Nico Stringa
Le Vergini del Fuoco di Vittorio Zecchin

 

 

 


Un inedito, in particolare di un artista prolifico ed eclettico come Vittorio Zecchin (Murano 1878-1947), non costituirebbe motivo di eccessivo entusiasmo, se non si trattasse, però — e questo è il nostro caso — di un dipinto assegnabile al 1913, alla fase creativa più interessante dell'artista muranese, al culmine cioè di quel periodo che va dal 1908 al 1915 e che costituisce, com'è noto, il momento aureo di quella esperienza collettiva a carattere "secessionista" che si manifestò a Ca' Pesaro Sotto la direzione di Nino Barbantini, con le propaggini che seguirono alla chiusura delle esposizioni "permanenti", avvenuta nel 1913: la "Mostra degli artisti rifiutati alla Biennale", tenutasi al Lido di Venezia nel 1914 e la "Mostra dei Bozzetti" all'Hotel Vittoria nel 1915.
Nell'ambito di quella "avanguardia" tutta particolare, che vide schierati (ma in ordine sparso) i più bei nomi dell'arte veneziana e veneta, la figura di Zecchin si staglia per il carattere complessivamente orientato alla "decorazione" e per una attenzione particolarmente accentuata e precoce rivolta alle esperienze d'oltralpe. Già prima della grande mostra di Klimt alla Biennale di Venezia del 1910, Zecchin si era mostrato informato sulla situazione della secessione viennese e pronto, data anche la sua formazione, a recepire i più avanzati messaggi provenienti dagli ambienti tedeschi e austriaci (la conferma è nella recensione non firmata, ma di Gino Damerini, apparsa nel 1909 e riportata qui in nota).
Confortato anche dalla piena adesione del giovane Barbantini alle novità emergenti nel panorama europeo (si pensi all'appoggio fornito nel 1910 ai futuristi con la mostra veneziana di Boccioni e alla entusiastica recensione che il giovane ferrarese pubblicò sul quotidiano milanese "La Perseveranza" dedicata alla mostra di Klimt alla Biennale), Zecchin supera la sua prima fase "simbolista", attestata da dipinti come I guardiani del Paradiso e Getsemani, esposti alle mostra di Ca' Pesaro del 1910 e si conferma nello stile inaugurato attorno al 1912: fondi monocromi, superfici libere e figure policrome costellate di elementi come corolle, fiori, stelle, forme geometriche. Assente nel 1911 dalle mostre capesarine, è nel 1912 che si registra la piena maturazione del tipico linguaggio zecchiniano, ed è all'anno successivo, al 1913, che appartiene il nostro dipinto, identificabile con una delle anticipazioni, o elaborazioni collaterali e di poco posteriori, del ciclo dedicato alle Vergini del fuoco, esposto a Ca' Pesaro nel 1913 alla mostra della Fondazione Bevilacqua assieme ad altre tre opere.
Il nostro dipinto, rimasto inedito per novant'anni, costituisce uno degli anelli mancanti che consente di ricostruire in modo più convincente la prima maturità dell'artista il quale dimostra di aver assimilato in un linguaggio personale il grande impatto sperimentato con la conoscenza diretta dell'opera klimtiana, esperienza che gli ha consentito di superare i precedenti stimoli di ascendenza simbolista alla Toorop. L'opera, dal formato quadrato, presenta un fondo omogeneo decorato a blu cobalto su cui si stagliano gli interventi decorativi e figurativi; negli angoli in basso i motivi "a conchiglia" di diretta derivazione klimtiana, anche nel color oro, predispongono uno spazio centrale in cui compare la fiamma dalle molte lingue e due figure di "sacerdotesse" che osservano, avvolte dalla nube purpurea, il fiorire della fiamma che loro stesse alimentano con le faville che s'innalzano dai capelli che, fiammeggianti, si elevano in alto; le ascendenze stilistiche di area viennese, la stesura per superfici omogenee dello sfondo e la compartimentazione delle figure suggeriscono di considerare queste opere di Zecchin non tanto nell'area del liberty ma già in quella decò.
II dipinto, di collezione privata veneziana, è un olio su tela di cm 42,5x44,2, non firmato; fu acquistato in mostra dall'ing. Davanzo di Venezia e dopo alcuni passaggi è pervenuto alla ubicazione attuale. I riferimenti essenziali dal punto di vista bibliografico sono i cataloghi delle mostre organizzate da Nino Barbantini a Ca' Pesaro e le due pubblicazioni a carattere specifico: Vittorio Zecchin, a cura di G. Perocco, catalogo della mostra, Museo di Ca' Pesaro 1981 e Vittorio Zecchin 1878-1947 pittura vetro arti decorative, catalogo della mostra, Venezia Museo Correr, 2002 (in particolare il saggio di M. Mondi). Non sono ancora state valutate in modo sistematico le importanti recensioni apparse all'epoca nei quotidiani veneziani, non sempre benevole nei confronti di Zecchin, al quale, almeno fino al 1910, sia la critica d'arte più attardata ("II Gazzettino" e "Difesa") sia un più attento Gino Damerini sulle pagine della "Gazzetta" rimproverano eccessi di misticismo. Le cose cambiano con il 1912 e 1913, i giudizi su Zecchin si fanno più obiettivi e vengono indicate le due matrici dell'arte del muranese: "Vienna" e la "decorazione". Si vedano almeno le seguenti, finora mai prese in considerazione: L'Esposizione di Palazzo Pesaro, in "Gazzetta di Venezia" [GadiVe] 5.07.1909 ("furono molto apprezzate alcune fantasie cromatiche dello Zecchin"); L'Esposizione Permanente a Palazzo Pesaro. L'odierna riapertura, in "GadiVe" 8.09.1909 ("rivela meglio della volta scorsa una tempra felice di simbolista e di intellettuale lo Zecchin che riunisce parecchie allegorie dove è una fioritura del misticismo dei primitivi appaiato alla decadenza esperta di Gustavo Klimt"); M. Londonio, IV Mostra alla Permanente di Palazzo Pesaro, in "L'Adriatico" 8.09.1909 ("Mi piace un sognatore: lo Zecchin; mi piace molto ma non in tutto. È un artista che vaga con le sue visioni e le accarezza e arriverà a fermarne veramente una quando vorrà materiare tutto quello che uno studio non ancora completo lascia troppo alla forma evanescente delle sue visioni"); L'Esposizione Permanente a Palazzo Pesaro. Il vernissage, in "Il Gazzettino" 10.04.1910 ("sognare va bene ma non sognare mostri perché allora si chiamano incubi e per verità è troppo comodo voler atteggiarsi ad originali sorpassando tutti gli elementari principi dell'estetica – ma cosa diciamo? – del solo buon senso"); g. d. [amerini], L'apertura della Mostra primaverile d'arte Bevilacqua La Masa a Ca' Pesaro, in "Gadi Ve" 11.04.1910; g. d. [amerini] La V Mostra d'Arte a Palazzo Pesaro. Le due sale del gruppo veneziano dell Aratro, in "GadiVe" 29.06.1912. Per una sintesi complessiva della questione mi permetto di rinviare al mio studio: Le esposizioni di Ca' Pesaro dal 1908 al 1913 e la stampa veneziana, di prossima pubblicazione presso l'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia. Colgo l'occasione per rendere nota la partecipazione di Z. alla Esposizione di alcuni artisti rifiutati alla Biennale veneziana, Hotel Excelsior Palace, Lido di Venezia, giugno 1914: n. 56 Il Paradiso (visione); n. 57 Il fuoco (bozzetti per 2 trittici); n. 58 Bozzetto per decorazione murale.

 

 

Nico Stringa

 

 

ARTE Documento N°19  2003 © Edizioni della Laguna

 

 

 

P.S.: Nel testo corrente sono state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.