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“ARCA RUSSA” - ESPERIMENTO AL MUSEO RUSSO ERMITAGE

 

 

Giuliano Confalonieri

 

 

 

 


Piano-sequenze del film documentario "Russian Ark"

 

 

    Nel 2002 il grandioso Museo dell’Ermitage (grande o vecchio E. piccolo E. nuovo E. teatro E. e Palazzo d’Inverno) a San Pietroburgo è stato oggetto di uno dei rari esperimenti cinematografici, l’uso del Piano Sequenza. Quando i cinematografari usavano la pellicola non sarebbe stato possibile realizzare questo splendido documentario perché i rulli delle riprese avrebbero dovuto essere attaccati con relative interruzioni nel fluire delle immagini per il necessario montaggio. Con l’introduzione del digitale e della steadycam il documentario sul Museo è durato novantasei minuti senza giunte, interruzioni e quindi senza il classico passaggio alla moviola del cinema tradizionale. La complicazione è dovuta alla preparazione del percorso, all’illuminazione, al movimento sincronizzato degli attori e quindi alla totale mancanza di ostacoli durante la ripresa. Usando una videocamera ad alta definizione il regista Alexandr Sokurov (operatore Tilman Büttner) ha percorso 1.300 metri di oltre 30 set predisposti con l’illuminazione appropriata dopo avere studiato attentamente, con prove assidue, gli ambienti, gli interventi musicali, i numerosi assistenti per un lavoro continuativo di poco più di un’ora e mezza.

    Il piano sequenza è stato usato – non in modo così estremo – dagli storici registi Orson Welles nel film ‘Quarto potere’, Alfred Hitchcock in ‘Nodo alla gola’, Brian De Palma in ‘Omicidio in diretta’. L’esperimento al Museo statale Ermitage – già residenza ufficiale della dinastia Romanov – ha riproposto le grandi opere (da Caravaggio a Cézanne, Leonardo, Degas, Gauguin, Matisse, Monet, Picasso, Renoir, Rembrandt, Rubens, Tiziano, Van Gogh) in un viaggio digitale nel tempo che conduce lo spettatore come se fosse dietro la ‘guida’ presente in ogni esposizione del genere. Si ipotizza di essere nel Settecento, proprio quando le zarine Elisabetta di Russia e Caterina la Grande iniziarono e completarono la costruzione di questo enorme complesso. Il regista sintetizza il suo lavoro con la frase “come se fosse un solo respiro” per sottolineare la costante tensione delle immagini come se fossero in diretta televisiva. Il racconto ipotizza che un autore dei nostri tempi si ritrovi casualmente dentro il Museo nel Settecento insieme ad un diplomatico. Da Pietro il grande all’imperatrice Caterina agli zar dei periodi posteriori, ritratti come fantasmi sulle pareti, tutto si svolge in un unicum cinematografico che vuole rappresentare il tempo reale e non quello fittizio del grande schermo, manipolato per ragioni di esposizione. Preparazione e prove replicate perchè al momento dell’accensione della videocamera niente e nessuno doveva interferire nel percorso accuratamente predisposto. Un esperimento molto complicato che ha richiesto mesi di lavoro oscuro per poi giungere ad un risultato unico ed eccellente. La sperimentazione porta novità in ogni campo proprio per la volontà dei ricercatori di seguire strade nuove e nuove tendenze. ‘Arca russa’ è un singolare esempio di stile come capitò in tempi lontani a Cesare Zavattini nel suo film del 1982 La veritaa... nel quale confonde il personaggio matto fuggito dal manicomio con l’ossessione di comunicare al mondo le sue verità (deciderà di morire trattenendo il respiro quando si renderà conto dell’inutilità della sua missione).

 

 

 

Giuliano Confalonieri

giuliano.confalonieri@alice.it

 

 

 

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