Condividi su Facebook

 

 

FONTANA ARTE

 

Franco Deboni

 

 

 

Lo stabilimento Luigi Fontana & C. a Milano, 1920 circa.

 

 

Fontana Arte rappresenta un unicum nel panorama delle Arti Applicate del XX° secolo, non solo in Italia, ma nel mondo.

 

In un arco di tempo di poco più che un trentennio, divenne la più straordinaria azienda specializzata nell'uso dei cristalli, applicati all'illuminazione e agli arredi, caratterizzati da modernità di concezione ed esecuzione perfetta.

Tre sono stati gli artefici di questo straordinario successo, che in qualità di direttori artistici si sono susseguiti alla sua guida:

Giò Ponti, cui va il merito di avere, per primo, intuito le enormi potenzialità progettuali del cristallo, applicate ai nuovi sistemi di illuminazione e agli arredi, e specialmente il fatto di avere scoperto il genio creativo di Pietro Chiesa, e di averlo voluto al suo fianco nella direzione della Fontana Arte.

Pietro Chiesa, il vero artefice del successo internazionale, uomo di straordinaria cultura artistica, capace di spaziare dal modernismo più all'avanguardia, alla decorazione più pura e raffinata, e creatore di uno straordinario staff di artigiani che fecero della Fontana Arte la loro bandiera, e che furono in grado di realizzare prodotti modernissimi, con criteri di perfezione esecutiva degni della più alta tradizione rinascimentale.

Max Ingrand, che entrò alla Fontana Arte in un momento di particolare crisi, dopo la scomparsa di Chiesa e i danni del periodo bellico, e che riuscì a farla risorgere appieno, aggiornando le produzioni e conducendola nel mondo del design, quale oggi noi concepiamo, senza per questo tradire l'eredità di quanti l'avevano preceduto.

 

 

Luigi Fontana & C. SA

Nel 1881, Luigi Fontana, assieme a un gruppo di amici aristocratici, banchieri e professionisti, fonda a Milano, in via Rosolino Pilo 17, una società di commercializzazione e lavorazione del vetro in lastre: la «Luigi Fontana e Compagni».

In un periodo di grande incremento  per l'architettura e la decorazione, dove per la prima volta veniva fatto largo uso di vetro in lastre nell'edilizia, ma anche per caratterizzare gli arredi, in pochi anni la ditta si sviluppò enormemente. Alla vendita delle lastre di vetro, si affiancarono il taglio, la molatura, l'argentatura, la decorazione, la legatura, tutte operazioni che precedentemente venivano per lo più effettuate all'estero, mancando in Italia ditte specializzate.

Per l'approvvigionamento delle lastre di vetro, per lunghi anni la Fontana dipese interamente dall'estero, prevalentemente da Francia, Belgio e Inghilterra: soltanto nel 1893 dopo che la Saint-Gobain aprì uno stabilimento di produzione a Pisa, la Fontana poté cominciare a rifornirsi con maggiore facilità sul mercato nazionale.

 

 

 Il padiglione della Luigi Fontana & C. all'Esposizione internazionale di Milano, 1906.

 

Nel 1906 l'azienda partecipò alla Fiera internazionale di Milano, con un padiglione faraonico, che ebbe l'onore di essere visitato da Vittorio Emanuele III e dalla regina Elena, evento immortalato dalla stampa dell'epoca.

Attenta a quelle che erano le nuove tendenze nel campo dell'architettura e della decorazione, seguendo i dettami dell'imperante stile Liberty, la Fontana produsse vetrate policrome, insegne pubblicitarie, vetri smaltati, specchi molati e decorati; non mancarono i mobili con molte parti vitree e splendide vetrine dai grandi vetri curvati, di grande impatto sul pubblico.

 

 

Nel 1910, la Saint-Gobain entrò in partecipazione di maggioranza, trasformando la «Luigi Fontana» in «Società Anonima». L'apporto di nuovi ingenti capitali fece sì che essa facesse da forza trainante, rendendo possibile, sempre sotto la guida  di Luigi Fontana, la realizzazione di sempre nuovi progetti.  Durante il periodo della Grande Guerra, per la conseguente riduzione dell'attività vetraria, venne affiancata una produzione di borracce militari.
Negli anni seguenti, l'azienda ebbe un'espansione quasi capillare, con l'apertura di punti vendita e magazzini che, in seguito divennero delle filiali a tutti gli effetti. In pochi anni la Fontana fu presente non solo a Milano, ma anche a Torino, Genova, Cantù, Lissone, Meda, Venezia, Trieste, Roma, Messina, Palermo, Cagliari, Sassari, a Tripoli e Bengasi, contando inoltre agenzie in vari paesi d'Europa e Sudamerica.
Vennero lanciati nuovi prodotti, ancora attualissimi, realizzati con metodi all'avanguardia per l'epoca, quali la curvatura di lastre di grandi dimensioni; apparecchi d'illuminazione e mobili con largo impiego di cristallo, supportati da massicce campagne d'informazione pubblicitaria.
 


La nascita della Fontana Arte
La creazione di prodotti artistici in cristallo, sviluppatasi alla Fontana già nel gusto Liberty, all'inizio degli anni trenta prese maggiore consistenza, al punto da diventare una «divisione» specialistica della grande casa madre, che avrebbe preso il nome di Fontana Arte.
Nel 1930, si stabilirono i primi contatti tra Luigi Fontana e il giovane architetto milanese Giò Ponti, direttore artistico presso la Richard Ginori e fondatore di «Domus», prestigiosa rivista del settore. Da questa conoscenza ebbe luogo una collaborazione, concretizzata con la realizzazione dei primi apparecchi d'illuminazione, mobili e complementi d'arredo.

 

 

Ritratto di Pietro Chiesa

 

 

Con l'acquisizione della Bottega di Pietro Chiesa, un giovane milanese che aveva un laboratorio per l'esecuzione di vetrate artistiche, e la cui eccezionale bravura era ben nota a Ponti, si venne a creare una sinergia straordinaria tra Ponti, Chiesa e la Fontana, che con i mezzi tecnici di cui disponeva, consentì ai due progettisti di esprimersi al massimo delle loro possibilità.
Nel 1933 fu creato questo dipartimento, specializzato in arredi moderni, che prese il nome di Fontana Arte, la cui direzione, in un primo tempo affidata a Ponti, subito dopo, su suggerimento dello stesso, passò a Pietro Chiesa, che seppe guidarla ai vertici mondiali del settore, fino alla sua prematura scomparsa nel 1948.
Furono creati gli articoli più svariati: mobili, piatti, scatole, portaritratti, cornici, specchi, sculture, vetrate, spesso su disegno degli artisti più famosi. Ma fu soprattutto negli apparecchi d'illuminazione che la Fontana Arte si dimostrò straordinariamente all'avanguardia, con modelli d'un razionalismo purissimo, eseguiti magistralmente sfruttando al meglio tutte le lavorazioni del cristallo che più le erano congeniali.

Al successo, contribuirono gli innumerevoli articoli che gli vennero dedicati dalle maggiori testate specialistiche, in particolare le riviste «Domus» e «Stile» sulle cui pagine Ponti fu prodigo di articoli e citazioni, e la costante presenza nelle più importanti manifestazioni di settore quali la Biennale d'arte di Venezia e l'Esposizione internazionale delle arti decorative di Monza, nel frattempo trasferitasi a Milano e diventata la Triennale, a cui si affiancarono grandi esposizioni a Parigi, Berlino, Bruxelles, Buenos Aires, non ultime le esposizioni di Stoccolma e Göteborg, che si tennero a conflitto appena iniziato.
Vennero aperti i due punti vendita di Milano e Roma in posizioni strategiche di grande impatto, via Montenapoleone e via Condotti, perfette vetrine per pubblicizzare mobili, lampade, sculture, complementi d'arredo tra i più belli che fosse dato di vedere, e assieme a essi numerosi concessionari, scelti accuratamente tra le più prestigiose rivendite di mobili, non solo nelle principali città italiane, ma anche all'estero.
Non mancarono, all'interno delle produzioni, le collaborazioni mirate con giovani artisti emergenti, come, ad esempio, lo scultore Giacomo Manzù, che in collaborazione con Chiesa e con l'incisore Erwin Walter Burger, creò delle straordinarie figure, scolpite da blocchi di cristallo grezzo, oppure il giovane artista rumeno Saul Steinberg, che disegnò per Fontana delicati decori per mobili, lampade, e un grande paravento bianconero per Chiesa, citato da Ponti come esempio straordinario.
Nell'arco di neanche una decina d'anni, dal 1933, anno di fondazione, al 1940, la Fontana Arte era dunque diventata un simbolo del gusto, dello stile e della raffinatezza anche se, come apprendiamo da documenti dell'epoca, i risultati economici, pur ragguardevoli, venivano notevolmente penalizzati dai costi astronomici che tali produzioni artistiche richiedevano.
 


Il periodo bellico
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il commercio del vetro era praticamente ridotto a zero, essendo stata limitata per legge la sua lavorazione ai soli fini militari, o civili essenziali. La Fontana pur trovandosi in una posizione di leader mondiale, per quanto concerneva le produzioni di cristalli d'arte, per la natura stessa dei suoi prodotti, si ritrovava completamente emarginata da un qualsivoglia inserimento in quelle che costituivano le produzioni belliche, inoltre la materia prima, ovvero il vetro, cominciava a scarseggiare, fino a scomparire del tutto, obbligando le maestranze a inventarsi letteralmente il lavoro, giorno per giorno, sfruttando ogni minima rimanenza di cristalli superstiti. Inoltre, essendoci nella casa madre una rilevante partecipazione di capitale straniero, l'azienda venne posta sotto sequestro, e venne nominato un sequestratario, nella persona del Consigliere nazionale Amilcare Preti, con pieni poteri. In realtà si fece in modo che l'azienda riuscisse a continuare una qualche attività, anche se i punti vendita di Milano e Roma dovettero chiudere per evidenti motivi. Rilevante, fu l'estromissione da qualsiasi incarico direttivo dell'anziano Luigi Fontana, il quale benché ottuagenario, esercitava ancora un rilevante ruolo carismatico di stimolo per le maestranze tutte.
I bombardamenti su Milano provocarono la quasi totale distruzione dello stabilimento di via Tortona e fu necessario effettuare dei trasferimenti provvisori a Cravenna d'Erba, nella grande villa di Cesare Fontana, mentre le produzioni vetrarie artistiche furono sistemate in una filanda nelle vicinanze.
Per oltre tre anni, fino alla fine del conflitto, la Fontana proseguì in questa sorta di esilio, ma si ritrovò, alla fine della guerra, seppur indebolita fuori misura, pronta a riprendere al meglio la sua attività. Venne a cessare anche il sequestro, e l'azienda venne restituita ai legittimi proprietari, seppur per poco, in quanto la famiglia Fontana uscì di scena definitivamente, poco dopo la fine della guerra.

Lo stabilimento di Milano, distrutto dai bombardamenti, venne ricostruito in un arco di tempo compreso tra il 1946 e il 1958, tenendo in particolare considerazione quelle che erano le esigenze della Fontana Arte, specialmente con l'installazione di un grande e moderno forno a metano, per la curvatura di grandi superfici di cristallo, e un impianto di argentatura continua, unico in Italia all'epoca, che offrivano ulteriori potenzialità espressive all'azienda, onde acquisire più ampie fasce di mercato.

Il 26 maggio 1948 morì improvvisamente Pietro Chiesa, stroncato da un malore, mentre era a Parigi con il figlio. Questo grave lutto venne a privare la Fontana Arte di un direttore artistico per eccellenza.

Fra alterne fortune, l'incarico di direttore artistico venne coperto da Emanuele Ranci, già collaboratore di Chiesa, e dall'architetto Roberto Menghi, che ricoprì funzioni similari per un breve periodo, senza però arrivare mai a un incarico definitivo.

La società Saint-Gobain, socia di maggioranza della Fontana, nella persona del suo direttore generale, ingegner Alfonso Sella, si rivolse a Ponti per un aiuto, una consulenza in merito, ben conscia del ruolo che questi aveva sempre rivestito presso l'azienda milanese. L'architetto, che sempre conservava una grande passione per l'azienda, in un primo momento si propose come successore e, in seconda ipotesi, propose per la carica di direttore artistico la figura del grande vetraio e decoratore francese Max Ingrand, la cui opera era in perfetta sintonia con quella di Chiesa, al punto da garantire una continuazione ideale nella direzione artistica dell'azienda.

 

Il periodo Ingrand
Nel 1954, dopo alcuni anni di stasi creativa, la direzione artistica della Fontana Arte venne presa dal francese Max Ingrand, supportato da Ponti e dai vertici della Saint-Gobain, che speravano in questo modo di rilanciare nel giusto modo la produzione.
I cambiamenti apportati dal progettista francese, sempre fedeli, alla tradizione Fontana, videro un perfetto uso dei metalli e una sapiente esecuzione delle parti in cristallo, con virtuosismi che bene si inserirono nelle nuove forme sinuose che caratterizzavano il design dell'epoca.

 

Esterno del negozio Fontana Arte in via Montenapoleone a Milano, 1956 circa.


Pur conservando il suo grande studio a Parigi, Max Ingrand seguiva costantemente ogni aspetto della produzione, effettuando viaggi periodici a Milano: la sua attività parigina rimaneva comunque prioritaria, essendo egli molto impegnato con grandi committenze nel campo dell'architettura, sia come esecutore di vetrate artistiche, sia come decoratore d'interni, attività questa che egli svolgeva ai massimi livelli, essendo anche presidente della Société des Artistes Décorateurs (SAD).
La Fontana gli affidò quindi la ristrutturazione dei suoi negozi monomarca a Milano, in via Montenapoleone, e a Roma in via Condotti, oltre ad alcuni rivenditori specializzati, quali il negozio Majolino di Palermo. Nel 1958 fu aperto un negzio Fontana Arte de Venezuela, con sede a Caracas, su progetto dell'architetto Giulio Vinaccia.

Furono di quegli anni alcuni dei più belli stand fieristici, spesso su progetto dello stesso Max Ingrand, come lo spettacolare spazio concepito per la fiera di Milano nel 1961, dove un sapiente gioco di specchi rifletteva all'infinito uno spettacolare lampadario composto da un grande numero di lame di cristallo sagomato.
Nello stesso periodo vennero effettuate alcune profonde modifiche a livello strutturale: furono conservati, a livello operativo, solo i reparti che si occupavano dell'argentatura, della curvatura di grandi superfici e delle lavorazioni di molatura e decorazione che riguardavano direttamente le produzioni artistiche, a poco a poco vennero abbandonati i lavori in legno, anche il reparto metalli venne ceduto ad altri, con l'impegno però di privilegiare pur sempre la committenza Fontana.
Tutto ciò portò soprattutto alla soppressione del reparto che si occupava di tutti i grandi lavori su commissione, che negli anni trenta e quaranta avevano rappresentato uno dei vanti dell'azienda, in cui la produzione era rappresentata quasi esclusivamente da pezzi unici, quasi dei prototipi che però indicavano già quali erano le potenzialità di sviluppo, su scala più ampia, di simili produzioni.
Il successo commerciale di tali prodotti aveva fatto sì che, per venire incontro alle richieste crescenti della clientela, si era passati da una produzione artigianale, a una semi industriale, pur conservando standard qualitativi altissimi, ma anche molto costosi.
Continuando su questa strada, tale cambiamento era inevitabile, anche in conseguenza del rapidissimo evolversi del mercato dove, essendosi moltiplicati vertiginosamente i punti vendita, era sempre più sentita l'esigenza di prodotti ripetibili, per evidenti ragioni commerciali più vendibili che non gli straordinari pezzi unici di un tempo. In questo senso i prodotti progettati da Max Ingrand, affiancato da Emanuele Ranci e dagli altri disegnatori interni alla Fontana, ben si inserivano in questo tipo di mercato, garantendo una grande scelta di prodotti, specialmente nel campo dell'illuminazione, sempre di straordinaria qualità esecutiva, uniti a forme che, verso la fine degli anni sessanta, si andavano via via semplificando, anche con l'apporto di nuovi nomi che, seppure per singoli pezzi, cominciavano ad affiancarsi in qualità di progettisti, quali Bobo Piccoli, Gianni Reggiori, Alberto Rosselli, G. P. A. Monti, Franca Helg, Eugenio Gerli, Umberto Riva, Piero Castellini, Gianni Celada (quest'ultimo ricoprirà per alcuni anni l'incarico di direttore artistico, dopo la scomparsa di Ingrand), oltre ovviamente al grande Giò Ponti che, seppure saltuariamente, riprenderà una collaborazione creativa alla fine degli anni sessanta.

Un buon successo commerciale, fu rappresentato dai cristalli dipinti realizzati su disegni del pittore Duilio Barnabé, firmati con lo pseudonimo «Dubé»: con questa tecnica di decorazione vennero realizzati, tra il 1950 e il 1961, anno della sua prematura scomparsa, una serie di piani di tavolo, pannelli decorativi, coppe centrotavola e piatti, aventi come soggetto nature morte, figure di vaga ispirazione primitiva, e verso gli ultimi anni, motivi astratti.
Pur distaccandosi in maniera netta dalla produzione Fontana più corrente, questi furono prodotti di alta qualità, che si inserivano in una tendenza, allora in grande sviluppo, che vedeva la collaborazione di giovani artisti con l'azienda milanese. Già alla fine degli anni quaranta, ad esempio, il pittore Lucio Fontana aveva realizzato delle grandi basi in ceramica per tavoli e tavolini su disegno dell'architetto Roberto Menghi che poi, sia pure in numero limitato, erano entrati nel catalogo di produzione della Fontana Arte.
Anche dal punto di vista promozionale l'azienda operava in maniera altamente qualificata, sia con la partecipazione alle più importanti mostre internazionali, sia attraverso la presenza sulle pagine della migliore stampa specializzata, sia promuovendo un episodio editoriale particolarmente esclusivo, i «Quaderni di Fontana», una serie di pubblicazioni periodiche in forma di libro, a partire dal 1962, con saggi introduttivi a opera di famosi critici d'arte, dove venivano presentate le nuove produzioni, raggruppate per tipologie commerciali, avendo la finalità di «venire messi a disposizione di architetti, ingegneri, arredatori e altre categorie interessate, nell'intento di soddisfare le rispettive esigenze professionali e costituire in futuro un valido compendio nel campo dell'illuminazione, dell'arredamento e dei cristalli d'arte per l'evolversi dello stile».
Nell'agosto 1969 moriva repentinamente Max Ingrand, all'età di sessantuno anni, lasciando nuovamente senza guida l'azienda milanese.
Con la morte del designer francese, termina anche un periodo ben preciso nella storia della Fontana Arte, in cui le produzioni erano continuate sulla scia di quelle ispirate da Ponti e Chiesa: c'erano ancora maestranze straordinariamente abili, il mercato recepiva ancora prodotti estremamente raffinati e costosi, ma i tempi stavano mutando con grande rapidità.
Ancora una volta, come dopo la scomparsa prematura di Chiesa, i vertici della società si rivolgono a Ponti per riceverne suggerimenti, del come dare una continuità di gestione all'azienda.
Purtroppo, non si riuscì a trovare un modo di collaborare che fosse soddisfacente per il grande architetto milanese, e seppure con grande rimpianto, Ponti smise di seguire la Fontana Arte. L'azienda ora mirava ad inserirsi nei nuovi panorami produttivi in Italia e all'estero, alla luce delle nuove ottiche che il mercato andava presentando.
La nostra storia si conclude qui, come si conclude un periodo molto particolare della storia delle arti decorative italiane: altri designer sono seguiti, altri prodotti, altre mostre, non per questo meno importanti e significativi, ma questo potrà essere forse motivo di una trattazione successiva, che ci porterà fino ai giorni nostri.

 

 

Franco Deboni

© Copyright su testi e immagini, per gentile concessione dell'autore.

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Fontana Arte - Giò Ponti, Pietro Chiesa, Max Ingrand - Allemandi Editore 2012

 

ROBERTO ALOI, L'arredamento moderno, Milano 1934.

ROBERTO ALOI, L'arredamento moderno seconda serie, Milano 1939. ROBERTO ALOI, L'arredamento moderno - terza serie, Milano 1945. ROBERTO ALOI, L'arredamento moderno - quarta serie, Milano 1949. ROBERTO ALOI, L'arredamento moderno - quinta serie, Milano 1952. ROBERTO ALOI, L'arredamento moderno - sesta serie, Milano 1955. ROBERTO ALOI, L'arredamento moderno - settima serie, Milano 1965. ROBERTO ALOI, Mobili Tipo, Milano 1956.

ROBERTO ALOI, Esempi - Tavoli, tavolini, carrelli, Milano 1957. ROBERTO ALOI, Esempi - Vetri d'oggi, Milano 1955.

DANIELE BARONI, L'oggetto lampada, Milano 1981.

ROSA BAROVIER-MENTASTI, MARIATERESA CHIRICO, GIOVANNA MORI, ANTY PANSERA E CLAUDIO SALSI, Il vetro italiano a Milano, 1906/1968, Milano 1998.

IVAN BETTEX, Duilio Barnabè, Ginevra 1958.

GIOVANNI CANESI E ANTONIO CASSI RAMELLI, Architetture luminose e apparecchi per illuminazione, Milano 1941.

MASSIMO CARRA, Vetrate Fontana Arte, Milano 1964.

TITTA CARTA, Forme e colori del vetro in Italia,Reggio Calabria 1967. Catalogo «Exposición Italiana de Arte Decorativo», Buenos Aires 1938. Catalogo ((Max Ingrand (1908/1969)», Curzay-sur-Vonne 1996. MARIO DE MICHELI, Duilio Barnabè, Bologna 1951.

CARLO A. FELICE, Arte Decorativa all'Esposizione di Monza, Milano 1930.

CARLO A. FELICE, Arti industriali d'oggi, Milano 1937.

BARNABA FORNASETTI, Fornasetti, voll. I e II, Milano 2009.

Glass 1959:: :A Special Exhibition of International Contemporary Glass, The Corning Museum of Glass, New York 1959.

FRANCO GRIGIONI, Arredamento - mobili, ambienti, Milano 1956.

Il design italiano degli anni 50, Centrokappa, Milano 1985.

UGO LA PIETRA, Gio Ponti - l'arte si innamora dell'industria, Milano 1988.

LISA LICITRA PONTI, Gio Ponti - l'opera, Milano 1990.

L'Italia all'Esposizione internazionale di Arti decorative e industriali moderne, Parigi 1925.

ROBERT MALLET-STEVENS, Vitraux Modernes - Exposition Internationale de 1937, Parigi 1937.

GUIDO MARANGONI, Enciclopedia delle Moderne arti decorative, vol. III, «Ceramica, vetri, vetrate», Milano 1927.

GUIDO MARANGONI, La III Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza, Bergamo 1927.

PIERRE-EMMANUEL MARTIN-VIVIER, Max Ingrand - Du Verre à La Lumière, Parigi 2009.

RAYMOND MC GRATH e ALBERT C. FROST, Glass in Architecture and Decoration, Londra 1937.

Mostra del vetro italiano 1920/1940, Torino 1984.

ROBERTO PAPINI, Le Arti a Monza nel MCMXXIII, Bergamo 1923. AGNOLDOMENICO PICA, Forme nuove in Italia, Milano 1957.

ADA POLAK, Modern Glass, Londra 1962. Quaderni Fontana Arte, voll. 1/3, Milano 1961. Quaderni Fontana Arte, vol. 4, Milano 1962. Quaderni Fontana Arte, vol. 5, Milano 1963. Quaderni Fontana Arte, voll. 6/7, Milano 1964.

CARLO ENRICO RAVA, Ambientazioni, Milano 1958.

DONATO RICCESI, Gustavo Pulitzer finali - Il disegno della nave, Venezia 1985.

HELMUT RICKE ED EVA SCHMITT, Italian Glass - Murano Milan 1930-1970, Monaco di Baviera 1997.

ROBERT STANLEY JOHNSON,Barnabè, Chicago 1991. GUGLIELMO ULRICH, Arredamento, Milano 1945.

GUGLIELMO ULRICH, Arredatori contemporanei, Milano 1949.

Vetri alla IX Triennale di Milano, Centro Studi Triennale, Milano 1952.

 

 

RIVISTE CONSULTATE

«Domus»

«Stile»

«Casabella» «Emporium» «Arie d'Italia» «Il Vetro»

«Vitrum»

«Vetro e Silicati»

«Lastre di Vetro e Cristallo»

«Form»

«Artifex»

«Rivista Internazionale di Illuminazione»

«Architettura e Arti Decorative»

«Prospettive»

«Rassegna di Architettura»

 

 

 

Gio Ponti.

Tavolo "Istoria delle sirene", 1931

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gio Ponti.

Tavolino con base in cristalli curvati, piano in cristallo nero, 1931

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Grande coppa in cristallo, esecuzione di Erwin Burger, 1934

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Lampadario in metallo dorato a inclinazione regolabile, 1934 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Lampada da tavolo, 1936 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giacomo Manzù.

Figura di cane, scultura in cristallo scolpito, 1937

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Due cartocci in vetro diamantato, 1938 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Centro da tavola, 1938 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Centrotavola in cristallo, foglie incise, 1938 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Grande lampada da tavolo in cristallo curvato, 1938

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Chiesa.

Portaritratti e scatola in legno e cristalli, 1938 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingram.

Coppa  con decori stilizzati e dipinti, 1954 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lampadario della serie "Dahlia", 1954 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Lampada da tavolo in ottone e cristallo, 1955 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Lampada da tavolo in ottone e cristalli, 1955 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Portaombrelli in ottone e cristallo, 1955 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Lampadario in ottone e cristallo, 1956 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Aplique in ottone e cristallo, 1956 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Lampadario in cristallo 1957 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Grande lampadario a 32 luci, in cristallo, 1958

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grande tavolo da salotto, 1958 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Due vasi in legno, metallo e cristalli colorati, 1960 circa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Max Ingrand.

Grande lampadario ovale in ottone e cristalli, 1961