Andrea Pastò e la villeggiatura di Bagnoli

 

Annalia Delneri

 

 

 

 

 
1. Andrea Pastò, Ritratto di gruppo della campagnia del teatro di Bagnoli nel salone di Villa Widmann. Collezione privata.

 

La bellissima scena longhiana che ho qui il piacere di presentare, ritraente un folto gruppo di dame e signori disposti a semicerchio nel salone di un palazzo, costituisce un documento di grande interesse per l'immediatezza con cui narra lo svolgimento di un lungo pomeriggio estivo durante la villeggiatura, quando i signori si dilettavano in uno dei loro passatempi prediletti provando le parti di una commedia. L'uomo seduto a sinistra regge il copione da cui si deduce che la compagnia sta provando un lavoro il cui soggetto è "L'osteria d'Arle / chin grazioso / e vaga /Dove se ma / gna ben , e / no se paga // Prologo / L'allegria / Il buon tempo / La concordia / La ..../ L'abbondanza L'amicizia".

La definizione fisionomica dei personaggi e le caratteristiche stilistiche di questa affascinante composizione (olio su tela, 72.5 x 92 cm, collezione privata) consentono di identificare il soggetto del dipinto come il Ritratto di gruppo della compagnia del teatro di Bagnoli nel salone di villa Widmann (fig. 1), opera attribuibile ad Andrea Pastò, pittore e scenografo al servizio dei Widmann il cui nome cadde presto nell'oblio, nonostante il lusinghiero giudizio espresso su di lui da Carlo Goldoni che ne delineò un efficace profilo.

 

1. Andrea Pastò, Ritratto di gruppo della compagnia del teatro di Bagnoli nel salone di Villa Widmann, particolare. Collezione privata.


Il recupero critico di questo artista, che con grande espressività ha fermato alcune scene di vita quotidiana del Settecento, cogliendone con freschezza gli amori distintivi, è avvenuto, infatti, solo in tempi recenti proprio sulla base delle elogiative notazioni goldoniane. Il commediografo citava per la prima volta Pastò nei versi del Burchiello
1 quando, tracciando in un quadro vivissimo il tempo della villeggiatura trascorsa a Bagnoli nell'estate del 1755 ospite dei conti Widmann ricordava gli spettacoli teatrali che vi avevano avuto luogo riportando l'ottima impressione che gli aveva suscitato un giovane attore, scenografo e pittore:
 


Recita qualche volta anca Andreetta

Che ha depento el scenario allegro e bello:
Zovene che de rutto se deletta,
Che gh'ha man, che gh'ha voggia, e

gh'ha cervello.
E ve protesto che da lu s'aspetta
Cosse che farà onor al so penello
Sul far de Piero Longhi, e al parer mio

Andreetta Pastò ghe corre drio.


Anca lu el cerca verità e natura, Le so figure le xe là parlanti;

E co se tratta de caricatura,
I so quadri xe vivi, e somiglianti.

Del disegno se vede la bravura,

Col colorito no se va più avanti,
E più prove ghe xe de quel che digo,
In Casa VIDIMANA e MOCENIGO.

 


In nota lo stesso Goldoni specificava «il Sig. Andrea Pastò, buon pittore, specialmente in piccole figure alla maniera del celebre Pietro Longhi». Giuseppe Ortolani, annotando il Burchiello nella pregevole edizione del 1955 (citata, p. 985), non mancava di meravigliarsi che «solo da Goldoni si abbia notizia di questo imitatore del Longhi». Il critico riportava ulteriori notizie su Pastò riferendo che «altri suoi dipinti erano nelle case Widmann, Mocenigo e Bonfadini a Venezia. Smise presto i pennelli per attendere all'azienda dei conti Widmann. Fu padre del medico e poeta dialettale Lodovico [1744-1806] che cantò El vin friularo». Tali informazioni erano in parte tratte dall'epitalamio di Goldoni del 1761 per le nozze dei nobili Pietro Bonfadini e Orsetta Giovanelli
2, nel quale il commediografo descriveva la decorazione pittorica dell'appartamento degli sposi, nella casa dei Bonfadini a San Geremia:


Piacquemi fuor di modo l'argomento

Da Andrea Pastò per adornar la volta,

Pinto con arte e magistral talento


Vidi Fecondità nel mezzo accolta

Da Salute, Concordia ed Allegrezza,

E Gioventude in lieti panni avvolta;

[...]
Valoroso Pastò, di cui son note
Le bell'opere dipinte in tela e in muro,

Or somma laude la tua man riscuote.

[...]
 


L'entusiasmo per la pittura di "storia" di Pastò si accompagnava a una nota in cui Goldoni esprimeva un giudizio critico sull'artista: «Giovane pittor veneziano, che ha sommo talento e moltissima abilità in ogni genere di pittura, ma specialmente nei piccioli quadri istoriati, e trattati alla maniera del Longhi in Venezia, del Greuze in Francia, che è tratta dal gusto fiammingo».
La pertinente nota goldoniana rimase lettera morta per oltre due secoli e soltanto nel 1957 Roberto Longhi ritornava sull'argomento tentando di ricostruire per via letteraria la fisionomia di Andrea Pastò, scenografo del teatro di Bagnoli
3 e seguace di Pietro Longhi di cui non si conosceva alcuna opera. Il grande critico, partendo dall'assenza di testimonianze sulla scenografia goldoniana, ma immaginandola simile alla caratterizzazione realistica della pittura di Pietro Longhi, osservava che «nessuna notizia ci soccorre a credere che Longhi si sia mai occupato di scenografia [...]. Prudente perciò ripiegare su un'ipotesi più modesta: e cioè che la nuova scenografia sia stata almeno condizionata dal diffondersi del gusto di quegli ambienti 'caratterizzati' (realistici) che fu proprio del Longhi e della sua cerchia». L'indagine sulla cerchia longhiana portava lo studioso a riscoprire il nome di Andrea Pastò «un allievo dichiarato di Pietro Longhi che fu anche scenografo e che, per di più, fu occupatissimo proprio per un teatro privato» – quello dei conti Widmann a Bagnoli – «che anche il Goldoni frequentò più di una volta, collaborandovi sia come autore di 'canovacci' da recitare a soggetto, sia, persino, come attore. E tutto questo è sempre il Goldoni a dircelo, nel suo Burchiello in versi del 1756». Roberto Longhi proseguiva osservando che «È pur vero che dalle citazioni del Burchiello non si ricava esplicitamente che le scene dipinte dal Pastò per le recite di Bagnoli servissero proprio ai testi e ai canovacci del Goldoni; ma poiché è sicuro che il Goldoni non mancò di fornirne parecchi proprio in quella stagione del '55, la ipotesi guadagnava in verosimiglianza». Il critico concludeva rammaricandosi di avere recuperato solo il nome dello scenografo di Bagnoli e augurava a un futuro storico dell'arte veneta di «farsi scopritore non più ottativo... ma effettivo del pittore Andrea Pastò, detto Andreetta».
La sfida veniva raccolta da Mercedes Precerutti Garberi
4 che con sensibilità e acuto spirito critico analizzava due affreschi inediti da lei scoperti nella villa Widmann di Bagnoli di Sopra. La studiosa giudicava le opere di «un interesse eccezionale, sia per la loro tempra frizzante e la loro forza espressiva, sia per lo stile che, pur avvicinandosi a quello di pittori di gran nome e di grande fortuna critica, ha tuttavia una fisionomia indipendente e problematica». Le scene, una raffigurante un Idillio a tavola, l'altra un Ballo rusticano, si distinguono perché vengono incontro dalle pareti di villa Widmann come «un mondo vero, fatto di creatore in carne ed ossa, di una vitalità spregiudicata e senza veli, sanguigna, ben diversa dall'anemico languore che siamo soliti vedere». L'autrice si chiedeva il nome dell'autore capace di esprimere con tanta efficacia il mondo settecentesco e, escludendo i troppo deboli longhiani De Gobbis e Gramiccia, scartava anche i "foresti" Giacomo Ceruti e Giacomo Francesco Cipper detto il Todeschini, preferendo affidare la paternità dei due affreschi a un ipotetico "Maestro di Bagnoli".
In realtà, Precerutti Garberi metteva a fuoco il problema collegando il "Maestro di Bagnoli" con l'attività svolta da Andrea Pastò testimoniata da Carlo Goldoni e terminava osservando che si era «tentati di porre in relazione questo misterioso e interessante pittore longhiano, frescante a quanto sembra rinomato e di stanza sul luogo, con le due scene di Bagnoli».
Il riconoscimento definitivo dell'artista procedeva con un importante contributo di Adriano Mariuz
5 che, seguendo il tracciato di Mercedes Precerutti Garberi e riprendendo le indicazioni di Goldoni comprese nei versi della citata gratulatoria del 1761 per le nozze Bonfadini-Giovanelli, identificava la casa veneziana dei Bonfadini a San Geremia e rinveniva la decorazione di Andrea Pastò descritta dal commediografo.

 

2. Andrea Pastò, Ritratto di gruppo nella piazza di Bagnoli. Bergamo, Accademia Carrara

 

Il ritrovamento dell'unica opera certa dell'artista consentiva allo studioso di confermare a Pastò, per affinità stilistiche, i due affreschi di Bagnoli e di aggiungere all'embrionale catalogo del pittore anche la tela dell'Accademia Carrara di Bergamo raffigurante un Ritratto di gruppo nella piazza di Bagnoli, allora conosciuta come Giochi in villa che, proveniente dalla collezione Bagliori di Bergamo, era stata attribuita a Pietro Longhi (fig. 2).

 

2. Andrea Pastò, Ritratto di gruppo nella piazza di Bagnoli, particolare. Bergamo, Accademia Carrara


Mariuz, dopo aver riconosciuto Bagnoli sullo sfondo del dipinto (il luogo è «identificabile con sicurezza per l'aspetto della chiesa, immodificato fino ai giorni nostri»), osservava che la mano dell'esecutore della tela era «la stessa che ha eseguito gli affreschi comici di Bagnoli: per quanto nelle due scene di vita rustica la componente caricaturale sia più scoperta, comune è il gusto per la caratterizzazione fisionomica spinta fino ingrandire sproporzionatamente le teste, allo scopo di concentrare sui volti tutta l'attenzione». Lo studioso suggeriva che i personaggi ritratti sulla piazza potessero essere gli attori dilettanti del teatro Widmann e riconosceva «con buona probabilità, proprio Carlo Goldoni che si mostra sorridente fra le due dame al centro del gruppo». Trent'anni dopo, la persuasiva tesi di Adriano Mariuz viene confermata dal ritrovamento del dipinto qui esaminato, da considerare – anche per la corrispondenza delle misure – pendant della tela dell'Accademia Carrara di Bergamo. Nel dipinto dell'Accademia «la compagnia numerosa e scelta»
6 ospitata dal conte Widmann viene ritratta all'esterno, sulla piazza del paese, mentre nella nostra tela i padroni di casa e gli ospiti sono riuniti in circolo nel salone della villa Widmann per uno speciale ritratto di gruppo volto a ricordare le belle giornate della villeggiatura.
A Bagnoli la famiglia Widmann svolgeva un ruolo di primo piano: di origine carinziana, i Widmann si erano trasferiti a Venezia sin dal XV secolo e nel 1646, agli inizi della guerra di Candia (1644-1664), avevano acquistato dalla Serenissima il "Dominio di Bagnoli" – ceduto dallo Stato Pontificio a Venezia nel 1644 quale sostegno nella guerra contro i Turchi – dietro esborso di una somma ingentissima, ottenendo con ciò l'iscrizione al patriziato veneto con il titolo comitale. L'antica proprietà benedettina, famosa per la coltivazione della vite e la produzione del vino, era stata trasformata dai Widmann che, su progetto di Baldassare Longhena, tra il 1660 e il 1670 avevano fatto erigere sull'area dell'abbazia di San Michele, al centro del paese, una grandiosa villa i cui lavori erano stati portati a termine da Antonio Gaspari. Il complesso monumentale, con la facciata principale prospiciente la piazza, comprendeva il teatro, le corti interne, le scuderie, le cantine e i granai, dietro cui si estendeva un favoloso parco popolato da una moltitudine di sculture di Antonio Bonazza raffiguranti i dodici segni zodiacali che governano le divinità mitologiche e il mondo dei comuni mortali. Sul lato opposto della piazza, quasi di fronte la grande villa Widmann, sorse nel secondo decennio del Settecento, il palazzetto Widmann che fu costruito, come testimonia la lapide sulla scala d'entrata, da un altro membro della famiglia, l'abate Antonio Widmann, patrizio veneto, conte di Ortenburg e barone di San Paterniano e di Sumerech.
Con Lodovico Widmann (1719-1764) la villa di Bagnoli divenne, oltre che il centro del vasto feudo agricolo della famiglia, cenacolo e luogo di ritrovo culturale animato da un teatro celebre in tutto il territorio della Serenissima. Durante la stagione estiva a Bagnoli convenivano, ospiti del prodigo conte Lodovico, artisti, attori della commedia dell'arte, esponenti della cultura e della nobiltà veneziana, fra questi Carlo Goldoni che nel citato poemetto Il Burchiello del 1756 riandava alle lunghe giornate estive ivi trascorse l'anno precedente.
Il nesso esistente tra i versi goldoniani e il dipinto dell'Accademia Carrara di Andrea Pastò, messo in luce da Adriano Mariuz, è ampiamente confermato dal memorabile "affresco" della compagnia di Bagnoli raffigurato nella tela qui considerata. La scena è ripresa nel salone al piano nobile della villa Widmann – l'edificio è riconoscibile per le tre finestre del mezzanino e per le finestre ad arco che si intravedono sullo sfondo con la porta aperta sul balcone balaustrato che si affaccia sul parco, particolari che corrispondono esattamente alla ripartizione architettonica della facciata della villa rendendola riconoscibile anche dall'interno – e raffigura gli ospiti alle prese con il canovaccio di una commedia di prossima rappresentazione. Il copione dell'opera è tenuto in mano dal gentiluomo seduto in primo piano a sinistra e recita: «L'osteria d'Arle / chip grazioso / e vaga / Dove se ma /gna ben , e / no se paga // Prologo / L allegria / Il buon tempo / La concordia / La ..../ L'abbondanza L'amicizia», parole che sembrano parafrasare i versi goldoniani del Burchiello in cui il commediografo, ricordando i successi della compagnia dei dilettanti i cui spettacoli richiamavano gente «da cento bande e cento», restituiva l'entusiastica partecipazione del pubblico declamando: «Sterzi (cocchi), sedie, cavalli, e che la vaga (baldoria) / A Bagnoli se gode e no se paga».
I riferimenti divengono ancora più puntuali quando Goldoni riferiva le qualità dell'ospite « El patron della casa ... / El Conte Widmann gh' ha un cuor da re, / Ricco, nobile, savio e generoso. / Pochissimo parlar el sentirè, / Ma co'l recita vestio da Truffaldin (Arlecchino), / Me desmentego Sacchi e Catolin»: nel nostro dipinto siamo quindi proprio nel cuore del "L'osteria d'Arlechin graziosa e vaga", ovvero nel salone d'onore del palazzo Widmann di Bagnoli. Il padrone di casa è probabilmente riconoscibile nel gentiluomo che sta giocando a carte all'estrema destra del dipinto, molto somigliante al nobile con la "velada" rossa al centro del ritratto di gruppo raffigurato nella tela di Bergamo che affianca la dama di bianco vestita, facilmente identificabile come la contessa Quintillia Widmann, sposa di Lodovico. Nel nostro dipinto la gentildonna siede al centro del gruppo e segue attentamente il copione della commedia segnando la pagina con l'indice. Alle sue spalle, con la "velada" verde, la stessa indossata nel dipinto di Bergamo, fa capolino il volto acuto e sorridente di Goldoni, che con la mano gesticolante sembra dirigere la compagnia.
Pittura e versi goldoniani si intrecciano in questa straordinaria scena che restituisce il volto della contessa Widmann che quando recitava la parte della prima donna «La starave ad ascoltarla notte e el dì. / La gh'ha un far dolce, una maniera franca, / E a soggetto (nell' improvvisazione) parole no ghe manca". Goldoni continuava asserendo «Ma de manco no xe la MOCENIGA; /Brava anca ella la xe deventada, / E la gh'ha in tel patetico un valor, /Che muove i affetti, e bisegna in tel cuor». Nella compagnia di Bagnoli si esibiva anche Cecilia Querini Zorzi, impareggiabile nella parte della serva nobile (« ... un modello non ho visto del soo più vero e bello»), mentre in quella della servetta bravissima era Loredana Giovanelli Priuli: «E m'arecordo, che stupir m'ha fato /Della sposa PRIULI el bel talento: /Ogni parola, ogni so sesto, ogni ato / Giera, per verità, giera un portento».
Passando ai ruoli maschili, Goldoni elogiava Giovanni Bonfadini quando interpretava la parte dell'innamorato e Pietro Priuli, ottimo nella parte di Pantalone. La parte di Brighella era affidata a Pietro Gentili che prestava servizio presso i Widmann, mentre non veniva specificato il ruolo assegnato ad Andrea Pastò, l'Andreetta pittore e scenografo ampiamente elogiato dal commediografo nei versi sopra ricordati. La sfilata di gentiluomini si concludeva con il ricordo di Giovanni Mocenigo che «da bon cortesan, se la godeva» quando Goldoni, costretto dall'insistenza delle dame a prendere parte alla recita, fece una poco brillante figura recitando nelle vesti di Amoroso. Il commediografo riprenderà l'episodio nelle Memorie (citato, p. 438), ricordando lo spasso generale che aveva accompagnato la sua infelice performance: «Ne ero offeso; il giorno dopo abbozzai una commediola intitolata La Fiera e, invece di una parte per me, ne feci quattro: un Ciarlatano, un Giocoliere, un Direttore di Spettacolo e un Cantastorie. Nei primi tre personaggi contraffacevo i saltimbanchi di piazza San Marco, mentre, sotto la maschera del quarto, recitavo strofette allegoriche e critiche, terminando con un lamento dell'autore sul fatto che ci si era presi gioco di lui».
Il clima della villeggiatura di Bagnoli, vivacemente descritto da Goldoni, trova nel bellissimo dipinto di Andrea Pastò nell'interno di casa Widmann un rapporto diretto e immediato: la compagnia degli illustri dilettanti è presente al completo, ordinatamente disposta a semicerchio con lo sguardo rivolto, come fosse su un palcoscenico, a un pubblico immaginario. Andrea Pastò, mirabile regista di questo spettacolo svoltosi nella calda estate del 1755, segue attentamente ogni volto scoprendo nella caratterizzazione fisionomica la nota distintiva delle singole personalità e la trama ondeggiante dei sentimenti: la sottile arte di vivere seguendo le battute della commedia goldoniana sulla saggia mediocrità umana.

 

 

Annalia Delneri

 

 


Ringrazio la dott.ssa Donatella Ascoli della Biblioteca della Casa di Carlo Goldoni, Venezia, per la preziosa assistenza bibliografica.

 

NOTE
1 C. Goldoni, Burchiello. Stanze veneziane, in Componimenti per le felicissime Nozze di Sue Eccellenze il Sig. Alvise Priuli e la Signora Lucrezia Manini, Venezia, Remondini 1756, edizione consultata C. Goldoni, G. Ortolani (a cura di), Opere, vol. XIII, Milano 1955, pp. 305-326, note pp. 982-986.
2 C. Goldoni, In occasione dÈ felicissimi sponsali fra Sua Eccellenza il Signor Pietro Bonfadini e Sua Eccellenza la Sígnora Co. Orsetta Giovanelli, in Componimenti diversi, Venezia 1761, (II edizione, Pasquali 1768), edizione consultata C. Goldoni,

 G. Ortolani (a cura di), Opere, vol. XIII, Milano 1955, pp. 703-710, note pp. 1037-1038.
3 R. Longhi, Un possibile scenografo per il Goldoni, in "Civiltà Veneziana" VI, Venezia 1957, edizione consultata R. Longhi, Ricerche sulla pittura veneta, Firenze 1978, pp. 177-180.
4 M. Precerutti Garberi, Affreschi settecenteschi delle ville venete, Milano 1968, pp. 33-35 e figg. 2, 4-6.

5A. Mariuz, La villeggiatura di Bagnoli e il pittore Andrea Pastò, in "Arte Veneta" XXX, 1976, pp. 197-200.

6 C. Goldoni, Memoires, Paris 1787, edizione consultata Milano 1993. p. 348.


 

 

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