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Dolores Del Giudice

 

OPERE DI ZORAN MUSIC IN UNA COLLEZIONE TRIESTINA:
RIFLESSIONI SUL SUO PERIODO ASTRATTO-INFORMALE

 

 

 

A Trieste, la collezione Zanei conserva un nutrito, e per certi versi eccezionale, numero di opere dell'artista goriziano Zoran Music: ivi troviamo prestigiosi dipinti a olio, rarissime grafiche, acquarelli, tecniche miste e numerosissimi disegni. Si tratta di una raccolta rappresentativa di tutte le tecniche e le tematiche praticate dall'artista, in parte già nota alla critica grazie ad alcune significative mostre personali, che nel corso degli anni sono state dedicate al pittore. Da quella tenutasi al Museo della Risiera di San Sabba a Trieste, dove si presentavano delle grafiche relative al ciclo Non siamo gli ultimi, alla mostra svoltasi al Museo Morandi di Bologna sugli acquarelli degli anni '40, fino alla più recente esposizione di disegni, quelli di piccolo formato, presso la Biblioteca Statale Isontina di Gorizia. Un corpus di opere dunque che ci permette di seguire e studiare l'evolversi di tutta la produzione artistica di Music, contraddistinta da alcuni avvenimenti che ne hanno accompagnato la vita.

 

Nato a Gorizia nel 1909 fin dalla giovane età le vicende della vita lo costringono a una serie di spostamenti, prima in Stiria e Carinzia allo scoppio della guerra, poi a Zagabria dove frequenta l'Accademia (1930-1935); subito dopo intraprende un viaggio di studio in Spagna, per approdare nel 1936 all'isola dalmata di Curzola, dove nasce la produzione pittorica degli esordi. Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo costringe a ritornare a Gorizia, segue nel 1943 il viaggio tanto atteso a Venezia: qui si tiene la sua prima esposizione personale e sempre qui nel 1944 viene arrestato dai tedeschi e deportato a Dachau. Liberato l'anno dopo, ma segnato duramente da questa esperienza, fa ritorno nella città lagunare dove dipinge i suoi primi Autoritratti, gli acquarelli di soggetto veneziano e i Cavallini. Nel 1948 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia dove sarà notato da alcuni celebri galleristi che contribuiranno a promuoverne la fama. Music, però, diverrà un pittore internazionale a tutti gli effetti solo dopo aver vinto nel 1951 il Premio Parigi di Cortina d'Ampezzo, ex aequo con Corpora. Tale riconoscimento gli permetterà di allestire una mostra alla prestigiosa Galerie de France. Da quel momento in poi Parigi diventa la seconda residenza dell'artista dopo Venezia.

 

1 - ZORAN MUSIC, Cavalli che passano. Trieste, collezione Zanei.

2 - ZORAN MUSIC, Non siamo gli ultimi. Trieste, collezione Zanei.

 

La produzione pittorica sviluppata dall'artista negli anni cinquanta, connotata da un'inflessione formale tendente all'astratto e all'informale, è stata finora poco indagata dalla critica che ha concentrato la propria attenzione soprattutto sui Cavallini (fig. 1) e sul ciclo Non siamo gli ultimi (fig. 2). I primi assurgono a simbolo della produzione pittorica che precede gli anni Cinquanta, padroneggiata da dimesse "scene di genere": le contadine al mercato sotto i caratteristici ombrelli, i traghetti carichi di buoi e i Cavallini appunto, figure esili e diafane in gruppo o montate da cavalieri, che egli coglie mentre vagano tra le piane rocciose della Dalmazia. I "morti di Dachau", tornati a galla nel 1970 dopo lunghi anni di oblio, ci introducono invece in una fase pittorica dell'artista più sofferta.

 

3 a-b - ZORAN MUSIC, Dachau, Trieste, collezione Zanei.

 

 

Music non ha dimenticato i corpi morenti dei suoi compagni di prigionia, già registrati nei disegni che portò con sé dopo la liberazione (fig. 3), e che a distanza di anni ritornano con forza in una serie di dipinti e incisioni chiamati ora a testimoniare l'efferatezza dell'evento senza retoriche di stile.

Quello però che qui preme analizzare, attraverso alcune opere della collezione triestina, è il periodo compreso tra i primi anni cinquanta e gli inizi del decennio successivo. In questo lasso di tempo il pittore evolve gradualmente il proprio linguaggio verso formule prima astratte e poi informali, iniziando così un percorso "non-figurativo" che ha suscitato non poche perplessità tra i critici. I più hanno, di fatto, focalizzato la propria attenzione sugli esiti artistici che precedono e seguono questa stagione creativa, percependo nella flessione astratta-informale qui intrapresa, una possibile minaccia al carattere lirico e figurativo della sua pittura. A torto è stata considerata una fase di transizione e di sperimentazione, lontana dal "vero" Music.

 

 

4 - ZORAN MUSIC, Donne con asinelli. Trieste, collezione Zanei.

 

In queste opere infatti si è visto spegnersi l'accento fantasioso e l'ispirazione che connotava i Cavallini e i Motivi dalmati (fig. 4) del dopoguerra. L'assenza inoltre di quella struggente umanità che caratterizza la produzione degli anni settanta e dei decenni successivi, ha contribuito a declassarla. Music stesso peraltro, manifestando una certa resistenza a parlare di questo periodo, ricorda con un certo rammarico come "arrivato a Parigi con il modesto bagaglio dei cavallini dalmati" si sentisse "inutile" e dovette iniziare a stilizzare le figure e a utilizzare forme apparentemente astratte. Egli seguì questa direzione, finché si rese conto "di essere andato eccessivamente fuori strada". Bisogna però tener conto che questa e altre dichiarazioni affini, furono, probabilmente, rilasciate in un secondo momento, ovvero dopo che il ciclo Non siamo gli ultimi fu salutato dalla critica come opera originale e autentica. Tuttavia, le opere degli anni cinquanta, oltre a testimoniare d'una fase decisiva negli sviluppi della sua produzione, si mantengono sempre su un livello qualitativo notevole. Si tratta di un Music poco noto, magari più timoroso di esprimersi liberamente, ma sempre in grado di ottenere soluzioni stilistiche di estrema raffinatezza formale e di intensa poeticità; e le concessioni, esclusivamente formali, al proprio tempo, non gli hanno comunque impedito di rimanere fedele al proprio mondo interiore.

Tutto ha inizio quando il pittore nei primi anni cinquanta si stabilisce a Parigi, dove nuovi incontri e nuovi stimoli lo spingono a trattare diversamente il suo repertorio figurativo. Music continuerà poi a stravolgere il dato reale, in concomitanza con quanto andavano realizzando alcuni artisti italiani. Questa ricca produzione pittorica stilisticamente non omogenea può essere ripartita in due fasi: un "primo periodo astratto" che va dal 1951 al 1957, dove egli approda in modo progressivo a un'astrazione segnica; e un "secondo periodo astratto" che va dal 1957 al 1961, quando adotta soluzioni stilistiche nuove, prossime all'informale, senza però condividerne l'aspetto irrazionale e gestuale insito in questa poetica. Il "primo periodo astratto" presenta un repertorio figurativo diversificato: abbiamo gli usuali Cavallini, i Motivi dalmati, i Mercati rustici, i traghetti, ai quali si affiancano dal 1949-50 i Paesaggi senesi, e per finire le Reti e le Nasse che dipinge a partire dal 1953.

 

5 - GIUSEPPE CAPOGROSSI, Superficie 101. Milano, Fondazione Lucio Fontana.

 

 

6 - ZORAN MUSIC, Femmes dalmates, acquatinta.

 

 

Attraverso questi motivi Music perviene a una progressiva schematizzazione della forma, dove la sempre maggiore importanza data alla linea lo porta a trasformare la figura in segno, e lo avvicina per alcuni aspetti a un artista come Capogrossi (fig. 5) ma, mentre per quest'ultimo il segno-forma significa solo se stesso, per Music il segno capogrossiano, che è possibile riconoscere in taluni quadri (fig. 6), rimane significante. La sua astrazione scaturisce sempre dal ricordo del dato naturale, risultando in questo più affine all'astrazione lirica degli artisti francesi. Per Music, la cui pittura ha già un carattere antinaturalistico e antimpressionistico, conservare della realtà solamente l'aspetto più elementare diventa, dopo la conoscenza di queste esperienze estetiche, una conseguenza più che mai logica e naturale. Alcuni elementi concorrono a contraddistinguere ed unificare questo primo periodo: fra tutti, la propensione alla forma curva è certamente la più eclatante. Questo tratto compare con una certa insistenza nella forma panciuta dei cavalli rappresentati da tergo o frontalmente, nelle donne ricurve a terra, nelle colline senesi simili a dei covoni di fieno e ancora nelle reti, nelle nasse, e nelle barche che descrivono la vita dei pescatori di Chioggia. La ridondanza di questo motivo emerge con evidenza in diverse opere della collezione Zanei: nel Motivo dalmata del 1953, ad esempio, Music non raffigura più i cavallini in gruppo e in movimento, bensì singolarmente in posizione frontale e statica, inoltre alla precedente esilità corporea preferisce ora una sagoma tondeggiante e pesante (fig. 7).

 

7 - ZORAN MUSIC, Motivo dalmata. Trieste, collezione Zanei.

 

 

8 - ZORAN MUSIC, Motivo dalmata. Trieste, collezione Zanei.

9 - ZORAN MUSIC, Paesaggio senese. Trieste, collezione Zanei.

 

 

10 - ZORAN MUSIC, Filet de pecheurs. Trieste, collezione Zanei.

 

Il profilo arrotondato diventa l'elemento in grado di accomunare un Motivo dalmata (fig. 8) un Paesaggio senese (fig. 9) e un Filet de pecheurs (fig. 10). In vero, le donne piegate a terra richiamano alla mente delle collinette e al contempo ricompaiono rappresentate alla rovescia nella forma semicircolare delle reti. Inoltre i parasoli delle donne dalmate, ridotti a delle mezzelune scure (fig. 6), ritornano anch'essi capovolti nel dipinto di Chioggia. In quest'ultimo viene meno l'aspetto iconico che caratterizza i soggetti dalmati e senesi, mentre le forme assumono un ritmo più ondeggiante e libero.

11 - ZORAN MUSIC, Traghetto. Trieste, collezione Zanei.

 

Non si esimono dal dispotismo della linea curva neppure i Traghetti (fig. 11), nati dal ricordo del suo primo soggiorno a Curzola, dove il bestiame e i pastori sono ora sostituiti da forme semicircolari ravvivate da tocchi e tratti di colore. Anche gli elementi decorativi che rivestono queste forme arrotondate, quali le striature orizzontali, i tratteggi verticali e il motivo puntinato, sono i medesimi.

 

12 - ZORAN MUSIC, Cavallini, litografia.

 

13 - ZORAN MUSIC, Paysage Siennois, puntasecca.

 

Queste macchie e striature sono ulteriori elementi caratteristici che, già presenti nella produzione pittorica precedente (fig. 12), vengono trasformati in un motivo puntinato e maculato le prime, zebrato le seconde (fig. 13). Si tratta di veri e propri contrassegni che rivestono, con funzione puramente decorativa ed accessoria, queste forme circolari, e che ritroveremo anche nel periodo successivo. Un'altra costante del momento preso in esame è la nuova accensione cromatica. Il colore, in concomitanza con l'approssimarsi di una resa pittorica più astratta del motivo, si fa più saturo e puro, negando così ogni tridimensionalità al soggetto. È questo un elemento di non poco conto dato che Music non aveva, fino a ora, mai permesso al colore di acquistare un ruolo egemone nei suoi quadri.

Con questo "primo periodo astratto" si esaurisce un ciclo: pittorico, perché questo genere di astrazione non trova continuazione nelle successive opere astratte, ottenute con formule stilistiche nuove; e tematico, poiché questi soggetti, dai Cavallini, ai Motivi dalmati fino ai Paesaggi senesi non ritorneranno più nelle sue opere.

Dal 1957 al 1961, durante alcuni soggiorni in Dalmazia, Music inizia il nuovo ciclo pittorico delle Terre, in cui l'unicità del tema e l'emergere di nuove scelte stilistiche ci autorizzano a parlare di un "secondo periodo astratto". Questi quadri hanno come unico soggetto il paesaggio carsico che, privato completamente dell'elemento figurativo, viene ora osservato esclusivamente nella sua fisicità. In questa produzione Music si avvale di nuovi moduli espressivi: la precedente schematizzazione viene superata, la forma chiusa e la linea divisoria che imprigionava il colore al suo interno diventano un lontano ricordo. In questi quadri il colore si è liberato da ogni costrizione formale e assume adesso l'aspetto della macchia. L'artista pur rimanendo ancora legato a una visione evocativa del mondo reale, tipica dell'astrazione pittorica della Scuola di Parigi, se ne discosta stilisticamente, avvicinandosi al contrario al linguaggio degli artisti informali, senza però condividerne l'assoluta istintività; questi di Music sono pur sempre dei paesaggi che la memoria va elaborando in maniera sempre più fantastica. La ricchezza di sfumature raggiunta nel trattare il medesimo tema articola questo ciclo in tre gruppi di opere.

Il primo è costituito dalle Terre dalmate e d'Istria del 1957-58, le quali sono da intendere come paesaggi colti dall'alto (l'artista stesso lo conferma lasciando scritto sul retro di un disegno "a volo d'uccello"), dove permangono le striature e maculature del "primo periodo astratto". Questi motivi però non hanno più una funzione decorativa e diventano loro stessi soggetto in grado di evocare la conformazione fisica del paesaggio.

 

14 - ZORAN MUSIC, Terre. Trieste, collezione Zanei.

 

15 - ZORAN MUSIC, Autunno in Dalmazia. Trieste, collezione Zanei.

 

16 - ZORAN MUSIC, Terre. Trieste, collezione Zanei.

 

Nella collezione Zanei si conservano alcuni disegni che ben rappresentano la genesi e lo sviluppo di questo ciclo, noto come Terre. Già in una carta del 1956 (fig. 14) l'artista riduce il tessuto vegetativo del paesaggio carsico in una miriade di puntini e macchiette, che saranno visibili nelle tele solo a partire dal 1957-58 (fig. 15). In un altro paesaggio (fig. 16) disegnato a pastello, la maculatura segue frettolosamente le linee orizzontali segnate sulla carta e presto imprigionate dal tracciato che funge da cornice.

 

17 - ZORAN MUSIC, Terre. Trieste, collezione Zanei.

 

A volte un reticolo d'ombra si sovrappone alla trama del paesaggio individuandone le zone in luce (fig. 17). Non solo il sole e l'ombra ma anche il vento trova spazio in queste composizioni: l'impressione che il vento spazzi via la terra e i sassi dal fondo è di uno straordinario realismo. Siamo di fronte a delle libere interpretazioni del territorio dalmata, dove le striature e le macchie evocano i solchi e la vegetazione a ciuffo di questa terra.

In un secondo gruppo di Terre dalmate Music perviene a una ulteriore stilizzazione delle forme, il linearismo, ancora leggibile nelle striature e nelle trama d'ombra delle opere precedenti, è ora scomparso.

 

18 - ZORAN MUSIC, Suite byzantine, acquatinta.

 

Diversamente da prima il paesaggio è colto da vicino, una visione ravvicinata che sfalda e deforma la struttura del paesaggio, dove tutto, dai cespugli, alle ombre, al sole che brucia questa terra e alla luce che la illumina, sta assumendo ora la forma della macchia. possibile riconoscere questa evoluzione stilistica nell'incisione Suite byzantine del 1961 (fig 18), dove la rete d'ombra sfuma, si ammorbidisce fino a confondersi con le macchie, queste poi sono prive di contorni, e sono ora grandi, ora più piccole fino a diventare puntini. Music indaga e scruta il corpo di questa terra e ne restituisce il battito vitale: le macchie diversamente colorate e sagomate paiono spinte in superficie da un movimento pulsatorio; il dinamismo che ne consegue crea effetti ottici di sorprendente modernità.

 

19 - ZORAN MUSIC, Terres dalmates, acquaforte.

 

Di fronte all'acquaforte Terres dalmates 1959-60 (fig. 19), dove abbiamo l'impressione di trovarci davanti a una lastra di rame consunta ed arrugginita, si pensa subito a una terra bruciata, mentre si tratta di un paesaggio arso dal sole. Music sceglie l'arancio incandescente per emulare il calore della terra secca, a tratti corrosa da una luce violenta che genera buchi e fessure di colore nero, quello che rimane ora è un brandello di terra dalla superficie scottata.

20 - ALBERTO BURRI, Combustione plastica. Collezione privata.

 

I risultati finora ottenuti sono la conseguenza dello sguardo vigile che I'artista sempre rivolge a quanto gli accade intorno: nell'incisione innanzi descritta le macchie nere simili a delle ustioni, che figurano così concrete e tangibili, rimandano ai buchi e alle fessurazioni delle Combustioni di Burri (fig 20) Nel contempo la luce che si insinua nella trama del paesaggio crea uno spazio vivo e in movimento che rimanda alle sperimentazioni di alcuni spazialisti veneziani, ma queste considerazioni che si arrestano al piano formale, dimostrano anche come Music attinge da queste esperienze senza però venirne travolto, avendo come ancora di salvezza e tratto distintivo la "propria storia", il proprio bagaglio figurativo. Ed è proprio di fronte a queste terre maltrattate e sofferenti, distanti dal carattere fantasioso di quelle del primo gruppo, che il tragico ricordo del campo di concentramento, a lungo represso, inizia a prender forma. Inizia adesso l'elaborazione da parte dell'artista del proprio dramma personale, e in queste terre che assurgono a metafora dello stato d'animo possiamo riconoscevi i traumi e le ferite mai rimarginate, e tuttora impresse nella sua anima.

E sono ancora paesaggi quelli che Music realizza tra il 1960 e il 1961 e che figurano come l'ultima variante di un medesimo tema; queste Terre sono di nuovo colte da lontano, sono visioni aeree dove la struttura del paesaggio diventa sempre più indistinta, sfocata, a tratti irriconoscibile. Tuttavia il vincolo con il dato reale viene ribadito nella scelta del titolo Terre. In queste opere il motivo dominante è ancora la macchia, che ora si sposta verso i bordi della tela generando al centro spazi vuoti ed inquietanti.

 

21 - ZORAN MUSIC, Terre brisée, incisione.

 

22 - ZORAN MUSIC, Macchie. Trieste, collezione Zanei.

 

23 - ZORAN MUSIC, Terre. Trieste, collezione Zanei.

 

 

Sono questi dei paesaggi semideserti e avvolti in un dolente silenzio, dai quali fugge ogni forma vivente. Anche i toni si smorzano, in Terre brisée del 1961 (fig. 21) i bianchi e i bruni hanno sostituito l'arancio incandescente delle precedenti incisioni, qui Music coglie le distese spoglie e pietrose del Carso che hanno relegato ai lati il tessuto vegetativo. In Macchie, sempre del 1961 (fig. 22), un afflusso di luce si diffonde dal centro della tela (pare che il sole colpendo lo strato candido della terra carsica ne rifletta il chiarore), producendo un effetto abbagliante, attutito dal pulviscolo sabbioso sollevato nel vuoto. L'accento drammatico di questa tela viene meno nei disegni di piccolo formato (fig. 23), dove le macchie abbandonano i lati della cornice e prive di peso lievitano nel vuoto, trasformando i paesaggi in costellazioni. Uno dei dipinti più rappresentativi ed eloquenti, anche nel titolo, di quest'ultima serie delle Terre è il Grand paysage vide del 1960, dove Music pare continuare l'elaborazione del proprio lutto. Le ferite interiori, rese manifeste nel motivo maculato, lasciano ora spazio a un tremendo "vuoto": l'artista così si impossessa della propria sofferenza, e proprio da questo vuoto pregno di memoria, libererà (dopo averli annunciati nei Motivi italiani e nei Censimenti appenninici) i fantasmi di Dachau.

Questa dunque la parabola artistica tendente all'astratto e al "non figurativo" di Zoran Music, che ha avuto, come dimostrato, un'incidenza notevole nella sua produzione pittorica a venire; diventando un anello di congiunzione tra un prima che trova qui il suo completamento, e un dopo che inizia ora a delinearsi. Una stagione distinta in un primo periodo astratto, segnato dalla crescente stilizzazione del tema e il prevalere dell'interesse formale, e in un secondo sostanziatosi nel ciclo delle Terre dove formule espressive, stavolta di gusto informale, ben si prestano alla resa morfologica del paesaggio, senza intaccarne il tono lirico e fantastico.

 

 

Dolores Del Giudice

 

 

P.S.: Nel testo corrente sono state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.

 

 

 

Arte in Friuli, Arte a Trieste  N°26                                                               © Edizioni della Laguna