Giuseppe Maria Pilo

 

 

Giovan Francesco Barbieri, il Guercino, e il tema del san Francesco in meditazione.

 

 

 

1. Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino, San Francesco in atto di meditazione e preghiera, 1634. Collezione privata.

 


Questo intervento trae motivo dall'incontro con un San Francesco in atto di meditazione e preghiera, di alta suggestione emotiva e caratura poetica, che a prima vista si dichiara opera della prima maturità di Giovan Francesco Barbieri, il Guercino: qualificandosi del più vivo interesse, oltre che per il suo intrinseco livello, perchè può dare avvio a una ragionata e comparata rivisitazione degli svolgimenti di tal tema, di frequente ricorrenti, nel percorso del maestro.
Il dipinto, a olio su tela di cm 124 x 99, raffigura il santo a mezza figura, il capo coperto dal cappuccio, le mani incrociate sul petto, la sinistra reca ben visibile il segno delle stimmate, la destra sgrana un rosario; in primo piano gli strumenti della meditazione: un libro e un teschio; le labbra semischiuse e lo sguardo perduto, volto al cielo, suggeriscono il manifestarsi di uno stato spirituale che dalla meditazione trascende all'estasi mistica.
E' opinione generale e consolidata degli studi che gli inizi di Giovan Francesco Barbieri, il Guercino, della prima maturità del quale il dipinto si palesa a prima vista come opera certa, siano stati quelli di un geniale autodidatta, presto raggiunto, dopo i primi passi di tirocinio tecnico locale, dalla suggestione derivatagli dalla conoscenza di Ludovico Carracci attraverso, dapprima, la sua pala dipinta per la chiesa dei Cappuccini di Cento nel 1591, l'anno stesso della nascita del Guercino, e poi il suo insegnamento a Bologna dove gli fu maestro, derivandone un indirizzo verso una pittura modernamente intesa, attenta agli effetti di luce vera e alla verità dell'atmosfera, animata dall'amore per la natura e per l'umile realtà delle cose; com'è testimonianza nella paletta con San Carlo nella chiesa dei Servi a Cento e nella fresca e cordiale vivacità delle pale paesane di Renazzo, dipinte nel 1615, risultati limpidamente poetici di un artista che, se non appare ancora destinato a salire ai primi posti della maggior pittura italiana del secolo e a esserne fra i protagonisti, si presenta peraltro in possesso dei mezzi di un sicuro magistero pittorico. Fondamentale per la crescita del pittore fu l'apporto della cultura pittorica veneziana, suscitatrice di una sensibilità per il colore caldo e intenso che sempre ne sostanzierà l'opera, maturato in un primo tempo nella vicina Ferrara soprattutto attraverso l'opera di Ippolito Scarsella detto lo Scarsellino e di Carlo Bononi, ma poi corroborato da uno o più viaggi a Venezia, dove è facile figurarsi fra chiese e palazzi la sua avida perlustrazione delle testimonianze di quella grande civiltà pittorica sotto la guida intelligente e informata di Jacopo Palma il Giovane, epigone egli stesso di quella gloriosa tradizione e, intrinseco del Guercino, capace di trarre a sua volta ammaestramento dal giovane pittore di Cento, come palesano le testimonianze del suo ultimo decennio di attività.
Lo storico princeps della pittura bolognese, il conte Carlo Cesare Malvasia situa un viaggio del Guercino a Venezia nel 1618; e non c'è motivo per non dargli credito. Ma è verosimile che un altro o altri lo abbiano preceduto nel tempo. Lo stesso Malvasia data infatti al 1616 la grande, impegnativa pala con la Madonna e il Bambino in gloria con i santi Giuseppe, Agostino, Luigi e Francesco e un fanciullo donatore per la chiesa di Sant'Agostino a Cento ora nel Musè d'Art Ancien di Bruxelles, data accolta da Hermann Voss e poi dalla critica successiva: un'opera importante, un capolavoro che si qualifica come un quadro chiave nel percorso giovanile del Guercino, nel quale non per caso Denis Mahon indica l'apertura di quella che egli definisce la "prima maturità" del pittore; un quadro, importa dire, che segna un'accelerazione forte e improvvisa da parte del Guercino nel processo di comprensione e assimilazione dei più alti valori dell'arte veneta, da Tiziano al Tintoretto al Bassano: di Tiziano in specie è, e Cesare Gnudi ne ha ben ravvisato un ricordo della pala di Ancona del quale, affermava già il Malvasia, "il Signor Giovan Francesco fu sempre mai innamorato, portandolo scolpito nel cuore per l'idea dè pittori". Ben si capisce come, a questo punto, il giovane Guercino lasciasse in parte alle piccole equipes di aiuti da lui scelte e coordinate la realizzazione dei timidi affreschi paesani di casa Provenzali o, ancora a Cento, di casa Pannini con le storie di Rinaldo e Armida e di Ulisse; tutt'al più partendo dall'analogo lavoro di recupero e di moderna reinvenzione esperito sull'eredità veneta dai Carracci, le opere di Ludovico giovane dapprima, come osserva il Malvasia, "egli trasfuse in sua domestica e cotidiana maniera". Ora, nutrito direttamente su quelle ubertose fonti, e non meno su precedenti emiliani pittoricamente non meno producenti, dal Correggio al Dosso (Rolf 1968), il suo genio può misurarsi in un ampio e profondo respiro lirico, in un flusso pittorico di caldo impeto, che dalla pala di Bruxelles, appunto, adduce a un assoluto capolavoro qual'è la Vestizione di san Guglielmo d'Aquitania dipinto nel 1620 per la chiesa di San Gregorio di Bologna ora nella Pinacoteca Nazionale di quella città. La tavola senza paragoni bellissima e che dà pienamente la misura dell'unità di espressione appassionatamente 'romantica' a quel punto conseguita dal linguaggio del Guercino: i potenti effetti di luce e di colore, la mobilità di atmosfera, il coinvolgente equilibrio di masse, volumi, atteggiamenti, gesti; la naturalità del ritmo che tutto sottende.
Il trascinante cammino intrapreso di slancio con la pala di Bruxelles aveva conosciuto alcune tappe sorprendenti e fondamentali. Fra il 1617 e il 1618 il giovane maestro dipinge a Bologna una serie di capolavori: la Resurrezione di Tabita, ora a Firenze, Galleria Palatina, il Ritorno del figliol prodigo ora alla Galleria Sabauda di Torino, Lot e le figlie, nel Monastero di San Lorenzo dell'Escorial, il San Francesco in estasi con san Benedetto del Louvre.

Vi era stato chiamato dal cardinale Alessandro Ludovisi arcivescovo di Bologna, che, divenuto nel 1621 papa Gregorio XV, chiamer?subito a Roma il Guercino. Il pittore vi svolgerà lui committente, con gli affreschi del Casino di Campagna dei Ludovisi e fra tutti celeberrima l'Aurora; e così il Giorno e la Notte è le più forti e intense espressioni del suo sentimento e della sua fantasia; precedenti alle quali si rintracciano poco a ridosso, in affascinanti testimonianze della sua adesione alla realtà della natura com'è nell'affascinante Paesaggio al chiaro di luna con una carrozza di Stoccolma, Museo Nazionale, e nella drammatica, ispirata serie dei quattro Evangelisti già a Modena nel primo quarto del Seicento nella collezione del cardinale Alessandro d'Este ora a Dresda, Gemaeldegalerie. Si avverte sempre, in queste opere della fervida giovinezza del Guercino, e con una particolare vivissima accentuazione nell'affascinante Paesaggio di Stoccolma, veramente memore del poderoso senso della natura e dell'atmosfera qual'è nel Tiziano di Ancona, una straordinaria capacità di percepire e di rendere la mobilità dell'atmosfera, il trascorrere delle nubi, l'avvolgersi del respiro della natura, il libero circolare dell'aria in un rapporto consensuale con la figura umana, che ne risulta intimamente partecipe.

 

 

2. Il Guercino, San Francesco predica agli uccelli, 1615-1616 Roma, collezione privata.

 

 

Così nel San Francesco predica agli uccelli ora in collezione privata di Roma ed è questa, per quanto consta, la prima volta che il Guercino si confronta con il tema che qui più direttamente interessa ed è probabilmente il primo, in ordine di tempo, fra i testi che giova tenere presenti nell'approssimarci a un esame più ravvicinato dell'eccellente esemplare a mezza figura di cui si tratta; il dipinto di Roma è verosimilmente lo stesso menzionato in un inventario di dipinti di proprietà Patrizi, Roma, stilato da Giuseppe Cesari, il Cavalier d'Arpino, il 27 febbraio 1624, come di seguito, "Un [...] quadro con San Franc:CO che predica all'Uccelli mano del Guercino da Cento" (Howard Hibbard).
Un sentimento non meno avvincente della realtà fenomenica e del rapporto che avventurosamente s'instaura fra essa e la figura umana è palese, con fors'anche maggior potenza, nel superbo esemplare ora al Louvre, di cui fra poco diremo.

 

 


3. Il Guercino, San Francesco in meditazione, 1619 ca. Montpellier, Musè Fabre.

 


Una energica concentrazione plastica, determinata da un chiaroscuro fluido e vibrante e intimamente gemmato, connota il San Francesco in meditazione del Musè Fabre di Montpellier, di recente fatto conoscere da Stèhan Loire (1988), dove il giovane Guercino - siamo, verosimilmente, non lontani dal 1619 e mostra già di conoscere e ammirare i risultati poetici di Domenico Fetti; ed è fra i rari esempi in cui il Santo di Assisi è raffigurato dal Guercino da solo.

 

4. Il Guercino, San Francesco in estasi con san Benedetto, 1620. Parigi, Musè du Louvre.

 

Il già menzionato dipinto ora al Louvre, ivi trasportato a seguito delle soppressioni napoleoniche, dipinto dal Guercino nel 1620 per la chiesa di San Pietro di Cento, raffigura infatti, a esempio, il Santo accompagnato da un angelo, che suona il violino, e san Benedetto; il Malvasia, equivocando, faceva menzione non di uno solo ma di due dipinti, raffiguranti distintamente ciascuno i due santi: "Fece un S. Francesco a San Pietro di Cento, con un angelo che suona il violino, ed un'altra d'un S. Benedetto": è merito di Denis Mahon l'aver rilevato e corretto l'errore, desumendone peraltro che l'antico storico doveva conoscere anche almeno un dipinto recante la sola immagine di san Francesco e facendo presente l'esistenza all'epoca di due esemplari così concepiti, l'uno nel Muzeum Narodowe di Varsavia, proveniente per confisca (1946) dalla famiglia Potocki di Cracovia, l'altro nella Gemaeldegalerie di Dresda; un terzo, ora in collezione privata di Cento, probabilmente lo stesso che nel 1677 era documentato nella collezione Massimi a Roma, da lui stesso fatto conoscere e presentato alla mostra di Milano dello scorso anno.

 

5. Il Guercino, San Francesco in estasi, 1623 ca. Dresda, Staatliche Gemaeldegalerie.

 


6. Il Guercino, San Francesco in estasi, 1620-1623. Cento, collezione privata.


Il dipinto di Dresda ripete la composizione della pala del 1620 ora al Louvre, ma senza la compresenza di san Benedetto; registrato in un Catalogo del 1698 della Galleria Ranuzzi di Bologna, pubblicato da G. Campori, ivi attestato nel 1749-1751 da Charles Nicolas Cochin acquistato nel 1756 per la Galleria di Dresda, fu probabilmente dipinto dal Guercino dopo il ritorno a Cento da Roma nel 1623.


S'inserisce qui, in ordine di tempo, e di coerente svolgimento pittorico, in una tale serie di affascinanti 'variazioni', il San Francesco in meditazione e in preghiera di cui si discute; ma, prima, e giusto a maggiore approfondimento degli sviluppi delle intenzioni e del linguaggio espressivo del maestro in ordine al tema, fra tutti evidentemente diletto, occorre far cenno in breve a tre altri esemplari - che dir notevoli è poco; e per ciò tanto più in fatto di qualità correlati da presso alla tela di cui si tratta, oltre che non lontani nel tempo da essa:

 

7. Il Guercino, San Francesco d'Assisi, 1642. Cento, chiesa del Santissimo Rosario.

 

il San Francesco d'Assisi, laterale nel soffitto della chiesa del Santissimo Rosario di Cento, dove fa il paio con la tela gemella raffigurante San Giovanni Battista e s'accompagna al Padre Eterno, dipinto centrale della serie: un complesso documentatamente portato a termine nel 1642; dove l'impeto interpretativo che connota la figura di San Francesco s'impone con la forza di una presenza impressionante. Ciò trova del tutto verosimilmente motivo - del pari che il frequente ricorrere della raffigurazione del santo, così folto nel repertorio del Guercino - con una particolare dilezione riservata dal pittore al suo santo eponimo; la tela corrispondente, con San Giovanni Battista, allude del resto all'altro nome di battesimo del pittore, Giovanni, e a ciò s'aggiunge la tradizione che vuole - il primo a tramandarla come datagli dal custode della chiesa fu Francesco Algarotti in una sua lettera del 27 settembre 1760 - che il Padre Eterno "in virtù della barba fa allusione al cognome di Barbieri".

 


8. Il Guercino, San Francesco contempla un Crocifisso, 1644-1645 ca. Houston (Texas, USA), Museum of Fine Arts.

 

 

Sir Denis Mahon ha felicemente individuato come da questa immagine di san Francesco nella chiesa del Rosario di Cento derivi pochi anni dopo, circa il 1644-1645, lo splendido San Francesco contempla un Crocifisso ora nel Museum of Fine Arts di Houston (Texas, USA), da lui stesso fatto noto nelle pagine del nostro precedente volume di "Arte Documento" destinato a onorare i 90 anni di Pietro Zampetti: uno splendido esemplare, dove la presenza del Crocifisso portato dal ceppo di un albero vale a motivare e finalizzare compositivamente lo sguardo adorante del Santo, nella tela di Cento rivolto all'immagine centrale della volta raffigurante l'Eterno Padre.

 

 

9. Il Guercino, San Francesco, 1645. Bologna, chiesa di San Giovanni in Monte.

 

10. Il Guercino, San Francesco in adorazione di un Crocifisso, 1659-1660. Milano, collezione  privata.

 


11. Il Guercino, San Francesco in preghiera davanti al Crocifisso, 1659-1660. Collezione  privata.


più tardi, il Guercino riprese almeno due volte questa composizione: in una mezza figura di San Francesco in adorazione del Crocifisso ora a Milano, collezione privata, dipinta per Francesco Manganoni, ricco mercante riminese che la commissionò e pagò assieme ad altre quattro di egual formato fra l'autunno 1659 e il gennaio 1660, dove il Santo tiene ambo le mani congiunte in atteggiamento di preghiera e poggia il gomito destro su un grosso libro chiuso, ai piedi del Crocifisso; e in una conforme redazione che se ne differenza perchè presenta il Santo con la mani disgiunte, la sinistra levata in gesto di attonita partecipazione, mentre la destra impugna il Crocifisso posandone il piede sul libro aperto.
Di tre anni più tardi del ciclo del Rosario di Cento (1645) è documentata la bella pala di San Giovanni in Monte, Bologna, documento di grande interesse del pensiero e dello stile del Guercino maturo.

 

1. Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino, San Francesco in atto di meditazione e preghiera, 1634. Collezione privata.


Entro queste fitte coordinate si colloca, come asseverano le referenze linguistiche ch'esso offre, lo splendido San Francesco in meditazione e in preghiera da cui ha preso avvio questo discorso; che presenta, come di rado di ravvisa nella nutrita sequenza testè rivisitata, il santo di Assisi con il cappuccio; analogamente a quanto il Guercino fa nel piccolo, giovanile San Francesco predica agli uccelli. Circa l'appassionata devozione del Guercino per san Francesco, si ricorderà che una fonte attendibile e informata qual'è il Malvasia ci attesta che il pittore volle essere sepolto vestito da cappuccino.
La scelta di raffigurare il Santo nell'avvincente esemplare qui fatto noto con il capo coperto dal cappuccio ne conferma la personale espressione di alta e intensa religiosità profondamente e sinceramente vissuta; che bene si coniuga con la liquida, luminosa trasparenza della condotta pittorica, tale da immettere la figura nel medio fluido e avvolgente dell'atmosfera dalla quale emerge in virtù della morbida naturalità della luce.
Esso in specie si correla con il San Francesco stigmatizzato della chiesa ferrarese delle Stimmate, del 1632; e con lo svolgimento dello stesso tema nella chiesa dei Cappuccini di Piacenza, del 1633: situandosi così ragionevolmente, come credo, nella prima metà del quarto decennio del Seicento.
Mi giunge a questo punto la comunicazione, quanto mai gradita, di una pronuncia espressa in argomento da sir Denis Mahon il 26.
III.2003. Mi sia consentito riprenderla qui di seguito: "Quando abbiamo visto un gruppo di quadri [...] nel febbraio di quest'anno, c'era un San Francesco, mezza figura (su tela 124 x 99 cm) che mi pareva certamente un'opera del Guercino, ma era desiderabile controllare [...] se esistesse nel "Libro dei conti" del maestro un pagamento per un quadro di questo soggetto alla data che suggerisce lo stile del quadro. Adesso sono felice di poter dire che, secondo me, il quadro sarebbe certamente la "mezza figura di un San Franc:CO schudi 50" ricevuti dal "Pre Abbate Sega Canonico Regolare" il 2 luglio 1634 (si può vedere nella pubblicazione del 1997 da Barbara Ghelfi al conto numero 92). Lo stile del quadro è perfettamente in conformità con questa data".
Le conclusioni dell'illustre studioso, la massima autorità scientifica per tutto quanto attiene al Guercino, pienamente coincidono con quanto dall'analisi sopra condotta e come sembra, oggettivamente emerso.
 

 

Giuseppe Maria Pilo


ARTE Documento N°20  2004 - Edizioni della Laguna