCI

 

Giuliano Confalonieri

 

 
 

 

 

Guido Reni, Autoritratto, 1602-1603 circa. Roma, Galleria di Palazzo Barberini.

 


Guido Reni (Bologna 1575/1642) entrò ventenne all'Accademia dei Carracci per dedicarsi allo studio della pittura antica (fu impressionato dal lavoro di Raffaello e Caravaggio). Tre anni dopo a Roma realizzò importanti commissioni come gli affreschi in Vaticano (Sala delle nozze Aldobrandine e Sala delle Dame) nonché la decorazione al Quirinale (Cappella dell'Annunciata), conclusa quando l'artista era già impegnato nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore. La Strage degli innocenti eseguita nel 1611/1612 e conservata a Bologna, è probabilmente l’apice espressivo dell'artista, autore anche dell’affresco Aurora e della Pietà. Per il Duca di Mantova dipinse Le fatiche d’Ercole continuando poi con i capolavori degli ultimi anni quando la sua pittura divenne più raffinata: Lucrezia, Adorazione dei pastori, Cleopatra. Dopo la morte del padre lascia la bottega per aderire all'Accademia degli Incamminati, scuola di pittura fondata dai Carracci col nome di Accademia dei Desiderosi. Alla fine dl Cinquecento diventa pittore indipendente a Bologna, esegue la Incoronazione della Vergine e quattro Santi. Vince la gara, in competizione con Ludovico Carracci, per la decorazione della facciata del Palazzo del Reggimento. Sono contemporanee le tele della Madonna col Bambino, San Domenico e i Misteri del Rosario della Basilica di San Luca, la Resurrezione di San Domenico e la Assunzione della Vergine della parrocchiale di Pieve di Cento. Nel 1601 è a Roma dove esegue il Martirio di santa Cecilia. Dipinse il Cristo in Pietà adorato dai santi Vittore e Corona, da Santa Tecla e San Diego d'Alcalà per il Duomo di Osimo e la Trinità con la Madonna di Loreto. Completa La crocefissione di san Pietro per una chiesa romana, Davide con la testa di Golia (Louvre), il Martirio di Santa Caterina (Museo Diocesano di Albenga). La sua fama è ormai consolidata, infatti Paolo V gli affida la decorazione nei Palazzi Vaticani della Sala delle Nozze Aldobrandine e la Sala delle Dame. Il cardinale Borgherini gli commissiona alcuni affreschi: il Martirio di Sant'Andrea e l'Eterno in gloria; l'anno dopo inizia la decorazione della cappella dell'Annunciata nel Palazzo del Quirinale. Nel 1609 riceve il primo acconto per gli affreschi della cappella Paolina che però interrompe per contrasti con l'amministrazione papale. Torna a Bologna dopo il 1614, anno in cui termina l'Aurora per il casino Rospigliosi di Roma. Importanti dipinti (La strage degli innocenti e il Sansone vittorioso) sono eseguiti ancora a Roma ed inviati a Bologna. Il cardinale Borghese gli commissiona, per il Casino nel parco del suo palazzo, il grandioso affresco Aurora. Ancora a Bologna inizia ad affrescare l'abside della cappella di San Domenico, nell'omonima basilica. Chiamato a Mantova per eseguire decorazioni nel Palazzo Ducale, rifiuta per le supposte "infermità mortali" provocate dalla pittura a fresco; in compenso, esegue per il duca quattro tele con le Fatiche di Ercole. A Napoli, affresca nel Duomo la cappella del Tesoro di San Gennaro ma non raggiungendo l'accordo economico riparte per Roma, dopo aver dipinto tre tele per la chiesa di San Filippo Neri. Se le presunte, oscure manovre ordite contro di lui dai pittori napoletani non hanno riscontro documentario, una lettera attesta l'estremo bisogno di denaro del pittore, "larghissimo dissipatore". Nel 1625 firma a Roma il Ritratto del cardinale Roberto Ubaldini, ora in una collezione privata inglese e la grande pala barocca della Trinità per la chiesa dei Pellegrini, dipinta in poco meno di un mese. Eseguì gli affreschi, commissionatigli dal cardinale Barberini, delle Storie di Attila in San Pietro; imponendo che nessuno – "né anco i cardinali" – salga sulle impalcature durante i lavori. Tuttavia non cominciò l'opera ripartendo bruscamente per Bologna, a causa dell'ostilità di alcuni cardinali. Durante questa permanenza a Roma riceve la commissione del Ratto d'Elena dall'ambasciatore spagnolo col quale non viene però raggiunto l'accordo economico. Dopo la peste del 1630, il Senato bolognese gli commissiona la pala votiva della Madonna col Bambino e santi. Prima del 1635 esegue su seta - per conto del fratello di Urbano VIII il San Michele arcangelo. Celebrato come esempio di bellezza ideale, avrebbe voluto avere "pennello angelico o forme di Paradiso per formare l'Arcangelo o vederlo in Cielo; ma io non ho potuto salir tant'alto ed invano l'ho cercato in terra. Sicché ho riguardato in quella forma che nell'idea mi sono stabilita". Fanno parte della tarda produzione le Adorazioni dei pastori di Napoli e di Londra, San Sebastiano e la Flagellazione di Cristo di Bologna, Il suicidio di Cleopatra e La fanciulla con corona, entrambe nella Pinacoteca Capitolina. Negli ultimi anni di vita del maestro, tutte opere sono eseguite a pennellate veloci e sommarie, secondo un'intenzione stilistica che la critica riconosce una consapevole scelta estetica. Per il suo biografo, a causa dei debiti, il pittore fu costretto negli ultimi anni "a lavorare mezze figure e teste alla prima, e senza il letto sotto; a finire inconsideratamente le storie e le tavole più riguardevoli; a prender denaro a cambio da tutti; a non ricusare ogni imprestito da gli amici; a vendere, vil mercenario, l'opra sua e le giornate a un tanto l'ora". Soffriva di depressione: "...comincio a non piacere più nemmeno a me stesso" e alla morte confessa di pensare "conoscendo essere vissuto assai, anzi troppo, dando fastidio a tanti altri, forzati a star bassi finch'io vivo". Nel mese di agosto 1642 è "colto da febbri" che lo faranno morire. Il corpo viene esposto vestito da cappuccino e sepolto nella Cappella del Rosario della Basilica di S. Domenico.
 

 


Sebastiano Ricci, Autoritratto, 1731. Firenze, Uffizi.
 

 

Sebastiano Ricci (Belluno 1659/Venezia 1734), alla fine del Seicento si trasferì a Bologna e poi a Parma al servizio del duca Ranuccio. Lo studio delle opere del Correggio risalta nella complessa decorazione dell'oratorio della Madonna del Serraglio a Parma. Inviato dal duca a Roma, poté studiare gli esempi della grande decorazione barocca. Nel 1694 andò in Lombardia lavorando a San Bernardino dei morti a Milano e Santa Maria del Carmine a Pavia. Tutto questo arricchì le esperienze tecniche ed espressive dell’artista: da Belluno a Padova, da Venezia a Firenze, un itinerario di opere sempre più richieste per la validità dei contenuti. In Inghilterra dipinse – in collaborazione col nipote Marco – la Resurrezione di Cristo per l’ospedale di Chelsea e tele di soggetto mitologico per la dimora di lord Burlington a Piccadilly (ora sede della Royal Academy). Da Torino ricevette l’incarico di realizzare dipinti per il Palazzo Reale, per il Castello di Rivoli e per la Basilica di Superga. Per il console inglese a Venezia eseguì alcune tele raffiguranti scene del Vecchio e Nuovo Testamento. Le pale d’altare di Vicenza, Bergamo e Venezia firmarono la conclusione della sua fruttuosa carriera.
 

 

 

Marco Ricci, Paesaggio con figure, 1720 circa. Venezia, Gallerie dell'Accademia.

 


Marco Ricci (Belluno 1676/Venezia 1730), fu introdotto nel mondo della pittura dallo zio Sebastiano, per il quale dipingeva sfondi con scene di caccia ed episodi di brigantaggio. In Inghilterra, dove era già conosciuto, lavorò per la nobiltà realizzando tele con battaglie e quinte per l’Opera italiana del Queen’s Theatre (dipinti con ‘prove di canto’). Tornato a Venezia si stabilì nella casa dello zio continuando a mantenere rapporti con i committenti stranieri. Negli ultimi anni di attività predilesse dipinti a tempera con piccoli paesaggi (trenta sono nelle Collezioni Reali di Windsor). Abilissimo disegnatore lasciò alcuni bozzetti scenografici per il teatro romano del cardinale Ottoboni (Windsor Castle).
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Giuliano Confalonieri

giuliano.confalonieri@alice.it