Dai Maya agli Incas;

l'impero del Sole, una culla di civiltà

 

 

 

Alessandra Doratti

 

 

 


Nel continente americano tra Messico e Cile si svilupparono numerose culture, che raggiunsero il loro grado più elevato nelle civiltà messicana e peruviana. I popoli dell'America latina già un tempo vivevano di un'agricoltura altamente organizzata e la loro economia aveva raggiunto uno sviluppo tale da poter soddisfare tutte le necessità primarie legate all'attività di sussistenza; dunque queste società ebbero modo di misurarsi concettualmente con la realtà circostante e si concretizzarono pertanto i presupposti che permisero l'articolarsi delle espressioni artistiche, mosse da profonde necessità collettive e soprattutto legate al rituale delle credenze religiose, che erano ben radicate in queste genti.
Si tratta di società complesse al cui vertice stavano delle élites sacerdotali o guerriere che provvedevano alla redistribuzione del surplus agricolo tra le classi subalterne.
Si ebbe un forte aumento demografico tra queste popolazioni che diede poi adito a delle più complesse forme di governo creando anche un "pantheon" religioso e di conseguenza si incrementarono anche i prodotti artigianali specializzati con la nascita di nuovi artisti. I territori in cui si manifestarono queste culture sono circoscrivibili alla Mesoamerica (Messico e Guatemala) e alle Ande centrali (Perù e Bolivia), ma non può essere ignorata l'importanza di aree come il centroamerica, la Colombia e l'Ecuador, definite intermedie perché subirono gli influssi sia dal nord che dal sud. Anche in Venezuela, Cile e Argentina si manifestarono delle caratteristiche artistiche, seppur meno rilevanti, e meno evolute ma in qualche misura sempre degne di interesse anche se meno conosciute.

 


Quelle piramidi che salivano a toccare il cielo

Gli antichi Maya abitavano un territorio vastissimo, esteso dagli Stati messicani del Tabasco e del Cliapos a ovest, sino all'Honduras e a el Salvador a est, dallo Yucatàn a nord alle altre terre e alla costa pacifica del Guatemala a sud. In queste zone sorsero importanti città-stato, più o meno indipendenti, dominate da una casta sacerdotale. Profondi conoscitori dell'astronomia e delle scienze matematiche, i Maya elaborarono due complessi calendari, uno rituale di 260 giorni e uno solare di 365. Ogni 52 anni il primo giorno dell'anno dei due calendari coincideva, segnando così la serie e l'inizio di due cicli differenti: il corso della storia maya era quindi scandito dal continuo succedersi di questi due periodi. La misura del tempo costituì infatti uno dei fondamenti di questa cultura, che in tal modo si sforzava di penetrare nel recondito operare delle divinità.
I centri più importanti dei Bassipiani centrali furono Tikal, Copàn e Palenque, ciascuno dei quali elaborò un proprio stile artistico. L'architettura mostra una diversa tendenza alla verticalità, visibile soprattutto nelle piramidi che raggiungono notevoli altezze (anche 70 metri). In tali costruzioni lo slancio ascensionale è enfatizzato dalla disposizione ritmica delle terrazze, con la tipica "modanatura a grembiale", caratterizzata da un'ampia e ripida scalinata e dall'alta cresteria, che sormonta il tetto del tempio duplicandone l'altezza. A Tikal compare per la prima volta, nel IV secolo d.C., il caratteristico arco a mensola, elemento ricorrente dell'architettura maya. A Copàn, ad esempio, l'elemento caratteristico non è l'architettura bensì la scultura, che si manifesta con una moltitudine di stele e altari, decorati con personaggi e glifi calendariali in alto e in bassorilievo.

 


Gli inquietanti stucchi di Palenque dal volto umano


L'eleganza dei volumi, nella scultura, ostenta la consapevolezza di una cultura che, dopo un lungo processo di perfezionamento, ha raggiunto l'apice dei suoi mezzi espressivi. Il composto equilibrio degli edifici è realizzato attraverso una riduzione degli elementi verticali e l'alleggerimento delle pareti mediante nicchie, piccole aperture e ampi portici.
In alcuni centri, come la Palenque, si sviluppo' l'arte di modellare lo stucco, le cui espressioni più pure mostrano un mondo dall'apparenza serena, che cela però un aspetto enigmatico e inquietante. Le scene delle decorazioni riguardano per lo più la vita di corte, l'attività bellica e il cerimoniale religioso e forniscono, con uno spiccato senso della narrazione, un quadro dettagliato della vita dell'aristocrazia del regno, i cui personaggi, colti in atteggiamenti spontanei, sono interpretati con fine intento psicologico.
Scene di carattere religioso appaiono soprattutto nelle decorazioni della terracotta, che presenta una delicata policromia e decorazioni incise e a rilievo su coppe, piatti e recipienti cilindrici.
Nella penisola dello Yucatàn fiorivano alcuni stili architettonici locali. Si definiscono i più barocchi dell'arte maya: vi si coglie il desiderio di riempire le pareti degli edifici con motivi decorativi (greche, losanghe, semicolonnine) mentre i portali sono incorniciati da fauci di serpente. Le figurine d'argilla costituiscono l'espressione più compiuta dell'arte pittile yucateca. Realizzate per lo più a stampo, esse sono state trovate associate a tombe. Esse rappresentano un'importante ponte per la conoscenza della società maya, in quanto riproducono, con grande dovizia di particolari, diversi tipi umani, sorpresi spesso in atteggiamenti naturali. Le invasioni sempre più frequenti avvenute agli inizi del IX secolo d.C. posero termine allo sviluppo di questi centri di arte "classica", che già attraversano una profonda crisi dovuta soprattutto a un'esplosione demografica e all'eccessivo sfruttamento delle classi subalterne da parte di quelle dirigenti e sacerdotali. Con l'arrivo dei Toltechi il regno si frammentò in numerosi piccoli Stati indipendenti e al potere salì una classe di guerrieri e l'arte iniziò così la sua decadenza.

Nell'America andina si manifestarono invece le altre culture sudamericane. Ognuna ha i suoi tratti caratteristici che però riportano sempre alla medesima traduzione. Forse la più interessante da esaminare è la civiltà peruviana che ebbe sia una tendenza verso un'unità culturale che periodi di frammentazione, caratterizzati da prevalenti sviluppi regionali. Dal 300 d.C. al 600 d.C. l'arte peruviana raggiunse la sua espressione più completa. Si imposero fondamentalmente due Stati: quello dei Moche sulla costa settentrionale e quello dei Nazca in quella meridionale del Perù. Il prevalere delle genti Moche portò all'unificazione politica del territorio piuttosto vasto e una prova tangibile della struttura di questo Stato sono le grandi opere pubbliche esistenti ancora oggi (terrazzamenti, acquedotti, canali d'irrigazione), con le quali venivano utilizzate a fondo le scarse risorse idriche delle auguste vallate costiere. L'arte Moche raggiunse i suoi risultati più alti nella ceramica e negli affreschi parietali.
Nella costa meridionale, la cultura Nazca ha un suo ideale estetico contrapposto all'arte moche: la produzione ceramica trascura l'evidenza plastica e si concentra su un preziosismo formale e su una vivace policromia. A temi naturalistici (pescatori, animali, piante) si accompagnano figure complesse di esseri sovrumani o astratte composizioni geometriche. La stessa policromia è presente nei tessuti, che si sono conservati grazie all'aridità del clima, tra i più raffinati di tutto il mondo andino. Avvolti intorno alle mummie deposte in camere sotterranee questi monti, sono stati realizzati con le tecniche più diverse.

 


Un popolo guerriero alla conquista delle terre costiere

I gruppi etnici della costa e della sierra furono spazzati via verso la metà del XV sec. d.C. da una poderosa formazione statale, quella degli Incas, originari della valle di Cuzco slanciatisi in una politica espansionistica cui nessun popolo seppe resistere.
Gli Incas, popolo di guerrieri in continua lotta per la sopravvivenza, riuscirono, attraverso guerre tra tribù e accorte alleanze, a sottomettere tutti i popoli limitrofi. Il loro impero fu fondato nel 1438 d.C.; dopo aver adottate come religione ufficiale il culto del Sole le armate Inca edonizzarono un territorio vastissimo, quale mai si era visto riunito prima nelle Ande; esse si estendeva dall'Ecuador al Cile.
Per governare uno Stato di queste proporzioni, e soprattutto formato da numerose etnie diverse, i sovrani dovettero servirsi di tutto ciò che era stato elaborato dalle culture precedenti, sia a livello socio-politico sia in campo tecnico di conseguenza anche le forme artistiche dovettero confrontarsi con un'estetica ufficiale. L'arte divenne così una sorta di "instrumentum regni" e fu costretta a prescindere da impulsi creativi, sacrificando così le esigenze individuali. Le forme diventarono solide e funzionali, gli edifici sembrano creati da un riconosciuto bisogno di stabilità. Nessuna scultura e nessuna decorazione abbellisce le costruzioni. Il tutto diventa un gioco di volumi molto scarno.

 

Alessandra Doratti

 

 

 

 

 

 

ne del genio architettonico di Mario Botta, deve aver vissuto lo sgombero della mostra come una vera, propria e liberatoria evacuazione.