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ANDREA MANTEGNA (pittore e incisore)

1431-1506

 

Giuliano Confalonieri

 

 

 

 

 

Alla Pinacoteca di Brera a Milano è esposto il quadro “Cristo morto” l’eccezionale prospettiva di un corpo realizzata dal Mantegna probabilmente quando era già anziano. L’opera lascia perplessi per la sua complessità; infatti sembra accompagnare il visitatore in un viaggio subliminale perché da qualunque parte lo si ammiri il corpo rattrappito nella pittura dà l’impressione di seguire lo sguardo. Una capacità creativa notevole che inserisce il pittore (nato a Padova nel 1431, morto a Mantova nel 1506) nel novero dei grandi artisti. Infatti alla metà del  Quattrocento si trovò in un ambiente pieno di fermenti culturali tenuti vivi da Paolo Uccello, Filippo Lippi e Donatello.

La sua prima opera documentata sono gli affreschi a Padova distrutti da un bombardamento nel 1944.

 

   

 

Con i successivi Polittico di san Luca (Milano) e Pala di san Zeno (Verona) le scelte formali ed espressive di Andrea Mantegna sono già definite: l'impianto tipico della scuola toscana e la  caratteristica plastica di ogni elemento della composizione concorrono all’evocazione di un mondo remoto e incorruttibile, popolato da una umanità eroica, ispirato da un appassionato entusiasmo e da una visione mitica dell'antichità.

 

 

Tra le opere più note rientra la tempera su tela “Saint Sébastian” esposta dal 1910 – dopo varie vicissitudini – al Louvre. Il quadro sembra stilisticamente affine agli affreschi della Camera picta, dipinta dall’artista (1465/1474) nel Palazzo Ducale di Mantova su commissione di Ludovico Gonzaga e condivide con il quadro del Louvre la tonalità luminosa: L'opera è coerente con lo sviluppo formale del maestro che enfatizza la figura del martire occupando il centro della scena e sprigionando un richiamo che lo accomuna al Cristo morto.

Mantegna era allievo di Francesco Squarcione e acquisì i fermenti culturali dell’epoca stimolato dalle opere di artisti toscani come Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Filippo Lippi e Donatello. Perduti i dipinti giovanili, la prima opera accreditata  sono gli affreschi della Cappella Ovetari a Padova, in gran parte distrutti dai bombardamenti del 1944. Con i successivi Polittico di san Luca (Milano, Brera) e Pala di san Zeno (Verona, San Zeno); le scelte formali ed espressive del padovano sono già definite: l’impianto prospettico e la definizione plastica di ogni elemento contribuiscono all'evocazione di un mondo remoto popolato da un’umanità eroica. Alla sua notorietà contribuirono le incisioni di soggetto religioso ed mitologico, considerate tra i capolavori della grafica del Cinquecento. 

Nel 1460 si trasferì a Milano alla Corte dei Gonzaga e lì rimase fino alla morte con l’interruzione di due viaggi in Toscana e Roma dove affrescò una cappella distrutta poi nel 1780.  Durante la sua esistenza, Mantegna lavorò molto: ricordiamo alcuni splendidi ritratti, Madonne col bambino e tavole sacre ben rifinite come il trittico conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

 

 

Rimane da citare la decorazione della camera picta o camera degli sposi nel palazzo ducale mantovano illusionisticamente trasformata in un padiglione aperto sul porticato e sulla campagna di castelli e città turrite.         

 

 

Giuliano Confalonieri

giuliano.confalonieri@alice.it